Spècie

Vocabolario on line

specie


spècie (ant. spèzie) s. f. [dal lat. species, propr. «aspetto, forma esteriore», der. di specĕre «guardare»], invar. – 1. non com., letter. Aspetto, forma esteriore, apparenza: E potess’io, Nel secol tetro e in questo aer nefando, L’alta specie serbar (Leopardi); in partic., nella dottrina cattolica, specie eucaristiche, espressione con cui si indicano l’aspetto e le qualità del pane e del vino che permangono anche dopo che, con la consacrazione, è avvenuto il cambiamento della sostanza (transustanziazione) nel corpo e sangue di Gesù Cristo; comunione sotto le due specie, cioè con l’ostia e col vino, v. comunione, n. 3 a. Nelle locuz. sotto specie di, in specie di, in aspetto di, sotto l’apparenza, sotto pretesto di: divinità immaginate sotto s. umana; lo Spirito Santo discese in s. di candida colomba; anche seguito da un infinito: s’avisò come, sotto spezie di servire a Dio, lei dovesse recare a’ suoi piaceri (Boccaccio). 2. In filosofia, termine usato nella dottrina atomistica della conoscenza per indicare i simulacri, cioè le immagini sensibili delle cose che si imprimono sull’occhio mediante il flusso di particelle simili provenienti dai corpi; nella filosofia platonica è l’idea, cioè la forma o il modello delle cose sensibili, di cui queste rappresentano la copia; nella filosofia aristotelica, il termine è usato sia con riferimento alla sostanza prima, per indicare la forma immanente alla realtà perfettamente determinata del sinolo, sia con riferimento alle sostanze seconde, per indicare la classe di individui che hanno la stessa forma, e che quindi partecipano della stessa essenza, inclusa in un genere da cui la differenzia una più propria determinazione concettuale, che nel giudizio definitorio si esprime come «differenza specifica»; analogam., nella filosofia scolastica è la forma dell’oggetto che l’anima apprende per mezzo dell’intelletto (s. intelligibile) o del senso (s. sensibile). 3. Nella sistematica biologica, categoria che rappresenta l’unità fondamentale di base del sistema di classificazione: dal punto di vista biologico è costituita da un complesso di organismi tra loro interfecondi e in grado di dare origine a prole feconda; gli organismi di una stessa specie condividono un patrimonio genetico che si considera sostanzialmente chiuso rispetto a quello di altre specie; qualora gli organismi si riproducano per partenogenesi obbligata, l’appartenenza alla stessa specie viene desunta in base al grado di somiglianza, rilevato a diversi livelli di indagine (morfologico, fisiologico, biochimico, ecc.); per quanto riguarda gli organismi estinti, essa viene per lo più desunta sulla base della somiglianza morfologica delle strutture disponibili. Le specie animali fino a oggi descritte sarebbero, secondo la stima di alcuni tassonomisti, fra 1,5 e 1,8 milioni, ma sono solo una piccola parte di quelle esistenti; le specie vegetali fino a oggi conosciute sono più di 400.000, con netta prevalenza delle spermatofite. Nella classificazione biologica, le specie, sia animali sia vegetali, vengono identificate mediante il sistema della nomenclatura binomia latina (istituita nel 1753 dal naturalista svedese Carlo Linneo): ogni denominazione è costituita da due nomi, di cui il primo (nome generico) indica il genere, ed è sempre scritto con la lettera iniziale maiuscola, il secondo (nome specifico) precisa la specie, e va scritto con iniziale minuscola, anche se per sé stesso fosse un nome proprio: per es., Panthera leo, il leone; Quercus ilex, il leccio; Salmo gairdneri, la trota iridata; Adiantum capillus-veneris, la felce capelvenere. Il singolare specie è talora usato in senso collettivo: la conservazione e propagazione della s.; l’evoluzione della specie. Con sign. più ampio, la s. umana, l’insieme degli uomini, l’umanità, in contrapp. agli animali (più com., il genere umano): Bestemmiavano Dio e lor parenti, L’umana spezie ... (Dante). 4. a. Ciascuno dei varî tipi e modi particolari in cui può concretizzarsi un’ipotesi più generale: le varie s. di contratto; questa è una s. particolare del reato di truffa; si fanno assicurazioni di ogni s.; in fisica, grandezze della stessa s., lo stesso che grandezze omogenee (v. omogeneo). b. Nell’uso com., con valore più generico, è spesso sinon. di qualità, sorta, tipo (e anche di genere): articoli, prodotti di varia s.; una nuova s. di fibre sintetiche; cause, fattori, conseguenze di diversa s.; libri, spettacoli di ogni s.; merci di tutte le specie. Con tono spreg. o polemico, con riferimento a persone e comportamenti che si distinguono per qualche aspetto negativo: è un locale frequentato da gente di ogni s., di tutte le s.; ma che s. d’uomo sei?; che s. di genitori sono, che lasciano i figli tutto il giorno soli?; che s. di proposta è questa? c. Com. l’espressione una s. di, usata sia per definire in modo generico e approssimato qualcosa o qualcuno, che non viene ulteriormente specificato, mediante il confronto con tipi analoghi o somiglianti: mi ha punto uno strano insetto, una s. di zanzara; qui il terreno forma una s. di avvallamento; mi hanno dato da mangiare una s. di minestra che era qualcosa di disgustoso; sia per sfumare e rendere più vaga e indeterminata un’identificazione: cos’è quella s. di monumento che stanno costruendo in piazza?; anche con riferimento a sentimenti, per conferire un tono più vago e attenuato all’espressione: tacque per una s. di pudore; avevo avuto una s. di presentimento; conserva sempre verso di noi una s. di riconoscenza. d. Come locuz. avv., in specie (con la forma eufonica in ispecie), o anche semplicem. specie con funzione avverbiale, specialmente, soprattutto, in modo particolare (si contrappone talora, non sempre, a in genere): sono grato a tutti, ai miei genitori in ispecie; mi piace molto la frutta, specie quella di stagione. Con altro sign., e con diversa funzione, la locuz. (oggi meno com., e per lo più in posizione di inciso) nella specie, nel caso particolare e concreto, in realtà: si tratta di un atto disonesto e, nella s., di un furto vero e proprio; mi doveva aver punto un insetto, nella s. una vespa. 5. D’uso com. l’espressione fare specie, fare meraviglia, stupire, sorprendere: il suo lungo silenzio mi fa s.; o, con prop. soggettiva: mi fa s. che non mi abbia ancora risposto; faceami s. ne’ primi tempi vedere un uomo attaccato alla corda (Goldoni); con negazione: conoscendo la sua ignoranza, non mi fece s. che entrasse senza salutare; queste cose non facevano s. alle due donne, non esercitate a distinguer monaca da monaca (Manzoni); anche con si rifl.: mi faccio o non mi faccio s. di qualcosa, ne sono o non ne sono sorpreso; spesso con tono di biasimo, soprattutto in costruzione impers., o con uso assol.: mi fa s. di lei, che dovrebbe essere una persona educata!; mi fa proprio s. di lei, signore! 6. Con sign. concreto (conformemente all’uso mediev. di species nel sign. di «forma, modo con cui si presenta una materia»), s. farmaceutiche, determinati miscugli di droghe divise in frammenti o polveri grossolane, private per setacciatura della polvere fine, usate per la preparazione di decotti, estratti, infusi; s. amare, depurative, diuretiche, emollienti, lassative, a seconda della loro azione fisiologica; in partic., s. aromatiche (come sinon. ormai raro di spezie), usate per aromatizzare cibi e bevande.

CATEGORIE