VENTURI, Adolfo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 98 (2020)

VENTURI, Adolfo

Marco Cavenago

– Nacque a Modena il 4 settembre 1856, terzogenito di Gaetano (Castelvetro 1820-Modena 1892) e di Maria Barbieri (Modena 1828-1902).

Il padre, decoratore e stuccatore, gli trasmise quell’indole artistica che ne giustificò la frequenza, dal 1872, dei corsi di decorazione dell’Accademia di belle arti della città estense, dove vinse un secondo premio per l’ornato. L’attività paterna fu ereditata dal secondogenito Amilcare (Modena 1858-1898), scagliolista. Il primogenito Giuseppe, invece, intraprese la carriera militare, distinguendosi durante la Grande Guerra. Due fratelli minori furono Enrico ed Ettore.

Tra il 1875 e il 1877 Adolfo, al termine del percorso di studi, conseguì i diplomi di perito commerciale e ragioniere, cui aggiunse l’abilitazione all’insegnamento della contabilità nelle scuole.

Mentre perfezionava questo iter formativo, specificamente mirato all’insegnamento scolastico, continuò a frequentare, però, l’ambiente culturale modenese, coltivando amicizie con gli artisti dell’Accademia e pubblicando sulla stampa cittadina alcune recensioni (1876-77). Conobbe il marchese Giuseppe Campori (1821-1887), già sindaco di Modena e studioso d’arte, presidente della Regia Deputazione di storia patria dal 1874: questi prese il giovane Adolfo sotto la sua protezione, sostenendone e indirizzandone i passi nel mondo degli studi storico-artistici. Anche i soggiorni fiorentini, nel corso degli anni Settanta, svolsero un ruolo determinante nella formazione intellettuale di Venturi, che nel capoluogo toscano trovò un contesto più stimolante e interlocutori come Pasquale Villari, docente all’Istituto di studi superiori e futuro ministro dell’Istruzione.

L’esordio di Venturi avvenne nel 1878, con un’agile pubblicazione (Le belle arti a Modena: osservazioni critiche, s.l.) che gli permise di vincere il concorso per ispettore alla galleria dell’Istituto di belle arti di Modena.

La prima e più rilevante impresa del nuovo funzionario fu la riorganizzazione della Galleria Estense (anche a seguito del suo trasferimento da palazzo ducale, destinato a sede dell’Accademia militare), cui si accompagnò la pubblicazione – in dispense quindicinali e poi in unico volume – di un corposo catalogo, La R. Galleria Estense in Modena (Modena 1883). L’opera, frutto di un minuzioso e inedito lavoro di indagine, ebbe il merito di porre per la prima volta a confronto i documenti, sparsi negli archivi locali e stranieri, con l’analisi delle opere d’arte. La catalogazione, condotta secondo moderni criteri scientifici, segnò un passo decisivo nell’ambito dell’editoria d’arte – sia dal punto di vista metodologico, sia da quello grafico – e si segnalò anche per la scelta di illustrare le opere con zincotipie tratte dai disegni eseguiti dagli artisti della locale Accademia. Nelle pubblicazioni successive, per contro, Venturi si affidò sempre più al nuovo mezzo fotografico.

Nominato ispettore presso la direzione generale dei Musei e delle Gallerie, Venturi entrò in servizio al ministero dell’Istruzione, a Roma, nel gennaio del 1888. In questa nuova veste di funzionario ministeriale si distinse – all’interno di un’amministrazione statale delle belle arti ancora in via di formazione – per lo spirito di iniziativa e il metodo scientifico già sperimentati negli anni modenesi. Al ministero trovò, quale suo superiore, Giovanni Battista Cavalcaselle, che aveva conosciuto a Modena nel 1884 e rivisto a Roma nel 1886.

L’arrivo a Roma fu preceduto dalla pubblicazione di un programmatico articolo, Per la storia dell’arte italiana (in Rivista storica italiana, IV (1887), 2, pp. 229-250), in cui egli, guardando a quanto avveniva in Francia e Germania, delineava i tratti di una nuova classe professionale (il funzionario-studioso delle belle arti), capace di conciliare lo studio dell’opera con quello dei documenti relativi, nonché altri punti, destinati a trovare attuazione negli anni seguenti: l’urgenza di provvedere a sistematici cataloghi del patrimonio artistico nazionale, provvedimenti su commercio e restauro e, infine, un organo di informazione periodica.

