Afghānistān

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)

Afghānistān

Anna Bordoni e Paola Salvatori
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Geografia umana ed economica

di Anna Bordoni

Stato dell'Asia anteriore interna. Per la popolazione, il massiccio esodo degli Afghani (iniziato durante l'invasione sovietica, e proseguito prima per l'intensa guerriglia, poi per il conflitto armato con gli Stati Uniti nell'autunno del 2001) nel 2005 non si era ancora concluso, perché - nonostante la proclamazione nel 2004 di una Repubblica islamica dotata di istituzioni democratiche - la situazione sul territorio era ancora confusa e difficile, drammaticamente aggravata dalla siccità che aveva colpito il Paese a partire dal 2002. Secondo stime degli organismi internazionali, l'A. nel 2005 contava 29,8 milioni di ab.: in questa valutazione sono compresi i profughi (dislocati per lo più in Pakistan e in Irān, ma anche in Turkmenistan, Tagikistan, Uzbekistan e, per alcune centinaia di migliaia di essi, anche nei Paesi dell'Europa occidentale, in Australia e nell'America Settentrionale).

Mancano ancora dati statistici attendibili e aggiornati sulla reale consistenza demografica delle città, e le stime, se per la capitale Kābul parlano di una popolazione di 2.956.000 ab. nel 2003, per le altre città sono ferme a ben venti anni prima. Nell'ottobre 2002 è stata adottata una nuova moneta nazionale, chiamata afghani come la precedente, pari all'incirca a 0,02 euro. Anche il quadro economico del Paese, condizionato dagli eventi bellici e politici successivi al 2001, rimane in una situazione critica e la stessa sopravvivenza della popolazione è affidata agli aiuti internazionali. La struttura portante è costituita quasi esclusivamente dal settore primario: l'agricoltura occupa il 69% della popolazione attiva, ma oltre l'85% della popolazione complessiva ne dipende direttamente. Peraltro l'arativo, che rappresenta solo il 12% della superficie del territorio, tende inesorabilmente a diminuire, anche per la presenza di milioni di mine antiuomo non ancora rimosse (motivo per il quale in molte province si sono verificate gravi carestie). Si coltivano cereali, frutta e cotone, ma ciò che rende di più è il papavero da oppio, la cui produzione, scesa a 3400 t nel 2002 in seguito a una massiccia campagna di sradicamento delle piante promossa dalle Nazioni Unite nell'ambito di un programma di controllo sulla droga, è risalita a 3600 t nel 2003, e contribuisce notevolmente alla formazione del PIL. L'industria, malgrado possa contare sulla disponibilità di buone risorse minerarie, nel 2005 appariva pressoché inesistente, come precarie erano le condizioni delle comunicazioni, che oltre a risentire di un ambiente naturale sfavorevole sono state gravemente danneggiate dagli eventi bellici. Per l'A. i mutamenti avvenuti dopo il 1989 nei Paesi dell'Europa orientale e in quelli che costituivano l'Unione Sovietica, già suoi principali partner commerciali, hanno portato a un radicale cambiamento del quadro degli scambi internazionali, nel quale vanno inserendosi, con un ruolo di crescente importanza, alcuni Paesi dell'Unione Europea.

Storia 

di Paola Salvatori

Lo stato di violenza e incertezza che aveva contrassegnato il Paese negli ultimi decenni del Novecento, funestati da sanguinose lotte intestine, nei primi anni del nuovo secolo era ancora lungi dall'essere superato. Il governo ṭālibān, che alla fine degli anni Novanta si era imposto militarmente sul 90% del territorio, dopo una lunga guerra civile condotta contro le forze di opposizione unite nell'United Islamic Front for the Salvation of Afghanistan (UIFSA) e note anche come Alleanza del Nord, non era riuscito a risollevare le sorti del Paese e a garantirne un'effettiva stabilità. Seppure limitati alla zona settentrionale, i conflitti a fuoco continuavano, e stentava a ricostituirsi un tessuto economico e sociale in grado di creare i presupposti di una effettiva ripresa.

