AINU

Enciclopedia Italiana (1929)

AINU

George MONTANDON
Alfredo Trombetti

Popolazione, per lingua, tipo fisico e cultura molto diversa dai Giapponesi, localizzata nelle isole settentrionali dell'arcipelago giapponese, cioè in Hōkkaido (15.000), nella porzione meridionale dell'isola di Sachalin (1500) e nelle Kurili (meno di 500). Il nome, nella lingua nazionale, significa "gli uomini". In Hōkkaido gli Ainu sono raggruppati in alcuni villaggi, giacché la popolazione giapponese dell'isola è passata, in un secolo, da zero a oltre due milioni d' individui. Probabilmente, a giudicare da qualche cranio rinvenutovi, essi hanno abitato in passato anche sull'opposta riva del continente: ma senza dubbio hanno occupato l'intero arcipelago giapponese, ove tutta la toponomastica non giapponese è d'origine ainu. Del resto si possono ancora osservare i resti delle trincee, disposte trasversalmente all'asse del Giappone, costruite di mano in mano che gli Ainu venivano respinti verso il nord.

Gli Ainu formano un gruppo etnico affatto isolato, tanto nel riguardo somatico, quanto in quello linguistico e culturale. Si possono fare, e si son fatti, riferimenti diversi, e avanzare diverse affermazioni di parentela, in ciascuno dei tre dominî, ma nessuna sicura affinità può essere comprovata. L'isolamento è forse massimo per il linguaggio.

La loro cultura ha un carattere di estrema povertà; ma non v'ha dubbio che lo stato odierno della loro civiltà sia anche il risultato di una riduzione o degenerazione. Poiché essi ora non fabbricano ceramica, i frammenti che si andavan trovando nel suolo erano stati attribuiti ad altra popolazione, anteriore: si sa invece, ora, che gli antichi Ainu conoscevano quest'arte. Altri elementi della loro cultura si sono modificati: è il caso della capanna, attualmente quadrangolare, mentre nelle parti settentrionali del loro dominio si trovano tracce di abitazioni a metà affondate nel suolo di forma circolare, e si sa che sono state dimore degli Ainu. Del resto la capanna odierna non si può senz'altro assimilare alle capanne dell'Insulindia con tetto a comignolo (due facce inclinate e due verticali), perché essa ha il tetto a quattro spioventi, e il tetto ainu si riconosce da lontano per avere la paglia disposta a gradini. Inoltre i pilastri sono confitti direttamente nel suolo (costruzione di origine continentale), mentre la casa giapponese e quella dell'Insulindia è sempre costruita su una piattaforma che poggia sui pali, sia questa o no sollevata sul suolo (costruzione di origine litoranea). Perciò la casa ainu ha, più che non sembri, punti di contatto con la capanna circolare del ciclo culturale totemico, in opposizione alla capanna quadrangolare del ciclo delle due classi e dell'arco. Gli Ainu non sono grandi navigatori: le loro barche composite sono di fattura giapponese, e quelle che costruiscono da sé sono scavate in un tronco d'albero, e se con esse mostrano una notevole abilità, tali imbarcazioni non sono certo paragonabili alle piroghe maleo-polinesiane.

L'abbigliamento somiglia, in modo generale, a quello dei Giapponesi e delle popolazioni della regione dell'Amur. I sandali estivi, però, si accostano, nella tecnica generale, alle scarpe di paglia (lapti) dei mugik russi, nelle quali s'infila il piede, laddove il sandalo dei contadini giapponesi è intrecciato in modo assai diverso e tenuto da un cordone passato fra l'alluce e il secondo dito.

Gli Ainu erano all'età della pietra prima dell'arrivo dei Giapponesi. Adoperavano lance con punte di pietra scheggiata e frecce con punta di ossidiana. Il loro arco, come quello dei loro vicini di Sachalin, i Ghiliachi, e del continente, Goldi e Orocci, era l'arco semplice, non riflesso, mentre tutti gli altri asiatici settentrionali possiedono o l'arco rinforzato (Paleosiberiani) o l'arco composto (Mongoloidi). Ora adoperano il ferro, ma le lame sono rozzissime, quando non siano di fattura giapponese.

