Adriano I

Enciclopedia Dantesca (1970)

Adriano I

Simonetta Saffiotti Bernardi

Pontefice romano vissuto nel secolo VIII; salì infatti al soglio pontificio il 9 febbraio 772. Il suo pontificato coincise con un periodo particolarmente travagliato nella storia della penisola italiana: il regno longobardo volgeva al suo tramonto, incalzato dalla nascente potenza franca, e l'Impero di Bisanzio aveva, soprattutto nei confronti delle regioni occidentali, un'autorità e una consistenza solo teorica. In queste contigenze A. si trovò necessariamente inserito nella sfera politica franca; e da lui Carlomagno ottenne quell'impronta di sacralità che costituì il germe della creazione del Sacro Romano Impero. Per i sostenitori della teocrazia papale quindi egli operò la " traslatio Imperii a Graecis in Francos " come è chiaramente esposto in Tolomeo da Lucca (De Regimine principum III 18): " Adrianus... Imperium in personam magnifici principis Caroli a Graecis transtulit in Germanos ". A. quindi di sua libera e spontanea iniziativa avrebbe investito di quell'autorità imperiale propria per tradizione dell'imperatore romano che aveva oramai sede in Bisanzio, un nuovo re, barbaro, al quale lo legavano gli stessi intendimenti politici. Questa interpretazione teocratica dell'operato di A. è accettata, logicamente come negativa, dallo stesso D. (Adrianus papa Carolum Magnum sibi et Ecclesiae advocavit ob iniuriam Longobardorum... Carolus ab eo recepit Imperii dignitatem non obstante quod Michael imperabat apud Costantinopolim, Mn III X 18), il quale la controbatte immediatamente: Et ad hoc infringendam dico quod nichil dicunt: usurpatio enim iuris non facit ius, mettendo subito in evidenza che Nam si sic, eodem modo auctoritas Ecclesiae probaretur dependere ab Imperatore, postquam Octo imperator Leonem papam restituit et Benedictum deposuit, X 20).

Ma indipendentemente da qualsiasi posizione teorica in favore o contro la supremazia del potere spirituale nei confronti del temporale, bisogna porre in evidenza come il racconto di Tolomeo da Lucca, e di conseguenza l'interpretazione che ne dà D., non rispettano la realtà degli avvenimenti storici: a parte vistosi errori quale quello del nome dell'imperatore di Bisanzio che all'epoca di A. non era Michele bensì Costantino vi (prima affiancato dal fratello Leone IV, poi sotto la tutela della madre Irene), l'attribuire l'incoronazione di Carlomagno ad A. è del tutto inesatto: il papa battezzò e unse re d'Italia il figlio di questi Pipino, ma la cerimonia dell'incoronazione avvenne ben 4 anni dopo la sua morte ad opera del successore Leone III. Soprattutto, poi, l'interpretazione degli avvenimenti è forzata da una tesi che per i sostenitori della teoria teocratica consiste nel trovare nella politica di A. una volontarietà tesa a dimostrare la supremazia papale nelle cose temporali e quindi la libertà del papa nel disporre dell'autorità imperiale secondo i propri intendimenti, mentre da parte di D. troviamo un'accettazione integrale di questa interpretazione allo scopo di ribatterla secondo la propria teoria.

Ma una visione completa e chiara degli avvenimenti dell'epoca ci mostra come la situazione contingente condizionò fortemente l'azione politica di Adriano. Trovatosi già dal momento immediatamente successivo alla sua elezione a combattere nella stessa curia i soprusi della fazione filolongobarda che minacciava l'autorità temporale del pontefice fin dal tempo di Paolo I (757-767), i suoi rapporti con Desiderio entrarono subito in una fase critica. Il re infatti, allo scopo di impadronirsi degli ultimi domini imperiali in Italia, cercava di coinvolgere nella sua politica A., creando dei contrasti fra questi e Carlomagno; ma trovando resistenze da parte del pontefice, il quale condizionava ogni accordo alla effettiva cessione alla Chiesa dei beni già promessi dallo stesso re al papa Stefano III, assunse subito un atteggiamento minaccioso nei confronti di Roma. Il papa, non potendo fidare in un valido aiuto dell'Impero, si rivolse a Carlomagno solo quando la situazione non gli lasciò altra alternativa; tuttavia si preoccupò di trovarsi nei confronti del re franco in una posizione di assoluta autonomia politica e amministrativa: a questo scopo approfittò della lotta tra i due re per consolidare la sfera d'influenza del papato nell'Italia centrale, in modo da far assumere al potere temporale della Chiesa un carattere di validità e indipendenza che prescindeva da qualsiasi partecipazione o consenso di Carlomagno. Ma questi volle regolare personalmente con il papa l'assetto dei domini tolti ai Longobardi, e a questo scopo, recatosi a Roma nel 774, rilasciò ad A. una " promissa donationis " che sembrò veramente appagare nella maniera più completa ogni aspirazione autonomistica del papa. Ma la realtà dei fatti si rivelò tutt'altra: Carlomagno infatti, forte del titolo di " rex Longobardorum " rinonosciutogli in quell'occasione da A., in due successivi convegni (781, 787) ridusse sensibilmente i territori ceduti: in definitiva quindi la " donatio " rimase sempre una teoria, in quanto l'area sotto l'effettivo dominio del papa rimase in sostanza quella già rivendicata anni prima da Stefano II. Da questo momento tuttavia l'azione politica del papato si svolse nell'ambito della sovranità franca, ma non si può parlare di dipendenza di un'autorità dall'altra: fra i due poteri infatti si instaurò una sorta di equilibrio che s'imperniava nel titolo di " patricius Romanorum " conferito dal papa a Carlomagno. Questo titolo, di origine non franca, ma imperiale, offrì al re il motivo di attribuirsi dei compiti di vigilanza sui territori dell'Impero passati sotto il dominio della Chiesa; il papa, da parte sua, non contrastò mai questi poteri che erano già propri degli Esarchi.

Per A. fu una scelta necessaria l'inserire il suo dominio temporale nell'orbita franca e nello stesso tempo attribuire a questo re i crismi di una sacralità che portarono necessariamente all'incoronazione del 799, giacché questa era l'unica strada che gli si apriva per tutelare la piena indipendenza dell'ortodossia cristiana di fronte all'eterodossia bizantina e alle nuove forze politiche che si andavano affermando. La morte di A. (26 dic. 795) ruppe questo equilibrio, e il papato, nonostante qualche tentativo di resistenza, fu sempre più inserito nell'ambito del nuovo Impero, fin quando la situazione precipiterà nelle lotte per le investiture.

Bibl. - Per un completo quadro biografico di A. e un compendio sulle fonti e la bibliografia relativa, si veda l'ottima voce di O. Bertolini, in Dizion. biogr. degli Ital. I (1960) 312-323. Per quanto riguarda i rapporti fra A. e D.: D.A., Monarchia, a c. di G. Vinay, Firenze 1950, ad l.; M. Maccarrone, Il terzo libro della "Monarchia", in " Studi d. " XXXIII (1955) 5-142 (partic. 86-91); B. Nardi, Dal Convivio alla Commedia, Roma 1960, 258.

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