Nuove difficoltà erano generate dal crescente isolamento internazionale, solo in parte bilanciato dai riallacciati rapporti con l'Irān. Alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall'ONU per la mancata estradizione del miliardario saudita U. Ibn Lādin, ritenuto finanziatore e organizzatore di numerosi attentati terroristici, e per il mancato rispetto dei diritti umani, il regime aveva risposto con un inasprimento dell'atteggiamento antioccidentale, culminato nel marzo 2001 con la distruzione delle statue giganti di Buddha a Bāmiyān (risalenti al 7° sec. e già proclamate dall'UNESCO patrimonio culturale dell'umanità), perché considerate idolatre e contrarie alla šarī̔a. La situazione precipitò nel settembre 2001. Il nuovo rifiuto dei Ṭālibān di consegnare Ibn Lādin agli Stati Uniti, anche dopo gli attentati dell'11 settembre contro le Twin Towers di New York e il Pentagono, attribuiti ai seguaci del miliardario saudita, provocò la dura reazione del governo statunitense, che, appoggiato da un amplissimo fronte antiterrorista, diede avvio a una dura campagna militare (denominata Operation Enduring Freedom) per distruggere i campi di addestramento e le installazioni militari di al-Qā̔ida e catturare Ibn Lādin. A partire dal 7 ottobre l'A., completamente isolato sul piano diplomatico (anche gli unici Paesi che riconoscevano il governo ṭālibān, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Pakistan, avevano condannato gli attentati dell'11 settembre e si erano schierati al fianco degli Stati Uniti), veniva così sottoposto a pesanti bombardamenti da parte dell'aviazione statunitense e britannica, mentre sul fronte interno riprendeva vigore l'offensiva dell'UIFSA, coordinata e appoggiata dalle forze armate internazionali.

La capitolazione di Kābul (13 novembre) e la successiva presa di Qandahār (7 dicembre) segnavano la sconfitta dei Ṭālibān e aprivano una difficile e lunga fase di transizione verso un nuovo assetto istituzionale del Paese. Il 5 dicembre i rappresentanti dei maggiori gruppi etnici (principalmente Pashtun, Tagiki, Hazara, Ubzeki), riunitisi sotto l'egida delle Nazioni Unite a Petersburg (nei pressi di Bonn), raggiunsero un accordo sul futuro del Paese: si stabilì la costituzione di un governo unitario provvisorio, composto di trenta membri e guidato dal pashtun H. Karzai. Esso sarebbe rimasto in carica sei mesi, al termine dei quali la loya jirgah, l'assemblea tribale, avrebbe nominato un nuovo esecutivo, sempre ad interim, ma questa volta di durata biennale, incaricato di promulgare una nuova Costituzione e di indire nuove elezioni. Una forza multinazionale ONU di stanza a Kābul, la International Security Assistance Force (ISAF), avrebbe dovuto contribuire a garantire la sicurezza nazionale. In realtà, nonostante l'impegno militare delle Nazioni Unite e gli aiuti economici internazionali, in particolare degli Stati Uniti, la ripresa della vita politica e sociale si rivelò alquanto ardua. Le varie componenti dell'Alleanza del Nord, unite solo dalla lotta contro i Ṭālibān, tornarono a scontrarsi per la spartizione e il controllo del territorio, facendo ripiombare l'A. nel caos. Riemersero in poco tempo le antiche contraddizioni di un Paese geograficamente ed etnicamente poco omogeneo, economicamente fiaccato da trent'anni di guerra e soggetto a forti suggestioni integraliste: alla ripresa degli scontri tra i diversi clan locali, seguì, nonostante i moniti della comunità internazionale, la ripresa e l'estensione del traffico degli stupefacenti, mentre la šarī̔a, seppure mitigata, continuò a permeare molti aspetti della vita sociale, penalizzando soprattutto le donne.