Meraviglia, in un insieme culturale così misero, incontrare un senso artistico molto sviluppato. Gli Ainu scolpiscono o ricamano tutto ciò che è possibile. Così i loro pugnali, dalla lama pessima, hanno impugnature scolpite con ricercatezza. I motivi della decorazione sono, del resto, poco variati: spirali interrotte e raccordate, che fan luogo talora ad un rosone o ad un cuore. Si trova pure il motivo della croce, e il fondo del disegno imita frequentemente le scaglie di pesce. Motivi artistici analoghi si ritrovano presso i Ghiliachi e anche presso i Goldi, ma con disegno più serrato e contenuto.

Gli Ainu non hanno templi né sacerdoti. Sono tuttavia profondamente religiosi e superstiziosi. La loro religione è una mescolanza di animismo e di politeismo, giacché attribuiscono vita e anima a tutto, nella natura, e venerano al tempo stesso un gran numero di divinità. Non sono tuttavia feticisti, salvo che non si considerino feticci i loro inao. L'inao è una bacchetta appuntita in modo da poter essere conficcata in terra o altrove: all'altro capo esso porta un ciuffo di trucioli che formano una specie di capigliatura. Ve n'ha, del resto, che possiedono le braccia, con l'indicazione di occhi e bocca, e sono dunque chiaramente figurazioni umane. L'inao rappresenta un'offerta alla divinità, un messaggero presso la stessa, e anche un'immagine di essa. In caso di malattia, l'inao è piantato presso il malato (o davanti la porta in caso di epidemia), sulla barca quando l'Ainu va al largo, e così di seguito in quasi tutte le circostanze della vita, mentre preghiere relative allo scopo desiderato gli sono dirette. Presso la casa gli Ainu tengono in riserva tutta una serie d'inao. Tuttavia il Batchelor, che ha vissuto tra loro per cinquant'anni, afferma, prescindendo da questi riti superstiziosi, che gli Ainu credono a una potenza suprema e ch'essi sarebbero stati originariamente monoteisti: fatto riconosciuto o probabile per varie popolazioni anche più primitive che non siano quelle che non hanno o non hanno più tale credenza.

Gli Ainu di Sachalin depongono i loro morti in bare a metà affondate nel suolo, costume che trova corrispondenze fra altre popolazioni siberiane, come i Jacuti e gli Ostiachi. Gli Ainu di Hōkkaido sotterrano i cadaveri profondamente, avviluppati di stoffe. Taluni utensili del defunto, ridotti in pezzi, sono inumati con esso; e, fatto non ancora indicato da alcuno, con una giovinetta, si sotterra insieme un pantalone d'uomo. Sulla tomba, gli Ainu di Hōkkaido piantano una colonnetta la cui forma presenta spesso una reminiscenza sessuale e differisce secondo il sesso del defunto.

Volendo raccordare la cultura ainu ad uno dei cicli culturali tipici, bisognerebbe scegliere il ciclo del totem, perché sopravvivenze totemiche sono riconoscibili nelle tradizioni - e nella festa dell'orso, ucciso perché dica bene del popolo ai suoi divini progenitori e poi ritorni per essere nuovamente sacrificato - e nel folklore. Ma gli autori non sono tutti d'accordo sul significato di tali manifestazioni. La casa, come si è veduto, potrebbe rientrarvi, e l'arco non crea difficoltà, perché, fuori dell'Oceania, la sua forma semplice si trova presso popolazioni più primitive delle totemistiche. Colpisce di più la mancanza del propulsore, che gli Ainu non hanno mai posseduto (non se ne trova traccia nella lingua) e che pure è adoperato dai Ghiliak.

Gli Ainu sono prossimi alla scomparsa. Parzialmente già rovinati dall'alcoolismo, sono ora fortemente attaccati dalla tubercolosi. Sembrano inoltre scarsamente fecondi, e i Giapponesi incoraggiano gl'incroci ainu-nipponici. Gli oggetti giapponesi invadono sempre più i villaggi ainu e nelle rare scuole agl'istruttori giapponesi è proibito d'insegnare in lingua ainu.

