BLANC, Alberto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)

BLANC, Alberto

Renato Mori

Nacque a Chambéry il 10 novembre 1835 da Louis François e da Mariette Cartannas.

Compiuti i primi studi nella città natale e laureatosi in legge presso l'università di Torino l'8 luglio 1857, si segnalò con la pubblicazione dei Mémoires politiques et correspondance diplomatique de J. de Maistre (Paris 1858), che, se dimostrava le simpatie del B. per la tradizione autoritaria e il suo vivo senso di devozione al principio monarchico, aveva anche un evidente scopo antiaustriaco alla vigilia della guerra del '59. Incoraggiato dal Cavour, il B. continuò nell'attività pubblicistica con alcuni articoli inseriti nel 1859 nella Revue des deux mondes (De la monarchie réprésentative en Italie; Le roi Charles-Albert et le comte César Balbo; César Balbo et la papauté libérale), utili a far conoscere in Francia i problemi politici italiani. Dopo la pace di Villafranca scrisse un anonimo opuscolo contro l'annessione della Savoia alla Francia (La Savoie et la France, Chambéry 1859) e nel gennaio 1860 fu uno dei promotori del comitato liberale sorto a Chambéry per il mantenimento dello statu quo. Ceduta nell'aprile la Savoia alla Francia, il B., entrato nel frattempo nella carriera diplomatica, optò per il regno di Sardegna, mantenendo un vivo risentimento antifrancese che condizionò a lungo la sua futura azione politica. Nel maggio 1860 fu inviato presso l'ambasciata sarda a Parigi per compiervi una missione, di cui allo stato attuale delle ricerche non è noto lo scopo; rientrato a Torino, vi ebbe il 14 febbr. 1861 la cittadinanza onoraria, proseguendo la sua carriera presso il ministero degli Esteri. Nel 1862 insieme con Isacco Artom pubblicò a Parigi il volume l'Oeuvre parlementaire du comte de Cavour, (traduzione ital., Firenze 1868).

Il 28 luglio 1863 il B. divenne segretario particolare del ministro degli Esteri Visconti Venosta e il 4 ott. 1864, non ancora trentenne, il generale La Marmora lo chiamava alla direzione del gabinetto del ministero degli Esteri. Nell'esercizio di questa funzione il B. ebbe modo di partecipare alla conclusione di quell'alleanza con la Prussia che rappresentò - contro i disegni di Napoleone III - il primo esperimento di iniziativa politica italiana svincolata dal patronato francese. L'8 luglio 1866 il B. fu inviato al quartier generale, per partecipare alla conclusione dell'armistizio con l'Austria, e quindi partecipò come osservatore alla conferenza di Londra del maggio 1867, convocata per dirimere la controversia tra Francia e Prussia a proposito del Lussemburgo, che segnò l'ammissione dell'Italia nel consesso delle grandi nazioni europee e coronò il tentativo del governo italiano di svincolarsi definitivamente dalla tutela francese, assumendo un atteggiamento di equidistanza fra la Prussia e la Francia.

L'11 apr. 1869 il B. veniva nominato segretario generale del ministero degli Affari Esteri, carica che conservò fino al 27 ott. 1870. Collaboratore del Menabrea prima e del Visconti Venosta poi, il B. assistette con scarsa simpatia alle trattative che dovevano condurre alla formazione di una triplice alleanza franco-austro-italiana. Scoppiato il conflitto franco-prussiano, il B. si schierò apertamente fra coloro che consideravano pericoloso per il nostro paese un intervento a favore di Napoleone III. Questo suo atteggiamento contribuì a rafforzare la resistenza del Visconti Venosta alle velleità belliche del re e a farlo attestare su posizioni neutralistiche che, col rapido volgere degli eventi, evitarono all'Italia di essere coinvolta nella disfatta francese. L'autorità del B. uscì dalla crisi del luglio-agosto 1870 enormemente aumentata e, per tentare di risolvere diplomaticamente la questione di Roma, a lui ricorse il Visconti Venosta. A tal fine il 15 settembre, nella speranza di evitare un attacco armato contro Roma, questi inviava il B., fra la sgradita sorpresa del generale Cadorna, presso il quartier generale italiano stanziato alla Storta.

Il primo compito del B. era quello di suscitare un moto in Roma che consentisse al governo italiano di giustificare un intervento per ristabilire l'ordine. A questo compito se ne aggiungevano altri due: impedire che gli elementi democratici assumessero posti di rilievo nell'amministrazione cittadina e raggiungere una soluzione di compromesso della questione romana. Se riuscì ad evitare che i radicali ottenessero posizioni preminenti in Roma, nell'altro compito incontrò difficoltà insuperabili.

