Dìodo

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diodo


dìodo s. m. [comp. di di-2 e -odo1]. – Dispositivo elettronico a due terminali, caratterizzato da una conducibilità marcatamente unidirezionale, che può essere usato come raddrizzatore, nei circuiti rivelatori e in varî altri circuiti; si distinguono diodi a vuoto e a gas (in partic. a vapori di mercurio), tubi termoelettronici o termoionici a due elettrodi (anodo e catodo), e diodi a semiconduttori, che sfruttano le proprietà di conduzione dei materiali semiconduttori. Questi ultimi possono essere a punta, costituiti da un monocristallo di germanio o silicio su cui preme la punta di un sottile filo elastico, detto baffo di gatto (di tungsteno, bronzo solforoso, oro) portato da un elettrodo, e racchiusi in un involucro di protezione di vetro o di altro materiale isolante; o a giunzione, nei quali possono circolare correnti molto intense, realizzati mediante il contatto di due semiconduttori drogati in maniera diversa in modo da avere diversa conducibilità; queste due categorie principali, e spec. quella dei diodi a giunzione, si suddividono poi in molti tipi, caratterizzati da proprietà particolari di conducibilità elettrica: d. a effetto di campo, d. a tempo di transito, d. a effetto tunnel, ecc. In partic.: d. fotoconduttore, nel quale la conduttività dipende dall’intensità di luce che colpisce il dispositivo, impiegato come fotorivelatore; d. fotoemittente, diodo a giunzione, più noto come LED (v.), che, percorso da corrente elettrica, emette luce; d. controllato, lo stesso che raddrizzatore controllato.