ADIMARI, Alessandro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)

ADIMARI, Alessandro

Arnaldo D'Addario

Nacque a Firenze nel 1579 da Bernardo di Tommaso. Sin da giovane si dedicò allo studio della lingua e della letteratura greca e latina: fu operoso traduttore di classici e annotatore erudito degli stessi suoi componimenti poetici, consolando, con questi suoi studi, una vita non felice a motivo di disagi economici e di amarezze.

Nel 1621 fu commissario a Volterra, attirandosi la benevolenza del granduca se, proprio in ricompensa dei servigi prestati, fu concesso a suo figlio Benedetto l'abito dell'Ordine di S. Stefano. L'A. è ricordato anche come segretario dell'Accademia Fiorentina (1633) e come accademico Alterato, Incognito e Linceo. Non è del tutto certa la sua appartenenza ai Lincei, ma l'esame di nuovi documenti condotto dal Gabrieli fa ritenere che egli fosse ammesso a farne parte nel 1630 - o 1631 - anche se non si osservò del tutto la procedura necessaria.

A parte i versi di carattere encomiastico, in occasione delle esequie di don Francesco de' Medici (Firenze 1614), per la presa di La Rochelle (Firenze 1629), per la nascita di don Carlo Barberini (Firenze 1630), per la traslazione dell'immagine della Vergine dell'Impruneta a Firenze (Firenze 1633; Pisa 1649), in morte di Madama di Lorena (Firenze 1636), ecc., la produzione letteraria più nota dell'A, è rappresentata da sei raccolte di cinquanta sonetti ciascuna, in stile ridondante, piuttosto versificazione di notizie erudite che manifestazione di vena poetica.

Le intitolò alle Muse: La Tersicore (Firenze 1637), ispirata a scherzi e paradossi sulla bellezza femminile; La Clio (Firenze 1639), a commento di notizie storiche su personaggi della sua famiglia, in cui, pur non accettando il giudizio di Dante su Filippo Argenti, si mostra orgoglioso, tuttavia, del fatto che la sua stirpe sia stata ricordata nel poema; ne La Melpomene (Firenze 1640) sono raccolti sonetti funebri dedicati a fra' Dionigi Buffotti, servita; La Calliope (Firenze 1641), L'Urania (Firenze 1642) e La Polinnia (Firenze 1642) sono composte a commento di detti celebri di argomento storico e letterario.

Tradusse dallo spagnolo la predica contro l'abuso delle commedie del gesuita Gaine (Firenze 1648) ed i Proverbi Morali di A. de Barros (Milano 1659);ma la traduzione più celebre dell'A. è quella delle Odi di Pindaro (Pisa 1631), il cui apparato erudito è ripreso, però, in gran parte dalla precedente versione dello Schmidt (1616), e che non fu accolta con favore dai contemporanei.

Morì a Firenze nel 1649, lasciando molti inediti, fra cui le Memorie appartenenti alla famiglia degli Adimari,poi pubblicate nelle Delizie degli Eruditi toscani (tomo XI, Firenze 1778).

Bibl.: La bibl. delle opere a stampa e mss. dell'A. è in L. Caetani, Saggio di un Diz. bio.-bibliogr. ital.,n. 2155; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini,Ferrara 1722, p. 13; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia,I, 1, Brescia 1753, p. 139; G. Gabrieli, Di A. A. Linceo,in Arch. stor. ital.,s. 7, VII (1940), pp. 84-89; A. Belloni, Il Seicento,Milano 1952, pp. 68 e 74.

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