ADDOME

Enciclopedia Italiana (1929)

ADDOME (lat. abdomen, abdomĭnis; sinonimo ital. del linguaggio volgare ventre, pancia; fr. abdomen; sp. vientre; ted. Unterleib; ingl. belly)

Luigi CASTALDI
Mario DONATI

È la parte inferiore del tronco, contenente nell'uomo la maggior parte dell'apparato digerente e dell'apparato urogenitale. Gli organi relativi sono posti in una cavità (cavità addominale) separata in alto, per mezzo del diaframma, da quella toracica, ma che in basso si continua senza limiti con la cavità del bacino. Quindi se all'esame esterno l'addome appare delimitato fra il margine costale e il bacino, in realtà nell'interno esiste un'unica ampia cavità addominopelvica, e varî visceri sono situati con una loro parte nell'una e con una loro parte nell'altra sottodivisione addominale e pelvica.

Tutto questo si riferisce all'adulto, ma nell'uomo stesso in alcuni periodi del suo sviluppo, e in altri vertebrati anche definitivamente, la cavità addominale è più o meno ampiamente aperta verso il torace. Infatti nella stessa ontogenesi umana il celoma, cioè la primitiva cavità dell'embrione, che in parte è contenuto entro il suo corpo, in parte fuori del corpo negli annessi embrionali, è inizialmente unico; poi si suddivide nella sua parte somatica per complicati processi in più cavità, cioè dà luogo alla cavità pericardica, che accoglie il cuore, e alle cavità pleuroperitoneali destra e sinistra. Dapprima la cavità pericardica comunica con la peritoneale mediante i canali pleurali destro e sinistro; poi questi canali si chiudono e scompare la comunicazione tanto con la cavità pericardica, mediante la formazione di una piega pleuropericardica, quanto con la cavità peritoneale. Infatti alla fine del 20 mese intrauterino si forma una piega pleuroperitoneale, che insieme con altre formazioni costituisce un sepimento tra cavità pleuriche e peritoneali, separandole nettamente. In questo sepimento si sviluppa il muscolo diaframma, che viene così a separare nell'uomo le cavità pleuriche e pericardica, rimaste nel cavo toracico, da quella peritoneale che rimane nel cavo addominale.

Questo processo e questa successiva separazione tra cavità toracica e addominale avviene anche negli altri Mammiferi, ed è di grande importanza per la completa esplicazione della respirazione polmonare.

Negli Uccelli erano stati descritti anzi due diaframmi; ma il Bertelli dimostrò che uno, posto fra cavità pleuriche e sacchi aeriferi, è il vero diaframma; mentre l'altro, ritenuto diaframma toraco-addominale, è un setto fra sacchi aeriferi e pericardio. Vi sono poi Vertebrati nei quali il diaframma è poco sviluppato e rappresentato da pieghe che non dividono completamente la cavità addominale dagli organi toracici (maggior parte dei Rettili e degli Anfibî), e finalmente in altri Vertebrati manca affatto (Pesci). In questi animali vi è quindi una comunicazione più o meno ampia tra cavo toracico e cavo addominale, o addirittura si tratta di una unica grande cavità splancnica che accoglie i visceri toracoaddominali; però, malgrado la mancanza di un tramezzo muscolare, i visceri risultano pur sempre divisi dalle sierose che li tappezzano. Comunque in questi animali si parla di addome (o di torace), in quanto si vuole designare dall'esterno per analogia con i vertebrati superiori la parte caudale del tronco, contenente il tratto caudale del tubo digerente con le grosse glandole digestive, e l'apparato urogenitale, ma con disposizioni topografiche non sempre analoghe a quelle dei vertebrati superiori.

E per analogia ancora più grossolana si dà il nome di addome anche in Invertebrati (Artropodi) alla parte caudale e rigonfiata del loro tronco, per quanto le interne disposizioni e architetture degli organi siano molto differenti da quelle dei vertebrati.

Nell'uomo le pareti addominali esterne formate da cute, sottocutaneo, larghi muscoli (obliquo esterno e interno, trasverso, retto, piramidale), con vasi e nervi, si distinguono in posteriori, che fan parte del dorso (lombi), e in antero-laterali. Quest'ultime si sogliono dividere artificialmente in più parti per comodità di descrizione. Se si tirano due linee trasversali l'una a livello della parte più bassa del margine costale, e l'altra della parte più alta delle creste iliache, si ottengono tre zone, dette dall'alto in basso: epigastrio, mesogastrio, ipogastrio (fig. 1). L'epigastrio esternamente sembra nelle parti laterali appartenere al torace, ma nell'interno appartiene al cavo addominale, perché la cupola diaframmatica convessa in alto, sporge centralmente verso il torace, il quale invece superficialmente si porta più in basso seguendo le arcate costali. Dividendo a loro volta le dette tre zone con due linee tirate dall'alto al basso, dall'apice della 10a costa al tubercolo pubico di ciascun lato, risultano tre regioni per ognuna, cioè nella prima due regioni ipocondriache, destra e sinistra, e nel centro una epigastrica propriamente detta; nella seconda due regioni addominali laterali e una centrale ombelicale; nella inferiore due regioni inguinali e una pubica mediana.

