CORTI, Alfonso

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 29 (1983)

CORTI, Alfonso

Mirko D. Grmek

Nacque a Gambarana in Lomellina (allora provincia del Regno sardo, ora prov. di Pavia) il 15 giugno 1822, primogenito di Gaspare marchese di Santo Stefano Belbo e da Beatrice dei marchesi Malaspina di Carbonaro. Discendeva da una famiglia illustre, che già nel Medioevo risiedeva a Pavia e che, cosa piuttosto inabituale per la vecchia aristocrazia lombarda, annoverava medici e scienziati tra i suoi membri.

Nella prima metà del sec. XVI, un Matteo fu professore di medicina a Padova, Pavia, Bologna e Pisa, medico del papa Clemente VII e, secondo il giudizio espresso da Albrecht Haller in Bibliotheca anatomica, un ottimo anatomista. Nello stesso secolo Niccolò insegnò a Padova, mentre, nel sec. XVIII, Giovanni Maria e Cesare furono successivamente lettori di medicina a Pavia.

Gaspare, padre del C., viveva a Gambarana dirigendo un podere, il solo che era rimasto di una più ampia fortuna familiare. Benché non avesse compiuto studi specifici, egli fu molto aperto alle scienze, s'interessò particolarmente alla storia naturale ed influenzò in quella direzione l'inclinazione del figlio Alfonso.

Il C. visse gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza in una atmosfera familiare di alta cultura, e, ancora ragazzo, ebbe occasione d'incontrare nella casa paterna A. Scarpa, uno scienziato prestigioso, che forse colpì la sua immaginazione e contribuì a conferire all'anatomia un'attrazione quasi romantica. Terminata l'educazione umanistica a Pavia, il C. iniziò nel 1841 gli studi di medicina presso l'università pavese. La sua scelta fu dettata più dal suo interesse per le ricerche biologiche che dal desiderio di una futura pratica medica. Egli stesso dichiara in un documento di natura autobiografica che "s'è dato agli studi medici solo per una particolare predilezione per l'anatomia umana e comparata" (domanda autografa per il posto di assistente all'università di Vienna, 1847, in B. Pincherle, 1932, p. 24). Difatti il C. trascurò l'insegnamento clinico, occupandosi invece con tanto maggior fervore di studi anatomici, sotto la guida di B. Panizza e M. Rusconi.

L'ateneo di Pavia continuava ancora in quegli anni la grande tradizione anatomica italiana del Malpighi e del Morgagni, legata in quel luogo soprattutto ai lavori dello Scarpa. Il Panizza, che tra i primi in Italia introdusse nell'insegnamento di anatomia umana un indirizzo istologico moderno ed istituì un corso sull'uso del microscopio, lavorò proprio durante gli anni universitari del C. sulla struttura microscopica dell'orecchio interno. Il Rusconi, scienziato senza cattedra, spirito indagatore indipendente e maestro di osservazioni precise di anatomia ed embriologia comparata, adottò il C. come allievo apprezzandone l'entusiasmo e l'abilità manuale. Le lezioni del Panizza e l'esempio del Rusconi diedero un impulso decisivo alla carriera scientifica del C., alla sua scelta di un metodo particolare d'indagine biologica.

Se Pavia era allora il migliore centro italiano per questo tipo di studi, l'Italia non aveva più, come nei secoli passati, il primato nel campo delle ricerche di morfologia biologica. I lavori anatomici di punta, realizzati con perfezionamento di mezzi tecnici e con un orientamento sempre più legato alla biologia generale, si svolgevano nelle università di lingua tedesca. Per questa ragione il C. interruppe gli studi a Pavia e andò, nel settembre 1845, a Vienna per ottenervi la laurea di medicina e, soprattutto, per perfezionarsi nell'anatomia comparata desiderando di avere per maestro J. Hyrtl, uno dei massimi anatomici dell'Ottocento.

