Alessandria

Enciclopedia Dantesca (1970)

Alessandria

Adolfo Cecilia
Pier Vincenzo Mengaldo

La città piemontese era stata fondata nel 1168 in una zona dove esistevano già nuclei di abitazioni; narra Salimbene: " Anno Domini MCLXVIII, ut adimpleretur quod in proverbiis dicitur: Non erit illa, cui casibus accidit una, Lombardi, contra imperatorem coloniam, id est novam colonorum habitationem, facientes, eam ab Alexandro papa Alexandriam vocaverunt " (anche nella Cronica fiorentina del sec. XIII: " Acciò che fusse più famosa di nome, sì lla chiamarono Allexandra, per nome del buono papa Alexandro " [Schiaffini, Testi p. 105]). Dal 1183 al 1200 circa portò il nome di ‛ Cesaria ' impostole dal Barbarossa; per tutto il sec. XIII fu dilaniata dalle lotte tra le fazioni dei guelfi e dei ghibellini, e fu continuamente in lotta con Casale o con Genova. Nel Trecento fu legata alternativamente con gli Angiò e coi Visconti. Ai tempi di D. la città era considerata parte della ‛ Lombardia ', come allora si chiamava quasi tutta l‛Italia settentrionale.

D. cita A. in Pg VII 135 (e Alessandria e la sua guerra), ricordando la lega della città con Asti e con i Visconti nella lunga guerra contro Guglielmo di Monferrato, morto prigioniero appunto in A. nel 1292, e continuata contro il figlio Giovanni I; lotta che ancora nel Trecento fa pianger Monferrato e Canavese (VII 136) per i molti lutti e le molte devastazioni. È nominata anche in VE I XV 8 dicimus Tridentum atque Taurinum nec non Alexandriam civitates metis Ytaliae in tantum sedere propinquas, quod puras nequeunt habere loquelas.

Non possiamo affermare con certezza che D. vide A.; il Bassermann, dopo aver sostenuto che D. non ha visto la parte occidentale della pianura padana, aggiunge: " Le allusioni ad Alessandria, al Monferrato e al Cavanese, situati tutti nell'alta regione padana, sono interamente politiche ".

Bibl. - Salimbene De Adam, Cronica, Bari 1966, 3-4, 470; Bassermann, Orme 388; Revelli, Italia 91, 103.

Lingua. – In VE I XV 8 A. è posta, con Torino e Trento, tra le città che, per la loro vicinanza ai confini d'Italia, puras nequeunt habere loquelas: il loro dialetto, anche se per avventura bellissimo (ma è bruttissimo), non potrebbe comunque essere considerato italiano, in quanto commisto a elementi di un volgare straniero.

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