AGRUMI

Enciclopedia Italiana (1929)

AGRUMI (da agro, lat. acer)

Domenico Lanza

Si dicevano anticamente agrumi gli ortaggi acri al gusto, come cipolle e simili; oggi con questo nome si designano collettivamente le specie coltivate del genere Citrus L., piante della famiglia delle Rutacee (sottofamiglia delle Auranzioidee) e i loro frutti, che sono di sapore più o meno agro.

Gli agrumi sono alberi o arbusti sempreverdi, meno il Citrus trifoliata L. a foglie caduche, glaberrimi; il fusto ed i rami vecchi hanno in generale sezione rotonda, i ramoscelli giovani invece sono a sezione alquanto angolosa irregolare. La corteccia si conserva a lungo verde, nei rami vecchi diventa cenerina, rimane sempre poco ruvida.

Le foglie, apparentemente semplici, sono in realtà costituite dalla fogliolina terminale, sola sussistente di una foglia composta, meno che nel Citrus trifoliata, nel quale la foglia è formata da tre foglioline. Le foglie sono alterne, penninervie, più o meno ovate o lanceolate o ellittiche, intere, crenulate o denticolate, coriacee, di un bel verde intenso, più pallide sulla faccia inferiore, articolate sul picciuolo, il quale è nudo o più o meno alato. Nelle piante da seme, o selvatiche, il picciuolo è accompagnato alla base da due spine lesiniformi più o meno robuste, disposte una per lato, appartenenti al germoglio ascellare; nelle razze coltivate, che si propagano agamicamente, le spine mancano o sono ridottissime. I fiori sono solitarî o per lo più in cime pauciflore, con peduncoli corti carnosi articolati, pentameri o più di rado tetra-octameri. Hanno calice gamosepalo urceolato, quinquefido, persistente nel frutto; corolla di 5 petali liberi, allungati, carnosi, stamí in numero di 20 ed oltre, disposti in una sola cerchia, più o meno altamente riuniti alla base in fascetti di numero variabile (irregolarmente poliadelfi), con filamenti triangolari allungati terminanti a lesina, con antere allungate, sagittate, biloculari, introrse, deiscenti per il lungo; un disco ipogino a scodelletta, nettarifero, sostiene l'ovario, il quale è ovato, multiloculare con molti ovuli per loggia, in due serie, inseriti sulle placente assili, penduli, anatropi; lo stilo è subcilindrico-obconico, terminato da uno stimma a capocchia. Il frutto indeiscente, globoso o ovato, è di un tipo speciale detto esperidio, a epicarpo rugoso, mesocarpo spugnoso ed endocarpo membranaceo; le logge in numero di 4-12 e più, divise da sepimenti pure membranacei, scissibili, sono piene di numerosissime cellule fusiformi ripiene di succo acido più o meno dolce. I semi sono pochi, a guscio coriaceo, a endopleura membranacea, col rafe sporgente, con cotiledoni disuguali piano-convessi e radichetta supera.

Quasi tutte le parti di queste piante, massimamente lo strato esterno della buccia dei frutti, e anche i petali e le foglie, sono ricchi di glandule contenenti olî essenziali, i quali variano di profumo e di composizione chimica nelle diverse specie. Spesso i cotiledoni, nei semi ancora racchiusi dentro il frutto, contengono clorofilla e sono già verdi; e non è raro il caso di viviparità, cioè di frutti conservati un po' a lungo, i quali, aperti, si trovano contenere i semi già germogliati e divenuti plantule, con radichetta e 3-4 foglioline.

Numerose e frequenti, più che in altre piante coltivate, sono negli agrumi le anomalie morfologiche o teratologie. Vi sono fiori mancanti del pistillo e quindi infecondi, altri con corolla doppia e stami in numero ridotto; si hanno razze in cui i semi sono in numero ridottissimo o mancano del tutto, come l'arancio Washington navel. il mandarino Satsuma, il limone dolce, alle cui frutta questa mancanza conferisce pregio; la poliembrionia è così comune da potersi considerare quasi come un carattere normale, il numero degli embrioni talora arriva a superare anche i 10, pure più o meno capaci di germogliare. Ma le maggiori anomalie si riscontrano nella conformazione dei frutti, che assumono talvolta forme bizzarre e mostruose; ve ne sono di solcati, costolati, bitorzoluti, gobbosi, corniculati, digitati, cioè con carpelli in parte o interamente liberi fra di loro e senza polpa, sicché il frutto risulta un insieme di varî corpi allungati a modo di dita, quale è il caso del cedro digitato, detto mano di Buddha, del limone digitato. Una mostruosità che si ripete in varie specie è la superfetazione, nel qual caso dentro ad un frutto se ne formano uno o più altri, talvolta abbastanza bene sviluppati, ma più spesso più o meno mal conformati, i quali o restano interamente inclusi nel frutto principale o sporgono in parte dall'apice di esso; questa anomalia in grado lieve costituisce il caratteristico ombelico degli aranci Navel americani. La più singolare e interessante fra le anomalie presentate dagli agrumi è la cosiddetta bizzarria, albero il quale, su uno stesso piede, porta frutti di arancio amaro, frutti di cedro, e frutti misti, cioè con liste longitudinali alternate di cedro e di arancio amaro nel medesimo frutto. Questa pianta fu ottenuta nella metà del sec. XVII in un giardino di Firenze ed è coltivata abbastanza frequentemente anche oggi come curiosità, propagandola per via di innesto. Essa è stata oggetto di molti studî; uguale fenomeno è stato constatato in qualche altra specie di piante, e si ritiene trattarsi di un ibrido da innesto, cioè di un soggetto che trarrebbe la sua origine da un innesto eseguito fra le due nominate specie di agrumi, nel quale cellule meristematiche dell'una e dell'altra entità, pur mantenendosi distinte, collaborerebbero assieme in un solo organismo, distribuite ora separatamente nei singoli membri dell'organismo stesso, ora per settori in uno stesso membro, per cui venne anche dato a questi organismi anomali il nome di chimere settoriali.