A Vienna il C. lavorò con estrema diligenza, affrontando nello stesso tempo le difficoltà linguistiche, gli esami di clinica medica e l'approfondimento delle sue conoscenze di anatomia e fisiologia. J. Hyrtl, che stava realizzando una monografia monumentale sulla struttura dell'orecchio intemo, lo accolse nel cerchio dei suoi collaboratori e, apprezzando la "passione veramente rara" e la destrezza del C., gli affidò l'esecuzione di alcuni preparati per il famoso Museo anatomico dell'università di Vienna. Avendo superato gli esami rigorosi e presentato la tesi di laurea, il C. fu promosso dottore in medicina il 6 ag. 1847.

La tesi De systemate vasorum Psammosauri grisei (Vienna 1847)sconfina dalla medicina in senso stretto e mostra già le virtù principali di questo naturalista. Si tratta di una descrizione del sistema vascolare di un grosso rettile africano, fatta utilizzando il metodo di iniezione su due esemplari della stessa specie (esemplari allora rarissimi in Europa, procurati al C. dallo Hyrtl). Il fascicolo è illustrato da sei tavole disegnate dal Corti. Questo primo lavoro scientifico non comporta scoperte di valore particolare, sebbene oltrepassi il livello abituale delle tesi di medicina e provi il virtuosismo del C. nelle preparazioni anatomiche.

Dopo la laurea il C. restò a Vienna, avendo vinto il concorso a un posto d'assistente presso lo Hyrtl, all'Istituto di anatomia (29 dicembre 1847). Poteva essere l'inizio di una carriera universitaria destinata a portarlo ad una cattedra in Italia ma il precipitare degli eventi politici cambiò i suoi progetti. Durante la rivoluzione del 1848, infatti, fu distrutto l'Istituto di anatomia con la preziosa collezione anatomica e la biblioteca dello Hyrtl. Le condizioni di ricerca divennero difficilissime. Inoltre l'Austria si trovò in stato di guerra col Regno di Sardegna, del quale il C. era suddito. Disgustato egualmente della rivoluzione e della repressione si rifugiò in Svizzera e, dopo essersi fermato per un breve periodo a Zurigo, dove incontrò il professore di anatomia J. Engel, dal febbraio 1849, si stabilì a Berna dove l'illustre fisiologo G. G. Valentin lo accolse con particolare benevolenza. Il giovane studioso fu ammesso, non solo nell'Istituto, ma anche nella casa di Valentin con cui strinse una profonda amicizia: lo testimonia la corrispondenza scambiata tra i due scienziati negli anni 1850-1855.

Le lettere inviate dal C. a Valentin, pubblicate da E. Hintzsche, sono oggi la migliore fonte per conoscere le vicende biografiche, le influenze subite ed esercitate, le motivazioni e la mentalità del loro autore durante il quinquennio eroico nel quale è condensata tutta la sua vera attività scientifica.

Il C. studiò insieme con Valentin la teratologia dei pesci, in particolare lo sviluppo di mostri da uova artificialmente fecondate. I risultati, di notevole interesse per la storia dell'embriologia sperimentale, furono pubblicati più tardi dal solo Valentin, ma con esplicito riconoscimento del contributo del C. (Ein Beitrag zur Entwicklungsgeschichte der Doppelmissgeburten, in Archiv für physiolog. Heilkunde, X [1851], pp. 1-39). Un'altra ricerca condotta a Berna riguarda lo studio del movimento vibratorio ciliare negli organi digestivi di larve di anfibi. Ispirato da Valentin, il C. continuò questo lavoro da solo e ne pubblicò, un anno dopo, un resoconto (Ueber Flimmerbewegungen bei Frosch- und Krötenlarven, in Verhandl. der Phys.-med. Gesellschaft zu Würzburg, I [1850], pp. 191 s.). Secondo lui, i movimenti ciliari servono a espellere il contenuto delle cavità prima che si formino i muscoli appositi. C. Bernard si è servito delle osservazioni del C. sulla distribuzione delle strutture ciliari intestinali a contatto con la bile.

