Luce

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luce


s. f. [lat. lūx lūcis, ant *louk-s, affine al sanscr. roká-, armeno loys, gotico liuhath, ted. Licht, e all’agg. gr. λευκός «brillante, bianco»]. – 1. a. Ente fisico al quale è dovuta l’eccitazione nell’occhio delle sensazioni visive, cioè la possibilità, da parte dell’occhio, di vedere gli oggetti: sorgente di l., il corpo che la irradia; l. diretta, che arriva all’occhio direttamente dalla sorgente; fascio di luce, insieme di raggi luminosi che si dipartono da una sorgente; l. diffusa, riflessa, rifratta, che ha subìto diffusione o riflessione o rifrazione; le stelle brillano di l. propria, i pianeti di l. riflessa; il riverbero della l.; l. naturale o artificiale, a seconda che la sorgente luminosa sia naturale oppure costituita da un apparecchio di illuminazione artificiale (per es., lampade elettriche, la fiamma del gas, del petrolio, di una lucerna, di una candela, ecc.); l. solare o diurna o del giorno, la luce naturale per antonomasia, e che secondo le ore d’illuminazione può dirsi l. dell’alba, l. crepuscolare, l. meridiana; è naturale anche la l. della luna e la l. delle stelle. Nella spiegazione della natura di questo ente, sin dall’antichità si sono avvicendate e contrapposte fondamentalmente due teorie: quella corpuscolare, sostenuta in partic. da Newton, che considera la luce composta di corpuscoli (o particelle) indivisibili, di massa nulla o trascurabile; e quella ondulatoria, secondo la quale la luce consiste nella propagazione di onde nello spazio, concepito originariamente come mezzo elastico (etere), del quale le onde sarebbero perturbazioni. Nella seconda metà del sec. 19° si afferma la teoria elettromagnetica della l., enunciata dal fisico inglese J. C. Maxwell, in base alla quale la luce è costituita da onde elettromagnetiche, ossia dalla propagazione ondulatoria nello spazio di campi elettrici e magnetici: la luce visibile è quella costituita dalle onde appartenenti a un ben determinato intervallo di lunghezze d’onda (da circa 0,7 a circa 0,4 micrometri); tale teoria, pur dimostrandosi valida in vasti settori dell’esperienza, è contraddetta dai fenomeni relativi ai processi elementari di emissione e assorbimento della radiazione da parte di particelle subatomiche (per es., l’effetto fotoelettrico esterno), per spiegare i quali è stata formulata una nuova teoria corpuscolare, basata sull’ipotesi dei quanti di l. (poi chiamati fotoni) che Einstein introdusse nel 1905. Allo stato attuale delle conoscenze, la concezione ondulatoria e la concezione corpuscolare si fondono nella teoria quantistica della l., per la quale la luce è costituita da fotoni, cioè da particelle elementari, di massa nulla ma di energia e impulso definiti e dipendenti dalla frequenza, la cui traiettoria è descritta in termini probabilistici da una funzione d’onda che rende conto degli aspetti ondulatorî della propagazione della radiazione luminosa nello spazio. Per il principio della costanza della velocità della l. – postulato di fondamentale importanza nella teoria della relatività – la luce si propaga nel vuoto alla velocità costante di circa 300.000 km/s (detta appunto velocità della l., indicata con il simbolo c), qualunque sia lo stato di quiete o di moto dell’osservatore e della sorgente. Per quanto riguarda le proprietà della luce e per i fenomeni cui può dar luogo, si vedano le voci specifiche assorbimento, diffrazione, diffusione, dispersione, polarizzazione, riflessione, rifrazione, ecc.; per anno-luce, in astronomia, v. la voce; per equazione della l. o tempo di luce, sempre in astronomia, v. equazione. b. Con riguardo all’intensità luminosa, la luce, naturale o artificiale, è determinata nell’uso comune da molti aggettivi che ne indicano le diverse gradazioni: una l. vivissima; una gran l.; l. abbagliante, che accieca o accecante, viva, forte, fulgida, splendida, sfavillante, sfolgorante, purissima; oppure moderata, debole, tenue, fioca, pallida, languida, scarsa, incerta, ecc.; se l’intensità è regolata dall’uomo, si può avere una l. attenuata, smorzata, velata; riguardo al modo con cui si distribuisce, può essere temperata, uniforme, uniformemente diffusa, uguale, dolce, tranquilla; inoltre, può essere stabile oppure tremula (delle candele), scintillante (delle stelle), continua oppure intermittente (come quella di un faro, dei lampeggiatori, ecc.). Con riferimento all’ampiezza d’un fascio