Le specie, varietà e razze di agrumi coltivate sono in numero grandissimo, e oltremodo diffìcile riesce la loro identificazione e la loro classificazione. La difficoltà deriva in primo luogo dalla mancanza di caratteri salienti e fermi per distinguere non solo le singole razze, ma gli stessi gruppi principali; i caratteri ritenuti più differenziali, come il colore dei fiori e dei germogli, l'alatura dei picciuoli, la forma dei frutti, il sapore della loro polpa, l'aderenza o no della buccia, il suo spessore, il colore così della buccia come della polpa, in molti casi non servono a nulla. Così, mentre la colorazione violacea dei germogli e della faccia esterna dei petali è generalmente propria dei limoni, vi sono limoni a germogli verde pallido e a petali del tutto bianchi, come è più caratteristico degli aranci, e viceversa aranci con la colorazione indicata per i limoni; vi sono aranci a frutto ovale, arance terminanti a capezzolo, aranci a frutto acido, e viceversa si hanno razze di limoni a frutto sferico e senza capezzolo, razze di limoni a frutto dolce; vi sono cedri a mesocarpo sottile e limoni a mesocarpo assai spesso, arance a polpa paglierina e limoni a polpa aranciata, pur essendo acida, ecc.; mentre d'altra parte in specie sicuramente diverse come l'arancio amaro e l'arancio dolce, non si trova un solo carattere saliente che valga a distinguerle, e ci si deve contentare del sapore dei frutti, carattere di lieve momento in sé, e che poi non è neppur esso costante perché si ha una razza di arancio amaro a frutto dolce. La difficoltà del problema della sistematica degli agrumi è poi accresciuta dal fatto che poche sono le forme spontanee che si conoscono, ed anche di queste la spontaneità è dubbia, mentre le descrizioni delle diverse specie e razze sono state fatte quasi tutte su esemplari coltivati nei giardini dell'Oriente e del Meditterraneo. D'altra parte non pare dubbio che molte forme sono di natura ibrida, ma di origine ignota, e di più le varietà di agrumi si riproducono spesso abbastanza esattamente per seme, anche se provenienti da incrocio. I tentativi fatti da secoli di dare un ordinamento alle numerose specie e varietà di agrumi, invece di chiarire il problema l'hanno maggiormente complicato, sia per la diversità dei criterî seguiti, per cui le classificazioni proposte dai varî scrittori non coincidono, anzi variano assai, e nella valutazione sistematica delle forme, e nel loro raggruppamento, e nel numero e nella definizione dei tipi principali cui riferire le forme subordinate; sia perché moltissime razze sono locali e ignote affatto o mal note fuori della loro regione, e i lavori di descrizione e classificazione sono quasi tutti di carattere regionale anch'essi, sicché molte volte una stessa forma è stata indicata con nomi diversi, o più forme sono state confuse sotto il medesimo nome, donde una sinonimia intricatissima. Pertanto, anziché esporre una classificazione sistematica, è preferibile dare semplicemente una enumerazione delle principali specie di agrumi.

I. Tipo trifogliato. - A questo tipo appartiene una sola specie: 1. Citrus trifoliata L. (C. triptera Desf., Aegle sepiaria DC., Poncirus trifoliatus Raf.). - È distintissimo da tutti gli altri agrumi per avere foglie a tre foglioline e caduche, petali ristretti in unghia alla base ed arrotondati all'apice e distanziati fra di loro, stami liberi. È un arbusto cespuglioso di m. 1,50 a 2 di altezza, armato di robuste e lunghe spine, con frutti giallo-oro della grandezza di una noce, non mangiabili. Resiste al freddo più di ogni altro agrume. Si usa per farne siepi e come porta-innesto per tutti i Citrus.

