Gioco

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gioco


giòco (letter. giuòco) s. m. [lat. iŏcus «scherzo, burla», poi «gioco»] (pl. -chi). – 1. a. Qualsiasi attività liberamente scelta a cui si dedichino, singolarmente o in gruppo, bambini o adulti senza altri fini immediati che la ricreazione e lo svago, sviluppando ed esercitando nello stesso tempo capacità fisiche, manuali e intellettive: g. infantili, i varî passatempi dei bambini; giochi all’aperto, quelli della corda, del salto, della palla, ecc.; giochi di società o di sala, quelli eseguiti per intrattenere persone riunite durante una festa e sim., consistenti spesso nel proporre quesiti da risolvere e imponendo penitenze a chi perde; g. enigmistici (v. enigmistico); giochi matematici, di vario tipo (problemi e indovinelli che si risolvono con calcoli matematici; aneddoti, scherzi, pseudodimostrazioni, aritmetiche e geometriche, che conducono a risultati assurdi grazie ad errori, a passaggi non leciti, celati abilmente; combinazioni e quadri di numeri che presentano inaspettate simmetrie e regolarità); giochi di prestigio, o di bussolotti, di mano, esercizî di destrezza fatti per diletto degli spettatori; con accezione più partic., g. di parole (calco del fr. jeu de mots), bisticcio, doppio senso, fondato sul contrasto di significato fra vocaboli o locuzioni di suono identico o simile, o sequenza di parole, promossa da intenzione umoristica o ironica, e rafforzata nei suoi effetti dalla genesi immediata e imprevista, che si vale di assonanze e associazioni per deviare l’attenzione da una sfera di significati serî e impegnativi a un’altra, più semplice, familiare e talora banale, o anche per rivelare il sottinteso inconscio di un discorso. Con sign. generico: fare un g.; prendere parte al g.; essere compagni di gioco; alternare il g. e lo studio; non pensa che al g.; è (non è) un g. da ragazzi, di cosa facile (o difficile) a farsi; mi pare un g., di cosa agevole, che non richiede fatica: Pareva facile giuoco Mutare in nulla lo spazio Che m’era aperto (Montale); prov., ogni bel g. dura poco (fig., gli scherzi prolungati danno fastidio). b. Competizione, gara (spesso sinon. di sport): il g. del calcio, del baseball, del golf, del tennis, ecc. Campo di gioco, il terreno dove si svolgono esercitazioni o competizioni sportive, spec. con la palla o il pallone: campo di g. pesante, allentato, molto bagnato e molle a causa della pioggia; nei servizî sociali, ambiente, generalmente all’aperto, attrezzato per le attività ricreative dei bambini e ragazzi sotto la guida e la sorveglianza di personale specializzato. Per la locuz. fuori gioco, più frequente in grafia unita, v. fuorigioco. c. ant. Festeggiamento, manifestazione di letizia: Vidi a lor giochi quivi e a lor canti Ridere una bellezza (Dante). d. Con riferimento all’antichità greco-romana, manifestazione ginnica, o anche rappresentazione, spettacolo (traduz. del lat. ludus): g. pubblici, g. funebri; g. olimpici, pitici, istmici, ecc.; g. circensi; g. scenici; letter., gioco di Marte, la battaglia, la guerra. Per analogia, g. olimpici, le gare che si disputano alle Olimpiadi moderne; in tale senso il termine si estende fino a comprendere tutte le specialità, anche quelle (atletica, ciclismo, pugilato, scherma, ecc.) per le quali non si ha comunem. sinonimia fra gioco e sport. e. Per estens. del sign. fondamentale, in etologia, l’insieme di azioni istintive e apprese con cui alcune specie di mammiferi e di uccelli sviluppano forme attive di apprendimento per lo più attraverso combinazioni di movimenti che simulano situazioni (caccia, lotta, ecc.) di importanza vitale per l’animale. 2. a. Pratica consistente in una competizione fra due o più persone, regolata da norme convenzionali, e il cui esito, legato spesso a una vincita in denaro (posta del g.), dipende in maggiore o minor misura dall’abilità dei singoli contendenti e dalla fortuna; per es., i varî g. di carte (briscola, scopa, tressette, bridge, poker, ecc.), i g. d’azzardo (roulette, baccarà, ecc.), nei quali i giocatori rischiano denaro nella speranza di vincerne in maggiore quantità, i g. da tavolo, o più propriam. da tavola (dall’ingl. board game), nei quali i giocatori muovono pezzi, pedine o segnaposti su un apposito tabellone, eseguendo su questo mosse o spostamenti (spesso in seguito al lancio di dadi) che, in base alle caselle di volta in volta occupate, impongono o consentono azioni (cattura o perdita di pezzi, soste, penalizzazioni, pagamenti, ecc.) in base alle regole del gioco stesso (la dama, gli scacchi, il backgammon, il gioco dell’oca, ecc.); molti giochi da tavolo sono anche esplicitamente g. di simulazione (v. simulazione), le cui regole ricalcano più o meno