Il 27 ott. 1870 il B. era nominato ministro plenipotenziario a Madrid, donde passava, nel giugno dell'anno successivo, alla sede di Bruxelles. Durante la missione in Belgio il B. veniva insignito dal re del titolo di barone (30 marzo 1873) e partecipava, come primo plenipotenziario italiano, alla conferenza per la determinazione delle norme internazionali da osservarsi in tempo di guerra. Trasferito a Washington il 17 luglio 1875, il B. veniva scelto dai governi degli Stati Uniti e della Spagna come arbitro della controversia pendente circa il risarcimento a sudditi americani dei danni provocati dall'insurrezione in Cuba.

Il lodo del B. fu considerato dalle due parti improntato a grande senso di equilibrio e di acume per cui entrambe ricorsero nuovamente al B., il 2 febbr. 1885, per risolvere con un altro arbitrato la controversia per la determinazione dell'indennità dovuta dalla Spagna in seguito alla cattura del bastimento americano "Masonic".

Dopo una breve missione a Monaco, il B., il 2 giugno 1881, veniva nominato dal Mancini segretario generale del ministero degli Affari Esteri. Nel B. l'antico risentimento contro la Francia per l'annessione della Savoia veniva allora rinfocolato dall'occupazione della Tunisia, mentre si maturava in lui la convinzione dell'utilità di un avvicinamento agli Imperi centrali, per assicurare all'Italia un valido aiuto in caso di conflitto con la vicina repubblica e per evitare che gli Imperi centrali risollevassero la questione romana (la Germania stava riallacciando, allora, le relazioni diplomatiche col pontefice).

A tal fine il B. si adoperò per vincere la resistenza del Mancini e del Depretis a consentire la visita del re a Vienna, visita che, se incontrava l'approvazione di gran parte della Destra, trovava in molti settori della Sinistra e in particolare nel Cairoli aperta opposizione. Compiuta la visita, il B. nel dicembre del 1881, prendendo spunto dal discorso del Bismarck dei giorni 29 e 30 novembre nel quale si accennava ad un pericolo repubblicano in Italia, proponeva all'ambasciatore austriaco a Roma un accordo con l'Austria per la salvezza e la conservazione della istituzione monarchica in Italia e altrove. Il nuovo ministro degli Esteri austriaco, Kálnoky, accettò la proposta del B. (Die Grosse Politik der europäischen Kabinette 1871-1914, Berlin 1922, III, p. 540) e di lì a poco iniziarono le trattative che condussero il 20 maggio 1882 alla conclusione della Triplice Alleanza. Per vincere le diffuse diffidenze contro questo accordo il B. finanziò attraverso la Rassegna, diretta da M. Torraca, una vivace campagna contro le correnti antitripliciste.

Coinvolto nelle polemiche, il B. venne accusato di perseguire indirizzi politici in contrasto con quelli del ministero, per cui ritenne necessario presentare le dimissioni. Il Mancini, allora ministro degli Esteri, le respinse osservando che il mezzo migliore per smentire l'accusa di essere "un Secrétaire général… censeur mécontent de son propre Ministre" era quello di continuare a prestargli la propria collaborazione (Roma, Arch. stor. del ministero degli Affari Esteri, Reg. tel., part. 90, 28 ag. 1882, p. 22: telegramma di Mancini al B.). Il B. ritirò le dimissioni, ma, di fronte al persistere delle accuse, nel gennaio 1883 lasciò il segretariato degli Esteri, per ricoprire la carica di ambasciatore d'Italia, prima a Madrid, poi, dal marzo del 1887, a Costantinopoli. Qui si adoperò attivamente per la conclusione dell'accordo anglo-austro-italiano per l'Oriente, che doveva completare l'accordo per il Mediterraneo concluso nel maggio dello stesso anno. Non riuscì però ad accattivarsi la simpatia della comunità italiana e per certi suoi atteggiamenti autoritari venne a contrasto col governo turco, che avanzò rimostranze a Roma. Ciò spinse il ministero degli Esteri a raccomandargli di "procedere colla massima moderazione che corrisponda all'attuale politica del Governo del Re verso la Porta" (Roma, Arch. stor. del ministero degli Affari Esteri, Personale, b. 340, 31 ott. 1888: dispaccio del Damiani al Blanc). Irritato per il duro ammonimento, il B. chiese il trasferimento a Londra, ottenendo un secco rifiuto dal Crispi.

