ALESIA

Enciclopedia Italiana (1929)

ALESIA (Alesia)

Gaetano Mario Columba

Città forte della Gallia, nel paese dei Mandubî, celebre per la vittoria di Cesare su Vercingetorige (52 a. C.).

La posizione di Alesia è descritta dai Commentarii (Bell. Gall., VII, 69 segg.) che non indicano però il punto in cuí la città si trovava, né dànno i confini del territorio dei Mandubii. Essa è stata perciò cercata per tutto il bacino del Rodano e le terre limitrofe. Dai Commentarî risulta però con sufficiente chiarezza che il paese dei Mandubî stava al confine meridionale dei Lingoni, sicché poteva estendersi, al più, sino ai confini dei Sequani a levante e degli Edui a mezzogiorno. Entro questo territorio era parso infatti, sin dal sec. XVIII, che dovesse cercarsi il sito di Alesia, che venne indicato nel monte Auxois, alle falde del quale sorge ora il villaggio di Alise-St. Reine, nel dipartimento della Côte d'Or. Gli scavi condotti in questa località per ordine di Napoleone III hanno messo in luce residui di opere di fortificazione che rispondono alle costruzioni d'assedio descritte dai Commentarî. Nonostante qualche voce discorde, la questione del sito di Alesia è considerata ormai come risoluta. I particolari topografici rispondono pienamente a quelli indicati da Cesare. Alesia sorgeva, com'egli dice, su di un colle di notevole altezza (l'Auxois si alza 165 metri sul fondo della valle), fiancheggiato da due corsi d'acqua (Ose e Oserain). Essa aveva dinanzi una pianura che si estendeva per tre miglia (piano di Les Laumes, a ponente), e dalle altre parti era circondata da una serie di colline di pari altezza (Mont Réa e alture di Bussy a tramontana; di Pennelle a levante; di Flavigny a mezzogiorno). La città era cinta di mura, si estendeva da levante a ponente, conforme alla giacitura del terreno. La notizia che, dopo la vittoria su Vercingetorige, Cesare l'abbia data alle fiamme non è da riguardare come sicura. Dopo gli avvenimenti della guerra del 52 a. C., l'oscura piazza dei Mandubî acquistò nome nel mondo romano, passò nella letteratura, fu ricollegata al mito di Ercole che ne divenne il fondatore, e fu celebrata come focolare e metropoli della Gallia. Nel sec. I d. C. Alesia ci appare modestamente come città industriale nota per l'arte di inargentare gli ornamenti metallici di carri e di cavalli.

Battaglia di Alesia. - Anche per questa battaglia la sola fonte autorevole è per noi Cesare (Bell. Gall., VII, 70-90). Gli altri scrittori non fanno che ripetere, riassunta e deformata, la narrazione dei Commentarii. A parte l'incertezza che può lasciare su qualche particolare, il resoconto cesariano resiste a tutte le diffidenze della critica.

Dopo lo scacco subito al confine dei Lingoni, Vercingetorige si ritirò su Alesia. Cesare gli tenne dietro e pose gli accampamenti sotto la città. I Galli si accamparono a levante di essa, nel declivio della collina, e si fortificarono chiudendosi con un fossato ed un muro a secco. Cesare vide che non era possibile prendere la città d'assalto, e si decise a porre regolare assedio. Fece costruire un'opera di circonvallazione, che, data la natura dei luoghi, ebbe lo svolgimento di undici miglia (16 chilometri), e fu munita di torri da servire di osservatorio. Durante i lavori aveva avuto luogo uno scontro tra i Romani e i Galli assediati che furono ricacciati in tumulto ai loro accampamenti. Vercingetorige allora mandò dei cavalieri a chiamare in aiuto le milizie delle popolazioni galliche confederate, le quali formavano un esercito poderoso: egli contava di aver con sé viveri per trenta giorni o più, e poteva quindi aspettare con relativa tranquillità.

L'attesa di questo esercito poneva innanzi a Cesare un problema: s'egli voleva persistere nell'assedio, doveva prepararsi a tener fronte al nemico da due parti opposte, pur senza avere un numero di soldati adeguato al bisogno. Egli si affidò alle risorse dell'ingegneria militare e provvide alla difesa mercè la costruzione di un'opera condotta con semplicità di mezzi ma senza risparmio di lavoro. Raddoppiò la linea di circonvallazione, costruendone una seconda, dalla parte esterna, parallelamente alla prima, e dal lato di ponente, che dava sulla pianura ed era il meno sicuro, scavò una doppia linea di fossati. Munì le pareti esterne del vallo di rami d'albero, sporgenti in fuori, tra la palizzata e il terrapieno. Collocò innanzi, saldamente piantati su cinque file parallele, alti rami d'albero, intrecciati fra loro, con estremità aguzzate, in modo da fare una successione di reticolati (cippi). Avanti a questi furono scavate otto serie di bocche di lupo, armate d'un palo aguzzo e abilmente mascherate (lilia). Più innanzi ancora il campo fu seminato di pioli a cui era attaccato un uncino di ferro (stimuli). Fu un'opera imponente che i secoli non bastarono a cancellare: gli scavi fatti eseguire da Napoleone III ne hanno messe in luce le impronte; si sono trovati, in gran numero, i peli delle bocche di lupo, nonché alcuni degli uncini di ferro, ora conservati al museo di S. Germain. Annessi alla circonvallazione erano otto accampamenti, quattro di fanteria e quattro di cavalleria (vedi la pianta).

