Acceleratori di particelle

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

acceleratori di particelle

Lorenzo Foà

Ecco dove si scontrano le particelle!

Gli acceleratori di particelle sono grandi macchine, alcune lunghe addirittura chilometri, costruite per studiare il cuore dell'atomo, il suo nucleo e le particelle che lo compongono, in primo luogo protoni e neutroni. Gli acceleratori si distinguono in lineari e circolari, a seconda della loro forma, e permettono di realizzare urti violentissimi tra particelle per studiare le leggi che governano l'Universo, a partire dalle piccolissime particelle elementari per arrivare fino a stelle e galassie. Oggi fanno uso degli acceleratori anche ospedali e industrie elettroniche d'avanguardia, perché le particelle, oltre che interessanti, sono utili nella vita quotidiana

Elettroni e protoni

Negli acceleratori, elettroni e protoni, particelle comuni in natura, sono riuniti in fasci e sospinti a velocità elevate. In tal modo acquistano energie sempre crescenti e si possono lanciare a tutta forza contro un bersaglio fisso o in movimento. Esaminando gli urti di questi proiettili davvero speciali sono state scoperte centinaia di particelle elementari, indispensabili per capire le leggi che regolano la struttura della materia. Per studiare il microcosmo servono grandi acceleratori, come quelli dell'Istituto nazionale di fisica nucleare a Frascati, vicino a Roma, o quelli del Centro europeo per le ricerche nucleari (CERN) di Ginevra. Qui, l'acceleratore principale si trova in un tunnel sotterraneo, una circonferenza lunga ben ventisette chilometri!

Il principio di funzionamento

meccanismo

Il meccanismo su cui si basano gli acceleratori è lo stesso sia per gli elettroni sia per i protoni. In un tubo vengono messe in successione la sorgente di queste particelle usate come proiettili e alcune scatole metalliche di forma cilindrica, forate al centro di ogni base (figura in basso). Nel tubo viene fatto il vuoto spinto, cioè sono eliminati tutti gli atomi presenti al suo interno, per non ostacolare il movimento delle particelle da accelerare. Come sorgente di elettroni si può scegliere un filo metallico riscaldato dal passaggio di una forte corrente elettrica, mentre i protoni si ricavano strappando elettroni all'atomo di idrogeno. In genere questo risultato si ottiene irraggiando l'idrogeno, cioè trasferendogli energia con un intenso raggio di luce, e lasciando così libero l'unico protone che costituisce il suo nucleo.

Immaginiamo ora che i proiettili siano elettroni e che, usciti dalla sorgente, si avvicinino alla prima scatola che da ora in poi chiameremo cavità.

Se la cavità si trova a un potenziale positivo, cioè la sua superficie esterna è ricoperta da cariche di segno più, attrae gli elettroni portatori di carica negativa e ne cattura una parte. Le particelle nella cavità non risentono del suo potenziale esterno, così come noi non corriamo rischi per i fulmini che cadono su una scatola metallica in cui ci siamo rifugiati durante un temporale. Mentre gli elettroni attraversano la prima cavità, possiamo quindi cambiare il suo potenziale da positivo a negativo e portare la successiva a un potenziale positivo, in modo che attragga a sua volta il fascio di particelle in uscita. Così gli elettroni saranno accelerati nel passaggio dall'una all'altra cavità e alla fine avranno acquistato un'energia pari al numero delle cavità moltiplicato per l'energia guadagnata a ogni passaggio. Questa energia, a sua volta, è il prodotto della carica dell'elettrone per la differenza tra i potenziali V delle due cavità. Solo le particelle che passano da una cavità alla seguente nel momento giusto saranno accelerate, quindi il fascio finale sarà costituito da una serie di pacchetti di elettroni separati.