Il C. trascorse a Berna alcuni mesi tra i più felici della sua vita, ma il desiderio di impadronirsi alla fonte delle tecniche istologiche più avanzate lo spinse a recarsi, nell'agosto 1849, a Londra (dove incontrò i noti istologi J. Paget, T. Wharton Jones e R. Owen), quindi a Parigi (dove allacciò rapporti con H. Lebert e C. Robin) e infine a Würzburg, dove si fermò dal gennaio all'agosto 1850. L'università di Würzburg era allora il centro incontestabile della istologia moderna: il C. ebbe qui l'occasione di partecipare ai lavori di Virchow sull'anatomia patologica, di occuparsi con J. J. Scherer di chimica e soprattutto di appofittare delle nuove tecniche di esame microscopico sviluppate da A. Kölliker. Se Hyrtl era suo maestro per quel che riguarda l'analisi macroscopica e comparativa delle preparazioni anatomiche raffinatissime, egli deve invece a Köllker la padronanza perfetta dell'analisi microscopica dei tessuti. Il suo successo personale è in gran parte dovuto, appunto, a una combinazione felice di ambedue gli approcci.

Nella prefazione di Mikroskopische Anatomie und Gewebelehre des Menschen (Leipzig 1850) di Kölliker, opera fondamentale di istologia, l'autore ringrazia il C. del suo aiuto, in particolare a proposito delle cellule nervose dell'acustico. Difatti, nel testo sono accolti dei contributi del C. e riprodotte alcune figure disegnate da lui.

La prima pubblicazione scientifica indipendente del C. è un breve articolo in lingua tedesca: Beitrag zur Anatomie der Retina (in Archiv für Anatomie, Physiologie und wiss. Medizin, XVII [1850], pp. 273 ss.). Egli aveva tenuto per tre mesi in una soluzione di acido cromico gli occhi di pecore, di conigli e di buoi, riuscendo poi a distinguere, grazie allo sfibramento così realizzato, vari tipi di cellule ganglionari e, come precisa lui stesso, ad acquistare col suo procedimento "la certezza che i prolungamenti dei globi ganglionari della retina debbano considerarsi come vere fibre nervose dei nervo ottico". Presentita da A. H. Hassall, che non disponeva ancora di prove morfologiche, la scoperta del C., della continuità tra le fibre del nervo ottico e le cellule multipolari dello strato interno della retina sarà confermata pienamente dagli studi di H. Müller su pesci e uccelli, di R. Remak sull'uomo e, infine, del C. stesso sull'elefante. Come sottolinea S. Polyak (The Retina, New York 1944, pp. 162, 329), questo fu il passo decisivo verso la soluzione del problema fondamentale della neurofisiologia dell'occhio, cioè la conoscenza del modo nel quale le fibre nervose sono integrate nel complesso strutturale della retina.

In una lettera a G. G. Valentin del 28 luglio 1850 il C. ammette di aver studiato per due mesi l'istologia normale sotto la direzione di Kölliker, ma dichiara esplicitamente che, dopo, aveva intrapreso in modo indipendente le ricerche sull'organo dell'udito. Nella stessa lettera egli dice d'essere stato invitato come professore a Torino, ma di aver rinunciato "ad ogni impiego" e di essere deciso "a trattare la scienza privatamente ed indipendentemente". L'assenza di obblighi professionali e l'indipendenza economica gli permisero di lasciare il laboratorio di Kölliker alla fine dell'anno accademico, proprio quando le sue ricerche sul labirinto membranoso erano in fase critica perché non conosceva un procedimento soddisfacente per conservare a lungo i preparati delicatissimi dell'orecchio interno. Nell'agosto 1850 visitò l'Observatorium microscopicum di Utrecht, dove imparò da P. Harting e J. Schroeder van der Kolk come chiudere i preparati microscopici freschi in una montatura umida. Grazie a questa tecnica, che rese possibile esami prolungati e confronti precisi tra vari preparati, e alla sua invenzione della colorazione istologica, il C. concluse lo studio del labirinto membranoso con una serie di scoperte sulle quali è fondata l'interpretazione moderna della funzione auditiva dei mammiferi. Intrapreso a Würzburg e perfezionato a Utrecht, il lavoro sull'organo auditivo fu condotto a buon fine a Parigi, dove il C. visse dal settembre 1850. Le annotazioni inedite di C. Bernard ci informano che il C., nel dicembre di quell'anno, partecipò, col fisiologo italiano L. Vella, alle esperienze di neurofisiologia nel laboratorio del Collège de France (v. ivi, fondo Claude Bernard, ms. 7 f, p. 67, e 7 h, pp. 14 s.).