Tanto le pareti addominali dal lato che guarda verso la cavità, quanto gli organi contenuti nella cavità stessa sono tappezzati dal peritoneo. Aperto l'addome, si trova in un primo piano, dall'alto al basso, da destra a sinistra, il fegato e lo stomaco con la parte terminale dell'esofago; la milza; più in basso la massa dell'intestino tenue (più particolarmente quello mesenteriale) ricoperta in parte dal grande omento, e incorniciata su tre lati dall'intestino crasso, (cieco e colon); ancora più in basso fa sporgenza la vescica urinaria. In un secondo piano, tolto l'intestino, si presentano le glandole surrenali, i reni, gli ureteri, e dietro lo stomaco il pancreas; sulla colonna vertebrale l'aorta, la vena cava inferiore, il dotto toracico, la catena del simpatico, plessi nervosi, ecc. Varî organi del sistema genitale (vescichette seminali, prostata nel maschio; utero e ovaia, tromba uterina nella femmina), oltre che l'uretra e il retto, si trovano nella cavità pelvica facente seguito a quella addominale. Tra questi organi sono tesi legamenti peritoneali e corrono arterie e nervi diretti ai visceri medesimi, e vene e linfatici che partono da essi.

Nei primi tempi dello sviluppo, le pareti di quello che diverrà l'addome non sono chiuse. Esse si formano come pieghe, che, largamente aperte, vengono a poco a poco a convergere avvicinandosi a quell'area embrionale che è detta ombelicale, corrispondente all'incirca al centro della faccia ventrale del corpo. Qui il prodotto del concepimento è congiunto mediante il cordone o funicolo ombelicale alla placenta, da cui riceve nutrimento e alla quale scarica i suoi prodotti di rifiuto. L'incontro totale delle pieghe che costituiscono le pareti lateroventrali del tronco avverrà solo alla nascita, quando, separandosi il neonato dai suoi annessi (funicolo ombelicale, placenta), si chiude perfettamente, mediante una cicatrice, l'ombelico. Talvolta questo processo di chiusura può ritardare o addirittura arrestarsi, e allora il prodotto del concepimento può presentarsi alla nascita con le pareti addominali più o meno aperte in avanti, cioè con una vera e propria eventrazione che lascia scoperta una parte maggiore o minore di quel primo strato viscerale sopra ricordato; o con una più piccola soluzione di continuità (ernia ombelicale).

Nella cavità addominale, nei primi tempi dello sviluppo, i visceri sono disposti diversamente da quella che sarà la loro posizione definitiva sopra accennata. Da principio cioè, non solo nell'addome in formazione, ma in tutto l'organismo esiste ma simmetria molto più spiccata che in seguito. Anzi se consideriamo l'uovo, troviamo che nelle fasi iniziali l'organismo, ancora semplice nelle forme apparenti, è costruito attorno ad un piano di simmetria perfetto. Nell'evoluzione successiva dei varî organi, cambia la sede di molti, talché nell'uomo completamente sviluppato troviamo asimmetrie discrete nelle forme esterne (per esempio, differenze negli arti dei due lati: v. artco), e notevolissime nella disposizione dei visceri interni. Non solo i visceri impari sono in ultimo posti generalmente a destra o a sinistra del piano di simmetria somatico, ma gli stessi organi pari presentano differenze di forma e di sede nei due lati. Questo fenomeno generale si ripete anche nell'addome.

Infatti dapprima troviamo nell'uomo una disposizione come nella fig. 2. Il complesso apparato legamentoso peritoneale definitivo è allora invece una lamina unica, disposta sagittalmente sul piano anteroposteriore medisno dall'avanti all'indietro (nella fig. 2A è appunto rappresentato visto di lato), e tra i suoi foglietti, oltre che esser collocati lo stomaco e l'intestino, si sono sviluppati il fegato (f), il pancreas (p), la milza (m). Anche questi visceri sono allora sul piano mediano. Ma poi cominciano mutamenti di sede di queste parti, le quali van subendo modificazioni di grandezza e di forma, talché debbono spostarsi per trovarsi ciascuna una sede adatta. Nelle figure 2B e 2C (vedute dall'avanti) sono indicate schematicamente alcune modificazioni di forma e di posizione dell'intestino. Esso forma dapprima un'unica ansa sul piano anteroposteriore del corpo, e dall'apice di quest'ansa parte un canale (canale vitellino) che lo fa comunicare col sacco vitellino, di poi non solo si differenzia in intestino tenue e crasso, ma ruota disponendosi il crasso a cornice su un piano frontale da destra a sinistra, mentre il tenue rimane con la sua maggior parte compreso a matassa dentro questa cornice. Il canale vitellino si oblitera, ma talvolta ne può rimanere pervio il tratto prossimale sotto forma di diverticolo di Meckel. Anche lo stomaco, prima in posizione mediana anteroposteriore, si porta soprattutto nell'ipocondrio sinistro, in modo che il margine dorsale (grande curvatura) si collocherà in avanti e a sinistra, il margine anteriore o ventrale (piccola curvatura) si porrà in dietro e a destra. Il fegato troverà ricetto soprattutto nell'ipocondrio destro, la milza nel sinistro, il pancreas rimarrà dietro lo stomaco addossato alla colonna vertebrale, ma prevalentemente a sinistra dell'asse di simmetria.

