GUILLEMOT, Agnès

Enciclopedia del Cinema (2003)

GUILLEMOT, Agnes

Stefano Masi

Guillemot, Agnès (nata Agnès Perche)

Montatrice francese, nata a Roubaix (Nord) il 3 dicembre 1931. Personaggio di primo piano della Nouvelle vague, negli anni Sessanta è stata testimone e protagonista ‒ insieme a Jean-Luc Godard ‒ della rivoluzione del montaggio, sconvolgendo la vecchia grammatica costruttiva del linguaggio cinematografico e seguendo passo passo la carriera del regista fino alla svolta verso il cinema militante. Sposata al regista Claude Guillemot, ne ha assunto il cognome.

Dopo la laurea in filosofia la G. studiò montaggio all'IDHEC (1956-57), dove fu poi assistente presso la relativa cattedra (1957-1959). Nel 1951 era già entrata in contatto con i futuri protagonisti della Nouvelle vague, montando un cortometraggio di Eric Rohmer, Présentation ou Charlotte et son steak (proiettato nel 1960), nel quale recitava Godard. L'entrata della G. nel gruppo avvenne nel 1960: Lila Herman, sua allieva dell'IDHEC e assistente al montaggio di Le petit soldat (1963) di Godard, le fece incontrare il giovane ma già affermato regista, alla ricerca di un montatore per sostituire in moviola Nadine Marquand. Il curriculum professionale della G. corrispondeva perfettamente alle esigenze di Godard che, per portare a termine il montaggio sonoro di Le petit soldat, voleva un montatore abile ma non ancora assuefatto ai canoni della drammaturgia cinematografica tradizionale. Nonostante alcune perplessità iniziali, la G. recepì la filosofia godardiana partecipando attivamente allo scardinamento delle regole classiche del montaggio, quali, per es., il famoso 'falso raccordo' mediante il raddoppio del movimento nella scena della foresta di Les carabiniers (1963), quando i carabinieri arrestano quello che credono essere un partigiano e che in realtà si rivela una fanciulla bionda. Nei montaggi effettuati dalla G. per Godard negli anni Sessanta la 'sgrammaticatura' rispetto alle regole consacrate diventa una vera poetica, dai jump-cuts (ovvero i salti di montaggio) di Une femme est une femme (1961; La donna è donna) a Le mépris (1963; Il disprezzo), dove per la prima volta la G. utilizzò una pressa a scotch che favoriva la sperimentazione sui tagli sonori; da Bande à part (1964) a La chinoise (1967; La cinese). Nel 1968, dopo Week-end (1967; Week-end, un uomo e una donna dal sabato alla domenica), la G. si lasciò alle spalle l'esperienza con Godard, che da quel momento avrebbe realizzato i suoi film fuori dei circuiti dell'industria cinematografica, ed entrò stabilmente nella troupe di François Truffaut, che rappresentava l'altra anima della Nouvelle vague. Cambiò così radicalmente il proprio stile in base alle esigenze di Truffaut, che non attribuiva al montaggio la stessa importanza di Godard, e lavorò a quattro film del regista, da Baisers volés (1968; Baci rubati) fino a Domicile conjugal (1970; Non drammatizziamo… è solo questione di corna). Rotto questo secondo sodalizio, attraversò un periodo di crisi, anche per il fatto che molti produttori e registi continuavano a identificarla con l'approccio rivoluzionario al montaggio tipico dei film di Godard. Solo a metà degli anni Settanta divenne collaboratrice assidua di Jean-Charles Tacchella, che le infuse nuova fiducia, montando da Cousin cousine (1975; Cugino cugina) a Escalier C (1985). Pur se lontana dalle strategie del thriller, diede un contributo decisivo all'originale costruzione della suspense in La diagonale du fou (1984; Mosse pericolose) dello svizzero Richard Dembo, premio Oscar come miglior film straniero.Successivamente G. ha collaborato con la nuova generazione dei cineasti francesi (Catherine Corsini, Michel Cournot, Xavier Beauvois, Nicole Garcia), ritrovando la potenza espressiva dei suoi anni migliori soprattutto accanto a Catherine Breillat, per la quale ha montato i film Sale comme un ange (1991), Parfait amour! (1996) e Romance (1998).

Bibliografia

D. Goldschmidt, Ph. Le Guay, Musique!, in "Cinématographe", 1985, 108, pp. 32-35; Th. Jousse, F. Strauss, Entretien avec Agnès Guillemot, in "Cahiers du cinéma", 1990, 437 (suppl.), pp. 60-63.

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