II. Tipo unifogliato. - A questo tipo appartengono tutti gli altri agrumi. Essi hanno foglie unifoliolate e persistenti, petali lineari con apice acuto ed imbricati, stami poliadelfi. Questo tipo comprende:

1. Il Mandarino (C. nobilis Lour., C. deliciosa Ten.), il quale presenta poche varietà e poco differenziate.

2. L'Arancio amaro (C. vuilgaris Risso, C. bigaradia Duham.), del quale si distinguono parecchie razze e varietà.

3. Il Chinotto (C. sinensis Pers., C. myrtifolia Raf.). È affine al precedente. Ha il frutto della grandezza di una grossa albicocca. Se ne coltivano in Europa due varietà ben distinte. Probabilmente è lo stesso dell'arancio sùntara, di cui si coltivano in India molte varietà, alcune delle quali sono, d'altra parte, affini al mandarino.

4. L'Arancio dolce (C. aurantium Risso, C. sinensis Gall.). Presenta varietà e razze numerosissime.

5. Il C. japonica Thunb. (C. madurensis Lour., C. margarita Lour., C. inermis Roxb., genere Fortunella Swingle). È il kumquat degli Americani, punto coltivato in Europa. Arbusto con spine molto piccole e picciuoli delle foglie appena alati. I frutti sono della grandezza di una ciliegia, sferici od ovati, a soli 3-6 spicchi, con buccia di colore aranciato, spessa, dolce e aromatica, mangiabile, e polpa acida o dolce; si mangiano interi con la buccia crudi, o se ne fanno eccellenti confetture. Se ne distinguono alcune varietà.

6. Il Pompelmo (C. decumtana L.), il quale presenta parecchie varietà e razze, fra le quali il grapefruit degli Americani.

7. Il Cedro (C. imedica L.), con numerose varietà e: razze.

8. Il Limone (C. limonum Risso), il quale presenta varietà e razze numerosissime.

9. Il Bergamotto (C. berpamia Risso), pochissimo variante.

10. La Limetta (C. limetta Risso), di cui vi hanno parecchie forme, talune dolci e altre acide.

11. Il C. hystrix D. C. Arbusto ramosissimo e spinosissimo, con foglie crenulate, picciuolo alato obovato-cuneato che uguaglia o eccede in larghezza la foglia stessa, fiori piccoli, bianchi, con 4 petali e frutto piccolo, globoso o subpiriforme, rugoso-tubercolato, con polpa acida o insipida. È specie delle Indie orientali, poco coltivata anche in quei paesi e del tutto sconosciuta nelle colture europee e americane.

Altri tipi di agrumi, quali i khattà, keonla, jambiri, ecc., molto coltivati in India e con varie razze, sono ignoti negli altri paesi.

Fra le specie sopra elencate, quelle segnate ai nn. 2-6 sono maggiormente affini fra di loro e si possono considerare come costi tuenti il gruppo degli aranci; analogamente le specie ai n. 7 e 8 costituiscono il gruppo dei limoni. Le specie segnate ai n. 9 e 10 sono con ogni probabilità di origine ibrida fra specie dei due gruppi, ma sono più affini al gruppo dei limoni. E moltissime altre forme, che vengono classificate come varietà delle diverse specie sopra enumerate, assai probabilmente sono anch'esse prodotti di ibridazione. Ma oltre a questi presunti ibridi naturali di antica ignota origine, ve ne sono anche parecchi ottenuti di recente per fecondazione artificiale, e taluni di merito. Così gli americani hanno ottenuto e tengono in coltura le seguenti serie di ibridi: i Citranges provenienti dall'incrocio di arancio dolce e C. trifoliata, i Limequats da limetta e kumquat, i Citrangequats da citrange e kumquat, i Tìangelos da mandarino e pompelmo, i mandarini Weshart e Trimble da mandarino e arancio dolce. In Algeria è considerevolmente estesa la coltivazione del pregevole mandarino Clémentine, colà ottenuto dall'incrocio di mandarino con arancio amaro.

Le specie di agrumi sono tutte originarie dell'India e dell'Estremo Oriente, dove la loro coltura rimonta a tempi estremamente lontani, e donde pervennero a noi in epoche diverse. L'antichità classica conobbe soltanto il cedro, cui Teofrasto diede il nome di pomo di Media o di Persia (περσικὸν ἢ μηδικὸν μῆλον; Hist. Plant., IV, 4) e i Romani quello di Citrus o Malum citreum, per confusione col Cedrus, albero del tutto diverso appartenente alla famiglia delle Pinacee; il limone e l'arancio amaro furono introdotti nel Mediterraneo dagli Arabi nel sec. X, l'arancio dolce dai Portoghesi nel sec. XVI; posteriormente le altre specie, mentre diverse nuove razze sono sorte nelle colture locali; l'ultima specie di agrumi pervenuta in Europa è il mandarino, al principio del sec. XIX.