La permanenza di nuclei di guerriglia ṭālibān all'interno del Paese, solo marginalmente colpiti dalle incursioni delle forze militari statunitensi e britanniche ancora presenti sul territorio per dare la caccia a Ibn Lādin, sfuggito comunque alla cattura, contribuivano a rendere ulteriormente tesa la situazione e particolarmente difficile l'opera di mediazione dell'esecutivo, di fatto barricato a Kābul. Nonostante le difficoltà e il clima di forte tensione interna, il governo cercò di riallacciare i rapporti con i vari Paesi confinanti e di ristabilire con essi accordi commerciali. Nel corso del 2002 ripresero le trattative con il Turkmenistan per la costruzione di un gasdotto, e nei mesi successivi si intensificarono gli scambi diplomatici con Cina, Iran, Pakistan, Tagikistan e Uzbekistan. Anche le tappe previste dagli accordi di Bonn vennero comunque rispettate: nel giugno del 2002, in seguito alla convocazione della loya jirgah, che confermò Karzai alla guida del Paese, fu formato un nuovo esecutivo, e nel gennaio 2004 venne varata una nuova Costituzione. Fortemente presidenzialista, come auspicato dallo stesso Karzai (scampato nel settembre 2003 a un attentato terroristico), essa prevedeva, oltre a un presidente eletto ogni 5 anni, un Parlamento bicamerale, con una Camera alta, eletta direttamente, e una bassa, per metà eleggibile e per l'altra metà di nomina presidenziale. Il testo faceva esplicito riferimento alla tolleranza religiosa, ma prevedeva altresì che non fosse consentita nessuna legge contraria all'Islam, riconosceva uguali diritti agli uomini e alle donne e promuoveva al rango di lingue ufficiali, accanto al pashtū, l'uzbeko e il turkmeno. Le elezioni presidenziali, più volte rimandate, si svolsero il 9 ottobre 2004, in un clima di forte tensione in cui non mancarono violenze e intimidazioni. Alle minacce dei Ṭālibān si sommarono le pressioni dei clan etnici che, con il sostegno delle loro milizie, cercarono di imporre i loro candidati, dimostrando di possedere ancora un elevato grado di controllo territoriale. Nonostante ciò la partecipazione al voto fu elevata (circa l'84% degli aventi diritto) e il risultato, che sancì la vittoria di Karzai con il 55,4% dei consensi, venne riconosciuto valido dagli osservatori internazionali che avevano presenziato alle votazioni e alla fine accettato anche dai maggiori antagonisti del presidente eletto, il rappresentante del Fronte nazionale di liberazione Y. Qanuni, che ottenne il 16% dei voti, l'hazara M. Mohaqiq e l'uzbeko R. Dostam, presentatisi come indipendenti e attestatisi rispettivamente all'11,7% e al 10%. Il nuovo governo, inaugurato nel dicembre 2004 e nel quale erano state incluse due donne, pose tra le sue priorità la pacificazione interna, la ricostituzione di una identità nazionale e il rilancio dell'economia, ma dovette continuare a fronteggiare nel corso del 2005 ripetuti attentati terroristici attribuiti ai Ṭālibān, le cui basi continuavano a operare pur in presenza di un cresciuto impegno della NATO nelle regioni nord-occidentali. Il rapporto dell'ONU sulle condizioni socio-economiche dell'A., presentato nel febbraio 2005, tracciava un quadro desolante della situazione igenico-sanitaria del Paese, che veniva classificato ai gradini più bassi della graduatoria mondiale in termini di aspettative di vita (appena 44 anni) e di sviluppo, e sottolineava come la parziale crescita economica registratasi negli anni precedenti fosse quasi esclusivamente legata agli stupefacenti, di cui l'A. era tornato a essere uno dei maggiori produttori su scala mondiale.

Nel marzo 2005 il Consiglio di sicurezza dell'ONU votava una risoluzione con la quale si stabiliva di prolungare di un anno la missione di pace in territorio afghano per affiancare il governo Karzai nella difficile opera di ricostruzione del Paese, considerato ancora fortemente instabile, e in vista delle elezioni legislative. Svoltesi nel sett. 2005, le consultazioni rafforzarono il processo di democratizzazione interna anche se i risultati confermarono le forti contraddizioni ancora presenti sul territorio e la difficoltà di trovare un equilibrio tra i diversi centri di potere: tra i deputati eletti, figuravano infatti donne, esponenti dei moderati islamici, ex Ṭālibān e uomini legati ai clan locali.

bibliografia

A.H. Cordesman, The lessons of Afghanistan: war fighting, intelligence, and force transformation, Washington 2002; K. Fazelly, L'Afghanistan, du provisoire au transitoire: quelles perspectives?, Paris 2004; N. Varia, Struggle for rights, in World today, 3, 2005, pp. 26-27.

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