schematicamente (talora a scopo dichiaratamente didattico) situazioni e contesti reali nei quali occorre adottare strategie e tattiche «vincenti»: per es., i g. di guerra o war games; i giochi che simulano le operazioni di borsa o gli affari economici, ecc.; i g. di ruolo, giochi nei quali i partecipanti si calano nei panni di personaggi fantastici, avventurosi e sim. (con la stessa espressione si indica anche l’attività psicoterapica nella quale si inscena una situazione di vita quotidiana che richiede ai pazienti di impersonare un dato ruolo e di contribuire a risolvere, con l’adozione di opportune strategie di comportamento, i varî problemi che quel ruolo impone). Analogam.: il g. della tombola, privato o pubblico, il g. del lotto, del totocalcio e sim.; per estens., gioco di borsa, le operazioni di borsa a termine in quanto hanno carattere speculativo e aleatorio. In matematica, teoria dei giochi, teoria originariamente messa a punto per studiare le circostanze connesse al rischio delle decisioni economiche e successivamente estesa, sulle basi del calcolo delle probabilità, alla soluzione dei problemi di competizione economica e militare, e più in generale a qualsiasi situazione in cui due o più persone, aventi interessi in contrasto, perseguono il proprio vantaggio per mezzo di strategie elaborate grazie alla conoscenza delle azioni tra le quali dovrà scegliere l’avversario e delle loro conseguenze: nel caso dei g. a somma nulla (nei quali ciò che perde un giocatore è vinto dall’altro), si dimostra in molti casi opportuna la scelta che rende minima la perdita massima che ci si può aspettare dal gioco. b. Locuzioni che si riferiscono soprattutto ai giochi d’interesse: g. permessi, proibiti (con altro senso, g. proibiti, divertimenti sessuali più o meno intimi); vincere, guadagnare, perdere al g.; barare al g.; essere fortunato, sfortunato al g.; avere il vizio, la passione del g.; essere posseduto dal demone del g.; rovinarsi al g.; casa di (o da) g., casino di gioco, bisca; tener gioco, di locali pubblici o clandestini in cui si fanno giochi d’azzardo. Mettere in gioco, propriam. versare una posta; più spesso fig., mettere una cosa in g., mettere in opera, far agire: mise in g. tutte le proprie risorse; o rischiare: ha messo in g. il proprio onore, la propria rispettabilità; essere in g., di cose, essere in discussione o in pericolo: è in g. il suo onore, la sua vita; aumentare, raddoppiare la posta in g. (fig., la posta in g., il rischio: la posta in g. è alta, e vale la pena di tentare). 3. fig. a. Azione, faccenda intricata, oppure noiosa, o rischiosa: l’oste, vedendo che il gioco andava in lungo, s’era accostato a Renzo (Manzoni); è un g. che può finir male; son curioso di vedere come finisce il gioco. Con senso più generico: alla fine del g., da ultimo: si vedrà alla fine del g. chi ha ragione; il bello del g., la parte più interessante di una faccenda; entrare in g., intervenire in una questione, aver peso in qualche cosa: qui entrano in g. diversi fattori; entra in g. l’astuzia, l’interesse. b. Scherzo, burla: non sono g. da farsi, questi!; farsi, prendersi, pigliarsi g. di uno, prenderlo in giro, beffarlo, tentare di fargli apparire ciò che non è; mettere, volgere tutto in g., in scherzo; mettere (meno com. prendere) in g. una persona, schernirla, beffarla: Son dal volgo deriso e messo in gioco (Redi); da tutti ... era preso in giuoco (Leopardi); essere il g. di qualcuno, esserne lo zimbello. c. Come termine di caccia, ciascuno degli allettamenti predisposti nelle tese, uccellande, capanni, ecc. per attirare gli uccelli e poterli catturare: g. vivo o g. morto, secondo che si tratti di uccelli vivi oppure di stampe e altri zimbelli e richiami non viventi. d. Finzione: è stato tutto un g.; g. scenico, con varî sign.: finzione scenica, modo o tecnica della recitazione (o dello spettacolo), componimento drammatico o teatrale in genere; in marina, gioco di guerra navale, simulacro di azione tattica navale, fatto con modellini di navi, a scopo di esercitazione degli ufficiali di marina (oggi per lo più sostituito da simulazioni al computer). e. Atto, gesto, nel prov. g. di mano, g. di villano. 4. Il tempo che un gioco dura, giro, partita: al principio, alla fine del g., a metà gioco. In parecchie competizioni (come il gioco del tamburello, o del pallone al bracciale), una delle divisioni del punteggio della partita; nel tennis, termine corrispondente all’ingl. game (v.). 