Càrcere

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carcere


càrcere s. m. e f. [lat. carcer -ĕris, in origine «recinto» e più propr., al plur., le sbarre del circo dalle quali erompevano i carri partecipanti alle corse; poi «prigione»]. – 1. Luogo in cui vengono rinchiuse, per ordine del magistrato o di altre autorità, le persone private della libertà personale (sinon., meno pop., di prigione): mettere, andare in c.; scontare una pena in c.; uscire di o dal carcere. Il femm. la carcere è ormai letter. o ant.: formando così della c. medesima o del volontario esilio una parte di pena (Beccaria); il plur. è di forma femm., le carceri (usato spesso anche per indicare un carcere singolo): c. giudiziarie, c. mandamentali, espressione con cui si definivano prima della riforma dell’ordinamento penitenziario (1975) gli istituti di custodia preventiva e di esecuzione della pena, siti rispettivamente nei capoluoghi sedi di tribunale e nelle città sedi di pretura; c. di massima sicurezza, istituti penitenziarî destinati all’esecuzione delle pene nei confronti di soggetti particolarmente pericolosi. Per analogia, Eremo delle c., luogo di ritiro di s. Francesco, in una foresta di querce e lecci sulle pendici del Subasio. 2. fig. Qualsiasi luogo dove si sia costretti a vivere rinchiusi o in cui si stia malvolentieri; in partic., nel linguaggio poet., c. corporeo, c. dell’anima e sim., il corpo; cieco c., c. cieco in Dante (Inf. X, 59; Purg. XXII, 103), l’inferno. 3. In alcuni codici penali del passato, e ancora nel linguaggio com., la reclusione stessa, come pena detentiva, o, in genere, come privazione della libertà personale: condannare a tre anni di c.; avere fatto, o scontato, sei mesi di c.; c. preventivo, lo stesso che carcerazione, o custodia, preventiva; c. a vita, l’ergastolo; c. duro, c. durissimo, sistemi carcerarî dell’Austria nel sec. 19° con particolari aggravamenti di pena: «Il carcere duro significa essere obbligati al lavoro, portare la catena a’ piedi, dormire su nudi tavolacci, e mangiare il più povero cibo immaginabile. Il durissimo significa essere incatenati più orribilmente, con una cerchia di ferro intorno a’ fianchi, e la catena infitta nel muro ...» (Pellico). TAV.