Orbene, questi spostamenti possono non avvenire, oppure avvenire in modo abnorme, onde posizioni diverse definitive dei varî visceri addominali. Assai più frequenti che per il fegato, il pancreas e la milza, sono le posizioni abnormi dell'intestino, e si comprende, dati i complessi movimenti che esso subisce durante queste modificazioni di sede, oltreché per la sua maggior plasticità e mobilità. Frequenti quindi sono le disposizioni irregolari, non solo delle anse del tenue (anzi gli antichi non attribuivano loro nemmeno una disposizione fissa, che in realtà però hanno), ma del crasso, compreso il suo tratto iniziale, il cieco, onde essendo a quest'ultimo legata l'appendice vermiforme, anch'essa può dunque risentire di questi sviluppi anormali, e avere sede diversa. Talvolta le differenze consistono nell'essere più elevata verso il diaframma o più bassa verso il bacino la posizione dei varî segmenti intestinali (per es. del colon trasverso, del cieco e appendice, ecc.), ma altre volte possono essersi verificati arresti del movimento dal primitivo piano di simmetria mediano, e quindi essere le parti meno a destra o rispettivamente meno a sinistra della loro posizione ultima consueta.

Altre volte ancora dal primitivo piano mediano i movimenti complessivi viscerali si compiono totalmente, ma in senso opposto a quello consueto. Ciò può colpire uno solo o pochi visceri addominali; ma può anche colpirli tutti, e contemporaneamente anche quelli del torace, per modo che ne derivano individui col cuore a destra, il fegato a sinistra, ecc. si parla allora di un situs viscerum inversus, che può essere parziale o totale.

L'individuo che ha tutti i suoi visceri ben conformati, ma disposti in modo opposto al consueto, vive ottimamente, tanto da passare completamente inosservato, se non viene visitato per cause accidentali (leva militare, malattie intercorrenti). Piuttosto può turbare di più la funzionalità la posizione abnorme di uno o di pochi visceri, che quella totale rispetto al piano di simmetria; e si comprende, perché allora i visceri, singolarmente spostati, possono essere abnormi anche di forma o di struttura, o, se pure ben conformati, spostamenti singoli possono influire sulla funzione. Tuttavia casi di simili spostamenti (per es. ectopie congenite) possono rimanere completamente inosservati, anche al medico, ed essere riconosciuti solo alla necroscopia.

Si è accennato che anche in organi pari addominali (e lo stesso per i toracici e endocranici) si possono aver differenze di forma e di posizione nei due lati. Tale è il caso dei due reni umani: il destro è generalmente più basso del sinistro. Verosimilmente intervengono anche in ciò i rapporti topografici tra i visceri: il fegato con la sua massa fa abbassare il rene che gli sta sotto. Anche rapporti vascolari possono però avere qui la loro influenza. Per esempio può accadere che un rene si formi in un'altra sede di quella consueta (ectopia renale congenita); allora il suo peduncolo vascolare non muove dalla sede consueta dell'aorta e della vena cava inferiore, ma da grossi vasi che stan vicini alla nuova sede del rene; e le glandole soprarenali, che hanno di norma rapporti solo topografici, non mai genetici né funzionali col rene, rimangono in questo caso nella loro sede, e non seguono il rene ectopico.

I legamenti peritoneali dei visceri addominali, comunque questi siano disposti, hanno un'essenziale importanza per il mantenimento della loro posizione; essi non solo impediscono loro eccessive escursioni, ma sono destinati localmente a determinate funzioni nella statica e meccanica del movimento dei visceri. L'alto peso specifico dei visceri parenchimatosi in confronto alle anse intestinali, e il moto di ritorno della peristalsi hanno importanza nel trasporto del contenuto intestinale (Vogt).

Ancora durante i primi anni della vita postnatale l'addome presenta successive modificazioni di forma e di volume: soprattutto nell'infante esso è, relativamente alla mole corporea, più voluminoso e prominente che in seguito. Ciò dipende da due cause: la grandezza del fegato, maggiore relativamente alla mole corporea di quanto sarà in seguito; la piccolezza del bacino, che non può contenere ancora quella parte dei visceri addominali che vi saranno accolti più tardi.