Lo screzio con il ministero fu per il momento appianato, ma di lì a poco i rapporti tornarono a deteriorarsi, mentre da parte di Italiani residenti a Costantinopoli partivano lamentele e accuse contro l'ambasciatore, che vennero raccolte dalla stampa turca e da quella italiana. Fra l'altro, La Tribuna (10 marzo 1890) accusò il B. di aver contribuito alla fondazione della Banca "Thalasso, Bosdari e C.", che iniziò la sua attività finanziando il collegio di gesuiti di Costantinopoli, l'insegnamento dei quali era in concorrenza con quello delle scuole italiane. Il Crispi, per quanto già da tempo avesse lamentato l'attività del B. a favore degli interessi cattolici, non dette eccessivo peso a queste notizie come ad altre relative a sprechi nell'arredamento della sede dell'ambasciata e a divergenze con gli indirizzi politici del ministero. Quando però al Crispi subentrò il di Rudinì, la posizione del B., accusato fra l'altro di aver denunciata la crisi delle alleanze contratte dall'Italia, divenne insostenibile e il Consiglio dei ministri dispose il suo collocamento a riposo. Il B. cercò di evitare il provvedimento presentando le proprie dimissioni, ma il di Rudinì le respinse e con un biglietto a Basilari aggiunse con asprezza: "Blanc deve essere collocato a riposo" (4 ott. 1891).

A parziale compenso del punitivo provvedimento, nel novembre 1892, salito al potere Giolitti, il B. veniva nominato senatore. In tale veste, il 30 maggio 1893, il B., che già durante la sua permanenza a Costantinopoli aveva constatato come l'alleanza con gli Imperi centrali fosse inoperante a favore dell'Italia (che durante la crisi bulgara del 1887-1888 si era trovata in una posizione di punta contro la Russia senza l'appoggio degli alleati) e gli accordi del Mediterraneo fossero praticamente perenti, mosse in Senato una violenta critica alla politica del di Rudinì che aveva rinnovato anticipatamente la Triplice. Perciò, quando, il 15 dic. 1893, fu nominato ministro degli Esteri nel secondo gabinetto Crispi, il governo germanico accolse la notizia di malumore considerando il B. un antitriplicista.

Dato che questa voce era assai diffusa negli ambienti politici italiani, non sono molto chiari i motivi che spinsero il Crispi alla scelta. Forse egli vi fu indotto dalla lotta condotta da comuni nemici politici contro il B. e dalla propensione di questo per una politica d'ordine e d'autorità. Né va trascurata la stima per il B. del Crispi che nel novembre 1887 confessava all'ambasciatore austriaco a Roma "Il n'y a plus que deux hommes dans notre diplomatie qui me conviennent parfaitement; ces sont le Comte Nigra et le Baron Blanc" (Wien, Haus - Hof - und Staatsarchiv, Politische Archive, fasc. XI, 98, 15 nov. 1887: dispaccio del Bruck a Kálnoky). E forse non mancò qualche pressione della corte nella nomina del savoiardo a ministro degli Esteri, così come nella composizione del primo ministero Crispi la corona era intervenuta perché il ministero degli Esteri fosse affidato al piemontese Nigra.

Divenuto ministro, il B. si adoperò attivamente per il rilancio del sistema di Robilant, per il ristabilimento della solidarietà italo-inglese e per il miglioramento delle relazioni con la Francia. Al contempo tentò di ottenere dagli Imperi centrali l'appoggio a una politica di espansione in Africa e nei paesi del Mediterraneo, agitando lo spettro, in caso di fallimento, della vittoria dei partiti radicali-repubblicani in Italia e della dissoluzione della Triplice.

Il nuovo ministro degli Esteri inglese Rosebery non solo però si mostrò contrario a ogni forma di associazione della Gran Bretagna alla Triplice, ma considerò inesistenti perfino gli accordi sul Mediterraneo, respingendo pure la proposta avanzata dal B. (31 genn. 1894) di un'intesa a due per impedire la spartizione del Marocco fra Francia e Spagna. Il che spinse nel novembre 1894 il ministro italiano a dichiarare all'ambasciatore tedesco a Roma, Bülow, che la politica inglese "era miope, contradditoria e meschina" (Die Grosse Politik, VIII, p. 1777). Il B. sperò che amichevoli rapporti potessero essere ripristinati col ritorno al potere del Salisbury (giugno 1894), ma la diffidenza di Londra verso la politica inquieta del Crispi, il progressivo deterioramento delle relazioni anglo-tedesche fecero fallire nuovi approcci di accordo fatti dal B., che fu costretto ad ammettere con amarezza che l'Italia "non poteva più contare sull'amicizia dell'Inghilterra" (Serra, L'Intesa, p. 89). Né fu possibile normalizzare i rapporti con la Francia, la quale, forte ormai dell'alleanza con la Russia e del dissidio anglo-germanico, rifiutò di stringere un accordo commerciale con l'Italia e nell'agosto del 1895 denunciò il trattato del 1868 fra l'Italia e la Tunisia, che garantiva una posizione di privilegio ai coloni italiani. Né mancarono, sempre in vista di staccare l'Italia dalla Triplice, pesanti interventi franco-russi in Etiopia per sbarrare l'espansione italiana.