È ben naturale che alberi così belli e utili come gli agrumi abbiano dovunque e in ogni tempo attirato ammirazione e interesse; essi hanno anche preso posto in molte leggende e sono stati celebrati nelle letterature d'ogni paese; per gli uomini del nord poi, gli agrumi hanno sempre rappresentato una delle più caratteristiche attrattive di quel Mezzogiorno da essi sognato con fantasioso desiderio. Lo storico Ugo Falcando, normanno di Sicilia nel XII secolo, nella prefazione alla sua Historia regni Siciliae ha una bella pagina di entusiastica descrizione della campagna attorno a Palermo e delle tre specie di agrumi allora in essa coltivate, il cedro, il limone e l'arancio amaro. Le stesse tre specie e la limetta furono gli agrumi noti alla scuola salernitana. L'umanista napoletano Giovanni Pontano nel 1501 scrisse un poemetto non privo di pregio letterario, De hortis Hesperidum sive de cultu citriorum, nel quale parla pure di tre specie di agrumi, arancio amaro, cedro e limone, di cui distingue tre varietà. Il siciliano Antonino Venuto, che nel 1510 scrisse un trattato di agricoltura, parla in esso di quattro specie di agrumi, l'arancio amaro, il cedro, il limone e il pompelmo.

Gli agrumi furono introdotti dapprima nelle contrade più calde del Mediterraneo, dove trovarono condizioni ambientali non troppo dissimili da quelle dei loro paesi d'origine, e dove perciò fu possibile farne vera e propria coltura agraria in pieno campo e in pien'aria; più tardi, quando col Rinascimento si cominciarono a ricercare gli agi e le raffinatezze della vita, la coltivazione degli agrumi fu desiderata anche nei paesi meno favoriti dalla natura, se non a scopo di utilità, a scopo di godimento estetico. Gli agrumi presero allora la via del nord, dove però, più avanzavano, e più difficili condizioni di esistenza trovavano; e dovettero adattarsi a una vita artificiosa, piantati in vasi, educati in forme non naturali, custoditi sotto vetri per la maggior parte dell'anno, oggetto di curiosità e di ornamento. Sorsero così le aranciere, stanzoni a grandi vetrate, ambienti non riscaldati, ma semplicemente riparati; a Firenze, a Roma e anche a Venezia, per tacere di altre città minori, si ammirarono ville con aranciere splendide: le aranciere di Boboli e quelle del Vaticano restano ancora quale ricordo dell'epoca. Questa coltivazione coi Medici passò in Francia, dove si costruirono famose aranciere, come quella delle Tuileries e quella di Versailles. Più tardi, mutati i gusti, perfezionatasi la tecnica orticola, e introdotte in Europa tante piante tropicali belle e interessanti, le aranciere si trasformarono nelle attuali serre calde e temperate, le quali ospitano ogni sorta di piante che non reggono all'aria libera.

Con la scoperta poi e la colonizzazione di nuovi paesi, la coltivazione agraria degli agrumi, oltre che al Mediterraneo, si è estesa a molte altre regioni della terra con un clima ad essi confacente. In alcuni luoghi essi sono anche inselvatichiti; così nelle Antille, nel mezzogiorno degli Stati Uniti, nell'Africa meridionale, nel Paraguay. Nella stessa Asia orientale, loro regione d'origine, nei luoghi dove crescono senza coltura, è spesso difficile dire se si tratti di vera spontaneità o di inselvatichimento; e similmente l'arancio e il limone che si trovano sui monti della Colonia Eritrea con ogni apparenza di spontaneità, è assai più probabile siano provenienti da remota naturalizzazione.

Oggigiorno la coltura degli agrumi più o meno estesamente si pratica nel bacino del Mediterraneo, e da qui per i paesi dell'Asia tropicale e subtropicale sino al Giappone, nell'Arcipelago Malese. in molte isole del Pacifico, nell'Australia sud-orientale, nella Nuova Zelanda, nel mezzogiorno degli Stati Uniti, nel Messico, nelle Antille, nell'America centrale e meridionale, nel Sud Africa, nelle Azzorre, nel Portogallo, ecc. I paesi di più grande produzione sono gli Stati Uniti, la Spagna e l'Italia. Questa per lunghi anni tenne il primato nel mondo per la produzione agrumaria, ma oggi gli altri due stati suddetti l'hanno superata. Ciò va detto per gli agrumi in complesso, mentre per la produzione dei limoni l'Italia resta ancora molto innanzi a tutti gli altri paesi, ed è sorpassata di gran lunga per quella delle arance; né il primato della produzione italiana dei limoni consiste soltanto nella quantità, ma anche nella qualità del prodotto, eccellente per bontà e per durevolezza.

