ANTINORI, Alessandro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

ANTINORI, Alessandro

Gemma Miani

Nacque a Firenze nel 1481 da Niccolò di Tommaso, mercante, e da Nannina Martini. Esercitò la mercatura riprendendo i traffici del padre in direzione di Lione e ampliandoli poi verso le Fiandre. Fu il primogenito di tre fratelli, di cui uno, Camillo, si dedicò come lui al commercio, senza tuttavia collaborare con l'A., da cui lo dovettero dividere anche le passioni politiche. L'A., come il padre, mantenne la propria. residenza a Firenze, da dove diresse le filiali lontane mediante un sistema di fattori stabiliti sul luogo. Ciò gli permise di adire a Firenze alle principali magistrature cittadine, ottenendo il priorato per il marzoaprile 1516. Mancano notizie sugli inizi della sua attività commerciale. Nel 1521, e indubbiamente già da un certo periodo, egli era presente a Lione con la società "Alessandro Antinori e compagni", rappresentata dal fattore Niccolò Ughi, il quale continuò nell'incarico per tutto il quindicennio seguente.

Delle attività della società lionese resta traccia solo dei prestiti alla Corona francese, ai quali l'A. aveva presto cominciato a contribuire, sebbene, a quanto si può giudicare, non in misura considerevole. Nel 1521, in uno stato dei resti dei debiti dovuti ai Fiorentini per cedole dei Generali di finanze e di Jacques de Beaume de Semblançay, l'A. compariva per la somma di sole 2.193 lire 15 soldi tornesi, su un totale di 85.177 lire 15 soldi tornesi che erano ripartite tra ventitré case fiorentine di Lione.

Tra queste figurava per la somma di 5.800 lire tornesi il fratello Camillo Antinori, che nel 1513 era stato bandito da Firenze al ritomo dei Medici, e che in questo periodo era presente a Lione in qualità di mercante "residente". Ma l'impresa commerciale di Camillo fu di minore ampiezza e durata di quella di Alessandro. Sottoposto più direttamente, in quanto "residente", alle pressioni della Corona francese che esigeva sempre nuovi crediti, Camillo dovette nel 1521 partecipare al prestito forzoso che i mercanti stranieri fecero a Francesco I sotto il nome dei Buonvisi per poter ottenere la scarcerazione e la liberazione dei beni fatti confiscare dal re. Egli si trovava poi compreso nelle lettere patenti del 18 giugno 1522 che confermavano la licenza di libero commercio e la protezione regia ai Fiorentini di Lione; ma nel 1527-28 non compariva più nelle liste dei "residenti". Non dovette resistere alla crisi che in quegli anni colpì l'economia fiorentina, ed inoltre nel 1531 il figlio Amerigo era bandito da Firenze con confisca dei beni in quanto antimediceo.

A differenza di Camillo e di parecchi membri di un ramo cadetto della famiglia presenti in questo periodo a Lione, l'A. riuscì invece a superare la crisi. Documento della solidità della sua società: il 3 ott. 1530 il mercante genovese Lodovico Sauli dava l'incarico al suo procuratore A. Doria di cercar di ricuperare a Lione presso l'A. una lettera di cambio di 743 scudi d'oro, 19 soldi, 2 denari, tirata a Medina del Campo, su "Carlo Antinori, Raffaele Acciaiuoli e C." a Lione, all'ordine di Giovanni Antonio e Paride Pinelli. Aderendo apertamente al partito dei Medici, egli si assicurò a Firenze al loro ritorno una posizione di favore, tanto che nel 1532, sotto il duca Alessandro, fece parte del. Consiglio dei Quarantotto. Nel 1536 la società lionese dell'A. continuava a sussistere, rappresentata sempre dal fattore N. Ughi. Alla fine di ottobre di quell'anno, nei giorni preparatori all'apertura della fiera di Tutti i Santi, resta traccia di sue transazioni commerciali con la piazza di Anversa: N. Ughi, a nome della società "Alessandro Antinori e compagni di Lione", presentava a N. Pertini (fattore di A. e P. Salviati) una lettera di cambio di 240 scudi di marco, contro "N. Rondinelli e società" di Anversa, lettera che il Pertini accettava solo in parte lasciando protestare 100 scudi di marco.

