AES GRAVE

Enciclopedia Italiana (1929)

AES GRAVE

Secondina Lorenzina Cesano

. Si denomina così più propriamente la prima moneta enea romana librale fusa col tipo della prora, ma per estensione si comprendono sotto questa denominazione tutte le monete antiche fuse di bronzo della penisola italica: romane, etrusche, umbre, picene, apule, ecc.

Fondata sul peso della libbra cosiddetta osco-latina di gr. 273, questa prima serie romana viene denominata della prora, perché mostra al rovescio di tutti i suoi nominali la prora di nave che si accompagna al dritto con l'effigie delle maggiori divinità dell'olimpo greco-romano. I nominali portano al dritto e al rovescio i segni del valore, e sono costantemente anepigrafi. L'asse è il nominale maggiore, del peso della libbra e, come questa, si divide in 12 once, onde abbiamo: asse, 12 once (I, eff. di Giano; tav. CII, 1); semisse, 6 once (S, eff. di Giove; tav. CII, 2,); triente, 4 once (...., eff. di Marte); quadrante, 3 once (..., eff. di Ercole; tav. CII, 3); sestante, 2 once (.., eff. di Mercurio; tav. CII, 4); oncia (., eff. di Bellona?).

Questa prima moneta di stato romana, che è succeduta nella circolazione all'aes rude e all'aes signatum (v.) scambiati a peso, è anch'essa a sua volta una moneta reale di peso pieno. Nelle varie emissioni, che fino a un certo punto si possono cronologicamente distinguere, si nota che il più antico asse è il più bello, e che di poi lo stile va sensibilmente deteriorando. La fusione avveniva in forme chiuse con più vani, onde ciascun pezzo porta le tracce del codolo di fusione. Come per tutta la successiva moneta enea romana, ai pezzi non vien dato un peso giusto e preciso, ma questo varia per ogni esemplare, mantenendosi raramente al disopra, più solitamente al disotto del peso normale teorico, onde la difficoltà di distinguere le successive riduzioni.

Di tutta la monetazione enea fusa di Roma, ricca, come si vedrà in appresso, di altre serie notevoli, gli autori antichi mostrano di conoscere solo questa serie della prora, e solitamente ci raccontano le più inverosimili e contraddittorie leggende circa il momento della sua istituzione, circa il personaggio storico che l'avrebbe inaugurata, e circa i tipi. La si è fatta risalire a Numa (Plinio, Nat. hist., XXXIV,1; Svet., in Suida, s. v. assaria; Plutarco, Marcell., 8; Isid., Orig., XVI, 17), a Servio (Plin, XXXIII, 13; XVIII, 3; Cassiodoro, Variar. form., 7); i tipi sarebbero stati il bove, la pecora, il cignale (Plinio, XXXIII, 3, 12; XVIII, 3; Varrone, Vita pop. rom., I; De re rust., II, 1; Plut., Poplic., 11; quaest. rom., 41). Altri raccontano ancora che fu Giano a segnare durante il suo regno le prime monete col segno del bifronte e della prora in ricordo della nave che a lui aveva condotto Saturno. Mentre poi incidentalmente Plutarco (Poplic., 11) narra che Publio Valerio nei primi anni della Repubblica aveva fissato le multe in buoi e in montoni, perché allora i Romani non usavano la moneta, le leggi Aternia-Tarpeia e Menenia-Sestia del 300 e 302 di Roma (454 e 452 a. C.) fissano le multe in buoi e montoni in concorrenza con la moneta coniata (Festo, p. 237; Cic., De rep., II, 35, 60; Dionisio d'Alic., X, 50; Varrone, De re rust., II,1, 9).

Queste e altre notizie contraddittorie e oscure indussero i numismatici meno recenti quali il D'Ailly, l'Eckhel, Marchi e Tessieri ecc., ad attribuire ora a Numa, ora a Servio Tullio l'istituzione di questa prima moneta romana, che di poi il Borghesi, l'Avellino, il Cavedoni, il Marquardt, il Mommsen, il Lenormant e il Babelon attribuirono al periodo decemvirale (303-305 di Roma, 451-449 a. C.).