Appunto allo scopo di mettere in relazione tra loro gli addetti ai lavori, offrendo al tempo stesso uno strumento di approfondimento e aggiornamento professionale (sul tema degli inventari e dei cataloghi, del restauro e della tutela), Venturi fondò nel 1894 la rivista Le Gallerie nazionali Italiane. Notizie e documenti, che, pur con sole cinque annate pubblicate (al 1902), può ben essere considerata il diretto precedente del Bollettino d’arte (nato nel 1907).

Nel gennaio del 1888 era invece già comparso l’Archivio storico dell’arte, fondato da Domenico Gnoli (1838-1915), direttore della Biblioteca nazionale di Roma, il quale, accogliendo quanto proposto da Venturi nell’articolo del 1887, invitava lo storico dell’arte a partecipare all’impresa (cosa che questi fece sino al 1896). La rivista, ispirandosi a modelli europei, fu organizzata in quattro settori: saggi di carattere generale, cui seguivano sezioni dedicate ai documenti, all’arte contemporanea e alla sua cronaca, e alla bibliografia (con recensioni e segnalazioni).

Fra i compiti più rilevanti intrapresi dal funzionario Venturi fu certamente il catalogo delle opere d’arte diffuse sul territorio nazionale (già faticosamente impostato negli anni postunitari), per la cui compilazione – secondo linee guida e su schede modello da lui stesso elaborate (le future schede OA) – furono privilegiate figure di studiosi individuati sulla base di studi e competenze.

La relazione presentata nel 1889 al IV Congresso storico italiano di Firenze (In qual modo le Deputazioni e Società di storia patria possano venire in aiuto al R. Governo nella compilazione del Catalogo generale dei monumenti e degli oggetti d’arte del Regno, in Archivio storico taliano, s. 5, 1890, vol. 6, pp. 84-92) è illuminante dell’innovativa impostazione metodologica di Venturi, che fu favorevolmente accolta dall’uditorio. Nella stessa sede congressuale egli propose anche l’istituzione, nelle università italiane, di cattedre di storia dell’arte, in analogia a quanto già accadeva per l’archeologia. Conseguentemente ai propri intendimenti pedagogico-didattici, e perseguendo la volontà di un diverso sviluppo del proprio percorso professionale, Venturi ottenne quindi, nel 1889, la libera docenza di storia dell’arte alla Sapienza di Roma, grazie anche all’interessamento di Giosue Carducci.

Promosso vicedirettore di terza classe dei Musei e Gallerie del Regno e direttore nell’amministrazione provinciale dell’Arte antica (1891), Venturi poté anche esercitare un decisivo ruolo nell’assegnare la direzione dei neonati uffici regionali per la Conservazione dei monumenti (costituiti nel 1891 con la riforma del ministro Pasquale Villari, e antenati delle soprintendenze) e di alcuni importanti istituti museali, come nei casi di Giulio Cantalamessa alla Galleria Estense di Modena, Igino Benvenuto Supino al Museo nazionale del Bargello di Firenze, Corrado Ricci alla Galleria nazionale di Parma. Di fatto, nella prima metà degli anni Novanta Venturi svolse un ruolo – non istituzionalizzato – di «supervisore dell’amministrazione provinciale delle belle arti: ne deriveranno invidie e antipatie, ma anche l’opportunità di viaggiare moltissimo [...] e la possibilità di contrarre una straordinaria rete di conoscenze» (Agosti, 1996, p. 97).

Finalmente, nel 1896, Venturi si vide assegnato per decreto l’insegnamento di storia dell’arte nell’Ateneo romano, dove già agiva da libero docente dal 1889: il corso iniziò nell’anno accademico 1897-98. L’istanza dello storico dell’arte, caldeggiata da Villari, ebbe la meglio sulle perplessità determinate dal doppio incarico statale (funzionario ministeriale e professore universitario) derivante da questa nomina. Pochi mesi dopo alla Sapienza furono istituite borse di studio per il perfezionamento in storia dell’arte, destinate a formare i futuri funzionari dei musei. D’altro canto, il nuovo regolamento degli uffici regionali per la Conservazione dei monumenti (emanato nello stesso 1896) indicava quale titolo preferenziale nei concorsi per ispettore il diploma di archeologia o quello della scuola universitaria romana appena fondata e diretta dallo stesso Venturi, nella sua doppia (e ambigua) veste.

Per comprensibili ragioni di opportunità, quindi, nel giugno del 1898 Venturi fu nominato direttore della Galleria nazionale di arte antica - Palazzo Corsini, allontanando, così, dagli uffici centrali dell’amministrazione delle Belle arti un personaggio che, sino a quel momento, aveva goduto di un’amplissima libertà d’azione, ma la cui posizione all’interno della direzione generale era ormai avversata per vari motivi: i tanti viaggi in Italia e all’estero, i rapporti internazionali, il coinvolgimento con il mercato dell’arte, il crescente prestigio personale e, infine, la docenza universitaria.