L'esercito di soccorso atteso da Vercingetorige giunse quando già gli assediati si trovavano alle strette coi viveri. Esso si accampò su di un'altura, a ponente, dal lato che la preveggenza di Cesare aveva più accuratamente sbarrato. Era comandato da quattro generali: Commio, Virodomaro, Eporedorige e Vercassivellauno. La battaglia fu iniziata dalla cavalleria delle due parti, nella pianura: l'esito pareva incerto, ma una vigorosa carica fatta in massa dagli ausiliarî germanici, verso il tramonto, dié la vittoria ai Romani. Gli assediati dovettero rientrare, delusi, nel loro accampamento. Il giorno seguente passò tranquillo. Commio lo impiegò a far costruire apparecchi di approccio, graticci, arpioni, scale. L'assalto fu sferrato verso la mezzanotte, con alte grida destinate ad avvertire gli assediati. Si combatté al buio, accanitamente, ma gli assalitori si trovarono impigliati in mezzo alle opere di difesa e sul far del giorno, temendo un attacco di fianco, batterono in ritirata. Minor successo ebbe all'interno Vercingetorige, che s'era appena avvicinato alle opere nemiche, quando l'esercito degli alleati già tornava alle sue posizioni. Formidabile fu il terzo urto. I Galli, esplorata la linea di circonvallazione, ne indovinarono il punto debole, ch'era a maestro, ove le fortificazioni erano incomplete e correvano a mezza costa, in guisa da non poter far molta resistenza ad un nemico che movesse dall'alto. Il compito di dare l'assalto da questa parte fu affidato a Vercassivellauno, che prese con sé un poderoso nerbo di uomini scelti, e con una marcia notturna si portò al punto designato, tenendosi nascosto sino al momento stabilito. A mezzogiorno iniziò l'attacco. Il grosso dell'esercito gallico tornava ad investire la linea della pianura, a ponente, mentre Vercingetorige a sua volta assaliva dall'interno. Dal racconto stesso di Cesare appare che la situazione dei Romani era grave. Vercassivellauno riuscì ad aprirsi la via rompendo le fortificazioni, e Vercingetorige piegando a sinistra investì la parte dell'accampamento che era più a mezzogiorno, da quel che si può comprendere, per tenere impegnati Bruto, Fabio e Cesare stesso. Ma venne respinto e fu questo il momento che decise della battaglia. Giacché Cesare poté accorrere dalla parte minacciata da Vercassivellauno, ove Labieno con 40 coorti si trovava esitante dinanzi all'impeto del nemico. Egli rianimò le milizie, che ripresero con furore il combattimento e ordinò alla cavalleria di aggirare il nemico. All'apparire della cavalleria romana l'esercito gallico tentennò e voltò le spalle. La rotta fu piena. Vercassivellauno fu preso prigioniero, vennero conquistate 74 insegne e la strage sarebbe stata grave se i soldati romani non fossero stati oppressi dalla stanchezza che l'enorme sforzo di quella giornata aveva causato. Dopo la disfatta, Vercingetorige si ritirò nell'accampamento, e il giorno seguente si consegnò nelle mani di Cesare. La vittoria di Alesia decideva delle sorti della civiltà dai Pirenei al Reno ed alla Britannia.

Bibl.: [Napoleone III], Histoire de Jules César, II, 1866; T. Rice Holmes, Caesar's conquest of Gaul, Londra 1899, (riassume tutte le discussioni sul sito di Alesia, e i particolari e la credibilità del racconto dei Commentarî, (ma con critica non sempre calzante); W. Schott, Cäsars Feldzüge in Gallien u. Britannien v. T. Rice Holmes, pp. 220-231; G. Veit, Gesch. d. Feldzüge C. Iulius Caesars, 1906, p. 109 segg. e Beil. n. 16 (non corrisponde in tutto esattamente ai dati di Cesare). Notizie degli scavi e delle discussioni su Alesia nel periodico Pro Alesia, dal 1906 (dir. L. Matruchat).

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