Vòlta, Alessandro. - Fisico e chimico (Como 1745 - ivi 1827). Sesto dei sette figli del patrizio Filippo e di Maria Maddalena dei conti Inzaghi, rimasto orfano di padre, la sua educazione fu curata dallo zio paterno, canonico Alessandro, che avrebbe voluto avviarlo agli studî giuridici. Invece il giovane fu attratto dagli studî scientifici, nei quali non ebbe maestri e fu guidato dalla curiosità e da estese letture. Lo appassionavano, in particolare, gli allora nascenti studî di elettricità e già dal 1763 si mise in relazione epistolare con i due maggiori elettrologi europei del tempo, J.-A. Nollet e G. Beccaria. Esordì nel 1769 con una memoria epistolare (De vi attractiva ignis electrici ac phaenomenis inde pendentibus) diretta a Beccaria, col quale polemizzava su una interpretazione teorica del fenomeno d'influenza elettrostatica, opponendogli una teoria strutturale, microscopica, alquanto macchinosa, nella quale introduceva, in forma ancora vaga, la considerazione dello "stato elettrico" dei corpi, ossia, come oggi si dice, del potenziale. V. approfondì la propria concezione teorica, passata allora inosservata, e la avvalorò con lavori sperimentali che fin dal 1765 aveva cominciato a eseguire nel laboratorio privato del suo condiscepolo canonico Giulio Cesare Gattoni. Frutto di questa tenacia di sforzi fu il suo primo grande successo, l'invenzione nel 1775 dell'elettroforo (v.), precursore delle macchine a influenza elettrostatica costruite successivamente. Nello stesso anno 1775 ottenne la cattedra di fisica nelle scuole di Como; nel 1778 fu chiamato nell'univ. di
Tabella
In base alla seconda legge di V., l'ordine dei termini nella serie voltaica non dipende dalla natura del metallo di riferimento. Sempre in base alla seconda legge, l'effetto V. tra due metalli qualunque risulta poi: V12=V01−V02, essendo V01 e V02 gli effetti corrispondenti al contatto del primo e del secondo metallo, rispettivamente, col metallo di riferimento: per es., l'effetto V. al contatto zinco-platino è, secondo i valori della tab. precedente, pari a −0,2−(−1,3)=+1,1 V. Come si vede, le differenze di potenziale per effetto V. sono relativamente piccole e, com'è noto, per riuscire a rilevarle V. ricorse al geniale artificio dell'elettroscopio (v.) condensatore a capacità variabile. Le misurazioni di differenza di potenziale vanno effettuate elettrostaticamente, cioè senza passaggio di corrente. Per ottenere misure sufficientemente precise e ripetibili occorre cautelarsi nei riguardi di effetti spurî, soprattutto dovuti a fenomeni fisico-chimici di superficie. Per spiegare l'effetto è sufficiente fare riferimento allo schema a bande di livelli energetici degli elettroni di conduzione nei due metalli, come indicato in fig., dove E è l'energia totale degli elettroni, Φ1, Φ2 i lavori di estrazione elettronica del metallo 1 e del metallo 2, a il livello di ionizzazione, F1, F2 i livelli di Fermi nei due metalli prima del contatto; avvenuto quest'ultimo, gli elettroni passano nel metallo 1 dal metallo 2, che ha minore lavoro di estrazione; quest'ultimo metallo si carica positivamente rispetto all'altro, di modo che fra i due si stabilisce un campo elettrico che ostacola il passaggio degli elettroni nel verso anzidetto; in brevissimo tempo si raggiunge una situazione di equilibrio, in cui la differenza di potenziale fra i due metalli assume il valore (Φ2−Φ1)/e, con e carica elettronica, cui corrisponde lo stabilirsi di un livello di Fermi unico, F, nel sistema dei due metalli, gli elettroni potendosi muovere liberamente in tale sistema.