Nel medesimo anno in cui assumeva la direzione di Palazzo Corsini, Venturi ricevette il testimone da Domenico Gnoli come guida dell’Archivio storico dell’arte. La rivista, sottoposta a un radicale ripensamento tanto nei contenuti quanto nella forma, fu quindi ribattezzata L’Arte e sotto questa nuova veste doveva rispondere, nelle intenzioni di Venturi, non più (o non solo) alle esigenze di funzionari ministeriali, ispettori periferici, direttori di musei e addetti ai lavori: i fascicoli delle Gallerie nazionali italiane e poi il Bollettino d’arte voluto da Corrado Ricci assolvevano degnamente tale compito. Piuttosto, il pubblico della rivista L’Arte erano i lettori colti e cosmopoliti, cui si offrivano corrispondenze nazionali e internazionali dal mondo dell’arte, notizie di aste, musei, attività di tutela e restauro, segnalazioni bibliografiche, senza dimenticare le proposte dell’arte contemporanea. Molti contributi provenivano dagli allievi di Venturi. Nel rinnovamento, considerevole attenzione fu prestata all’aspetto grafico, accattivante e in linea con il gusto di fine secolo: il pittore dannunziano Giuseppe Cellini ideò frontespizi modernisti, iniziali composite e altri elementi decorativi che dovevano richiamare l’attenzione del lettore e differenziare, anche dal punto di vista tipografico, i contributi offerti dalla rivista. Essenziale fu il ruolo rivestito dalle illustrazioni, abbondantemente impiegate a corredo dei testi: fotografie, disegni, fototipie, incisioni e così via.

Venturi ricorse ancora una volta a Cellini per un corposo e fortunatissimo libro sull’iconografia mariana (La Madonna. Svolgimento artistico delle rappresentazioni della Vergine), pubblicato dall’editore milanese Hoepli nel 1900 e presto tradotto in molte lingue. Pure i frontespizi di un’altra impresa editoriale venturiana uscirono dalle mani di Cellini: i primi volumi della Storia dell’arte italiana, il capolavoro di Venturi, che costituisce il lascito più importante della sua costante opera di promozione di un moderno sistema di studi storici sull’arte nazionale.

La Storia dell’arte italiana fu il primo manuale italiano di storia dell’arte, ineguagliato dal punto di vista della densità dei testi e della ricchezza degli apparati illustrativi (oltre diciottomila fotografie). Il primo volume (Dai primordi dell’arte cristiana al tempo di Giustiniano) uscì nel 1901 e assieme ad altri sei, inizialmente previsti, avrebbe dovuto comporre un profilo completo ed esaustivo dall’epoca paleocristiana fino al presente. Ben presto l’autore e l’editore Hoepli si resero conto che il progetto avrebbe travalicato i limiti originariamente imposti, sia per la lentezza di scrittura e composizione, sia per l’accuratezza dei testi (veri saggi, spesso frutto del lavoro degli allievi), sia per le moltissime immagini a corredo. L’opera si articolò in undici volumi (venticinque tomi), sino all’uscita dell’Architettura del Cinquecento (1940), mentre rimase in forma di bozza a causa della morte (1941) la scaletta del volume sull’architettura del Seicento. La storia dell’arte italiana offre il più compiuto esempio del metodo venturiano, messo a punto fra Modena, Firenze, Roma e i viaggi europei, e frutto delle esperienze condotte dall’autore fra musei e territorio, uffici ministeriali romani e aule universitarie.

La sintesi fu fornita dallo stesso Venturi con il motto «vedere e rivedere», ovvero «vedere direttamente; e rivedere controllare correggere impressioni e giudizi [...] considerare l’opera d’arte per sé ma portarla subito al paragone del complesso d’arte a cui fosse legata onde stabilirne il giusto posto nella scala dei valori d’arte: era un metodo in cui all’apprezzamento estetico si doveva strettamente accompagnare il criterio storico» (Pietro Toesca, 1931, cit. in Valeri, 2007, p. 639).

L’esperienza universitaria di Venturi conobbe nel 1901 una svolta decisiva. L’istituzione della cattedra di storia dell’arte, assegnatagli «per chiara fama», comportò l’obbligo di rinunciare alla direzione di Palazzo Corsini e di uscire definitivamente dai ruoli dell’amministrazione ministeriale. Allo stesso tempo, fu ufficialmente costituita la Scuola di perfezionamento per gli studi di storia dell’arte medievale e moderna, quale naturale proseguimento del corso universitario. La durata, inizialmente di due anni, fu poi elevata a tre (1904), prevedendo per l’ultima annualità un viaggio di studio tra le collezioni museali pubbliche e private all’estero: «il diploma, conseguito a seguito della relazione sul viaggio all’estero e della presentazione di una tesi, avrebbe costituito titolo necessario “per l’ammissione agli uffici scientifici delle RR. Gallerie”» (Valeri, 2007, p. 638).

