Altézza

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altezza


altézza s. f. [lat. tardo altĭtia, per il class. altitudo]. – 1. In generale, una delle tre dimensioni di un corpo, di solito quella verticale (le altre due sono la lunghezza, o larghezza, e la profondità, o spessore): a. di un albero, a. di un uomo. In termini più precisi, la distanza, misurata verticalmente, di un punto da una superficie o da una linea di riferimento: fissare la mensola a due metri di a. dal pavimento. Genericam., distanza verticale dalla superficie terrestre: l’aquila, l’aeroplano volava a grande altezza. Con accezioni specifiche: a. In geografia, la differenza di quota tra due punti misurata lungo la verticale: di solito la superficie di riferimento è rappresentata dal livello del mare, per cui si distingue l’a. assoluta riferita al livello medio del mare (che si misura in metri sul livello del mare e si indica con la sigla m. s. m. cioè «metri sul mare») dall’a. relativa riferita ad altro punto od oggetto; es.: l’a. assoluta del Monte Bianco è di m 4810. b. In aeronautica, a. minima di volo, la quota minima di volo che può tenere un velivolo sul terreno o sull’acqua; a. critica, la quota al disotto della quale non può essere condotto l’avvicinamento all’atterraggio se non vi sia visibilità del suolo. c. In balistica, a. di scoppio, la distanza del punto in cui scoppia un proietto, dalla linea di sito, misurata sulla perpendicolare a questa linea. d. In geometria, a. di un triangolo, relativa a un lato AB assunto come base, è il segmento (e la misura di questo segmento) della perpendicolare condotta dal vertice alla base AB o al suo prolungamento; a. di un parallelogramma (in particolare di un rettangolo), la distanza tra due lati opposti, tra di loro paralleli (ciascuno dei quali può essere assunto come base); a. di una piramide, o di un cono, il segmento della perpendicolare condotta dal vertice alla base, e la sua misura; a. di un parallelepipedo (rettangolo o no), la distanza tra i piani paralleli contenenti le due basi, ecc. Locuzioni più com.: tracciare, condurre, costruire l’a. di un triangolo, di un cono, ecc.; misurare o calcolare l’a. di un parallelogramma. e. In marina: a. di costruzione, o puntale, la distanza tra la faccia superiore della chiglia e la retta del baglio maestro del ponte di coperta, misurata a metà distanza tra le perpendicolari, ossia a mezza nave; a. metacentrica, longitudinale o trasversale, la distanza fra il centro di gravità di una nave e il suo metacentro longitudinale o trasversale. f. In tipografia, a. tipografica, la distanza tra la superficie dell’occhio di una lettera (o di una riga) tipografica e il piede della stessa, misurata in punti tipografici. g. Di una stoffa (in pezza), la distanza fra le due cimose, generalmente di 70 cm; doppia a., quando è doppia del normale (generalmente 140 cm) e la stoffa è avvoltolata in doppio sul supporto della pezza. h. In astronomia, a. di un astro sull’orizzonte, l’ampiezza (espressa usualmente in gradi sessagesimali) dell’arco di cerchio verticale compreso tra l’astro e l’orizzonte, ossia l’angolo che la visuale dall’osservatore all’astro forma col piano orizzontale per l’osservatore. i. Di acque, profondità: in questo punto l’a. del mare è di circa 200 metri. Con sign. più particolari in idraulica, nelle locuz. a. cinetica, a. idrometrica, a. piezometrica, v. i singoli aggettivi. 2. a. Punto o luogo alto da terra: cadere, gettarsi da grande a.; come si respira bene a quest’a.!; a guardare da quest’a. mi vengono le vertigini. In senso più concr., sommità, cima: Ch’io perdei la speranza de l’a. (Dante); grande distanza da terra: prendere altezza, di un velivolo, prendere quota. Fig.: tentavano con penne di aquila le a. quasi empiree della libertà e della fede (I. Nievo); sa sollevare l’uditorio ad a. inattese; essere all’a. dei tempi, sentire e agire in modo conforme all’evoluzione dei tempi in cui si vive; essere all’a. della situazione, esser capace di affrontare e superare le difficoltà ch’essa oppone; essere all’a. di capire, d’intendere, essere in grado (con quest’ultima accezione, anche assol., per ellissi, soprattutto in frasi negative: è meglio che tu taccia, non sei all’a.!, sottint. di capire); non credo ch’egli sia all’a., o anche non lo credo o non lo ritengo all’altezza (la locuz. essere all’a. di ricalca il fr. être à la hauteur de). b. In altro senso fig., nobiltà, eccellenza, perfezione: a. d’animo, a. di sentire, a. d’ingegno; grandezza di stato: O patria mia,... Come cadesti o quando Da tanta a. in così basso loco? (Leopardi); le a. e le miserie dell’impero di Roma (Carducci). Con sign. sim., è anche titolo rivolto in origine ai re, e poi, dal sec. 16°, ai principi sovrani minori e ai figli degli imperatori e dei re: A. Reale, A. Imperiale, A. Serenissima, ecc. 3. In determinazioni geografiche, equivale a latitudine: la tempesta sorprese il piroscafo all’a. del Capo di Buona Speranza (cioè, sullo stesso grado di latitudine, e s’intende in luogo non molto distante). Sim., in altre indicazioni di luogo: il giardino si trova all’a. di Piazza Cavour, sulla medesima linea, rispetto ad altro punto di riferimento. 4. In acustica, a. o acutezza di un suono, uno dei suoi caratteri distintivi, individuato dalla frequenza (crescendo la frequenza, si dice che l’a. del suono cresce, cioè il suono si fa più acuto, più alto, meno grave; il contrario, se si dice che l’a. del suono diminuisce). Il termine ha sign. analogo in fonetica, come qualità che interviene nella pronuncia dei fonemi vocalici, dipendente dalla diversa impostazione delle corde vocali, in diretto rapporto cioè con il crescere o il diminuire della tensione e dell’accostamento delle corde.

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