Acceleratori circolari

figura

L'acceleratore sopra descritto è detto lineare perché accelera le particelle in linea retta. È un dispositivo utile, ma l'energia che può raggiungere è limitata dalla lunghezza complessiva del sistema di cavità. Un modo molto efficiente per accrescere la massima energia finale è far percorrere alle particelle del fascio una traiettoria circolare. In questo modo le particelle passano migliaia di volte attraverso lo stesso sistema di cavità e l'energia finale è l'energia guadagnata in un giro moltiplicata per il numero dei giri. Uno schema di questi acceleratori, chiamati sincrotroni, è mostrato nella figura che segue.

magneti a forma di C

Un sincrotrone si può realizzare ponendo all'esterno del tubo a vuoto in cui corre il fascio di particelle una serie di magneti a forma di C, lunghe calamite azionate dalla corrente elettrica (figura in basso) in grado di deviare il cammino delle particelle cariche. L'angolo di deviazione è grande se l'energia della particella è piccola, e viceversa. Dopo ogni giro l'elettrone o il protone aumenta la sua energia e quindi tende a sbandare, ma è possibile mantenerlo sulla traiettoria giusta aumentando progressivamente la forza del campo magnetico.

Collisori

figura

Lo scopo principale degli acceleratori è far acquistare a elettroni e protoni la massima energia possibile in modo che nell'urto con i bersagli una parte di essa si trasformi in nuove particelle dotate di massa. La relazione E = mc2, scoperta da Einstein, stabilisce infatti un'equivalenza tra massa e energia: (nella formula E è l'energia con cui avviene l'urto, m è la massa della nuova particella e c2 è la velocità della luce moltiplicata per sé stessa). Negli scontri tra particelle e bersagli fissi, però, la maggior parte dell'energia fornita ai proiettili viene sprecata per far muovere in avanti le particelle prodotte nell'urto (vedi la parte in alto della figura).

Se invece fosse possibile far scontrare tra loro due protoni o due elettroni in condizioni simili, tutta la loro energia verrebbe utilizzata per produrre nuove particelle, come illustrato nella parte in basso della figura a destra. È ciò che accade negli acceleratori chiamati collisori.

Un'idea nuova e originale per realizzarli fu proposta da Bruno Touschek ai Laboratori di Frascati. Touschek si rese conto che un acceleratore di elettroni può accelerare in senso inverso le 'antiparticelle' degli elettroni, chiamate positroni, che hanno la stessa massa e le stesse proprietà degli elettroni, ma tutte cambiate di segno (per esempio, la loro carica è positiva). Come gli elettroni, anche i protoni hanno antiparticelle chiamate antiprotoni.

I positroni fanno parte di quella entità che viene chiamata 'antimateria': non esistono nell'Universo che conosciamo, ma si possono ottenere se si dispone di sufficiente energia. Touschek concepì una macchina circolare che accelerava allo stesso tempo elettroni in un verso e positroni nell'altro in modo che i due fasci di particelle si incontrassero a ogni giro e ne costruì un prototipo, chiamato ADA (Anello di accumulazione). Sfruttando la sua idea sono stati realizzati quasi tutti i principali collisori degli ultimi decenni.

Quanto corrono le particelle?

Per misurare l'energia delle particelle elementari si usa l'elettronvolt, eV, cioè l'energia che un elettrone acquista se sottoposto alla differenza di potenziale di un volt. In genere questa unità è troppo piccola per i grandi acceleratori di particelle e si preferisce usare i suoi multipli come il MeV, un milione di eV, il GeV, un miliardo di eV, e il TeV, mille miliardi di eV.

Acceleratori per tutti i giorni

Oggi, migliaia di acceleratori molto piccoli, con dimensioni di pochi metri, sono usati per gli scopi più diversi. Acceleratori di elettroni sono presenti negli ospedali come sorgenti di raggi X. L'urto degli elettroni del fascio contro un bersaglio permette di ottenere questo tipo di radiazione, adoperata, per esempio, per fare radiografie delle ossa. Acceleratori di protoni di bassa energia o di ioni, cioè di nuclei a cui sono stati strappati gli elettroni, sono usati per curare tumori, grazie alla grande quantità di energia che questi proiettili rilasciano nell'urto con le cellule malate.

Ancora, acceleratori di ioni sono usati nelle industrie che producono transistor per impiantare ioni sulla superficie o in zone più profonde dei materiali sotto studio. Infine molti sincrotroni per elettroni sono usati come intense sorgenti di una luce speciale, chiamata radiazione di sincrotrone, emessa da queste particelle quando non si muovono in linea retta. Con questa radiazione si possono esaminare le superfici dei materiali più diversi.

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