La Scuola romana fu frequentata dai principali protagonisti della storia dell’arte italiana del Novecento: Federico Hermanin (primo borsista nel 1896), Ettore Modigliani, Pietro Toesca, Giulio Bariola, Roberto Longhi, Paolo D’Ancona, Antonio Muñoz, Gino Fogolari, Valerio Mariani, Giuseppe Fiocco, Wart Arslan, Eva Tea, Maria Accascina, Mario Salmi, Mary Pittaluga, Paola della Pergola, Giulio Carlo Argan, Carlo Ludovico Ragghianti, Cesare Brandi e tanti altri, fra i quali il figlio di Venturi, Lionello (v. la voce in questo Dizionario). Ad alcuni di essi furono assegnate le prime cattedre di storia dell’arte, istituite, sull’esempio romano, a Bologna, Firenze, Torino (Toesca nel 1907), Milano (D’Ancona nel 1908).

Altra occasione d’impiego per il numero crescente di allievi diplomati di Venturi furono i posti direttivi e ispettivi nei musei nazionali e nelle neonate soprintendenze, dove il prestigio accademico del docente, dal 1908 membro del Consiglio superiore delle Antichità e Belle arti, valse ad alcuni di loro l’affermazione nei concorsi per la Galleria Estense di Modena (Bariola), la Galleria nazionale d’arte antica di Roma (Hermanin), Brera (Modigliani), Venezia (Fogolari).

Alcuni anni prima di uscire dai ruoli attivi della Sapienza (1931) Venturi fu nominato senatore del Regno (1924), carica che si aggiunse alle onorificenze ricevute nel corso di una lunga e articolata carriera: cavaliere, commendatore e grande ufficiale della Corona d’Italia, cavaliere e ufficiale dei Ss. Maurizio e Lazzaro, cavaliere dell’Ordine civile di Savoia; nonché accademico di S. Luca, dell’Arcadia e dei Lincei, corrispondente dell’Académie des beaux-arts de l’Institut de France e membro dell’Accademia di Francia, membro della Società romana di storia patria, dell’Accademia Albertina di Torino, dell’Accademia delle scienze di Torino, dell’Accademia Pontaniana di Napoli e della Società Dalmata di storia patria.

Dal matrimonio (1880) con la concittadina Giovanna (Jenny) Zanni (Modena 1855-Roma 1940) nacquero Aldo, ingegnere morto di tifo in Libia durante la conquista italiana (Modena 1882-Tripoli 1912), e Lionello, che seguì le orme del padre. In seconde nozze Venturi sposò la sua ex allieva e segretaria Maria Perotti (Voghera 1884-Baiso 1973), cui aveva dedicato le Memorie autobiografiche (Milano 1927).

Morì il 10 giugno 1941 all’hotel Imperiale di Santa Margherita Ligure, dove risiedeva da due anni, e i solenni funerali si tennero in S. Maria degli Angeli a Roma.

I materiali archivisti dello studioso furono donati nel 1984 da Ada Canali Venturi (figlia di Aldo) alla Scuola normale superiore di Pisa, mentre la biblioteca era stata donata nel 1942 dal figlio Lionello all’Istituto centrale per il restauro di Roma. L’eccezionalità della figura di Venturi, la cui esistenza fu interamente e lucidamente votata alla fondazione di una storia dell’arte nazionale – due ulteriori meriti su tutti: il Congresso internazionale di storia dell’arte di Roma nel 1912 (per la prima volta fuori dai Paesi originari della Kunstwissenschaft) e l’introduzione dell’insegnamento della storia dell’arte nei licei, avvenuta con la riforma Gentile (1923) – è testimoniata, in ultimo, da una sterminata bibliografia (oltre milletrecento titoli: Adolfo Venturi. La bibliografia, 1876-1941, 2006).

Fonti e Bibl.: Archivio di Adolfo Venturi, a cura di G. Agosti: 1. Introduzione al carteggio 1876-1908, Pisa 1990, 2. Elenco dei corrispondenti, 1991, 3. Introduzione al carteggio 1909-1941, 1992, 4. Incontri venturiani: 22 gennaio e 11 giugno 1991, 1995.

