ALFONSO VII Imperatore, re di Castrglia e di Léon

Enciclopedia Italiana (1929)

ALFONSO VII Imperatore, re di Castrglia e di Léon

Ramon D'ALOS-MONER

Con questo monarca, nato nel 1104 dal conte del Portogallo, Raimondo di Borgogna, e da Urraca di León e Castiglia, s'inizia qui la dinastia di Borgogna. Pare che già verso la fine del regno di sua madre portasse il titolo di re e regnasse di fatto, almeno sopra una parte del territorio della Corona. Morta Urraca, A., coronato a León, rivolse le armi contro Alfonso I d'Aragona, che conservava in suo potere alcune città castigliane. Il patto di Tàmara (1125) e ripetuti interventi di vescovi e magnati tra i due Alfonsi evitarono una guerra accanita, e Alfonso il Battagliero, che era già penetrato nella Castiglia, si ritirò poco dopo. A. costrinse suo cugino Alfonso Enriquez, re di Portogallo, a riconoscersi suo vassallo, e sottomise con le armi molti nobili, i quali durante le guerre tra Castiglia e Aragona avevano acquistata una certa indipendenza. Non appena morì Alfonso I d'Aragona (1134), il re di Castiglia profittò del contrasto sorto tra gli Aragonesi e i Navarresi, a causa del testamento di A. il Battagliero, per ricuperare definitivamente le ultime piazze forti rimaste ancora in potere dell'Aragonese. Invasa, quindi, l'Aragona, dove A., quale discendente di Sancio il Maggiore, aveva partigiani che sostenevano i suoi diritti al trono, giunse facilmente fino a Saragozza. La città, accogliendolo come liberatore (1134), riuscì a conservare gli antichi privilegi e ad acquistarne anche di nuovi. Intanto, García Ramírez di Navarra e Ramiro II di Aragona gli si dichiarano vassalli. Cominciano i grandi successi del re. Anche suo cognato, il conte di Barcellona, Raimondo Berengario IV, nuovo principe di Aragona, gli si sottomette, ottenendo da A. la cessione dei territorî aragonesi. La potenza del re castigliano si estende pure dall'altra parte dei Pirenei. Non reca quindi meraviglia che, di ritorno dall'Aragona, l'anno 1135, il re celebrasse un concilio parlamento a León, in cui s'incoronò imperatore di tutta la Spagna. Di qui una guerra tra lui e i re di Navarra e di Portogallo, che non intendevano riconoscere la sovranità del novello imperatore; ma la fortuna, che da principio sembrava essergli avversa, alla fine gli arrise. Col matrimonio celebrato dopo la vittoria, egli consolidò anche più la sua posizione. Incursioni frequenti fece A. nel territorio dei Musulmani: ma esse non ebbero quell'importanza che il particolareggiato racconto delle cronache contemporanee potrebbe far credere. Imprese audaci ed appariscenti, più che efficaci ai fini della riconquista spagnuola, esse furono, del resto, compiute con l'aiuto degli stessi Musulmani, nel tempo in cui il potere degli Almoravidi volgeva al tramonto, e gli Almoadi non si erano ancora fortemente stabiliti. In una di queste campagne, le armi dell'imperatore giunsero fino a Siviglia; in un'altra, l'esercito cristiano, accompagnato da Zafadola, discendente degli antichi Benī Hūd di Saragozza, giunse fino a Cadice. Più tardi lo troviamo di nuovo verso Siviglia, quando gli Almoravidi attaccavano inutilmente la città di Toledo. Nel 1144 percorreva tutto il territorio musulmano, in una grande scorreria, da Calatrava fino ad Almeria. Alla morte di Zafadola (1146), per procurarsi un aiuto contro gli Almoadi, cedette Córdova, a lui ceduta da Zafadola stesso, al suo successore Abengania. Ma, per la fellonia di costui, che segretamente s'era messo d'accordo con gli Almoadi, la città ritornò all'imperatore, per poi ricadere in mano degli Almoadi di Siviglia.

Il fatto più importante delle campagne di A. contro i Musulmani fu l'assedio e la presa di Almeria (1147), che ebbe tutto il carattere d'una vera crociata quasi generale degli stati cristiani della penisola. Vi combatterono, accanto ai Castigliani, ai Leonesi e agli Asturiani dell'imperatore, le milizie aragonesi e i Catalani di Raimondo Berengario IV, il conte de Urgel, Ermengol VII, e i Navarresi di García Ramírez. Anche altri paesi mandarono rinforzi, e sul mare comparvero navi pisane e genovesi a portare l'aiuto delle due repubbliche. La campagna non fu lunga; e la città, che fino a quel momento era stata nido di pirati, si arrese ad A., che riuscì a tenerla soltanto per pochi anni. Altre spedizioni intraprese l'ardito monarca: a Cordova (1150), che non poté espugnare; a Jaen (1151); a Guadix (1152). Nel 1155, prendeva Pedroche, Andujar e Santa Eufemia. Invece, nel 1157, Almeria veniva occupata dagli Almoadi, che riuscirono a tenerla, nonostante il tenace sforzo del monarca castigliano. Al ritorno dalla spedizione infruttuosa fatta in soccorso della città andalusa, A. morì a Fresneda nell'agosto 1157.

Il regno di A. l'imperatore fu uno dei più gloriosi nella storia degli stati della penisola. Sotto il suo governo, la famosa scuola di traduttori, fondata a Toledo da Alfonso VI, raggiunse un grado di vivo splendore. Quantunque, come si è accennato di già, il suo ammirabile sforzo nella lotta contro i Musulmani fosse coronato da risultati non duraturi, agli effetti della riconquista spagnuola, A. fu il monarca che godette del maggior prestigio nella penisola iberica, ed ebbe una corte che fu delle più fastose di Europa. Riconobbero la sua superiorità gli stati cristiani spagnuoli, e anche, probabilmente, alcuni re musulmani furono suoi vassalli, come quelli di Valenza e di Murcia. In documenti di quel tempo non è strano leggere la sottoscrizione imperante in Toleto, in Legione, in Saragoza, et Najara, Castilla et Galicia, Barcelona, Proventia usque montem Genicum (1139); in altri, si enumerano i principali suoi vassalli cristiani e musulmani, aggiungendo sunt et alii vassalli eius potentissimi quorum nomina non habentur hic.

La sua grande aspirazione di fondare un impero spagnolo di fronte all'impero germanico non si accorda con la divisione che egli fece dei suoi stati, in forza del carattere patrimoniale della monarchia: Castiglia passò al suo primogenito, Sancio III, e León a Fernando II.

Fonti: Chronica Adephonsi Imperatoris, in España Sagrada, XXI, (scritta poco dopo il 1146, è la fonte principale per lo studio del regno di A.); Sandoval, Chronica del inclito Emperador de España don Alfonso VII, Madrid 1600 (deriva dalla precedente, e fu rifusa dal Sandoval nella sua Historia de Cinco Reyes, Madrid 1792); Poema de la Conquista de Almeria, in España Sagrada, XXI (anch'esso contemporaneo); Anales Toledanos, in España Sagrada, XXIIl.

Bibl.: B. Sánchez Alonso, Fuentes de la historia española é hispanoamericana, 2ª ed., Madrid 1927. Come opera generale di consultazione, cfr. A. Ballesteros, Historia de España y su influencia en la historia universal, II, Barcellona 1920, pp. 256-263.

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