Secondo le statistiche dell'Istituto internazionale d'agricoltura, e con qualche elemento attinto ad altra fonte, i dati relativi alla agrumicoltura nei principali paesi sono i seguenti: la produzione degli agrumi in Italia nel 1924 fu di q. 6.343.000, di cui circa q. 3.600.000 limoni e q. 2.700.000 arance. La produzione della Spagna nel 1922 fu di q. 8.178.111 arance e q. 275.408 limoni; l'esportazione è diretta principalmente in Inghilterra. Negli Stati Uniti gli agrumi si coltivano principalmente nella California e nella Florida, ed i limoni soltanto in quella; la produzione delle arance fu nel 1924 di q. 10.356.787 (esclusi i grapefruits), quella dei limoni nel 1921 di q. 1.800.000 con previsione che fra pochi anni sarebbe potuta arrivare a q. 2.500.000. Le razze di agrumi coltivate negli Stati Unit; sono in parte diverse da quelle del Mediterraneo; grande sviluppo vi ha preso la coltura dei grapefruits, di cui nel 1924 vi erano 5.206.968 alberi. La produzione dei limoni vi è tuttora insufficiente al fabbisogno interno, che viene completato con l'importazione dei limoni siciliani, mentre le arance si esportano, principalmente al Canadà, ed i grapefruits cominciano anche ad arrivare in Europa. Nell'Africa meridionale vi sono attualmente circa 1 milione e mezzo di alberi di agrumi in produzione e circa 2 milioni prossimi a diventare produttivi; nella massima parte sono aranci. In Australia nel 1924 si avevano ha. 17.935 coltivati ad aranci, con la produzione di q. 537.402, ed ha. 2.641 coltivati a limoni con la produzione di q. 86.240. Nel Giappone si coltivavano nel 1924 25.437.902 alberi di agrumi, di cui ben 18.589.334 mandarini; l'esportazione è piccolissima. Nelle Indie, nella Cina e negli altri paesi caldi e temperati dell'Asia si coltivano molti agrumi e di molte specie e razze, ma non si hanno statistiche della loro produzione, né se ne fa esportazione. Fra i paesi agrumicoli di secondo ordine nel Mediterraneo tiene il primo posto la Palestina, la quale, principalmente nel distretto di Giaffa, produce annualmente circa 2 milioni di cassette di ottime arance, destinate in massima parte all'esportazione. In alcuni paesi si hanno specialità di colture agrumarie di secondaria importanza, come il bergamotto in Calabria, il cedro in Corsica e in alcuni luoghi dell'Italia continentale e della Grecia, l'arancio amaro in Provenza, la limetta alle Antille, il kumquat negli Stati Uniti.

La coltivazione degli agrumi in Italia cominciò ad acquistare importanza agraria verso la fine del sec. XVIII in Sicilia e verso la metà del sec. XIX nel Napoletano. Tanto in Sicilia, quanto nella Calabria e nella Campania, che sono le tre regioni dove l'agrumicoltura ha raggiunto importanza rilevante, impianti considerevoli si cominciarono a fare tra il 1850 e il 1860 e questi poi aumentarono rapidamente tra il 1870 e il 1890, man mano che si andò sviluppando il commercio di esportazione degli agrumi verso l'Inghilterra e gli Stati Uniti d'America. Fu quella l'ora fortunata dell'agrumicoltura in Italia, in cui il prezzo dei limoni si mantenne intorno alle 30 lire al quintale in Sicilia e raggiunse le 100 lire per migliaio di frutti nella costiera d'Amalfi; allora appunto tanto in Sicilia quanto in Calabria, nella penisola Sorrentina come sul Gargano, si distrussero vigne, oliveti, carrubeti, si dissodarono boschi per sostituirvi la coltura degli agrumi, specialmente del limone; con spirito ardimentoso e con grandissimo impiego di lavoro e di capitali, frantumando la roccia, costruendo muri di sostegno, trasportandovi la terra, intere colline furono disposte a terrazze e coperte di agrumeti, mentre altri se ne impiantarono su terreni litoranei sabbiosi e permeabilissimi che rendevano poco o nulla e che sono grandemente adatti alla coltivazione degli agrumi; si crearono così i più meravigliosi giardini d'Italia. Dopo quell'epoca l'incremento dell'agrumicoltura in Italia ha proceduto più lentamente, e da parecchi anni essa è pressoché stazionaria; l'esportazione è fortemente diminuita per la ragione che la coltivazione degli agrumi si estende sempre di più nel mondo; gli Stati Uniti, nostro principale cliente, da un pezzo non importano più arance, e di limoni una quantità assai ridotta; ma, mentre cresce la produzione, cresce anche il consumo mondiale degli agrumi.

Data la diversità dei climi, non in tutte le regioni d'Italia la coltura degli agrumi è possibile, né, in quelle in cui è, può svolgersi dappertutto nello stesso modo. La coltura in pieno campo e in pien'aria si ha in Sicilia, nel Mezzogiorno continentale, in Liguria, in Sardegna; nella costiera d'Amalfi e a Sorrento è necessario proteggere i limoneti contro le basse temperature, tenendoli coperti da ottobre a maggio con frasche che si dispongono sopra impalcature stabili; a Salò, sul lago di Garda, gli agrumi nei mesi freddi si difendono con ripari mobili a vetri, vere serre in pieno campo. Le specie di agrumi maggiormente coltivate in Italia sono, secondo l'ordine d'importanza, il limone, l'arancio dolce, il mandarino e il bergamotto; in piccola quantità si coltivano il cedro e il chinotto; sparsi un po' dappertutto nelle zone agrumarie si coltivano anche, ma in numero trascurabile, alberi di arancio amaro e di limetta.

Secondo la statistica ufficiale del Ministero dell'economia nazionale, il prodotto annuo medio degli agrumi nel quinquennio 1922-26 è stato di q. 6.696.000; l'estensione della coltura e la produzione, distinte per regioni, nell'anno 1926 sono state le seguenti:

Secondo la stessa statistica, l'esportazione dall'Italia degli agrumi e del sugo e dell'essenza di essi nel 1926 è stata la seguente in quantità ed in valore:

A queste cifre bisogna aggiungere quelle del citrato di calcio, dell'acido citrico, delle scorze di agrumi, dei canditi.