Anche a crescenza terminata sono assai diverse le forme che può assumere l'addome, il quale, avendo pareti anterolaterali prive di pezzi scheletrici, si adatta alle dimensioni del suo contenuto. Non solo se ne hanno variazioni secondo che l'individuo è più o meno adiposo fino all'obesità, ma perfino nel corso della giornata, secondo la ripienezza del suo apparato gastro-intestinale, la quale varia secondo anche il genere dell'alimentazione. Non parliamo poi di particolari aspetti prodotti da stati morbosi, che conducono fino ad un ventre convesso o prominente (tumori, ascite, ecc.), o viceversa depresso o a barca (lunghe malattie, oppure meningite, colera, ecc.).

Altre differenze dipendono dal sesso. La donna, per le necessità della sua vita sessuale, ha un bacino più largo, per darvi ricetto al prodotto del concepimento, onde l'addome è più largo in basso che in alto, viceversa che nell'uomo; inoltre il grasso delle pareti addominali vi è in generale più regolarmente depositato. Particolari differenze di forma si costituiscono via via nell'addome femminile durante la serie dei mesi della gravidanza; della distensione allora subìta dalle pareti addominali rimangono tracce nella flaccidità del ventre, tanto maggiore quanto più alto fu il numero delle gravidanze, e nelle sbrigliature cutanee (strie della gravidanza).

Alcuni degli stessi visceri hanno internamente posizioni diverse nella donna per le sue necessità sessuali, oltreché la presenza in essa di visceri mancanti nel maschio (utero, ovaia, trombe, legamenti annessi) crea rapporti topografici diversi. Lo stesso muscolo-diaframma funziona meno energicamente nella donna per non comprimere troppo il contenuto del suo cavo addominale, e quindi i prodotti del concepimento; la respirazione prevalentemente diaframmatica del maschio, è prevalentemente toracica nella femmina.

Altre differenze ancora di forma dell'addome si hanno nelle diverse razze, in alcune delle quali l'addome è più snello, elegante e sottile, in altre più grossolano, largo e prominente. Ma queste differenze dipendono non dalle razze per sé stesse, ma soprattutto dal diverso tipo morfologico costituzionale. Poiché in ciascun popolo di ciascuna razza predomina numericamente ora un tipo costituzionale, ora l'altro, sembra che in esse predominino l'una o l'altra forma di addome. In realtà le forme dell'addome dipendono dal suo contenuto, e questo essendo diverso nei varî tipi costituzionali, le forme sono diverse secondo i tipi stessi. Nei brevilinei megalosplancnici, cioè individui tarchiati con grande massa viscerale, l'addome è più largo e più prominente che nei brevilinei microsplancnici, cioè individui snelli, con piccola massa viscerale. Studî statistici di Castaldi e Vannucci hanno dimostrato che i visceri addominali hanno una mole tanto maggiore quanto più prevale la grandezza addominale totale su quella toracica. Il De Giovanni fece una categoria speciale di questi individui con addome prevalente sul torace (terza combinazione del De Giovanni). In essi il fegato, la milza, i reni, l'ovaia sono più pesanti che negli altri individui; viceversa il cuore e i polmoni sono più sviluppati in coloro nei quali il torace predomina sull'addome (seconda combinazione del De Giovanni).

Tra i visceri addominali, oltre che rapporti spaziali, esistono relazioni di grandezza e relazioni funzionali; anzi anche quelle di grandezza possono dipendere da cause funzionali. Così tra fegato e milza, intercedendo fra essi numerosi rapporti funzionali (nella digestione e nel rinnovamento del sangue) intercedono anche rapporti di grandezza. Normalmente nell'adulto questo rapporto splenoepatico è di circa 9,6, cioè il peso della milza è la 9,6ª parte di quello del fegato; più alto è nei feti, più basso verso la pubertà (Castaldi). In condizioni morbose, per i legami vascolari tra milza e fegato che permettono scambî di prodotti morbosi o di agenti patogeni, si possono alterare tali rapporti di mole.

Altre volte però i rapporti di grandezza tra i visceri non dipendono da cause funzionali. Così dicasi del rapporto, cui si dette importanza in passato, tra grandezza del rene e delle glandole surrenali o surreni: nella vita fetale i surreni umani sono grandi quasi quanto i reni, mentre poi il rapporto va modificandosi, nel senso che i reni diventano assai più grandi. Dimostrato oggi che i reni e i surreni sono, oltre che geneticamente e vascolarmente, anche funzionalmente del tutto indipendenti, ciò non significa altro che i surreni crescono rapidamente nel feto, per poi crescere meno (anzi subiscono dopo la nascita una riduzione di volume), e che i reni crescono maggiormente più tardi. Il rapporto in questo caso è puramente apparente.

