SILVANI, Aldo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SILVANI, Aldo

Rodolfo Sacchettini

– Nacque a Torino il 21 gennaio 1891, da Giuseppe e da Maria Forni.

Laureato in legge, debuttò a teatro nel 1914 con la compagnia del Grand Guignol di Alfredo Sainati. Nel 1918, dopo un triennio di drammi ‘terrorizzanti’, pieni di orribili spargimenti di sangue (liquido colorato ovvero sangue di bue, come si usava all’epoca, contenuto di solito in piccole vescichette nascoste nel taschino all’altezza del cuore), Silvani cambiò completamente genere, passando alla compagnia di Gualtiero Tumiati, con un repertorio che spaziava dai grandi poemi classici a un raffinato teatro di poesia: nel 1921 andò in tournée con il Glauco di Ercole Luigi Morselli e La dodicesima notte di William Shakespeare, l’anno successivo con L’Arzigogolo di Sem Benelli. Sotto il magistero di Tumiati, Silvani cominciò ad apprezzare e a praticare la drammaturgia d’autore e il teatro di poesia, affinando la recitazione – non priva di leggera enfasi – impostata sull’alto valore della parola e completando la sua formazione con una più solida preparazione culturale.

Nel 1923 diresse il teatro del Popolo di Bologna, ma soltanto nel 1924 formò una propria compagnia insieme con l’attrice caratterista Dina Perbellini, portando in scena con successo, tra l’altro, due testi di Gherardo Gherardi (Don Chisciotte, adattamento sperimentale del romanzo di Miguel de Cervantes in chiave fantastica scritto appositamente per lo stesso Silvani, e Tragedia contro luce, commedia su un commerciante arrivista), Cyrano di Edmond Rostand, La cena delle beffe di Sem Benelli, Il vagabondo di Jean Richepin, Papà Lebonnard di Jean Aicard, Un colpo di vento di Giovacchino Forzano.

L’attività in proprio non gli impedì nel 1925 di venire scritturato da Emma Gramatica e Memo Benassi per il ruolo dell’arcivescovo di Reims in Santa Giovanna di George Bernard Shaw, spettacolo dalla lunga tournée, anche internazionale. Dal 1929 al 1935 ebbe la direzione artistica di un «Carro di Tespi» e nel frattempo al teatro degli Arcimboldi di Milano portò in scena Rottami di Guelfo Civinini, la commedia giocosa Il sire di Rochardie di Marco Reinach e La famiglia dell’antiquario di Carlo Goldoni.

«Fosse nato cinquant’anni prima», scrisse Lucio Ridenti (1964), «sarebbe stato un ‘tiranno nato’» (p. 115), riferendosi alla classificazione dei ruoli che regolavano le compagnie di prosa e alludendo alla particolare prestanza fisica, alla voce dal tono grave e dal volto scavato e butterato che resero Silvani quasi simbolo di umanità intensa ed espressiva.

Nel 1935 entrò a lavorare presso l’Ente italiano per le audizioni radiofoniche (EIAR) di Roma come regista radiofonico, figura pressoché assente e perciò pionieristica nella produzione italiana. Fu il primo ad avere il proprio nome in locandina nel ruolo di regista, in occasione della commedia Il marito amante della moglie di Giuseppe Giacosa, andato in onda il 16 febbraio 1936.

Assumendo la direzione del settore drammatico, nella seconda metà degli anni Trenta Silvani fu tra i registi più attivi sia nell’adattamento di testi teatrali (tra cui L’inventore del cavallo di Achille Campanile, L’uomo che ha avuto successo di Pier Maria Rosso di San Secondo, La giara di Luigi Pirandello, L’elogio del furto di Dante Signorini), sia nella realizzazione di radiodrammi (Sinfonia di ognuno di Ferruccio Cerio e Più presso a te, mio Dio! di Alessandro De Stefani).