Gli agrumi si possono coltivare all'aria lihera solo nei luoghi in cui la temperatura invernale non scenda se non eccezionalmente a qualche grado sotto zero; diversa del resto è la resistenza delle varie specie, e più resistenti sono il C. trifoliata ed il kumquat; seguono in ordine decrescente il mandarino, l'arancio amaro, l'arancio dolce, il limone, il bergamotto, il cedro. Nei paesi dove la loro coltura è praticabile, gli agrumi vegetano in tutti i terreni, comunque esposti e di natura fisica e chimica diversa, purché sufficientemente permeabili, in modo che l'acqua non ristagni sulle radici. Dove non cadono piogge estive o il terreno non sia molto fresco è indispensabile l'irrigazione.

Come tipo di coltivazione in grande all'aria aperta indichiamo quella che si pratica in Sicilia. Essa ha luogo principalmente nella zona litoranea settentrionale ed orientale dell'isola, da Palermo a Messina e di qui a Siracusa. I limoni sempre a quota bassissima, gli aranci si spingono fin verso i 500 m. e se ne coltivano anche in località dell'interno. Nei luoghi molto prossimi al mare, o comunque troppo battuti dai venti, si difendono con piantagioni di canne, di cipressi, di ficodindia usate come frangivento.

Gli agrumi possono moltiplicarsi per margotta, per talea, per innesto o per seme; i primi due sistemi però non sono oggigiorno più in uso, né per seme si ha sempre la esatta riproduzione della razza; il sistema di moltiplicazione ormai generalmente adottato è l'innesto su piantine da seme di arancio amaro, specie molto resistente alle malattie e alle basse temperature; da qualche tempo si comincia ad usare come soggetto, ma non in Sicilia, il C. trifoliata; gli americani usano anche il pompelmo, il kumquat ed il rough lemon, forma inselvatichita da antica data nella Florida, la quale si usa anche nel Sud Africa, dove pure cresce selvatica ed è conosciuta col nome di mozoe lemon. Le piantine si allevano in semenzaio, quindi si passano in vivaio; i semi dentro il frutto conservano il potere germinativo per molti mesi, ma cavati dal frutto lo perdono in circa un mese. Gli agrumi si possono innestare a spacco o altrimenti, ma in Sicilia si preferisce innestarli ad occhio, in estate, su piantine di 2-3 anni ancora in vivaio; l'innesto si esegue quanto più alto, lasciando la maggior quantità possibile del soggetto per ottenere maggiore resistenza. La facilità con cui le varie specie di agrumi possono innestarsi e soprainnestarsi fra di loro, anche su piante adulte, ha permesso alle volte la trasformazione di agrumeti da una specie in un'altra, suggerita da convenienza economica del momento; così si son visti aranceti trasformarsi in limoneti e viceversa e di recente limoneti ed aranceti in mandarineti. A titolo di curiosità si innestano talvolta varie specie di agrumi sulle diverse branche di uno stesso soggetto, ottenendo così un albero che produce più sorta di frutti.

Gli alberetti innestati da 1-2 anni si collocano a dimora, situandoli a quadrato o a triangolo alla distanza di 3-5 m. l'uno dall'altro, secondo le dimensioni della specie, le regioni e la natura del terreno. Generalmente si costituiscono agrumeti puri, ma talora vi si consociano un certo numero di altri alberi da frutto, specialmente peschi come coltura temporanea negli agrumeti giovani, o nespoli del Giappone, che sovrastano i limoni con le loro chiome e che spesso si collocano lungo la periferia dell'agrumeto. Nell'agro di Sorrento e di Nocera gli agrumi si consociano ai noci ed agli olivi.

Le cure colturali che si usano agli agrumeti in Sicilia consistono principalmente in due zappature almeno all'anno, piuttosto superficiali, una in primavera, con cui si dispone il terreno per l'irrigazione, e una in estate. L'irrigazione è indispensabile e rarissimi sono in Sicilia gli aranceti non irrigui, p. es. in qualche località della regione etnea. A Sorrento gli agrumi non si irrigano; i limoneti di Amalfi parte sono irrigati e parte no. La misura dell'irrigazione varia secondo la natura e la situazione dei terreni, secondo le specie e purtroppo spesso anche secondo la disponibilità dell'acqua, a turni di 1-3 settimane. La concimazione è pure necessaria; essa si pratica in autunno, ma assai variamente, sia per composizione sia per frequenza: la migliore è quella mista di concime organico e minerale. Una buona concimazione, molto usata, è quella biennale, dando ad ogni pianta kg. 30 di stallatico e kg. 0,350-500 di solfato ammonico. kg. 1-1,250 di perfosfato minerale, e kg. 0,500-0,750 di solfato potassico, ovvero dando nel primo anno lo stallatico, il perfosfato e la potassa, nel secondo il solfato ammonico in misura di kg. 0,500-1, nulla nel terzo anno. Nello stesso tempo, ove occorra, si ammenda il terreno con solfato di calce. Una leggiera rimonda si eseguisce ogni uno o due anni, dopo la raccolta dei frutti, limitandosi ad asportare i rametti secchi o intristiti ed i succhioni; vere potature si fanno raramente, ove occorra.

