Afroamericani

Dizionario di Storia (2010)

afroamericani


Americani di origine africana che condividono l’eredità storica della deportazione in schiavitù. Nell’America centro-meridionale gli schiavi neri arrivarono poco dopo la scoperta del continente, portati per sostituire nel lavoro le popolazioni indigene. Nel 1517 Carlo V concesse a un nobile fiammingo il diritto di importare 4000 schiavi ogni anno a Hispaniola, Cuba, Giamaica e Puerto Rico. Nel 1562 John Hawkins, primo negriero inglese, iniziò la tratta di schiavi tra Africa e possedimenti spagnoli nei Caraibi. Successivamente sorsero le grandi compagnie che si dedicarono al commercio degli schiavi per tre secoli. In tale lasso di tempo milioni di africani approdarono nel subcontinente, in particolare nelle Antille, in Venezuela, in Colombia, nelle Guiane e in Brasile e furono avviati al lavoro nelle piantagioni o adibiti ai lavori domestici nelle zone urbane. Con l’abolizione della schiavitù (19° sec.) s’integrarono nei Paesi in cui erano disseminati. Non furono mai discriminati dal punto di vista dei diritti civili, anche se rimasero lo strato più povero della popolazione. Oggi si trovano anche in Argentina, Uruguay e nelle regioni andine. Nelle colonie inglesi del Nord America i primi schiavi giunsero attorno al 1620. La domanda di manodopera nelle piantagioni favorì l’accrescimento del numero degli schiavi provenienti dalle coste occidentali dell’Africa. Alla vigilia della guerra d’indipendenza la popolazione nera contava circa 500.000 individui. Poi il clima politico e la crisi del tabacco fecero intravedere l’estinzione dello schiavismo, ma lo sviluppo della coltura del cotone nel Sud diede nuovo impulso al fenomeno che si estese rapidamente verso Sud portando a un cospicuo aumento del numero degli schiavi. Scoppiata la guerra di Secessione, il presidente Lincoln decretò l’emancipazione nei territori confederati (1° gennaio 1863) per facilitare l’arruolamento degli schiavi fuggitivi. L’abolizione totale fu invece sancita nel 1865, ma le speranze dei neri di un rapido inserimento nella società furono deluse. I grandi proprietari terrieri riacquistarono il potere nel Sud e impedirono, con la violenza o attraverso capziosi provvedimenti legislativi, il godimento dei diritti politici. Fu imposta la segregazione nelle scuole e sui mezzi pubblici, mentre veniva diffusa una massiccia propaganda razzista. I primi movimenti popolari neri (B.T. Washington, W.E.B. Du Bois, M. Garvey) conobbero un sostanziale fallimento; intanto la maggioranza degli ex schiavi emigrava verso le grandi città del Nord dove si formarono i ghetti, nei quali ancora oggi sono concentrati; qui si posero tuttavia anche le basi per la nascita di una prima borghesia afroamericana. A seguito della decisione della Corte suprema del 1954 contro la segregazione scolastica, gli a. intensificarono l’azione politica: dai boicottaggi di Montgomery (1955) alla marcia di Selma (1965) emerse la teoria dell’azione massiva non violenta di M.L. King, la cui applicazione riuscì a ottenere dal Congresso le leggi sui diritti civili (1957-64). Tuttavia, la mancata osservanza di tali leggi da parte delle autorità federali e il deterioramento delle condizioni di vita nei ghetti finirono per provocare, nel 1964-68, una serie di sommosse popolari che minacciarono in alcuni casi di degenerare in rivolte armate (Cleveland). Dal 1965 si impose un cambiamento: sotto l’ispirazione di S. Carmichael e più ancora di Malcolm X, i principi della non violenza e dell’integrazione furono sostituiti dal concetto di «potere nero» (Black power), che accanto allo sviluppo di un movimento autonomo degli a. e alla costituzione di centri economici, sociali e culturali indipendenti, teorizzò la necessità del recupero della identità politico-culturale della comunità afroamericana. Il programma fu interpretato in senso nazionalistico ed esclusivistico dagli islamici di colore e in senso radical-marxista dalle «pantere nere» (Black panther party). Negli anni successivi la carica contestativa a carattere civile si andò attenuando e la borghesia afroamericana acquisì progressiva visibilità politica e una generale parità di diritti e di riconoscimenti grazie anche al cd. politically correct. Alcuni suoi esponenti ascesero alle maggiori cariche pubbliche, sino all’elezione nel 2009 di B. Obama, primo a. divenuto presidente degli Stati Uniti. Ciò nonostante la maggioranza della popolazione afroamericana è ancora in condizione di emarginazione e povertà.

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