Algebra

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Uno dei rami fondamentali delle scienze matematiche: in senso lato l’a. studia le operazioni, definite in un insieme, che godono di proprietà analoghe a quelle delle ordinarie operazioni dell’aritmetica. Con significato specifico è sinonimo di sistema ipercomplesso.

La parola al-giabr è usata per la prima volta nel significato matematico nel Kitā b («libro») al-giabr wa l-muqābala di Muḥammad ibn Mūsa al- Khuwārizmī, per indicare l’operazione con cui dall’uguaglianza A − B = C si passa all’altra A = B + C (trasporto di un termine da un membro all’altro di un’uguaglianza). Correntemente l’a. viene divisa in a. classica e a. moderna.

A. classica

Studia le operazioni proprie del calcolo letterale e in particolare la teoria delle equazioni (essenzialmente delle equazioni algebriche, cioè delle equazioni ottenute uguagliando a zero un polinomio nelle variabili x, y, ...) o, se si vuole, il complesso di regole e di procedimenti per risolvere equazioni o sistemi di equazioni (algebriche) in una o più incognite e le teorie connesse con tali problemi.

I Greci erano pervenuti alla soluzione delle equazioni di 2° grado e di alcuni particolari tipi di equazioni di grado superiore al secondo, valendosi però di considerazioni geometriche (a. geometrica).

Gli Arabi si considerarono allievi dei Greci, ma trassero dalla matematica indiana il sistema di numerazione (cifre arabiche), il sistema di calcolo numerico e lo spirito pratico. Il contributo essenziale degli Arabi è quel complesso di regole e di operazioni (algoritmo), che costituisce ciò che oggi si chiama l’a. elementare.

L’a. degli Arabi, penetrata in Europa essenzialmente per opera di Leonardo Fibonacci da Pisa (Liber abbaci, 1202), compie un successivo progresso essenziale a opera degli italiani della scuola di Bologna (sec. 16°), cui si devono la risoluzione dell’equazione generale di 3° grado o equazione cubica (N. Tartaglia e S. Dal Ferro; la formula risolutiva è detta anche formula di Cardano), la risoluzione dell’equazione generale di 4° grado (L. Ferrari, allievo di G. Cardano), la considerazione dei numeri complessi (‘quantità silvestri’) e le relative regole di calcolo (R. Bombelli). I risultati della scuola italiana vengono consolidati dai matematici francesi, che introducono le notazioni moderne (uso dei coefficienti indeterminati ecc.) e, con la Géométrie (1637) di Cartesio, introducono una nuova concezione dell’a.: non più subordinata alla geometria (come nella concezione greca), ma anzi mezzo potente per la creazione e la soluzione di nuovi problemi geometrici (geometria analitica). A I. Newton (1642-1727) si deve il concetto di funzione algebrica; all’opera di altri grandi matematici, tra i quali L. Euler, J. d’Alembert, G.L. Lagrange, P.-S. Laplace, l’impostazione e i primi tentativi di dimostrazione del cosiddetto teorema fondamentale dell’a.; la prima dimostrazione rigorosa è dovuta a C.F. Gauss (1799). Questo teorema afferma che un’equazione algebrica di grado n:

a0 xn + a1 xn–1 +.... + an = 0,

a coefficienti reali o complessi, possiede esattamente n radici, purché si contino sia le radici reali sia quelle complesse, ciascuna con la dovuta molteplicità. Nella prima metà del sec. 19° l’italiano P. Ruffini e il norvegese N.H. Abel dimostrano, indipendentemente, che l’equazione generale di 5° grado non è risolubile mediante radicali, cioè non è possibile esprimerne le soluzioni operando sui coefficienti con operazioni razionali ed estrazioni di radice di vario indice. Ma è al francese E. Galois (1811-32) che si deve il risultato più generale: «un’equazione è risolubile mediante operazioni razionali ed estrazioni di radice quando e soltanto quando è risolubile il corrispondente gruppo di Galois di sostituzioni sulle radici».

Ulteriori sviluppi l’a. classica ha ricevuto dallo studio dei polinomi e delle equazioni algebriche in due o più variabili, che hanno promosso la costruzione della teoria del risultante (J.J. Sylvester, A. Cayley) e della teoria della eliminazione (L. Kronecker, É. Bezout). Con alcune delle teorie accennate, come la teoria di Galois, e più tardi con la teoria generale delle forme algebriche in due o più variabili e dei relativi invarianti, sviluppata da Cayley e Sylvester, cominciano a configurarsi alcuni degli strumenti caratteristici dell’a. moderna.