Anche sotto un altro punto di vista possono avere importanza tali rapporti di grandezza; per esempio tra i varî segmenti dell'apparato gastro-intestinale. Se questo nel principio dello sviluppo è pressoché uniforme, dall'orifizio buccale all'anale, di poi si modifica profondamente non solo nella forma e nella struttura delle pareti, ma nel calibro. A livello dello stomaco il primitivo tubo si dilata a sacco, dovendo i cibi soffermarvisi per essere ulteriormente sminuzzati e soprattutto impregnati di succhi digestivi. Nel tenue, destinato all'ulteriore digestione e specialmente all'assimilazione, la lunghezza del tubo aumenta la superficie assorbente, resa anche maggiore dalla presenza di pieghe e dai villi destinati all'assorbimento; d'altra parte la piccolezza del calibro facilita la progressione peristaltica del contenuto. Nel crasso invece occorrono meccanismi atti all'espulsione delle feci, ed esso è più corto e più dilatato. Ma una sua parte, che in principio ha calibro pressoché uguale a quello del resto del crasso, va riducendosi nella vita intrauterina di grandezza, pel fatto che cresce meno: essa è l'appendice vermiforme, ed appunto quest'ultimo rapporto di grandezza tra cieco e appendice è invocato come argomento valido da coloro che la ritengono un organo rudimentale.

Abbiamo accennato precedentemente a relazioni vascolari tra visceri addominali; queste sono molto importanti, non solo perché determinano rapporti genetici tra essi, ma per le relazioni funzionali, e anche dal punto di vista pratico perché spiegano la possibilità di correlazioni morbose.

L'estremità inferiore dell'esofago, lo stomaco, il duodeno, il pancreas, il fegato e la milza sono irrorati di sangue arterioso dallo stesso tronco vascolare, l'arteria celiaca. Durante la digestione, stomaco, duodeno, pancreas, fegato, hanno bisogno di una stretta correlazione funzionale; non solo necessita alle glandole gastriche e alle duodenali di creare un adatto ambiente chimico (acido le prime, alcalino le seconde) in cui sian digeriti i diversi componenti chimici degli alimenti, ma debbono prodursi speciali ormoni atti a stimolare la secrezione delle grosse glandole. A questi fenomeni di secrezione interna ed esterna presiede un'unica circolazione sanguigna. Più particolarmente dal sistema arterioso dello stomaco, che fornisce rami anche all'esofago, e concorre all'irrigazione del duodeno e del pancreas, partono le arterie dirette al fegato (arteria gastroepatica, che dà l'epatica) e alla milza (arteria gastrosplenica), le quali provvedono a nutrire gli elementi cellulari epatici e splenici perché possano compiere le loro peculiari funzioni. Anche l'esistenza di rapporti vascolari gastrosplenici è importante per l'influenza che la milza esercita sulla digestione operata dal succo gastrico. La parte invece dell'intestino tenue che opera l'assorbimento (intestino mesenteriale) è provveduta di sangue dall'arteria mesenterica superiore, la quale però dà anche rami che, in corrispondenza del pancreas e del duodeno, si anastomizzano con quelli provenienti dall'arteria celiaca; il crasso è fornito dalla mesenterica superiore e dalla mesenterica inferiore. Tutti questi vasi sanguigni delle pareti gastrointestinali sono di calibro relativamente considerevole, oltreché essere tutti anastomizzati in modo che anche se per compressione di alcuni, dovuta ai movimenti dell'intestino o al suo stato di replezione, dovessero momentaneamente occludersi, è assicurata ugualmente la regolarità della circolazione sanguigna.

Ancora più importanti sono le relazioni venose tra questi visceri deputati alle funzioni digestiva e dell'assorbimento. Il sangue venoso che refluisce dalle pareti della porzione sottodiaframmatica del canale alimentare, dal pancreas, dalla vescicola biliare e dalla milza, si raccoglie in un tronco venoso che non ha l'omologo nel sistema delle arterie, e che, col nome di vena porta, va al fegato. Così i materiali digeriti e che furono assorbiti dal sangue, debbono tutti passare poi dal fegato per un'ulteriore elaborazione, o per una cernita e successivo immagazzinamento di alcuni loro costituenti. Solo dopo aver circolato per il parenchima epatico, questo sangue sarà versato, per le vene sopraepatiche e la cava inferiore, nel circolo generale. Esistono, come valvole di sicurezza, vie di scarico dal fegato al circolo generale; come anche alcune vene porte accessorie, nelle quali il sangue può talvolta retrocedere, andando allora dal fegato alle pareti addominali. Quando sia ostacolato per cause patologiche il circolo epatico e il sangue prenda questa via, esse si vedono inturgidite sotto la cute, e, per la loro posizione speciale attorno all'ombelico, dànno allora quell'aspetto che è detto caput Medusae (v. cirrosi).

Le stesse vie sopraccennate che il sangue arterioso e il venoso percorrono mettendo in relazione i visceri riferiti, possono esser percorse da agenti patogeni, oppure da frammenti di tessuti alterati (tumori) e produrre così ripetiziom di malattie in organi a distanza, ma vascolarmente collegati.