In questo periodo l'A. era presente anche ad Anversa con una propria società rappresentata dal fattore Simon Pecori. Nel marzo 1540 la società era debitrice verso Loys Perez, mercante spagnolo operante ad Anversa, della somma di 250 scudi d'oro in virtù di una lettera di cambio tirata sull'A. il 17 dic. 1539. Nel 1543 la società dell'A. compariva tra i mercanti meridionali stabiliti ad Anversa che esercitavano il commercio di esportazione per via di terra verso l'Italia. Nell'autunno 1544, nel periodo in cui maggiormente ardeva la guerra tra Francesco I e Carlo V, causando una grande riduzione dell'attività mercantile di Anversa, l'A. aveva esportato verso la Francia un complesso di merci pari a 1.990 lire di Fiandra, cifra considerevole in rapporto al volume delle esportazioni dei mercanti meridionali residenti ad Anversa (4.941 lire di Fiandra), che costituiva un terzo delle esportazioni complessive della città.

Nello stesso periodo l'A. continuò ad operare a Lione. Il 28 febbr. 1545 Caterina de' Medici scriveva a Cosimo, duca di Firenze, a proposito di una questione che divideva Antonio e Lodovico Buonvisi da un lato e l'A. con i creditori di Benedetto Gondi dall'altro.

L'A. morì nel 1557.

Ebbe tre figli maschi: Sebastiano (1524-92), letterato e senatore fiorentino nel 1586; Vìncenzo, che nel 1559 si compromise nella congiura di Pandolfa Pucci e che passò poi come militare in Germania; Lorenzo, che esercitò come il padre la mercatura. Costui, di cui è ignota la data di nascita, continuò le relazioni commerciali con Lione, ma non prese residenza nella città. Si imparentò con la famiglia Guadagni, i grandi mercanti-banchieri di Lione, sposando nel 1549 Giovanna, figlia di Tommaso II Guadagni. Sebbene egli continuasse ad avere relazioni con la Francia fino almeno al 1577 per motivo dell'eredità e dei beni della moglie, la sua attività commerciale dovette andare estinguendosi, e fu comunque sempre di minima importanza in confronto a quella delle altre case fiorentine contemporanee dei Martelli e dei Capponi.

Altri Antinori, appartenenti ad un ramo cadetto della famiglia fiorentina, esercitarono il commercio durante il sec. XVI e furono presenti a Lione. Nel 1521 erano "residenti" Gregorio e Matteo; quest'ultimo, sottoposto in quell'anno all'arresto e alla confisca dei beni, dovette poi partecipare con gli altri stranieri al prestito forzoso alla Corona. Nel 1522 Matteo era compreso nelle lettere patenti del 18 giugno che riconfermavano ai Fiorentini il diritto di residenza a Lione malgrado lo stato di guerra esistente con Firenze. Figurano residenti a Lione in questo anno anche Tommaso, Raffaele e Francesco Antinori, commercialmente indipendenti l'uno dall'altro. Tutti costoro scomparirono presto e non figurarono più nelle liste di residenti del 1527-28. Tra essi il più importante fu Matteo, che partecipò ai prestiti alla Corona: nel 1527 dopo il processo e la decapitazione di lacques de Semblancay egli si trovava tra i suoi creditori lionesi, il cui rimborso venne aggiornato. Morì prima del 1536, anno in cui i suoi affari venivano continuati dall'"erede" P. L. Antinori, il quale già dal 1529 intratteneva relazioni commerciali con la Francia. Il 18 ott. 1536 P. L. Antinori riconobbe di dovere a N. Piccini per prestito e per vendita di merci lire 300 pagabili in tre anni in ragione di lire 100 all'anno. Il 19 ottobre egli trasferì al Piccini una obbligazione sottoscritta in suo favore dal mercante tedesco Faurel nel 1529 a Béziers. Questo trasferimento di obbligazione era effettuato per regolare il pagamento di 114 lire 9 soldi 5 danari tomesi di cui l'A. era debitore verso il Piccini.

Negli anni 1548-51 furono presenti a Lione altri due Antinori: Niccolò e Carlo, i quali ebbero relazioni commerciali con gli Affaitati di Anversa. Carlo, residente e "bourgeois" di Lione, dove si trovava fin dal 1530, aveva sposato Jeanne, la figlia di Roberto Albizzi, il grande mercante banchiere. Nel 1547 Carlo fu console della nazione fiorentina a Lione, e nel corso di questa carica ebbe ad occuparsi dei progetti di ricostruzione della Loggia dei Cambi di Lione sul ponte della Saóne (7 dic. 1547). Nel 1550 fu rettore dell'Aumône Générale di Lione.

Morì verso il 1552, lasciando una figlia Margherita. La moglie si rimaritò con Alessandro Pitti.

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