luminoso, o all’intensità con cui esso giunge: un raggio, una striscia di l.; o, con espressioni efficacemente figurate, un filo, una lama di l.; un getto, un guizzo, un lampo, uno sprazzo, un’onda, un fiume, un torrente, un mare di luce. Per la natura della sorgente luminosa, o per l’alterazione che subisce attraversando schermi colorati o altri corpi diafani, o per altre sue intrinseche caratteristiche, la luce può essere bianca, gialla, rossa, verde, azzurra, ecc., o livida, o fosforescente, ecc. In partic.: l. monocromatica o l. pura, costituita da onde che hanno la stessa frequenza (e quindi lo stesso colore); l. policromatica, costituita da più componenti monocromatiche; l. coerente, costituita da onde elementari coerenti tra loro; l. elettronica, nome che viene dato nell’ottica elettronica a un fascio di elettroni; l. nera o l. di Wood, quella ottenuta filtrando le radiazioni di una lampada a vapori di mercurio mediante un filtro ottico, trasparente alla luce ultravioletta e quasi opaco alla luce visibile (filtro di Wood), utilizzata per evidenziare alterazioni su documenti e per diagnosticare malattie della pelle; l. fredda, di natura non termica, emessa per luminescenza; l. positiva e l. negativa, luminescenze caratteristiche che si manifestano in un gas rarefatto sottoposto all’azione di un campo elettrico; per l. cinerea e l. zodiacale, in astronomia, v. ai singoli aggettivi. c. Con riferimento al suo manifestarsi: la l. appare, spunta, sorge, s’accende; brilla, splende, sfavilla; aumenta o cresce, si spande, si diffonde; s’indebolisce, si attenua, illanguidisce, si spegne, muore. Con riferimento all’emissione, un corpo luminoso dà l., manda l., sparge, spande, diffonde luce. d. In senso più soggettivo, in quanto la luce è percepita dall’occhio o illumina gli oggetti: c’è poca (o molta, troppa) l. in questa stanza; le scale prendono (o ricevono) l. da un lucernario; occhi sensibili alla l., che non sopportano la l. troppo viva; non vedere più la l., di persona cieca, di chi è defunto e, per iperbole, di chi è stato condannato a vita. Degli oggetti: essere in piena l., essere pienamente illuminato da luce diretta; essere in mezza l., nella penombra; essere nel giusto o nel vero punto di l., essere collocato nel posto e nell’orientamento più adatto perché la luce ne metta in rilievo la forma, i pregi, e sim.; in partic., di un’opera d’arte, e spec. d’un quadro, essere, trovarsi, esser messo in buona l., oppure in cattiva l., in l. falsa, nella posizione più favorevole o più sfavorevole, rispetto alla sorgente luminosa, per essere guardato; in senso fig., mettere una persona (o anche un fatto, un avvenimento) in buona o cattiva l., farne risaltare i pregi, presentare sotto l’aspetto migliore, o, al contrario, metterne in evidenza, talora con qualche esagerazione, i difetti; con sign. affine, mettere, mostrare, presentare nella sua vera o giusta l., far vedere come una persona, una cosa, un fatto è realmente (e analogam., mettere in piena l., chiarire in modo da non lasciar più adito a dubbio o sospetto alcuno); con altro traslato, gettare l. sinistra su qualcuno, su qualche cosa, detto soprattutto di fatti la cui rivelazione faccia apparire sotto un nuovo e tristo aspetto un avvenimento, un episodio, l’operato di una o più persone, ecc. Effetti di luce (o anche scherzi, giochi di luce), contrasto di luci e di ombre – distribuite in modo da creare un singolare effetto visivo – prodotto dalla luce naturale (per es., dalla luce del sole che filtri tra gli alberi d’un bosco o tra le foglie degli alberi, dalla luna in un paesaggio, da un lampo notturno, ecc.), o da cause accidentali (per es., da un incendio), oppure ottenuto artificialmente (in una scena e sim.); in pittura e in fotografia, effetti di luce, il rilievo dato alle figure dall’alternarsi di luci e ombre. e. Il termine è anche usato, talvolta, come sinon. generico di lucentezza, splendore, chiarore, e sim.: i suoi occhi avevano una l. strana. In partic., la lucentezza, la vivezza dei riflessi di una pietra preziosa: brillante che ha una bella luce. 2. a. Usato assol., s’intende spesso, in modo inequivocabile, la luce del sole: una stanza piena di l., bene esposta al sole e all’aria, e con ampie aperture (al contr., una stanza senza l., che non ha l.); lasciate che la l. entri nelle vostre case; i bambini, le piante, hanno bisogno di l., ecc. È quindi, come sole, simbolo del giorno, e nell’uso poet. anche