Il capolavoro del C. uscì il 30 giugno 1851 in lingua francese: Recherches sur l'organe de l'ouïe des mammifères. Première partie: Le limacon (in Zeitschrift für wissenschaftliche Zoologie, III, [1851] pp. 109-169;riediz. a cura di B. Pincherle, Roma 1932).Questa monografia, dedicata alla chiocciola, doveva essere, come dice il titolo, la prima parte di una serie di testi sull'anatomia dell'organo auditivo. In una sua nota il C. dichiara infatti che una seconda parte, riferentesi al vestibolo, era già in preparazione. Vi è promessa anche un'ulteriore analisi approfondita delle proprietà fisiche delle strutture anatomiche relative al senso dell'udito. Queste parti non comparvero mai, ma la prima bastò ad assicurare la fama al C., il cui nome fu legato al recettore acustico ("organo spirale del Corti", chiamato così su proposta di Kölliker) e ad alcune tra le più importanti formazioni cocleari: la membrana basilare, i pilastri, la galleria, le arcate, la membrana tectoria, le cellule sensoriali ed il ganglio spirale.

In sessanta pagine di un testo denso e limpido, il C. descrive le tecniche usate e le formazioni anatomiche osservate. Egli lo fa con una rara economia di parole e, tuttavia, con massima precisione. Le spiegazioni morfologiche sono illustrate con due tavole a colori incise secondo i disegni dell'autore. Le indicazioni sulla grandezza e sul numero delle varie formazioni sono di una esattezza ammirevole, quando si considerino i limiti tecnici dell'epoca. Benchè il C. non si accontentasse della mera presentazione dei dati anatomici, egli seppe separare rigorosamente le osservazioni oggettive dalle ipotesi che queste gli suggerivano.

Prima delle sue ricerche erano note soltanto le parti più grossolane del labirinto membranoso. Non si conosceva la vera sede dell'organo recettore degli stimoli sonori. I migliori specialisti, come E. Huschke e J. Hyrtl, avevano solo fatto conoscere l'esistenza, nella lamina spirale membranosa, di "una o più serie di corpuscoli irrregolari e giallastri". Sotto l'occhio del C. questi corpuscoli informi si presentarono come strutture ben ordinate e molto complesse, diventarono un dispositivo finemente articolato di "denti acustici" (chiamati oggi "pilastri del Corti") e di cellule sensoriali ciliate. Inoltre egli per primo descrisse la membrana tectoria e l'epitelio della stria vascularis, intuendo correttamente l'importanza di quest'ultima per la secrezione dell'endolinfa. Scoprì la natura bipolare delle cellule del ganglio spirale e ne determinò il lato periferico e quello centrale. Con grande prudenza riconobbe di non veder chiaro dove e come terminano le fibre del nervo cocleare. Questa incertezza gli impedì di spiegare in modo soddisfacente le funzioni delle varie formazioni cocleari. Tuttavia ipotizzò ingegnosamente, "per far agire anche un po' l'immaginazione oltre che la pazienza", come le vibrazioni sonore possano mettere selettivamente in movimento le varie parti dell'organo spirale ed agire secondo le leggi della fisica sui recettori nervosi. Il C. paragonò il congegno trovato nel dotto cocleare ad una serie di corde di pianoforte, disposte in modo parallelo, molto vicine l'una all'altra e saldate insieme. Proprio sulle idee espresse nelle note della monografia del C. sarà fondata la teoria di Helmholtz che spiega la funzione dell'organo spirale mediante il fenomeno di risonanza acustica.