A. moderna

L’a. moderna (o a. astratta, o a. generale; o anche semplicemente a.) si può ritenere che comprenda lo studio delle strutture algebriche introducibili in un insieme; esse, insieme con le strutture d’ordine e le strutture topologiche, costituiscono i tre tipi fondamentali di strutture matematiche. Gli studi di a. moderna sviluppatisi con grande impulso e rapidità dall’inizio del 20° sec. (J.W.R. Dedekind, D. Hilbert, E. Steinitz, E. Noether, J.H.M. Wedderburn ecc.) hanno continuato a influenzare tutta la matematica moderna, nel moltiplicarsi di scuole e indirizzi in ogni parte del mondo (A. Albert, N. Jacobson, M. Hall, G. Birkhoff, S. Eilenberg, O. Zariski, E. Kaehler, B.L. van der Waerden, A.G. Kuroè, H. Cartan, M.L. Dubreil, J. Dieudonné, I. Barsotti ecc.). La definizione di struttura algebrica è di natura assiomatica: si dice che un certo insieme I di elementi – di natura qualunque – è dotato di una struttura algebrica quando in I sono definite una o più «operazioni algebriche» in senso lato, cioè una o più leggi che a ogni coppia di elementi di I (se si tratta di operazione binaria, altrimenti a ogni terna di elementi ecc.) fa corrispondere un altro elemento ben determinato di I. Dovranno naturalmente essere soddisfatte alcune proprietà formali che riguardano le singole operazioni, ovvero che legano fra loro due operazioni diverse. I primi esempi, anche in ordine storico, vengono dall’aritmetica e dall’a. classica: i diversi tipi di corpi numerici, i polinomi in una o più indeterminate, offrono altrettanti esempi concreti di strutture algebriche, in quanto si considerino le proprietà dei loro elementi (numeri, polinomi) nei confronti delle operazioni fra essi definite (somma, differenza, prodotto ecc.) e delle relative proprietà formali (proprietà associativa, commutativa, della somma e del prodotto, distributiva del prodotto rispetto alla somma ecc.). Ma lo studio in sede puramente algebrica di queste strutture impone, da un lato, che si prescinda dalla natura particolare degli elementi dell’insieme e suggerisce, d’altro lato, la considerazione di operazioni più generali, che godano soltanto di alcune delle proprietà formali di operazioni precedentemente note (prodotto non necessariamente commutativo ecc.). Parlando quindi di ‘somma’ o ‘prodotto’ ci si riferisce a operazioni che, in generale, godono soltanto di alcune delle proprietà formali dell’ordinaria somma o prodotto tra numeri. I vantaggi di un tal modo di procedere sono evidenti. Anzitutto la grande generalità dei risultati ottenuti, che possono applicarsi a classi più vaste d’insiemi (insiemi di trasformazioni, di applicazioni, di matrici ecc.) purché in essi siano definibili le operazioni considerate; ciò porta, talvolta, a concludere che due enti o due teorie matematiche apparentemente lontane l’una dall’altra, hanno in realtà la stessa struttura algebrica, cioè dal punto di vista algebrico hanno la stessa ossatura logica. Inoltre vengono nettamente separate le ‘proprietà algebriche’ di un dato insieme – cioè quelle che discendono esclusivamente dalla presenza delle operazioni algebriche nell’insieme stesso – dalle proprietà derivanti invece dall’eventuale presenza nell’insieme di altre strutture (si pensi che nell’insieme dei numeri reali sono simultaneamente presenti ben tre diverse strutture: algebrica, topologica e d’ordine; e per es. la relazione di maggiore e minore non è di natura algebrica, ma invece legata alla struttura d’ordine).

A seconda del tipo della o delle operazioni definite in un insieme, si hanno diversi tipi di strutture algebriche: struttura di gruppo, di anello, di corpo, di campo, di modulo, di semigruppo, di quasicorpo, di spazio vettoriale, di a. di Lie, di a. di Boole, di a. in senso proprio ecc. In alcuni casi ha interesse la esplicita considerazione di due diverse strutture, simultaneamente presenti in un dato insieme: è il caso dei gruppi topologici, insiemi dotati di una struttura algebrica di gruppo e di una struttura di spazio topologico opportunamente collegate tra di loro, dei fasci di moduli, e di altre strutture che occorrono nei più recenti sviluppi dell’algebra, della topologia e della geometria algebrica. Le varie strutture e alcuni metodi, quali l’a. omologica, la geometria algebrica, la k-teoria (➔), la teoria delle rappresentazioni, la teoria degli invarianti (➔ invariante) ecc. costituiscono i principali campi di interesse dell’a. moderna.

Lo studio delle strutture algebriche, nell’indirizzo moderno a cui abbiamo accennato, porta in modo naturale a considerare come uguali due insiemi dotati di strutture algebriche isomorfe (➔ isomorfismo). In ultima analisi il compito dell’a. sarà allora quello di classificare gli insiemi algebrici a meno d’isomorfismi, cioè «determinare tutte le possibili strutture algebriche tra loro distinte». La meta indicata, se pure di enunciazione molto semplice, è ancora ben lungi dall’essere raggiunta nella sua generalità, neppure limitatamente a strutture particolari (gruppi, anelli ecc.). Gli sviluppi dell’algebra negli ultimi decenni, la potenza e la fecondità dei suoi strumenti hanno tuttavia profondamente influenzato le altre parti della matematica, tanto che ormai, più che di applicazioni dell’a. a questa o quella branca della ricerca matematica, deve parlarsi di un vero e proprio processo di ‘algebrizzazione’ di tutta la matematica moderna, nel senso che ogni campo di ricerca matematica tende a far propri gli strumenti dell’a. e a dare un’impostazione algebrica alle sue teorie.