sinonimo: il sorgere della l.; tre luci e tre notti Durar gli afflitti amici e i dolorosi Parenti a ricercar le tiepid’ossa (Caro); la medesma luce [= nello stesso giorno] Si pone a caminar (Ariosto). In altri casi è simbolo della vita o indica figuratamente la vita stessa: tutti l’ultimo sospiro Mandano i petti alla fuggente l. (Foscolo); temo del cor che mi si parte, E veggio presso il fin de la mia l. (Petrarca). Con questo secondo sign., forma varie locuzioni fig.: dare alla l. (un bambino), generare, partorire; venire alla l., vedere la l., aprire gli occhi alla l., nascere; chiudere gli occhi alla l., morire. Per estens., riferito a cose: dare in l. (un libro e sim.), pubblicare (analogam., dell’opera che viene pubblicata, venire alla l., vedere la l.); di cose nascoste, di fatti sconosciuti e sim., venire in l. o alla l., farsi palese, divenire manifesto; di scoperte archeologiche, di papiri, di ruderi dissotterrati, di testi antichi rimasti lungo tempo nascosti o ignorati, di opere, istituzioni, autori, personaggi dimenticati che si tolgono dall’oblio, ecc., tornare in l. o alla l., rimettere in l., restituire alla luce. b. Con senso più generico (senza riferimento esclusivo al sole), la luce è simbolo della chiarezza, dell’evidenza: è chiaro come la l. del sole, di cosa evidentissima, di fatto indiscutibile; negare la l. del sole o del giorno, negare ciò che ha innegabile evidenza; agire alla l. del sole, pubblicamente, apertamente; esaminare una questione alla l. dei fatti, sulla base di questi, in quanto solo essi possono contribuire a un’esatta valutazione; fare l., gettare l. su qualche cosa, portare elementi decisivi per la scoperta della verità, per la spiegazione di fatti oscuri, misteriosi, incomprensibili. c. Più particolarmente, sempre in senso fig., ogni manifestazione luminosa che liberi dalle tenebre dell’ignoranza intellettuale, spirituale o morale: la l. della fede, della verità, della scienza; diffondere la l. della civiltà, del progresso; cercare la l.; tendere alla l.; negare la l., della verità o della fede; odiare la l., persistere nell’errore, nella barbarie, nell’ignoranza, avversando la verità o il progresso civile; e con riferimento all’illuminismo, al «secolo dei lumi»: questi sono frutti che si debbono alla l. di questo secolo (Beccaria). Nel linguaggio religioso: gli angeli della l., gli angeli del cielo, contrapposti agli angeli delle tenebre che sono i demoni; i figli della l., gli uomini illuminati dalla grazia; gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la l., traduz. delle parole del Vangelo di Giovanni, 3, 19 (nella Vulgata: «et dilexerunt homines magis tenebras quam lucem», dove la «luce» significa la venuta di Gesù Cristo sulla terra e la fede nell’opera salvifica dell’Incarnazione, mentre le «tenebre» sono lo stato d’ignoranza e il comportamento malvagio di chi non crede nella sua venuta), che il Leopardi ha posto come epigrafe al suo canto La ginestra, facendola precedere dal testo greco (Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνϑρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ ϕῶς). Con altri usi fig.: la l. della speranza (in quanto la disperazione, lo sconforto, la desolazione sono considerati uno stato di tenebra); risplendere di vivissima l., brillare di fulgida l., di alta fama, di gloria luminosa. 3. L’oggetto che diffonde la luce, sorgente luminosa: il sole è la l. del mondo; le l. del cielo, le notturne l., le stelle; con riferimento a queste, nel linguaggio poet., anche assol.: quante fole Creommi nel pensier l’aspetto vostro [«vaghe stelle dell’Orsa»] E delle luci a voi compagne (Leopardi). In partic., e assai più com. nell’uso, qualsiasi mezzo o sistema d’illuminazione artificiale, spec. elettrica: le l. delle strade, dei negozî; le l. della ribalta; sotto il riverbero delle l.; al chiarore di mille l.; a un tratto si accesero tutte le l., ecc.; l. azzurrate, l. oscurate, come precauzione contro l’avvistamento da parte del nemico in periodo di guerra. Al sing., può indicare una singola lampadina, un lampadario o il complesso delle lampade che illuminano un ambiente: accendere, spegnere, chiudere la l.; anche, per metonimia, la fornitura di corrente elettrica: l’impianto della l.; è andata via, è tornata la l.; pagare la bolletta della l.; punti luce, in appartamenti, negozî, ecc., i punti delle pareti in cui vengono installate le prese di corrente (per estens., spec. nel