Il mancato appoggio della Germania nella questione etiopica mise in dolorosa evidenza i limiti della Triplice. Invano Crispi sottolineò agli alleati che la guerra d'Etiopia era una lotta contro la Francia e la Russia; il cancelliere tedesco, Hohenlohe, replicò che la Triplice era "un trattato conservatore non una Società speculativa". Anche il tentativo per indurre la Spagna al rinnovo del trattato del 4 maggio, che impegnava questo paese a non contrarre accordi con la Francia volti a modificare lo statu quo del Mediterraneo, ebbe esito negativo.

Il B. ai primi di gennaio del 1896 ebbe coscienza del fallimento della politica estera italiana, nonché del pericoloso isolamento in cui si trovava il paese, e pensò porvi rimedio perorando presso Crispi la liquidazione dell'avventura etiopica mediante un accordo onorevole con l'imperatore Menelik. Ma, poco dopo, Adua poneva fine a questa speranza e al ministero Crispi. Ritiratosi a vita privata, il B. morì a Torino il 31 maggio 1904.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. Blanc; Roma, Arch. del ministero degli Affari Esteri, Carte Blanc; Ibid., Carte Crispi; Ibid., Carte Primo Levi; Roma, Arch. Centr. d. Stato, Carte Pisani Dossi; Ibid., Carte Crispi; Ibid., Carte Depretis, s. I e IV; I doc. dipl. ital., s. 1, 1861-1870, XIII, Roma 1963, ad Indicem; s. 2, 1870-1896, I, Roma 1960, ad Indicem; Die Grosse Politik der europäischen Kabinette, 1871-1914, Berlin 1922-1926, ad Indices; Carteggio Cavour-Nigra dal 1858 al 1861, III, Bologna 1928, pp. 109, 118, 291; IV, ibid. 1929, pp. 307, 433; Cavour e l'Inghilterra. Carteggio con V. E. d'Azeglio, I, Il Congresso di Parigi, Bologna 1933, pp. 28 s.; B. Bülow, Memorie, Milano 1930, ad Indicem; D. Farini, Diario di fine secolo, Roma 1961, ad Indicem; A. B. nella politica ital., in Nuova Antologia, 16 giugno 1904, pp. 727 ss.; A. Billot, La France et I'Italie…, Paris 1905, passim; J. Trésal, L'annexion de la Savoie à la France (1848-1860), Paris 1913, pp. 165, 204; A. F. Pribram, Le traités politiques secrets de l'Autriche-Hongrie 1879-1914, Paris 1923, ad Indicem; R. Avezou, La Savoie depuis les réformes de Charles-Albert jusqu'à l'annexion à la France, in Mém. et doc. publiés par la Soc. savoisiènne d'hist. et d'archéol., LXX (1933), pp. 228, 231, 239; L. Salvatorelli, La Triplice alleanza,storia diplomatica 1877-1912, Milano 1939, ad Indicem; F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, I, Le premesse, Bari 1951, pp. 4-9 e passim; E. Serra, L'intesa mediterranea del 1902..., Milano 1957, ad Indicem; R. Battaglia, La prima guerra d'Africa, Torino 1958, pp. 580, 583, 587, 617 s., 639, 644, 658, 710 s., 713; F. Curato, La questione marocchina e gli accordi mediterranei italo-spagnoli del 1887 e del 1891, II, Milano 1964, pp. 484 ss. e passim; B. Cialdea, L'Italia nel concerto europeo, Torino 1966, ad Indicem; R. Mori, Il tramonto del potere temporale, Roma 1967, ad Indicem; E. Serra, La questione tunisina da Crispi a Rudinì, Milano 1967, ad Indicem.

CATEGORIE
TAG

Revue des deux mondes

Congresso di parigi

Pace di villafranca

Regno di sardegna

Triplice alleanza