Alberto Magno

Dizionario di filosofia (2009)

Alberto Magno


(A. di Bollstädt, A. de Lauging [Lauingen], A. di Colonia, A. Teutonicus) Filosofo e teologo (Lauingen, Svevia, forse 1193 o 1200 o 1206- Colonia 1280), detto Doctor universalis, santo.

Vita e opere

Nato da una famiglia di militari (e non dai conti di Bollstädt, come sostenuto in passato), studiò a Padova, e vi divenne domenicano (1223); dal 1228 insegnò successivamente a Colonia, Hildesheim, Friburgo, Ratisbona, Strasburgo e, probabilmente, dal 1245, a Parigi, dove divenne magister e dottore: lì forse, e certo poi a Colonia, dove andò nel 1248 a dirigere il nuovo Studium generale dell’ordine, ebbe scolaro Tommaso d’Aquino. Provinciale di Germania (1254-57), difese davanti alla curia papale in Anagni gli ordini mendicanti contro Guglielmo di S. Amore (1256); vescovo di Ratisbona (1260), rinunciò nel 1261; fu predicatore della crociata in Germania (1263-64); si stabilì quindi a Würzburg, e poi a Strasburgo (1267-70) e a Colonia; partecipò al concilio di Lione (1274); è dubbio che nel 1277 sia tornato a Parigi. La produzione letteraria di A. è ricchissima (è tuttora in corso un’edizione di tutte le opere a cura dell’Istituto Alberto Magno di Colonia, iniziata nel 1951) e comprende scritti di ‘filosofia razionale’ o logica, ‘reale’ (fisica, matematica, metafisica) e ‘morale’, e di teologia (esegesi biblica, teologia sistematica, parenetica). Molti sono commenti a opere di Aristotele, ma anche di Boezio e all’Isagoge di Porfirio, o a libri dell’Antico Testamento e ai Vangeli, agli scritti mistici dello pseudo-Dionigi Areopagita; numerosi i sermoni. Dell’autenticità di alcuni scritti attribuitigli si discute; qualche opera di lui è ancora inedita.

Il confronto con la filosofia peripatetica

A. era consapevole della grande importanza culturale di tutto il complesso di opere greche e arabe tradotte in latino nel giro di circa un secolo e ormai, alla metà del Duecento, diffuse e discusse negli ambienti scolastici; di qui il suo programma di «rendere intelligibile ai latini» la filosofia peripatetica, attraverso libere parafrasi delle opere di Aristotele, in cui faceva rifluire disordinatamente notizie e motivi accolti da altri autori greci e arabi. Preponderante influenza esercitarono sulla sua interpretazione dell’aristotelismo gli scritti platoneggianti di Avicenna e degli altri commentatori, e in particolare il Liber de causis, che, attribuito ad Aristotele e considerato come l’ultimo dei suoi libri metafisici, dava una impronta e una prospettiva platonica a tutto il sistema peripatetico. Chiarissima è l’influenza platonica nel suo De causis et processu universitatis, in cui, combinando motivi avicennistici e neoplatonici (accolti anche attraverso lo pseudo-Dionigi), prospetta una «processione» del molteplice dall’uno (Dio intellectus universaliter agens), secondo un processo degradante (che ricalca i temi della metafisica della luce) di «intelligenze» e di «cause», fino all’anima e alla natura materiale. Ma non è facile distinguere nell’opera ‘filosofica’ di A. quello che è il suo pensiero e quanto invece è semplice ‘esposizione’ del pensiero dei «peripatetici» (in cui indifferentemente classifica anche autori platoneggianti), tanto più che egli continuamente sottolinea la sua intenzione di «recitare» e spiegare la loro filosofia, nulla aggiungendo di proprio. Comunque la sua complessiva esposizione della filosofia peripatetica – con la forte accentuazione dei temi platonici – eserciterà grande influenza, soprattutto sulla scuola di Colonia. Notevole è la netta separazione ch’egli pone tra filosofia peripatetica e teologia, nella consapevolezza che «i principi fisici non si accordano con i principi teologici», e che nella considerazione fisica della natura non si possono far intervenire principi miracolosi: di qui la sua polemica contro il concordismo di filosofia peripatetica e teologia perseguito da certi «dottori latini» (tra i quali possiamo scorgere anche Tommaso d’Aquino), e la sua accettazione di certe tipiche dottrine averroistiche, accolte in sede di esegesi aristotelica (una tarda notizia indica Sigieri di Brabante come discepolo di A.). Un forte interesse A. manifestò anche per la filosofia naturale, come dimostrano i suoi numerosi trattati scientifici (tra cui De animalibus, De vegetalibus, De mineralibus), nei quali risulta notevole il gusto per l’osservazione diretta della natura, che si unisce sempre al carattere dossografico-erudito.

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