Agliate

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1991)

Agliate

R. Cassanelli

Frazione di Carate Brianza, km. 10 a N di Monza, sulle rive del Lambro. Ignote sono le fasi più antiche della sua storia e anche la documentazione epigrafica di età romana e tardoantica si presenta di valutazione assai ardua. Del suo ruolo di capopieve nel Medioevo è fondamentale testimonianza il complesso edilizio della basilica dei Ss. Pietro e Paolo e del battistero. La documentazione scritta è estremamente scarsa (non si posseggono attestazioni certe sino alla metà del sec. 11°): di interpretazione discussa è in particolare un documento ricordato da Giulini (1760), che testimonierebbe la fondazione della canonica nel sec. 9° da parte di Ansperto, arcivescovo di Milano dall'868 all'881; ma il documento, già dubbio per lo storico, è andato perduto. Ampio materiale è invece fornito dal Liber Notitiae Sanctorum Mediolani (sec. 13°; Magistretti, Monneret de Villard, 1917), che elenca con precisione le chiese dipendenti e i numerosi altari della basilica. Elementi preziosi sono forniti infine dalle visite pastorali per quanto concerne i problemi della conservazione e degli interventi edilizi dalla fine del sec. 16° in poi (Palestra, 1967).

L'indagine critica del complesso non può prescindere da un'analitica valutazione delle operazioni di restauro che coinvolsero in particolare la basilica nel 18° e soprattutto nel 19° secolo. Le visite pastorali testimoniano il suo cattivo stato di conservazione tra Cinquecento e Seicento; si dovette però attendere sino ai primi decenni del Settecento per un'ampia campagna di lavori promossa dal prevosto Pier Francesco Curioni (1724-1759). Nel 1874 si costituì una commissione a opera della Consulta Archeologica di Milano che progettò un restauro complessivo secondo criteri stilistici. Nel 1875 la basilica venne dichiarata monumento nazionale e si svolsero alcuni interventi minori. Le operazioni di restauro si compirono tra il 1893 e il 1895 secondo il progetto stilato dalla commissione a cura dell'Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti, sotto la direzione di Beltrami, Moretti e Perrone. All'interno si ripristinarono le due originarie arcate della navata centrale verso E (soppresse e unificate nei lavori di Curioni), furono riaperte le finestre del lato nord e venne abbassato il pavimento. Durante lo scrostamento delle pareti si rinvennero lacerti di affreschi appartenenti alla prima fase decorativa; l'arredo liturgico venne interamente rifatto su progetto dell'Ufficio e presenta incisa la sigla "U(fficio) R(egionale) 1895". All'esterno, la muratura venne largamente risarcita, la facciata fu trasformata a frontone spezzato e il campanile venne demolito e ricostruito.

La basilica, orientata, presenta una struttura piuttosto semplice, strettamente legata al S. Vincenzo in Prato di Milano, ad andamento longitudinale, priva di transetto, scompartita in tre navate (di cui la centrale maggiore) da due file di sei sostegni per parte, che reggono arcate a pieno centro, con absidi terminali estradossate a profilo semicircolare. I sostegni sono fortemente eterogenei (oltre a colonne di tipo diverso sono utilizzati un miliario e un'ara di età romana) e anche i capitelli sono ricavati da frammenti di spoglio (in un caso è invece reimpiegato un capitello romano con delfini ai lati di kàntharoi). La muratura della navata centrale sale alta e liscia, incisa alla sommità da monofore centinate a doppia strombatura (nel muro d'ambito settentrionale non vi sono invece aperture probabilmente per ragioni climatiche). La copertura del corpo delle navate è a capriate lignee. Il presbiterio è parzialmente sopraelevato per la presenza della cripta, ed è coperto da volta a botte; anche le absidi minori sono precedute da due campate coperte da volte a crociera, secondo uno schema comune anche al S. Ambrogio di Milano. La cripta, a oratorio, è scompartita da quattro coppie di colonne e coperta da piccole volte a crociera nervata, rinforzate da sottarchi, mentre il perimetro è scandito da semicolonne. I capitelli in pietra sono tutti coevi, a eccezione di uno, in marmo, che è di reimpiego, attribuibile al 9° secolo. Essi possono essere distinti in due tipi: il primo con foglie angolari lisce e sottili caulicoli fiancheggiati da solchi obliqui; il secondo a campana liscia con volute angolari sommitali e un debole motivo inciso su ogni faccia. I due tipi di capitelli, comunque, sono accomunati tra loro dall'assenza di scansione in registri e dal lieve risentimento plastico. Scarsissimi lacerti di affreschi (assai ridipinti e recentemente restaurati, 19851986) sono conservati sul muro nord della navata centrale e sulla volta a botte del presbiterio. La facciata, a frontone spezzato, ampiamente rimaneggiata nei restauri della fine dell'Ottocento, è incisa da tre portali (restaurati), due finestre centinate e un'ulteriore finestra sommitale a croce. Delle tre absidi solo la centrale presenta una forte articolazione mediante paraste che individuano - con ritmo variabile - fornici il cui numero si riduce proporzionalmente procedendo verso l'innesto con il muro del presbiterio. La muratura (assai risarcita nei restauri) è a filari di ciottoli, con pietre e mattoni di recupero, legati da abbondante malta.