La fioritura degli agrumi è primaverile, quella dei limoni s'inizia più presto e dura molto più a lungo. La maturazione normale dei frutti in Sicilia è invernale-primaverile, più o meno anticipata o ritardata secondo le specie ed i luoghi; con speciali metodi colturali si varia l'epoca della produzione, specialmente nei limoni. Nella Campania la maturazione è primaverile-estiva.

Gli ogrumi vanno soggetti a varie malattie ed agli attacchi di molti parassiti, che ne danneggiano la vegetazione ed il prodotto, o che ne compromettono anche la vita. Una delle malattie più gravi è la gommosi, che tanto danno produce anche a molti altri alberi da frutto; essa attorno al 1860 ebbe in Italia un periodo di grande diffusione e virulenza, distruggendo interi agrumeti. Oggi non è più molto temibile perché, sebbene non vi siano mezzi curativi sicuri, si previene moltiplicando gli agrumi per innesto su arancio amaro, specie resistente a questa malattia. Altro morbo assai grave è il marciume radicale, poco curabile, e di esito presto o tardi letale; nonostante i molti studî fatti la sua natura non è conosciuta. È però certo che contribuiscono a determinarlo la soverchia umidità del terreno, l'eccesso di concimi azotati, la potatura troppo forte e tutte le pratiche di forzatura che indeboliscono le piante.

Fra le malattie crittogamiche degli agrumi una delle più comuni è da noi la fumaggine o morfea o nero, dovuta alla Limacinia Penzigi Sacc., la quale deturpa le foglie, i rami ed i frutti, e questi rende anche deteriori; favoriscono lo sviluppo di questa malattia le cocciniglie, comuni parassiti degli agrumi, le quali sia con le loro escrezioni, sia col determinare sulle foglie fenomeni di melata, preparano un sustrato molto adatto alla vita saprofitica del fungo. Altri miceti agrumicoli, più o meno comuni, sono: la Limacinia citri Sacc., o mal di cenere, il Colletotrichum gloesporioides Sacc., o antracnosi degli agrumi, la ruggine bianca dei limoni, di dubbia natura, forse dovuta alla Rhynchidiplodia citri Br. e Farn., la Botrytis citricola Brizi, o marciume dei frutti degli agrumi, la Pleospora hesperidearum Catt., o vaiolatura o nebbia dei frutti degli agrumi, le Septoria citri Pass. e S. limonum Pass., il Fusarium sarcochroum Sacc. ed altri. Come mezzo di lotta contro queste crittogame vengono consigliate le solite miscele cupriche ed anche lo zolfo.

Fra i parassiti animali degli agrumi tengono il primo posto le Cocciniglie, insetti piccolissimi, i quali generalmente solo nel primo stadio della loro esistenza menano vita libera e poi si fissano su qualunque parte della pianta, foglie, frutti, rami giovani, radici, e si ricoprono di un rivestimento consistente, a forma di scudetto, o cotonoso, sotto il quale ciascuna femmina vive e depone le uova. La loro grande prolificità ed il rapido succedersi delle generazioni fanno sì che possono invadere rapidamente tutta la pianta, e, poiché sono insetti succiatori per eccellenza, usufruiscono dei succhi nutritizî di essa, facendola intristire. Oltre al danno che possono recare alla vitalità della pianta, essi in ogni modo danneggiano gravemente la produzione, perché i frutti attaccati non solo si sviluppano male, ma sporchi della presenza di essi non sono commerciabili, ed anche ripuliti restano sempre frutti di qualità scadente; di più essi, come fu detto, favoriscono lo sviluppo di varî funghi. Numerose sono le specie di cocciniglie parassite degli agrumi, e parecchie di esse sono comuni a molti paesi agrumicoli; in Sicilia le principali sono: Icerya Purchasei Mask., Pseudococcus citri Risso, Coccus hesperidum L., Saissetia oleae Bern., Aspidiotus hederae Vallot, Chrysomphalus dictyospermi Morg., Aonidiella aurantii Mask., Lepidosaphes pinnaeformis Bouché, Parlatoria zizyphi Lucas. La lotta contro tali parassiti è resa difficile dal denso rivestimento di cui si ricoprono; si usano con discreto successo irrorazioni con polisolfuri, con liquidi a base di catrame, di petrolio, di acido fenico. o suffumigazioni di acido cianidrico coprendo gli alberi con tende. Si è anche provata contro di essi la lotta biologica, cioè l'introduzione, nelle contrade infestate, di altri insetti nemici naturali delle Cocciniglie, e qualcuno di questi tentativi è ben riuscito, come l'introduzione del Novius cardinalis Muls per la distruzione della Icerya.