Per capire la difficoltà che questo tipo di ricerche rappresentava per il C. e gli istologi del suo tempo, bisogna tener presente la loro incapacità di fare delle sezioni veramente sottili di formazioni anatomiche molli. Egli fece le sue scoperte senza microtomo, utilizzando la separazione di elementi istologici e l'esame microscopico della superficie di frammenti di materiale fragilissimi, trattati con vari liquidi fissatori (alcuni da lui usati per la prima volta) e chiusi con mastice tra due lastre di vetro. Il C. prelevava materiale freschissimo, dal cadavere animale ancora caldo (quest'ultima esigenza rendeva difficile le osservazioni sull'orecchio umano) ed esaminò sistematicamente più di duecento chiocciole di buoi, maiali, montoni, gatti, cani, conigli, talpe e topi. Nel corso di questo studio adoperò per primo le soluzioni diluite di carminio per visualizzare meglio le particolarità istologiche. Già nel 1851 notò la colorabilità dei nuclei cellulari, ma la sua pubblicazione non ebbe influenza diretta sullo sviluppo di questa tecnica istologica: il fenomeno fu riscoperto da T. Hartig (1854) ed utilizzato in modo sistematico da J. Gerlach (1858). Un altro merito particolare del C., non apprezzato nel suo giusto valore e la cui portata si è rivelata solo col progresso attuale della scienza, consiste nell'aver egli eseguito, oltre alle colorazioni istologiche in senso stretto, vere prove topochimiche. Il C. controllò al microscopio il comportamento di varie parti del labirinto membranoso sottoposte all'azione di alcuni reagenti chimici e riuscì a provare così, per es., che la membrana basilare, la membrana tectoria e il lembo spirale sono di natura proteica.

Durante l'anno accademico 1850-1851 il C. svolse a Parigi un'attività febbrile, sia nel campo scientifico sia in quello delle relazioni culturali: partecipò in qualità di membro corrispondente alle riunioni della Société de biologie e della Société de médecine, discusse con colleghi illustri ed intraprese ricerche istologiche e fisiologiche promettenti. Purtroppo, impegni familiari sopravvenuti con la morte del padre, gli imposero, nel 1851, il ritorno in patria e un soggiorno prolungato a Torino. Non aveva ancora compiuto trent'anni ed era già all'apogeo. Alla sua partenza da Parigi seguì, dal punto di vista delle realizzazioni scientifiche, un rapido declino.

Nella lettera al professore Engel, scritta a Torino il 24 luglio 1851, il C. qualifica la sua monografia sulla chiocciola come "un debole tentativo di ricerche che spero riprendere presto con maggiore diligenza". Egli sperava di poter continuare le sue ricerche nel laboratorio del suo amico F. De Filippi, direttore del Museo zoologico di Torino. Il De Filippi e il C. progettarono la stesura di un ampio manuale di anatomia comparata. Ma gli affari contenziosi familiari non gli permisero altro che lavori occasionali in laboratorio.

Il Museo zoologico ottenne nel novembre 1852 dal giardino zoologico reale di Stupinigi un elefante, che fu asfissiato e sul quale il C. poté prelevare vari tessuti. Egli mostrò che le strutture elementari di questo grande mammifero hanno la stessa disposizione e le stesse dimensioni relative delle strutture corrispondenti di piccoli mammiferi e confermò in particolare la sua scoperta anteriore della continuità tra le cellule nervose e le fibre retiniche. Il C. non curò la pubblicazione di queste sue osservazioni, ma le descrisse in una lettera, mandata nel dicembre 1852 a Kölliker e pubblicata da costui parzialmente nella sua rivista (Histologische Untersuchungen angestellt an einem Elephanten, in Zeitschrift far wissenschaftliche Zoologie, V [1853], pp. 87-93). La lettera a Kölliker, ultimo testo stampato del C., si chiude con una dichiarazione che caratterizza tutta la sua opera e che illustra la sua reazione alla medicina romantica: "Evitiamo ogni ipotesi basata su fatti troppo fragili ed accontentiamoci d'aumentare questi, secondo le nostre forze".