Un legame importantissimo tra questi stessi visceri è inoltre quello nervoso. Le necessità di una collaborazione intima, e che può dover essere anche sincrona, tra queste parti deputate a svolgere ciascuna parzialmente, ma in cooperazione complessiva singoli atti della medesima funzione, sono ottimamente assicurate dalla solidarietà della innervazione. Sono molti i rami nervosi che arrivano a questi visceri, ma essi partono tutti dalle stesse sorgenti di comando, cioè dal simpatico e dal nervo vago, i cui rami formano varî plessi, il maggior numero dei quali sono plessi secondarî irradiati dal plesso celiaco o solare.

Lo sguardo d'insieme che abbiamo dato all'addome per quanto riguarda le pareti e il contenuto, e le considerazioni generali della funzione dei diversi organi, per l'importanza e la complessità dei medesimi, fa comprendere quanto numerose e diverse possano essere le affezioni morbose che si svolgono nell'addome. E siccome non sarebbe possibile, senza confusioni o senza lunghe digressioni, darne un cenno d'insieme, così rimandiamo alle singole voci (fegato, milza, pancreas, stomaco, rene, intestino, peritoneo, ecc.), per l'ulteriore sviluppo della trattazione.

Molte di queste affezioni sono soltanto di competenza medica, ma per molte altre la chirurgia, ha ottenuto risultati terapeutici importantissimi, specialmente dopo che le indagini diagnostiche sono state facilitate dai sussidî radiologici.

Chirurgia. - La chirurgia addominale ha fatto progressi giganteschi dopo la scoperta della antisepsi delle ferite, per opera del Bottini e, soprattutto, del Lister. Prima che il metodo antisettico venisse adottato, anche i maggiori ardimenti operatorî, determinati da necessità urgenti, quali ad esempio le ferite di visceri addominali, le occlusioni intestinali, tumori di eccessivo volume, ecc., erano destinati quasi sempre all'insuccesso. Ma poiché degli insuccessi non erano afferrabili i veri motivi, anche la chirurgia preantisettica, per opera di chirurghi arditi, spesso meritevoli della qualifica di pionieri, aveva osato intervenire, sia pure per indicazioni limitate, su quasi tutti i visceri addominall'spianando così la via ai fulminei progressi dell'epoca contemporanea, apparsi ai più come veri e proprî miracoli dell'arte salutare, senza alcun riscontro nella storia della chirurgia.

Invero, basta aprire un trattato di chirurgia ad esempio del sec. XVI, dell'epoca cioè nella quale ebbero nuovo e vigoroso impulso gli studî anatomici e chirurgici, un trattato della metà del sec. XIX, alla vigilia del rinnovamento chirurgico, ed infine un trattato della fine del secolo scorso o contemporaneo, per comprendere l'immenso divario fra le possibilità chirurgiche dei varî tempi e riconoscere la grande ampiezza dei limiti entro i quali si svolge l'opera attuale del chirurgo nelle lesioni traumatiche e nelle affezioni dei visceri addominali. Nell'opera chirurgica di Ambrogio Paré, in quelle di Fabrici d'Acquapendente, di Gabriele Falloppio, per dire soltanto di taluna delle maggiori, e piû tardi nella Cirugia universale e perfetta di Giovanni Andrea Dalla Croce, o nel De rara medicatione vulnerum di Cesare Magati non troviamo che notizie sul trattamento delle ferite, delle ernie soprattutto complicate, sul taglio cesareo, e poco più. Operazioni come la splenectomia, per la prima volta felicemente eseguita dallo Zambeccari nel 1549, erano del tutto fuori del comune, e del resto questa stessa splenectomia venne a lungo messa in dubbio. Così pure fu a lungo contestata la nefrotomia per calcoli del rene eseguita nel 1686 da Domenico Marchetti di Padova sul Hobson, console inglese a Venezia.

Del resto, di tagli cesarei, della stessa splenectomia, troviamo notizia nel Talmūd; dello svuotamento dell'ascite mediante puntura si aveva conoscenza nell'antica India e fra i medici greci, ed antichissima è la pratica dell'apertura di ascessi provenienti da organi addominali, quali il fegato, la milza, i reni. In Galeno troviamo il consiglio di suturare il peritoneo ferito; e presso la scuola di Salerno, nel sec. XIII, troviamo notizia della riduzione del fegato procidente e delle prolassate intestina, nonché dell'erniotomia in quella posizione "inversa" o "reclinata" del bacino, che dovrebbe chiamarsi più propriamente del Riolano e che nella chirurgia addominale moderna, per le operazioni sui visceri contenuti nel bacino, va col nome del Trendelenburg.

Qualche raro, ma pur maggiore successo si ebbe in chirurgia addominale dopo l'introduzione del metodo semplice di medicare le ferite per parte del Magati (1579-1648), accolto in Inghilterra dal Wiseman, e più tardi propugnato in Italia dal Cecchini, dal Baglivi, dal Guattani ed infine da Angelo Nannoni nel sec. XVIII, quando ancora in molti paesi d'Europa dominavano i metodi più artificiosi e complicati.