Negli ultimi anni del 20° sec. si è registrato in a., da una parte, uno sviluppo intenso di ricerca estremamente specialistica che ha portato alla soluzione di problemi aperti da decenni o, in qualche caso, addirittura da secoli; dall’altra, una forte interazione tra l’a. e altri campi di ricerca. Uno dei risultati più importanti è, in ambito classico, la dimostrazione, effettuata nel 1995 da A.J. Wiles del cosiddetto grande teorema di Fermat (➔). In campo moderno, un settore di ricerca che ha avuto uno sviluppo notevole, in parte grazie all’interazione feconda con la fisica teorica, è stato lo studio delle a. di Lie: oltre alla classificazione di a. di Lie ristrette, dovuta a R. Block e R. Wilson, si è affrontato lo studio di a. di Lie infinito-dimensionali, inizialmente da parte di V. Kac e R. Moody, poi, a partire dal lavoro di M.A. Virasoro, a opera di numerosi matematici e fisici.

Sistema ipercomplesso Sia dato un corpo numerico Γ (per es., l’insieme dei numeri reali, dei numeri complessi ecc.). Si dice che un insieme di elementi A è un’a. sul corpo Γ (definita su Γ) nei seguenti casi:

I) Sono definite in A due operazioni algebriche in modo assiomatico (somma e prodotto; simboli + e •); dati cioè due elementi qualunque x e y di A, sono definiti in modo unico un elemento di A, che si dice «somma di x e y» e si indica con x + y, e un elemento di A, che si dice «prodotto di x e y» e si indica con x•y.

II) È inoltre definito un «prodotto scalare» di un qualunque numero a di Γ per un qualunque elemento x di A, che si denota con ax ed è anch’esso un elemento di A.

III) Le tre operazioni in discorso godono delle seguenti proprietà:

x + y = y + x (proprietà commutativa della somma);

(x + y) + z = x + (y + z) (proprietà associativa della somma);

(x + y) z = x z + y z e

z (x + y) = z x + z y (proprietà distributiva a destra e a sinistra); e inoltre:

1 x = x

a x = x a

a x • a´ y = a a´ x • y

(a + a´) x = a x + a´ x

a (x + y) = a x + a y

a (a´ x) = a a´ x.

Un’a. si dirà inoltre a base finita (di ordine n, ovvero a n unità) se:

IV) È possibile scegliere in A n elementi (sistema di unità) costituenti una base nel senso dei moduli:

u1, u2, ..., un

così che gli elementi di A siano dati tutti, e ciascuno una volta sola, dall’espressione:

a1 u1 + a2 u2 + ... + an un

facendo variare comunque ciascuna delle ai, tra i numeri di Γ.

Se, inoltre:

V) Il prodotto è pur esso associativo

(x • y) • z = x • (y • z)

l’a. si dirà associativa. Il caso fino a oggi più studiato è appunto quello delle a. associative a base finita. Si vede facilmente che i numeri complessi ordinari costituiscono un’a. di ordine due sul corpo dei numeri reali; infatti, detta i l’unità immaginaria, ogni numero complesso si può scrivere nella forma:

a • 1 + b • i

con a e b reali; 1 e i costituiscono una base. È perciò che le a. si chiamano anche sistemi ipercomplessi; anche storicamente, lo studio delle a. ha origine dai tentativi di estendere il campo dei numeri complessi. Accade ora però che non tutte le proprietà formali valide per i numeri reali e i numeri complessi, possono valere simultaneamente per i sistemi a più di due unità. In quest’ultimo caso, infatti, la proprietà commutativa del prodotto e la legge di annullamento del prodotto si escludono l’una con l’altra (C. Weierstrass e J.W.R. Dedekind; ma le prime ricerche e i primi risultati su questo problema risalgono a Gauss, 1831; W. Hamilton, 1853; H. Hankel, 1867). Dagli assiomi (I-V) discende l’esistenza di uno zero in A (elemento neutro rispetto alla somma che si ottiene ponendo tutte le ai = 0), ma non necessariamente l’esistenza di un elemento neutro rispetto al prodotto (elemento identico o modulo). Esistono perciò a. dotate di modulo e a. prive di modulo. Un insieme B di elementi di A si dice una sottoalgebra (subalgebra) di A, se B costituisce a sua volta un’a. rispetto alle operazioni di A; una sottoalgebra propria se B non esaurisce A. Una sottoalgebra B si dice invariante se, essendo b in B, e a qualunque in A, b•a e a•b sono ancora elementi di B (➔ ideale).

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