Gli studî sistematici, critici, comparativi più recenti hanno determinato con maggior sicurezza e precisione il periodo in cui ebbe luogo tale innovazione abbassandolo, sino alla seconda metà del sec. IV a. C. Roma invero ha iniziato la sua monetazione enea soltanto dopo la sottomissione di tutto il Lazio e della Campania, dopo aver conchiuso con Cartagine la prima alleanza, dopo aver conquistato Anzio (338 a. C.), la città marittima per eccellenza della costa latina, dopo essere divenuta quindi essa stessa una potenza marittima, donde il tipo fisso e sacro della prora. Gli autori antichi ci dicono esplicitamente che questo asse era librale (Varrone, De re rust., I, 10, 2; De lingua lat., V, 169; Plinio, XXXIII, 3, 42; Gellio, XX,1; Festo, s. v. grave aes, p. 98); e sovente ricordano l'aes grave parlando di pene e di multe, la quale moneta si portava a carri all'erario (Liv., IV, 60, 3), e si stipava nei magazzini (Varrone, De lingua lat., V, 182,), donde stips e stipendia.

Sino a quando durasse l'uso legale di questo aes grave librale, ce lo dicono, pur contraddicendosi alquanto, gli stessi antichi (Plin., XXXIII, 4, 44). Secondo le fonti all. asse librale sarebbe succeduto l'asse sestantario allo scoppiare della prima guerra punica; e questo dato è controllato dal materiale monetario giunto sino a noi. Gli scrittori moderni meno recenti però hanno creduto riconoscere fra queste due riduzioni altre riduzioni intermedie, la semilibrale, la trientale e anche la quadrantale; ma oggi resta accertata e fissa solo la riduzione semilibrale, che il Haeberlin data a circa il 290-288 a. C.

Questa riduzione semilibrale del bronzo urbano della prora comprende anche i multipli dell'asse, cioè il decusse, il tripondio e il dupondio (tav. CII, 5), che hanno al dritto tipi speciali; sono già coniati i nominali inferiori, dal sestante alla semioncia; gli altri nominali fusi mostrano le effigi divine e la prora voltate a sinistra. Nei ripostigli e nelle stipi pezzi librali e pezzi semilibrali fusi si trovano assai di rado commisti, questi in numero minimo di fronte a quelli, per l'evidente scarsità dell'emissione e per il loro corso strettamente locale.

Le altre serie librali costituiscono il cosiddetto gruppo latino-campano; sono sei, contemporanee della serie librale della prora e si considerano oggi fuse nelle officine che Roma avrebbe aperto in Capua e altrove; tutti i nominali sono anepigrafi. Le serie sono le seguenti basate su libbre diverse; esse si denominano dai tipi dell'asse:

1. Serie della ruota (libbra di gr. 273); tutti i nominali mostrano al rovescio la ruota. Abbiamo il tressis, il dupondio (tav. CIII,1), e l'asse sino al sestante. I tre nominali maggiori hanno al dritto la testa di Roma coll'elmo frigio; gli altri rispettivamente il toro, il cavallo, il cane, la tartaruga. Sui due lati di ogni pezzo è il segno del valore.

2. Serie della testa di Roma (libbra di gr. 273); mostra su tutti i nominali (asse-semioncia) ripetuti sui due lati gli stessi tipi, che sono: testa di Roma, testa di Marte, fulmine, mano aperta, conchiglia, astragalo, ghianda. Abbiamo due emissioni con e senza il simbolo della clava.

3. a) Serie leggiera di Giano-Mercurio (libbra di gr. 273). Tutti i nominali (asse-oncia) presentano al dritto e al rovescio tipi diversi: t. di Giano-t. di Mercurio (tav. CII, 6); t. di Marte-t. di Venere (tav. CIII, 4); fulmine-delfino; due grani di orzo-mano aperta; conchiglia-caduceo; astragalo-punto. Al rovescio di ogni nominale è il simbolo del falcetto.

b) Serie pesante Giano-Mercurio (libbra di gr. 327): tipi come per la serie precedente; manca il simbolo.