La Storia dell’arte italiana: discorso letto dal prof. A. V. per la solenne inaugurazione dell’anno scolastico 1904-1905 nella R. Università di Roma, Roma 1905; A. V., festeggiandosi il 15 novembre 1923 il giubileo del suo insegnamento nella R. Università degli Studi di Roma, introduzione di P. Toesca, bibl. degli scritti a cura di S. Ortolani, in Bollettino del Reale Istituto di archeologia e storia dell’arte, II (1923), pp. 6-23; A. Venturi, Memorie autobiografiche, Milano 1927; B. Serra, Archivio storico dell’arte (1888-1897) e L’Arte (1898-1927). Indice generale dei quarantadue volumi, Roma 1930; S. Samek Ludovici, Storici, teorici e critici delle arti figurative (1800-1940), in Enciclopedia biografica e bibliografica italiana, s. 4, Roma 1940, pp. 360-373; P. Toesca, A. V.: commemorazione tenuta il 21 novembre 1941-XX nella Reale Accademia d’Italia, in Rendiconti della Reale Accademia d’Italia, cl. di scienze morali e storiche, s. 7, III (1941), pp. 118-124; Id., A. V.: commemorazione tenuta il 4 maggio 1942 al Reale Istituto d’archeologia e storia dell’arte, Roma 1942; Bibliografia di A. V., in L’Arte, n.s., XVI (1944-1946), pp. 25-102; G.C. Argan, Prefazione, in A. Venturi, Epoche e maestri dell’arte italiana, Torino 1956, pp. XV-XXVI; M. Salmi, A. V. nel centenario della nascita, in Commentari, VII (1956), pp. 219-227; Celebrazioni venturiane nel centenario della nascita di A. V. (1856-1956) (catal.), Modena 1957; S. Samek Ludovici, Motivi perenni dell’opera di A. V., in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi, s. 8, X (1958), pp. 165-169; Nuovi indici generali e note di aggiornamento alla Storia dell’arte italiana di A. V., a cura di F. Rossetti - S. Rossetti, Milano 1988; A. Venturi, Vedere e rivedere. Pagine sulla storia dell’arte, 1892-1927, a cura di G.C. Sciolla - M. Frascione, Torino 1990; A. V. e l’insegnamento della storia dell’arte (catal.), Roma 1992; Gli anni modenesi di A. V., Atti del Convegno... 1990, Modena 1994; G. Agosti, La nascita della storia dell’arte in Italia. A. V. dal museo all’università, 1880-1940, Venezia 1996; S. Rossi, La scuola di storia dell’arte, in Le grandi scuole della Facoltà, Atti del Convegno... 1994, a cura di E. Paratore, Roma 1996, pp. 337-381; A. V. e l’insegnamento della storia dell’arte, Atti del Convegno... 1992, a cura di S. Valeri, Roma 1996; L’Archivio storico dell’arte e le origini della Kunstwissenschaft in Italia, a cura di G.C. Sciolla - F. Varallo, Alessandria 1999; S. Valeri, A. V. e l’editoria per l’arte tra decoratori, fotografi e pittori, in Storia dell’arte, 2002, n. 103, pp. 67-82; Id., A. V. e gli studi sull’arte, Roma 2006; A. V. La bibliografia, 1876-1941, a cura di S. Valeri, Roma 2006; Caro e venerato maestro: lettere di Anna Maria Brizio ad A. V. (1924-1940), a cura di R. Rivabella - A.M. Bisio, Sale 2006; S. Valeri, V., A., in Dizionario biografico dei soprintendenti storici dell’arte (1904-1974), Bologna 2007, pp. 634-642; AV. Attualità e memoria in A. V., Atti del Convegno... 2006, Modena 2008; A. V. e la storia dell’arte oggi, Atti del Convegno, Roma... 2006, a cura di M. D’Onofrio, Modena 2008; L. Lorizzo, Roberto Longhi “romano” (1912-1914): gli anni alla Scuola di perfezionamento di A. V. e un’inedita relazione di viaggio, in Storia dell’arte, 2010, n. 125-126, pp. 183-208; L. Lorizzo - A. Amendola, Vedere e rivedere e potendo godere: allievi di A. V. in viaggio tra l’Italia e l’Europa, 1900-1925, Roma 2014; S. Valeri, Lungo le vie del giudizio nell’arte. I materiali dell’Archivio di L. V. nella Sapienza Università di Roma, Roma 2015 (con tav. genealogica); La fototeca di A. V. alla Sapienza, a cura di I. Schiaffini, Roma 2018. Si veda inoltre il film documentario A. V.: arte, storia, passione, di G. Guido, 2006.

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