Bisogna arrivare al sec. XIX per vedere, sia la patologia assidersi su basi più razionali, sia la terapia farsi più ardita. E alla vigilia della scoperta della medicazione antisettica già possiamo riconoscere un gran numero di maggiori ardimenti; ma quanti pregiudizî ancora, basati sulla dura esperienza delle morti per infezione e degli insuccessi che causava la suppurazione, del resto desiderata, purché si trattasse di pus bonum et laudabile! La chirurgia delle ernie, ad es., che doveva diventare in breve patrimonio comune e ridonare al lavoro migliaia e migliaia d'individui, suscitava ancora le maggiori diffidenze; Nélaton scriveva che bisognava decidersi a tentare la cura radicale di un'ernia, solo trattandosi d'individui di più di trent'anni o con ernie voluminose e dopo aver tentato la compressione e la contenzione; e consigliava processi complicati e pericolosi, che non segnavano in realtà alcun vero progresso di fronte ai vecchi metodi del Falloppio o dell'Acquapendente. E ancora quante rinunce! La peritonite, per esempio, era ritenuta incurabile; le suture sullo stomaco erano temute, a causa delle contrazioni energiche del viscere e non si pensava a curare una fistola gastrica; era ancora consigliata l'astensione nelle ferite da punta dell'addome con lesione dell'intestino, mentre ormai erano precise le norme per l'enterorrafia; d'interventi per ferite del fegato non si parlava e le rotture e le ferite della cistifellea o dei dotti biliari erano ritenute accidenti gravissimi, quasi certamente mortali, mentre s'interveniva nelle cisti idatiche del fegato. Molti progressi aveva fatta la cura degli ani preternaturali, specialmente per opera del Nélaton; e l'intervento chirurgico nelle occlusioni intestinali, sia per rimuovere la causa dell'occlusione previa laparotomia, sia per fare l'ano preternaturale, era già stato seguìto da molti successi. L'ovariotomia era già stata più volte eseguita ed anche con qualche buon risultato, mentre si potevano già vantare successi anche nell'asportazione addominale di fibromiomi dell'utero (in Italia, Rizzoli nel 1862 e non molto dopo Peruzzi, Landi ed altri).

Ma dopo la scoperta dell'antisepsi e i successivi perfezionamenti della tecnica operatoria, divenute a poco a poco di dominio chirurgico numerose affezioni un tempo considerate di competenza esclusivamente medica o addirittura incurabili, affinati i procedimenti diagnostici, considerata la chirurgia non più soltanto "opera della mano", ma sorella della medicina generale, con la quale divide le responsabilità della diagnosi, delle indicazioni terapeutiche e della stessa cura, non vi è, si può dire, malattia di visceri addominali che in un determinato periodo della sua evoluzione non possa essere curata utilmente con mezzi chirurgici. Anche malattie incurabili, ma estremamente dolorose, possono chirurgicamente trovare un lenimento, in quanto la chirurgia può e sa intervenire sulle vie nervose centrali e periferiche, trovando rimedio ad algie addominali terribili ed in altro modo insanabili.

La preparazione necessaria per le operazioni addominali si basa oggi su esatte conoscenze di batteriologia, sopra fini analisi della resistenza individuale dell'operando, su rigorose norme riguardanti il materiale da usarsi negl'interventi e la preparazione dei chirurghi, su concetti più larghi nei riguardi delle anestesie. Adattando i metodi di anestesia (generale, locale, regionale, spinale, ecc.) alla sede e natura dei morbi, all'età ed in genere alla resistenza organica degli operandi, si sono diminuiti assai notevolmente i rischi operatorî ed allargate le indicazioni di intervento. Un rigoroso trattamento postoperatorio costituisce un altro elemento importantissimo di successo in tutte le operazioni addominali, cosicché le complicazioni postoperatorie si può dire che siano ridotte a poche e non prevedibili; le complicazioni polmonari sono forse oggi le sole che ancora sono temibili, in quanto non sempre evitabili, nonostante tutte le precauzioni operatorie nonché pre- e post-operatorie. La peritonite, come complicazione operatoria, si può dire scomparsa; e contro altre complicazioni, quali le parotiti, le ematemesi, le dilatazioni acute dello stomaco, la paralisi intestinale postoperatoria, le tromboflebiti, le embolie, le acidosi, si prendono abitualmente le più severe misure preventive.

Della maggiore importanza sono le norme relative alla sede, alla direzione, all'estensione delle incisioni laparotomiche, a seconda degl'interventi: risparmiare i nervi, sezionare le fibre muscolari secondo la loro direzione, o passare semplicemente fra i loro fasci divaricandoli, proteggere le labbra della ferita da ogni contaminazione, suturare a strati senza tensione, sono norme che assicurano il successo immediato e lontano.