Attratto dalle possibilità offerte dal primo tra i mezzi di comunicazione di massa, il cinema, Silvani incrementò in maniera consistente, a partire dal 1939, anche la sua attività di attore cinematografico. Aveva già debuttato nel periodo del muto in Gianni Schicchi (1927), diretto da Giuseppe Ciabattini, per la Cooperativa fascista d’arte cinematografica di Firenze. Poi erano seguite altre piccole partecipazioni, ma fu alle soglie degli anni Quaranta che l’attività cinematografica divenne costante, facendosi ben presto prioritaria. Silvani recitò in oltre cento film, interpretando quasi sempre ruoli secondari o di carattere, ma non di rado di notevole intensità.

Durante la guerra fu impegnato ancora con il teatro, prendendo parte a spettacoli in programma a Roma: Goldoni e le sue sedici commedie nuove di Paolo Ferrari e L’albergo dei poveri di Maksim Gor´kij (1943), Il borghese gentiluomo di Molière, Zazà di Pierre Berton e Charles Simon, Guardiamoci negli occhi rivista di Ruggero Maccari e Vincenzo Rovi (1944). Seguì una lunga pausa dalle scene, fino al ritorno, nell’estate del 1956, in occasione di Veglia d’armi di Diego Fabbri, a San Miniato, dove brillò per l’interpretazione veritiera e toccante del gesuita scienziato. Nella stagione successiva andò in tournée con Notti dell’anima di Turi Vasile e con Aiuola bruciata di Ugo Betti. Tornò a Milano, al teatro del Convegno, nel 1959, come protagonista di Condanna a morte di Socrate, con la regia di Enzo Ferrieri. Dopo le interpretazioni di Ermete Zacconi e di Ruggero Ruggeri, il suo fu un Socrate senza ridondanze, lucido e umano, privo di freddezze raziocinanti. A fianco di Anna Proclemer e Giorgio Albertazzi interpretò il Padre nei Sequestrati di Altona di Jean-Paul Sartre. Al teatro La Fenice fu Antonio in La grande speranza di Marcello Rietmann, con la regia di Luigi Squarzina (1960).

Nel periodo di lontananza dalle scene teatrali cominciò a dedicarsi con costanza al doppiaggio, diventando presto, grazie al suo timbro grave e inconfondibile, una delle voci più ricercate, soprattutto per le figure di caratterista.

Doppiò Walter Huston in Duello al sole (1946) di King Vidor, Boris Karloff in Gli invincibili (1947) di Cecil B. DeMille, Erich von Stroheim in Viale del tramonto (1950) di Billy Wilder, Finlay Currie in Quo vadis (1951) di Mervyn LeRoy, Walter Brennan in Sabbie rosse (1951) di Raoul Walsh. Chiamato a doppiare anche film di animazione, fu molto apprezzato in particolare per la voce del Capitan Libeccio in Alice nel paese delle meraviglie (1951) di Clyde Geronimi, Wilfred Jackson, Hamilton Luske, prodotto dalla Walt Disney Productions.

Dal dopoguerra in poi furono il cinema e la televisione a esaltare le caratteristiche recitative di Silvani: volto di grande espressività, capace di far convivere tensione comica e profondità drammatica, figura elegante e di forte impatto, toni a tratti enfatici, di derivazione tutta teatrale, ma non per questo meno efficaci, al contrario particolarmente felici e nobili, soprattutto nelle interpretazioni di film dalle tinte melodrammatiche.

Fra i numerosissimi titoli cinematografici nei quali partecipò come attore si ricordano: Quattro passi tra le nuvole (1942) di Alessandro Blasetti, dove interpretò il padre burbero della giovane Benetti; La vita ricomincia (1945) di Mario Mattoli; L’abito nero da sposa (1945) e Anni difficili (1947) di Luigi Zampa, nel quale Silvani indossò l’abito da farmacista; Signorinella (1949) con la regia di Mattoli; Al diavolo la celebrità (1949) di Mario Monicelli e Steno, dove fu un Mefistofele malizioso e funambolico; Il vedovo allegro (1950) di Mattoli, Follie per l’opera (1949), Canzone di primavera (1951), Trieste mia! (1951), Ti ho sempre amato! (1953), Per salvarti ho peccato (1953), tutti di Mario Costa. Importanti furono anche le parti in due film di Federico Fellini, che lo resero attore simbolo di un’antica vocazione per l’arte scenica: in La strada (1954) è il rispettabile e tranquillo Colombaio, detto signor Giraffa, direttore del circo e in Le notti di Cabiria (1957) è un mago caduto in disgrazia.