Una piccola mosca che attacca varie specie di frutta, la Ceratitis capitata Vild., danneggia anche. le arance ed i mandarini, perforandoli e deponendovi le uova, da cui dopo pochi giorni si sviluppano le larve, le quali si nutrono della polpa del frutto stesso, che va in rovina; questo insetto non attacca i limoni, almeno in Sicilia.

Il prodotto principale degli agrumi sono i frutti, che nella massima parte si consumano come frutta fresche; si preparano anche sciroppati, in conserva, canditi, se ne fanno bibite, liquori, ecc. Il succo dei frutti acidi si adopera in grande quantità per la fabbricazione dell'acido citrico. Dalle bucce dei frutti, dai fiori e dalle foglie si estraggono oli essenziali di gran pregio nella industria della profumeria. Il legno degli agrumi era anticamente tenuto in gran conto, oggi non ha più molta importanza, tuttavia in alcuni luoghi è ancora usato per piccoli lavori di ebanisteria. specialmente quello di arancio, che è compatto, omogeneo e dolce al taglio. I fiori producono abbondante nettare, ricercatissimo dalle api, che ne ricavano un miele di qualità sopraffina.

Gli agrumi sono frutti che, bene imballati, resistono a lunghi viaggi, e con essi appunto si iniziò il grande commercio moderno di esportazione della frutta fresca a grandi distanze. Raccolti con cura, ed ove occorra ripuliti, si dividono per qualità, e ciascuna di queste si suddivide in categorie per grossezza di frutto; indi i frutti, avvolti uno per uno in carta velina, si collocano in speciali casse di legno divise ordinariamente in 2 scomparti, disponendoli in 4 o 5 strati sovrapposti; le dimensioni delle casse, il peso ed il numero dei frutti in esse contenuti variano secondo le specie degli agrumi e secondo i paesi d'esportazione e d'importazione. In Italia il regio decreto 12 agosto 1927 prescrive obbligatoriamente i dati relativi alle casse per l'esportazione degli agrumi dalla Sicilia all'estero, e che sono conformi all'uso esistente. Le casse sono a due scomparti; devono contenere un numero prescritto di frutti, che è di 300, 360, 330, 504, ecc. per i limoni e di 128, 160, 200, 300, 360 per le arance; le dimensioni delle casse ed il peso sono uguali o quasi, varia quindi la grossezza dei frutti; una delle casse più in uso per i limoni è quella da 300 frutti, che deve avere cm. 68,5 di lunghezza, 33,5 di larghezza e 27,5 di altezza ed il peso lordo minimo di kg. 40; la cassa grande per limoni "uso Inghilterra" deve contenere 300 frutti, avere le dimensioni di cm. 76 × 37,5 × 30 ed il peso di kg. 52; vi sono inoltre le cassette o mezze casse. Le qualità di frutti più scadenti si spediscono anche alla rinfusa in vagoni completi, in gabbie o in ceste. Frutti di agrumi vengono anche spediti in acqua salata, in botti.

Piante appartenenti alla stessa famiglia delle Rutacee ed affini agli agrumi, producenti frutti più o meno buoni a mangiarsi, sono: Aegle marmelos Correa, Feronia elephantum Correa, Murraya exorotica L. e M. Koenigi Spreng., Clausena Wampi Oliver, Atalantia monophylla D.C. tutte dell'Asia sud-orientale, e qualche altra (v. arancio, bergamotto, cedro, chinotto, limetta, mandarino, pompelmo).

Bibl.: Estesissima è la bibliografia degli agrumi; si indicano qui solo alcune poche delle opere a vario titolo più interessanti: Ẓāhir-ad-dīn Mohammed Bābūr, imperatore dell'Indostan, Memorie (scritte in turco ciagaitico nel 1519, tradotte ininglese da J. Leyden e W. Erskine, pubblicate nel 1826, ed in francese da Pavet de Courteille nel 1871); G. B. Ferrari, Hesperides sive de malorum aureorum cultura et usu, Roma 1646; G. E. Rumphius, Herbarium amboinense, II, Amsterdam 1750; G. Gallesio, Traité du Citrus, Parigi 1811; J. A. Risso, Mémoire sur l'histoire naturelle des Orangers, in Ann. du Muséum d'histoire nat., Parigi, XX (1813); J. A. Risso e A. Poiteau, Histoire naturelle des orangers, Parigi 1818; A. De Candolle, L'origine des plantes cultivées, Parigi 1883; O. Penzig, Studii botanici sugli agrumi e sulle piante affini, Roma 1887; E. Bonavia, The cultivated oranges and lemons, etc., of India and Ceylon, Londra 1888; A. Engler, Rutaceen, in Nattürl. Pflanzenfam., III, iv, Lipsia 1897; F. Alfonso, Trattato sulla coltivazione degli agrumi, Palermo 1875; G. Briganti, La coltivazione degli agrumi in provincia di Salerno, Bari 1912; W. T. Swingle, varî scritti in Sargent's Plantae Wilsonianae, in bailey's Standard Cyclopedia of Horticulture, ed. in parecchie altre pubblicazioni americane; J. E. Coit, Citrus fruits, New York 1920; H. H. Hume, Cultivation of citrus fruits, Londra 1926.

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