4. a) Serie leggiera di Apollo (libbra di gr. 273). Sul rovescio di ogni nominale si ripete il tipo del dritto: t. di Apollo, pegaso, t. equina, cinghiale, t. di Dioscuro, grano di orzo. Su ogni rovescio è il simbolo della foglia di vite.

b) Serie pesante di Apollo (libbra di gr. 341). Tipi come sopra; manca il simbolo. È questa la serie più bella per lo stile delle figurazioni (tav. CIII, 2).

Fa parte a sé l'asse librale iscritto Roma con la testa di fronte di Minerva e il toro gradiente (tav. CIII, 3).

I nominali di tutte queste serie, e soprattutto quelli delle due serie pesanti di Giano-Mercurio e di Apollo, si sono rinvenuti o sporadicamente o mescolati ai pezzi della prora in ripostigli, in stipi, in tombe, sopra una ampia area geografica, che comprende non solo tutta l'Italia centrale, cioè i paesi che attorniano Roma e il Lazio, ma ancora, seppure in minore quantità, l'Apulia, la Calabria, l'Etruria, la Gallia Cisalpina, la Sardegna e la Sicilia.

Fino all'Haeberlin, tutte queste serie, per la varietà dei tipi e perché anonime, non furono già attribuite a Roma, ma ai più diversi centri del Lazio, e considerate monetazione locale autonoma. Così, ad es., la serie della ruota si appose ad Ardea, ad Alba Fucense, a Sutri; la serie della testa di Roma ad Ariccia, a Lanuvio, a Tivoli, a Preneste, ai Sabatini; la serie di Apollo ai Volsci, a Fondi, a Formia, a Saura Faliscorum, ecc. Merito precipuo del succitato autore è stato quello di riconoscere la strettissima connessione di questa serie con l'argento romano-campano, e perciò di determinarne con la maggiore sicurezza l'età e l'appartenenza a Roma e al primo periodo della sua monetazione.

Etruria. - Dopo Roma, è l'Etruria quella che fuse il più ricco gruppo di aes librale. All'Etruria si appongono varie serie, le une anepigrafi le altre iscritte col nome della città di Velathri (Volterra), che sono le sole di sicura attribuzione. Le serie sono fuse secondo due libbre, la libbra pesante di gr. 204,66, la libbra leggiera di gr. 151,60; non si sa ancora quale emissione preceda in ordine di tempo, o se, essendo contemporanee, spettino a località diverse. Sta a parte la serie di pochi nominali (asse, semisse, quadrante) attribuita dal luogo di ritrovamento a Tarquinia, i cui tipi più si avvicinano ai tipi latini, e che è fusa sulla libbra romana di gr. 327,45.

Volterra ha fuso e iscritto tre serie (libbra di gr. 151,60) con diversi tipi, che si ripetono uguali su tutti i nominali. La prima serie (dupondio-oncia), mostra al dritto il bifronte giovane con petaso appiattito; al rovescio sono i segni del valore e il nome della città. La seconda serie (dupondio-oncia) mostra egualmente al dritto il bifronte giovane, ma con petaso appuntito; al rovescio sono una mazza, il segno del valore e il nome della città (fig.1). La terza serie (dupondio-semisse) mostra al rovescio un delfino in luogo della mazza (tav. CI, 4).

Sette sono le serie fuse anepigrafi, le quali si denominano della ruota, perché questa, in due varianti, compare costantemente almeno su una faccia di ciascun pezzo. Si distinguono due gruppi: a) pesante, fuso sulla libbra di gr. 204,66; b) leggiero, fuso sulla libbra di gr. 151,60. Il nominale maggiore è il quincusse, che appare in una sola serie, la quinta; il dupondio appare in due serie, la quinta e sesta; le altre serie (asse-oncia) sono sino ad oggi più o meno incomplete.