5. a. Il complesso delle norme di un gioco o il sistema particolare che uno segue nel gioco: conoscere il g., le regole e le astuzie del gioco: chi sa il g. non l’insegni (prov.); fare un g. calcolato, prudente, audace, rischioso. Nello sport, avere un g. leggero, pesante, pericoloso; in partic.: nel calcio, gioco di testa, quello del giocatore che adopera, invece dei piedi, la testa per i passaggi del pallone, o anche per lanciarlo in rete; nel tennis, gioco di volo, l’azione per cui si colpisce la palla in arrivo prima che tocchi terra; nel pugilato, gioco di gambe, il particolare movimento sul quadrato dell’atleta, il quale si sposta continuamente, saltellando, in modo da poter abilmente evitare i colpi dell’avversario e trovarsi sempre nella posizione adatta a colpire. In senso fig., modo di agire, di procedere: è tempo di cambiare gioco. b. Ciò che si mette in gioco come posta: vincere, perdere il g.; raddoppiare il g.; fare un g. forte, puntare forti somme. Per la frase fig. il g. non vale la candela, v. candela, n. 1. c. Il complesso degli oggetti necessarî a un determinato gioco: acquistare un g. di scacchi, un g. di carte; ha rotto un pezzo del gioco. Per analogia, assortimento di cose destinate a essere usate insieme; in partic., nell’attrezzatura navale, il corredo completo di oggetti di una stessa specie che una nave porta a bordo in dotazione: gioco di vele, di tende, di bandiere, ecc. d. La combinazione delle carte che sono distribuite a ciascun giocatore e la situazione nella quale egli viene a trovarsi rispetto alla probabilità di vincere: avere g. a cuori, a picche; avere buon g., avere carte favorevoli e, fig., avere molte probabilità di riuscita in un’impresa, o, con altro senso, avere una superiorità su qualcuno, tenere in scacco un avversario: hai buon g. su di me, perché sai che non posso reagire. In senso più ampio, con riferimento anche ad altri giochi, la predisposizione calcolata delle carte da giocare o delle mosse da fare per superare l’avversario o metterlo in scacco: nascondere, coprire, dissimulare il proprio g., anche fig., nascondere i mezzi che si vogliono impiegare per riuscire in qualche azione o impresa; al contr., scoprire, rivelare il proprio g., in senso proprio e fig.; analogam., intuire, scoprire, guastare, rovinare, mandare all’aria il g., del compagno o dell’avversario (sempre dell’avversario, nell’uso fig.). Altre locuzioni fig.: fare il g. di qualcuno, fare il suo interesse; in competizioni sportive, l’espressione è riferita alla condotta di gara di uno o più concorrenti che con la loro azione giovino, volontariamente o no, a un altro o ad altri partecipanti alla gara stessa; fare gioco, giovare, far comodo: allora, quei soldi m’avrebbero fatto g.; all’occasione tutto fa g.; fare buon viso a cattivo g., adattarsi, rassegnarsi a una situazione sfavorevole, dissimulando il proprio malcontento. Per la locuz. fare il doppio g., v. doppio, n. 2 d. 6. a. Movimento che un pezzo meccanico, un elemento di un congegno, o di più organi collegati insieme, compie all’interno o a contatto di altri elementi: il g. dello stantuffo, il g. di una chiave nella serratura, il g. degli ingranaggi; analogam., nel corpo umano (o animale): il g. delle articolazioni; sotto la pelle il gioco de’ muscoli era così palese che faceva quasi pena (D’Annunzio). Anche fig.: il g. delle forze che agitano il mondo; il g. delle correnti di partito, dei gruppi di potere; il g. delle alleanze e sim. b. Più in partic., nelle costruzioni meccaniche, piccolo spazio compreso, in un accoppiamento di elementi, tra le due superfici affacciate (per es., tra perno e cuscinetto, tra stantuffo e parete del cilindro), che può essere predeterminato (g. di lavorazione) oppure conseguente all’usura o a deficiente lubrificazione degli elementi dell’accoppiamento: lasciare un po’ di g. al perno; la leva del cambio ha troppo gioco. c. Nel linguaggio di marina, genericam., il lasco di un collegamento qualunque (per mezzo di funi, meccanico, o d’altro tipo qualsiasi). 7. Particolare effetto di movimento o di contrasto, soprattutto luminoso, prodottosi naturalmente o ottenuto artificialmente: un g. d’ombre, d’ombre e di luci; più spesso al plur.: giochi di luce, riflessi mobili che la luce eccita in un corpo col movimento di questo o della sorgente luminosa; anche, l’effetto di chiaroscuro che l’alternarsi della luce e dell’ombra produce in un quadro, in un paesaggio, in una rappresentazione scenica; analogam., giochi d’acqua, piacevole effetto di getti d’acqua combinati insieme con la differente disposizione dei tubi da cui escono i getti stessi. ◆ Dim. giochétto, gioco piacevole, divertimento (fig., lavoro o impresa che non richiede nessuna fatica: è un giochetto per me; anche imbroglio, frode fatta con arte, azione poco delicata o sleale: m’ha fatto un giochetto che non m’aspettavo da lui); giocherèllo; giochino; pegg., non com., giocàccio, un gioco mal giocato o mal riuscito.

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