Negli anni successivi partecipò a: L’ultima violenza (1957) di Raffaello Matarazzo, Il romanzo di un giovane povero (1958) di Marino Girolami, Fortunella (1958) di Eduardo De Filippo, Il mondo dei miracoli (1959) di Luigi Capuano, Jovanka e le altre (1960) di Martin Ritt, Cinque ore in contanti (1960) di Mario Zampi, Sodoma e Gomorra (1962) di Robert Aldrich, I patriarchi (1963) di Marcello Baldi.

Proseguì sempre l’attività nel mondo della radio e, grazie alla voce chiara e robusta, fu protagonista di successo in numerose opere radiofoniche.

Fra queste si ricordano: La tempesta di William Shakespeare (1952), John Gabriel Borkman di Henrik Ibsen (1956), Ballata per Tim, pescatore di trote di Carlo Castelli (radiodramma vincitore del Prix Italia del 1956), Sansone agonista di John Milton (1959). Ottenne inoltre molti consensi, anche per alcuni romanzi sceneggiati di grande diffusione, come Il conte di Montecristo, diretto da Umberto Benedetto (1963) e I vecchi e i giovani di Pirandello, per la regia di Andrea Camilleri (1964).

La carriera di Silvani si completò con un’intensa partecipazione decennale alle nuove produzioni televisive. Fin dagli inizi delle trasmissioni, recitò in numerosi sceneggiati di successo, spesso nella parte del ‘grande vecchio’, come in Piccole donne (1955) e L’alfiere (1956), diretti da Anton Giulio Majano, e Il romanzo di un giovane povero (1957), regia di Silverio Blasi, in cui interpretava il capitano Laroque. Grande successo ottenne con il ruolo dell’ingegnere Pietro Ribera in Piccolo mondo antico (1957), sempre diretto da Blasi. Negli anni Sessanta continuò a interpretare ruoli importanti in grandi sceneggiati dimostrando ancora una volta straordinarie doti recitative: Muller in Il caso Maurizius (1961), regia di Majano, il vecchio e avaro Felice Grandet, protagonista in Papà Grandet (1963), Plyushkin in Le anime morte (1963), regia di Edmo Fenoglio, Ezechiele Annobon in Il mulino del Po (1963) e monsignor Benvenuto in I miserabili (1964), entrambi diretti da Sandro Bolchi.

In seguito a un improvviso malore, che lo aveva sorpreso durante le prove televisive a Milano del Coriolano di Shakespeare, gli fu diagnosticato un tumore al pancreas.

Ricoverato a Milano, morì il 12 novembre 1964 assistito da Amelia Piemontese, con cui si era unito in matrimonio nel 1936 e da cui non aveva avuto figli.

Fonti e Bibl.: E. Rocca, Panorama dell’arte radiofonica, Milano 1938; F. Savio - V. Tani, S., A., in Enciclopedia dello spettacolo, a cura di S. D’Amico, Roma 1961, pp. 1994 s.; L. Ridenti, Addio a A. S., in Il Dramma, XL (1964), 338-339, pp. 115-117; È morto A. S. attore di cinema e tv, in La Stampa, 13 novembre 1964; S. A., in Enciclopedia della televisione, a cura di A. Grasso, Milano 1996, p. 677; R. Chiti, S. A., in Dizionario del cinema italiano. Gli attori, Roma 1998, pp. 460 s.; Enciclopedia della radio, a cura di P. Ortoleva - B. Scaramucci, Roma 2003, s.v.; A. Pergolari, Dizionario dei protagonisti del cinema comico e della commedia italiana, Roma 2012, s.v.

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