linguaggio degli architetti, i punti dove sono sistemate le lampade, e, talora, le lampade stesse). In marina, l. bianca, l. rossa, l. verde, i fanali con luci di questo colore (e analogam., la l. rossa, la l. verde dei comuni semafori, correntemente dette il rosso, il verde). In aviazione, luci di perimetro, segnali luminosi di colore stabilito (di solito rosso), disposti lungo il perimetro della zona o pista di atterraggio; luce d’ostacolo, lampada di colore convenuto (di solito rosso), e per lo più a luce intermittente, posta per indicare la presenza di un ostacolo lungo una rotta aerea o nelle vicinanze di un aeroporto. Cinema, locale a l. rossa o, più spesso, a l. rosse (in quanto segnalati da una o più lampade rosse, indicanti divieto come nei semafori), ritrovi dove si proiettano o presentano spettacoli di carattere pornografico; per estens., film, pellicola, show a l. rosse. Nelle autovetture, luci di posizione, i fanalini anteriori (bianchi) e posteriori (rossi) che si tengono accesi, invece dei fari, entro i luoghi abitati dotati d’illuminazione. 4. In senso fig., poet.: a. Detto di Dio, in quanto fonte di verità che illumina le menti e di beatitudine eterna per gli spiriti celesti: la prima l., la verace l.; per estens., nel linguaggio eccles., la beatitudine del paradiso: la l. eterna, la l. perpetua. b. Anima beata, soprattutto per lo splendore che l’avvolge, secondo l’immaginazione dantesca: Quest’è la l. de la gran Costanza (Dante). c. Anche di persona, in quanto splenda di gloria, o illustri con la sua fama il proprio paese: Ecco Anna d’Aragon, luce del Vasto (Ariosto). Come appellativo affettuoso di persona grandemente amata (in quanto illumina di gioia il cuore o la vista di chi l’ama, così come la luce illumina le cose): l. degli occhi miei, l. della mia vita, e simili: Luce degli occhi miei chi mi t’asconde? (Foscolo). 5. fig. L. degli occhi (dove degli occhi è un genitivo soggettivo, mentre negli esempî precedenti era oggettivo), la vista, in frasi quali perdere, riacquistare la l. degli occhi, esser privo della l. degli occhi; quindi amare, esser caro come la l. degli occhi, per indicare l’intensità dell’amore. Poet., la l., la vista: Noi veggiam, come quei c’ha mala luce, Le cose ... che ne son lontano (Dante), come colui che ha la vista cattiva, che è presbite; più com. al plur., le l., gli occhi: triste e sole Son le mie l. (Petrarca); In me volgeva sue l. beate (Foscolo); Morrò contento Del mio destino omai, né più mi dolgo Ch’aprii le l. al dì (Leopardi); l. torte Da ogni obietto diseguale a loro (Berni, con allusione scherzosa a persona strabica). 6. Nella terminologia tecnica, la parola assume varî sign., che si sviluppano da quello più generale di apertura attraverso cui passa la luce, o di apertura in genere. In partic.: a. Finestra, in rapporto con l’ambiente che illumina; in diritto, con senso più ristretto, s’intendono per luci (in contrapp. a vedute o prospetti) le finestre o aperture che dànno passaggio alla luce o all’aria ma non permettono di affacciarsi sul fondo contiguo. b. Ciascuna delle suddivisioni di un infisso o di un mobile: armadio a una o più luci; specchio a due l., a due scomparti (qui luce va intesa anche con il sign. di superficie riflettente). c. In architettura e nella tecnica delle costruzioni, la distanza, misurata in orizzontale, tra i piedritti di sostegno di una trave o di un arco: l. di una porta, di una finestra, di un’arcata; un ponte a tre l., a tre campate. In partic., l. di interasse, misurata tra gli assi di simmetria dei piedritti; l. netta, misurata al netto dello spessore dei sostegni; in statica, l. teorica, quella che nei calcoli tiene conto dello spessore degli appoggi. d. In idraulica, sinon. di bocca. Con sign. simile, nella tecnica, apertura atta al passaggio di un liquido o di un fluido in genere; per es., negli organi di distribuzione nei motori a combustione interna, l. di distribuzione, l. di lavaggio, l. di scarico, le piccole aperture attraverso le quali avviene l’immissione dell’aria o della miscela, o lo scarico dei gas combusti. e. In tipografia, l. di stampa, la superficie interna, cioè il vano del telaio, delimitata dai punti estremi (in alto, in basso, a destra, a sinistra) ai quali può giungere la composizione di una pagina, che è sempre inferiore di qualche centimetro al formato della carta usata. ◆ Dim. lucétta, lucina.

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