Lungo il lato sud della basilica è il battistero, costruito con gli stessi materiali e la stessa tecnica, a pianta poligonale mistilinea con sette lati e un'ampia abside. La copertura è costituita da una cupola a spicchi. All'esterno l'edificio è coronato da un fregio ad archetti su sottili peducci sormontato da una serie di fornici; di particolare interesse è proprio, come nella basilica, la presenza del fornice slegato dal coordinamento degli archetti. L'interno è spoglio e strutturalmente semplice, a differenza del battistero di Galliano (Como), al quale è peraltro avvicinabile. Al centro è la vasca battesimale, sulle pareti sono interessanti lacerti di affreschi, anch'essi restaurati nel 1985-1986. Durante la visita pastorale effettuata da s. Carlo Borromeo (1578), smontando l'altare del battistero, si rinvenne una capsella liturgica esagonale, attribuita all'8°-9° secolo.

Il problema critico del complesso è strettamente legato al nodo capitale della sua collocazione cronologica. A eccezione di Dartein (1865), cui si deve il primo studio sull'argomento, orientato per una datazione a dopo il Mille, dalla seconda metà del sec. 19° in poi si volle ancorare l'edificio, seguendo l'esilissima traccia documentaria fornita da Giulini, alla data altissima del sec. 9°, legandolo alla committenza di Ansperto (Cattaneo, 1889; Porter, 1916) o di Angilberto II, arcivescovo di Milano dall'824 all'859 (Rivoira, 19082). La proposta ebbe generale e favorevole accoglienza, soprattutto in rapporto alla forte anticipazione cronologica del S. Ambrogio di Milano. Fondamentale importanza ebbe quindi l'intervento di Arslan (1954) che, fornendo una lettura accurata delle strutture, collocò basilica e battistero nel sec. 11°, proponendo, con cautela, di rintracciare piuttosto nel particolare tipo strutturale di ascendenza tardoantica un'eco dell'assetto della fase anspertiana del S. Ambrogio. E ciò naturalmente senza pregiudicare possibili articolazioni cronologiche all'interno di una fabbrica che senza dubbio (come paiono indicare alcune cesure nella muratura) ebbe gestazione complessa e forse non completamente unitaria (Caramel, 1984).

Bibliografia

Fonti:

G. Giulini, Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città e campagna di Milano ne' secoli bassi, I, Milano 1760, p. 430.

M. Magistretti, U. Monneret de Villard, Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, Milano 1917.

Letteratura critica:

F. de Dartein, Etude sur l'architecture lombarde et sur les origines de l'architecture romano-byzantine, I, Paris 1865, pp. 309-311.

R. Cattaneo, L'architettura in Italia dal secolo VI al Mille circa, Venezia 1889, p. 218.

G. T. Rivoira, Le origini della architettura lombarda e delle sue principali derivazioni nei paesi d'oltralpe, Milano 19082, pp. 196-200.

A. K. Porter, Lombard Architecture, II, New Haven 1916, pp. 31-35-

E. Arslan, L'architettura romanica milanese, in Storia di Milano, III, Milano 1954, p. 410 ss.

A. Palestra, Carate Brianza. Battistero di Agliate, in Studi e ricerche nel territorio della provincia di Milano, a cura di M. L. Gatti Perer (Monografie di Arte Lombarda. I Monumenti, 2), Milano 1967, pp. 42-44.

M. Mirabella Roberti, Itinerari per la Brianza romana, in Storia di Monza e della Brianza, IV, 1, Milano 1976, pp. 9-71: 19-20.

L. Caramel, I complessi di Agliate e di Civate, ivi, IV, 2, Milano 1984, pp. 9-41: 11-23, tavv. 1-10 (con bibl. precedente).

M. Magni, Scultura d'età romanica, ivi, pp. 255-282: 261-262, tavv. 76-77.

P. Tamborini, Pittura di età ottoniana e romanica, ivi, pp. 177-237: 181-186.

Itinerari di San Carlo Borromeo nella cartografia delle visite pastorali, Milano 1985, pp. 62-64.

G. Brucher, Die sakrale Baukunst Italiens im 11. und 12. Jahrhundert, Köln 1987, p. 26 ss. (S. Pietro), p. 96 ss. (battistero).

B. Brenk, La committenza di Ariberto d'Intimiano, in Il Millennio Ambrosiano. La città del vescovo dai Carolingi al Barbarossa, a cura di C. Bertelli, Milano 1987, pp. 122-155.

A. Segagni Malacart, Affreschi milanesi dall'XI al XIII secolo, ivi, pp. 196-221: 200.

F. Gandolfo, in A. M. Romanini, Il Medioevo (Storia dell'arte classica e italiana, 2), Firenze 1988, p. 285.

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