Tutti i nominali di una stessa serie mostrano gli stessi tipi, variando solo il numero dei raggi della ruota. Tutti i pezzi portano i segni del valore, e inoltre i pezzi della prima serie (ruota-ruota) segni varî incisi (lettere alfabetiche, lunule, foglie cuoriformi). Le serie sono le seguenti:

a) serie pesanti: 1a ruota-ruota (tav. CI, 1); 2ª ruota-cratere (tav. CI, 3); 3ª ruota-bipenne (tav. CI, 5);

b) serie leggiere: 4a ruota-anfora; 5a ruota-àncora (tav. CI, 2); 6ª ruota arcaica-ruota arcaica; 7a ruota arcaica-tre lunule. Un'ultima serie, sulla libbra di gr. 204,66, è denominata degli oggetti del sacrifizio dal tipo del rovescio dei quattro nominali (asse-oncia; manca il triente).

Tutte queste serie paiono provenire dalla valle della Chiana, cioè dal territorio di Arezzo, Cortona, Chiusi; qualche pezzo proviene dall'alta valle dell'Arno (M. Falterona) e dai dintorni di Perugia, singoli esemplari dal territorio di Volterra. Il loro corso fu puramente locale, giacché non s'incontrano mai frammiste alle serie romane o latino-campane.

Come per la moneta romana fusa, anche per questo ricco gruppo etrusco di monete varie furono le ipotesi circa il periodo della loro fusione e le città che le avrebbero fabbricate, prevalendo tra gli autori meno recenti il concetto di un'alta antichità e della molteplicità delle zecche. Oggi il Haeberlin ha logicamente riconosciuto la seniorità dell'aes grave etrusco di contro a quello romano, apponendo a circa il 300 a. C. la sua fusione, in zecche per ora non determinate.

Campania. - Cales Campaniae ha fuso una serie di aes grave riconoscibile dal cantharos, che tutti i sette nominali (asse-semioncia) mostrano al rovescio (tav. CIV, 3). Il peso medio dell'asse risulta di gr. 292. La serie si data a circa il 312 a. C.

Apulia. - Si conoscono tre gruppi di pezzi, che si attribuiscono ad Ascoli, Lucera, Venosa, fusi sulla libbra italica di gr. 341, se pure non già sulla libbra romana di gr. 327. La divisione della libbra è decimale, e quindi con l'asse si hanno il quincunce, il quattrunce, ecc. Si hanno serie librali e serie ridotte; quelle anepigrafi, queste, che sono le più comuni, solitamente iscritte con le iniziali del nome della città, e servono quindi alla identificazione delle prime.

Ascoli fonde una piccola serie di pezzi (quattronce-semuncia) di peso ridotto, ma di sistema incerto (su di un asse di peso medio di gr. 97-85) coi tipi dell'A e segni del valore al dritto e il fulmine al rovescio.

Lucera ha fuso più serie complete di pezzi, librali e ridotte. Delle serie librali le une sono anepigrafi, le altre iscritte col nome di due magistrati: C. Modio Gr. f.; L. Pulio L. f.; le serie ridotte portano la iniziale L. Un'ultima serie ridotta, in parte fusa e in parte coniata (as-triens) porta i tipi romani della prora e l'iniziale L.

Venosa ha fuso due serie di nominali (teruncio-semioncia), librale e ridotta (peso medio dell'asse di gr. 119,66); con gli stessi tipi, la prima anepigrafe, la seconda iscritta col monogramma VE .

Umbria. - Qui non troviamo un proprio sistema di peso, ma le singole città che fondono moneta pesante, seguono l'influenza delle regioni vicine, cosicché, mentre Rimini è influenzata dal vicino Piceno e quindi adotta la libbra di gr. 379, Gubbio, influenzata dalla più vicina Etruria, adotta la libbra pesante etrusca di gr. 304,66; solo Todi fonde sulla libbra umbra di gr. 255,82.

Rimini (Ariminum) fonde nominali anepigrafi librali dal quincunce alla mezza oncia con al dritto il tipo caratteristico (tav. CIV, 2) del Gallo Senone col torques al collo, e al rovescio rispettivamente lo scudo ovale, la spada e il suo fodero; il tridente; il delfino; il rostrum tridens; la conchiglia.