Una delle questioni più dibattute ancor oggi in chirurgia addominale è quella del drenaggio della cavità peritoneale dopo interventi non del tutto asettici, oppure per emorragie endoperitoneali. Grande fu, nei riguardi del drenaggio addominale, il progresso dovuto all'introduzione nella pratica laparotomica del drenaggio alla Mikulicz, cioè mediante una saccoccia di garza, entro la quale possono essere stipate strisce di garza; queste si tolgono e si rinnovano per prime, mentre la saccoccia si leva per ultima, quando ormai tutt'attorno si sono fatte aderenze protettive. Poi il drenaggio, alla Mikulicz o più ridotto, fu a poco a poco abbandonato in un gran numero di casi, ritenendosi che i poteri di difesa del peritoneo sono sufficienti assai spesso, ed anzi forse maggiori, se la ferita laparotomica vien chiusa completamente; senza contare che questo procedimento evita le ernie e gli sventramenti postoperatorî. Oggi i più pensano che la peritoneizzazione non sia sufficiente, da sola, nella lotta contro l'infezione e che perciò nei casi gravi si debba drenare, anche se si è potuto peritoneizzare; mentre in casi non gravi, se la peritoneizzazione è stata possibile, il drenaggio può essere utilmente risparmiato. Nelle operazioni per cancro dell'utero, in quelle sul cieco e sul colon, sempreché si verifichino le condizioni suaccennate, il drenaggio è da molti usato ancora quasi sistematicamente; così nelle annessiti suppurate, nelle peritoniti di origine appendicolare, pancreatica, ecc.

Fra le conquiste più importanti della chirurgia addominale sono da ricordare i successi ottenuti con l'intervento precoce nelle ferite penetranti; l'intervento precoce ha salvato innumeri vite durante la guerra mondiale, mentre all'inizio della conflagrazione prevaleva erroneamente il criterio dell'astensione, basato sull'osservazione della guarigione spontanea di molte ferite penetranti da proiettile di fucile. Ma poiché queste sono state, nella grande guerra, la minoranza, ci si è presto convinti che bisognava adottare un'opposta linea di condotta. E questa è stata ricca di risultati confortevoli.

Nella peritonite tubercolare, il cui trattamento chirurgico cominciò nel 1862, quando Spencer Wells aprì per errore l'addome di una paziente che egli credeva affetta da cisti ovarica, mentre si trattava di una ascite tubercolare, che guarì dopo la laparotomia, si segue oggi il concetto d'intervenire precocemente, di asportare ove sia possibile il focolaio primitivo della malattia e di provvedere alle complicazioni: stenosi od occlusioni intestinali, formazione di ascessi, ecc.

Un campo nel quale la chirurgia addominale ha molto ottenuto, purché sulla guida di giuste e non troppo larghe indicazioni, è quello della cura delle ptosi viscerali e della cosiddetta stasi intestinale cronica. Erano forme morbose queste di esclusiva spettanza medica, che sono divcnute in molti casi guaribili con interventi laparotomici, spesso di notevole importanza, quali, nella stasi intestinale, le colectomie parziali.

Nella chirurgia dello stomaco, sono da segnalare gl'interventi per la cosiddetta stenosi ipertrofica del piloro nel neonato, malattia quasi fatalmente mortale, che si guarisce invece molto semplicemente con l'operazione di Fredet-Rammstedt (incisione longitudinale della sierosa e della muscolare del piloro). Più numerosi sono divenuti gli interventi precoci per ulcera perforata dello stomaco o del duodeno, complicazione un tempo quasi costantemente mortale, al pari delle pancreatiti acute emorragiche. Nella cura dell'ulcera gastro-duodenale, la gastroenterostomia e la resezione si dividono sempre il campo, per quanto tenda ad aumentare il numero dei fautori della cura radicale mediante la resezione. Migliorate, anche per la precocità maggiore degli interventi, sono le statistiche delle gastrectomie per cancro.

Nella chirurgia intestinale, molti progressi si sono fatti nelle affezioni soprattutto del duodeno e del colon; l'asportazione addomino-perineale del retto canceroso ha migliorato i risultati lontani della cura chirurgica di questa grave affezione. L'appendicite è divenuta una vera e propria malattia chirurgica, in tutti i suoi stadî. Anche le perforazioni intestinali da tifo sono divenute di prognosi meno grave, se trattate precocemente con la laparotomia.

Sensibilissimi i progressi della chirurgia del fegato e delle vie biliari, della chirurgia del pancreas, di quella della milza; molte varietà di splenomegalie sono ora chirurgicamente curabili rapidamente e definitivamente, l'ittero emolitico, porpore emorragiche ed altre malattie di organi ematopoietici sono guarite dalla splenectomia.

Nella chirurgia ginecologica addominale gli interventi si sono fatti più conservatori nelle forme benigne; sono divenute invece più larghe le isterectomie per cancro, migliorando grandemente i risultati definitivi. L'innesto ovarico ha trovato indicazioni in forme dismenorroiche ed in malattie costituzionali.

Per via addominale infine si curano affezioni dell'esofago (megaesofago) dei vasi sanguigni (interventi sulle capsule surrenali sul nervo splancnico), affezioni dei reni e della vescica, ecc.

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