Nell'estate 1853 il fisiologo svizzero G.G. Valentin visitò il C. a Torino e lo incitò a riprendere il lavoro su alcuni temi di maggior rilievo. Il C. fece allora, nel laboratorio di anatomia comparata dell'università di Torino e in una casa privata a Genova, qualche osservazione istologica sul sistema nervoso e sull'organo elettrico della torpedine e contò di intraprendere ricerche per risolvere l'enigma della vera natura anatomica del simpatico. Ma nel 1854 egli interruppe per sempre le sue indagini scientifiche e le sue relazioni professionali. Non conservò nessun resoconto manoscritto relativo ai lavori non pubblicati.

Le ragioni del mutamento radicale dello stile di vita del C. rimangono sconosciute. Si tratta probabilmente di un concorso di fattori, che in parte sfuggono alla documentazione storica: disturbi reumatici, ai quali si aggiunge, come nota il suo amico De Filippi, un certo orgoglio sociale del nobiluomo a disagio nell'ambiente che va democratizzandosi, depressione e disillusione, infine i problemi di natura sentimentale, il matrimonio e le attrattive della vita rurale.

Il 6 genn. 1854 il C. fu eletto membro dell'Accademia Cesarea Leopoldina-Carolina. Nella lettera di ringraziamento a C. G. Nees von Esenbeck, suo presidente, si trova il primo accenno a una malattia "non pericolosa, ma molto noiosa", che cominciava a ostacolare il suo lavoro micrografico. Secondo la tradizione orale dei discendenti, egli soffrì di una forma cronica e progressiva di "artrite deformante", che, poco a poco, gli avrebbe tolto la capacità di eseguire movimenti delicati con le mani, poi l'avrebbe immobilizzato su una poltrona. Le notizie su questa malattia sono contraddittorie e, per la fase tardiva, sicuramente di grave invalidità, una fonte cita la diagnosi di affezione del midollo spinale. In ogni caso era ancora in pieno possesso delle sue forze fisiche quando acquistò una tenuta nella campagna pavese, villa Mazzolino presso Casteggio, e sposò, il 24 sett. 1855, Maria Anna Carlotta Bettinzoli. Gli ultimi venti anni della sua vita li trascorse occupandosi di viticoltura e dell'educazione dei due figli.

Morì il 2 ott. 1876 a Corvino San Quirico presso Casteggio (Pavia).

L'interruzione completa per un lungo periodo dei contatti col mondo scientifico, l'assenza di incarichi universitari ufficiali e le ricerche eseguite fuori patria in molteplici luoghi, contribuirono a far dimenticare il C., benchè la sua monografia sull'organo auditivo fosse divenuta rapidamente un testo classico e il suo nome conosciuto come eponimo anatomico da tutti i medici e naturalisti. Così si spiega che la sua morte non fu segnalata da nessuna notizia necrologica sulla stampa scientifica e che i manuali e le enciclopedie dell'Ottocento ignorassero le vicende fondamentali della sua vita. Fu solo dopo la prima guerra mondiale che gli storici della medicina ricostruirono penosamente la sua biografia.

Uomo di natura riservata, proclive all'indagine concreta e minuziosa, dotato di una prodigiosa pazienza e abilità manuale, privo dei tormenti delle astrazioni filosofiche e diffidente delle belle parole e delle teorie audaci, il C. rispecchia nel suo lavoro scientifico certe caratteristiche essenziali della svolta avvenuta nell'anatomia verso la metà del secolo scorso, cioè la predominanza del lato tecnico, la priorità dei "fatti" sulle "interpretazioni" e sulle "generalizzazioni teoriche", la penetrazione dello sguardo nelle strutture più sottili dei tessuti, facendone una "dissezione" microscopica che rispetta le fratture naturali, l'integrazione dell'uomo nell'ambito zoologico generale ed, infine, lo studio delle funzioni attraverso la conoscenza intima delle forme istologiche. Considerando l'importanza delle sue scoperte, la perfezione delle sue preparazioni ed il significato storico delle sue innovazioni tecniche, si può dire che il C. fu uno dei maggiori rappresentanti dell'anatomia italiana dell'Ottocento.

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