Antropologia. - Osservato nel suo complesso l'Ainu ha la fisionomia di un bianco. La pelle è bianca, per quanto leggermente abbronzata in confronto a quella dell'Europeo medio (alpino). I capelli sono abbondanti, neri, ondulati; questa ondulazione è più forte nei vecchi che nei giovani, e notevolmente maggiore nell'uomo che nella donna. Il colore dell'iride è bruno, meno scuro che nei Giapponesi e in tutti i Mongolici e Mongoloidi dei paesi vicini; più chiaro, in genere, nell'uomo che nella donna, poiché si trova anche un uomo su dieci circa con iride più o meno verdastra. Ciò che è più caratteristico è lo sguardo, che viene da un occhio privo della piega detta mongolica: esso è nello stesso tempo profondo, poiché l'occhio non è a fior di testa come nei Mongoloidi, ed è sormontato da accentuati archi sopraccigliari, molto ben forniti di ciglia. Sotto questo riguardo vi è, dunque, un accenno al carattere che si riscontra così marcato negli Australiani, ma che è pure assai ben marcato negli Europei nordici. Riguardo allo gnatismo, cioè alla sporgenza delle parti inferiori della faccia, l'Ainu è pure europeizzante: non solo manca il prognatismo negro, salvo per qualche individuo isolato, ma non vi è neppure il leggero prognatismo mongoloide. Vi è al contrario un carattere mongoloide, sebbene in misura variabile, nella prominenza dei pomelli. Si riscontra d'altra parte qualche cosa di pseudo-negroide nella presenza di un naso in media mezzanamente largo, pur presentando tutta la gamma delle varietà dalla forma allungata alla larga, dalla leptorrinia, cioè, alla platirrinia. Ma, per quanto sia spesso alcun po' rialzato alla punta, e richiami quello che si osserva in modo molto più accentuato nei Lapponi, il naso, nel caso di platirrinia, non rammenta il naso camuso del negro, ma è soltanto un grosso naso bulboso. Così, con qualche tratto tendente a ricordare quelli delle razze meridionali, qualche altro nettamente mongoloide (molto più notevole nella donna che nell'uomo), l'Ainu presenta tuttavia come tonalità generale, l'aspetto europeo.

Lingua. - La lingua degli Ainu è relativamente isolata, ma presenta molti elementi in comune tanto con idiomi più o meno vicini (p. es., col ghiliaco del basso Amur), quanto con altri assai lontani (v. paleoasiatiche, lingue). Esso conserva spiccate caratteristiche proprie molto arcaiche, p. es. il verbum plurale. Si possono distinguere tre dialetti: di Yezo (Jesso), dell'isola di Sachalin e delle Isole Kurili.

Il nome a-ino o a-inu significa "uomo, uomini" e si collega al nome degli inu-it (Eschimesi), che ha lo stesso significato.

Bibl.: Geografia storica: C. W. Bishop, The historical geography of early Japan, in The Geographical Review, XIII (1923).

Preistoria: N. G. Munro, Prehistoric Japan, Yokohama 1911.

Linguistica: J. Batchelor, Ainu-English-Japanese Dictionary (including a grammar of the Ainu Language), 3ª ed., Tokio 1927.

Etnografia: J. Batchelor, The Ainu and their Folklore, Londra 1901; id., in Hastings, Encycl. of Rel. and Eth., I., s. v.; D. Mac Ritchie, The Ainos, in Intern. Archiv f. Ethnogr., 1891, suppl. IV, Leida 1892; R. Torii, in Journal of the College of Science, Imperial University of Tokyo, XLII (1919-21).

Antropologia: Y. Koganei, Beiträge zur physischen Anthropologie der Aino (I, Untersuchungen am Skelett; II, Untersuchungen am Lebenden), in Mitth. aus d. medicin. Fak. d. kais. Japanischen Universität, Tokio 1893-94, II, fasc. 162, pp. 1-404; Y. Koganei e G. Osawa, Das Becken der Aino und der Japaner, ibid., 1900, IV, fasc. 7, pp. 277-340; G. Montandon, Au Pays des Aïnu, Exploration anthropologique, Parigi 1927.

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