Gubbio (Iguvium) ha fuso due serie complete librali, la serie del sole e quella del cornucopia, cosìdette dai tipi che si ripetono uguali sui due nominali maggiori, l'asse e il semisse.

Tutti i nominali portano i segni del valore e, fuorché i due inferiori, il nome della città. Tipi della prima serie sono: astro solare-crescente lunare (asse, semisse); ruota a quattro raggi-ruota a tre raggi (triente, quadrante); foglia di palma-segni del valore (sestante, oncia). Tipi della seconda serie sono: elmo corinzio-cornucopia (asse, semisse); tenaglie-cornucopia (tiente, quadrante): grappolo-cornucopia (sestante, oncia).

Todi (Tuder) ha fuso anch'essa due serie, librale e semilibrale, dall'asse all'oncia, i cui nominali portano iscritti, oltre i segni del valore, anche il nome della città in varia forma: Tu, Tute, Tuted, Tutede. I tipi per le due serie sono: aquila e cornucopia; cane dormiente e lira; mano col cesto e due mazze; rana e àncora; cicala e tridente; bicchiere e punta di lancia.

Si appone ancóra con incertezza all'Umbria, o anche all'Etruria, una serie anepigrafe fusa sulla libbra etrusca di gr. 151,60, i cui nominali (asse-oncia) hanno forma ovale e oltre il segno del valore mostrano il tipo della mazza.

Picenum. - Il Piceno possiede la serie librale più ricca di emissioni e più nota dopo le serie romane ed etrusche, che si compone di tutti i nominali, dall'asse alla mezza oncia, ed è basata sulla libbra di gr. 379 con divisione decimale. Fusi in Atri (Hatria), i singoli nominali, oltre i segni del valore, portano la leggenda Hat. L'asse ha l'effigie del Sileno e il cane dormiente, ed è noto in almeno 11 varianti (tav. CIV, 1); il quincunce ha la testa femminile uscente da conchiglia e il pegaso; il quattrunce, la testa maschile e il cantharos; il teruncio, il pesce raia e il delfino; il biunce, il galletto e la scarpa; l'oncia, l'àncora e la leggenda; la semioncia, H. e As.

Fem10 (Firmum) fonde due soli nominali inferiori dell'asse iscritti Fir, di sistema incerto.

Si conoscono ancora: una piccola serie librale (libbra di gr. 379) dei Vestini, di quattro nominali (teruncio-semioncia) con tipi speciali iscritti Ves; un asse librale coi tipi della testa maschile e l'aquila su pesce, inscritto R, di Reate dei Sabini (tavola CIV, 4); un sestante di Carsioli degli Equi; e inoltre una numerosa serie librale composta dei più varî nominali, anepigrafi, e coi tipi più varî, di provenienza ignota e di zecche incertissime, ancóra da studiarsi.

Bibl.: Th. Mommsen-Duc de Blacas, Hist. de la monnaie rom., I, 1865; G. Marchi e S. Tessieri, L'aes grave del Museo Kircheriano, Roma 1839; R. Garrucci, Le monete dell'Italia antica, Roma 1880, I, monete fuse; L. A. Milani, Aes rude, signatùm e grave rinvenuto alla Bruna presso Spoleto, in Riv. it. numism., 1891, p. 27 segg.; E. J. Haeberlin, Zum corpus nummorum aeris gravis, in Berliner Münzblätter, 1905; trad. in Riv. it. numism., 1906, p. 67 segg.; id., Aes grave, Francoforte sul M. 1911 (testo e atlante); K. Regling, Zum älter. it u. röm. Münzwesen, in Klio, Beiträge, 1907, p. 489 segg.; S. L. Cesano, Il medagliere dell'ex Museo Kircheriano, I, monete fuse, in Atti e mem. Ist. it. numism., II (1915), p. 49 segg.; id., Della circolazione dell'aes grave in Italia, ibid., I (1913), p. 47 segg.

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