Acque pubbliche

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I laghi, i fiumi, i torrenti e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia fanno parte nel demanio idrico, previsto espressamente all’articolo 822 del codice civile. Più in particolare, rientrano della categoria del «demanio naturale necessario» e appartengono quindi allo Stato oppure, in casi eccezionali, alle Regioni a statuto differenziato, o alle Regioni a statuto ordinario nel caso di attribuzione dei porti lacuali e di navigazione interna (su cui v. Beni pubblici e di interesse pubblico). Sono altresì definiti beni pubblici a fruizione collettiva, nel senso che appartengono, sulla base di una riserva originaria di legge, all’ente pubblico territoriale che si occupa della loro gestione e conservazione ma sono destinati all’uso da parte della collettività in generale.

Il Testo Unico delle acque pubbliche approvato con R.D. n 1775/1933, stabilisce che sono pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali, anche se artificialmente estratte dal sottosuolo, sistemate o incrementate, le quali, considerate sia isolatamente per la loro portata o per l’ampiezza del rispettivo bacino imbrifero, sia in relazione al sistema idrografico al quale appartengono, abbiano o acquistino attitudine a usi di pubblico, generale interesse. La l. n. 36/1994 (cd. legge Galli) relativa alle disposizioni in materia di risorse idriche ha ampliato la categoria delle acque pubbliche includendovi tutte le a. superficiali e sotterranee ancorché non estratte dal sottosuolo (art. 1). In tal senso il d.P.R. n. 238/1999 afferma l’appartenenza allo Stato di tutte le acque, sotterranee e superficiali, anche raccolte in vasi e cisterne, escluse quelle piovane non convogliate in un corso d’acqua o non ancora raccolte in vasi o cisterne.

La tutela delle acque e il riparto di competenze tra Stato e Regioni. - La gestione delle acque pubbliche avviene in base a una ripartizione di competenze tra Stato, regioni ed enti locali. In proposito il d.lgs. n. 112/1998, attribuisce alle regioni e agli enti locali una competenza generale sulla gestione del demanio idrico con conferimento di tutte le funzioni non espressamente riservate allo Stato. Tra queste, la progettazione, realizzazione e gestione di opere idrauliche di qualsiasi natura; le funzioni di polizia idraulica e di pronto intervento; la programmazione, pianificazione e gestione integrata degli interventi di difesa delle coste e degli abitati costieri; le funzioni relative alle concessioni di estrazione di materiale litoide dai corsi d’acque, di spiagge lacuali, di pertinenze idrauliche e di aree fluviali. Tale decreto conferisce espressamente allo Stato le funzioni che necessitano di una gestione a livello nazionale, tra cui: il censimento nazionale dei corpi idrici; la programmazione e il finanziamento degli interventi di difesa del suolo; la programmazione della razionale utilizzazione delle risorse idriche, dei trasferimenti di acque e degli usi plurimi delle acque; l’individuazione delle aree a rischio di crisi idrica, con finalità di prevenzione delle emergenze idriche; la determinazione dei criteri per la gestione del servizio idrico integrato; la formazione del bilancio idrico nazionale. Il diritto di utilizzazione delle acque pubbliche per obbiettivi connessi alla produzione agricola e industriale può essere attribuito, sia a enti pubblici sia a soggetti privati, attraverso una concessione amministrativa. Le controversie in materia di acque pubbliche sono devolute alla giurisdizione dei tribunali delle acque.

Il problema della scarsità della risorsa. - Negli ultimi anni si è manifestata una progressiva riduzione delle risorse idriche e si è evidenziata, a livello comunitario e internazionale, la necessità di una maggiore salvaguardia e tutela del bene-acqua, di uno sfruttamento razionale di esso nell’ambito di un progetto di gestione globale, da un punto di vista quantitativo e qualitativo. In linea con tale tendenza, la legge Galli, ha provveduto all’ampliamento della categoria delle acque pubbliche e ha affermato che l’utilizzazione delle stesse deve essere effettuata secondo criteri di solidarietà in modo da tutelare le aspettative e i diritti delle generazioni future. A tal fine gli usi delle acqua devono essere indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse, per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrogeologici. In particolare, l’uso dell’acqua per il consumo umano è prioritario rispetto agli altri e qualsiasi ulteriore utilizzazione è subordinata alla soddisfazione di tale bisogno e alla non alterazione della qualità dell’acqua.

Voci correlate

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