Wilson, Woodrow

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Wilson, Woodrow

Massimo L. Salvadori

Uno studioso prestato alla politica

Insigne studioso e professore universitario, Woodrow Wilson mise la sua cultura al servizio della politica e, eletto presidente degli Stati Uniti, si qualificò come un coraggioso riformatore. Nel 1917, rompendo la tradizionale posizione isolazionistica degli Stati Uniti in politica estera, portò il suo paese nel primo conflitto mondiale. Fu promotore della costituzione della Società delle nazioni, ma l’ingresso nella Società venne poi respinto dagli Stati Uniti con sua grande delusione

Dalla cattedra al potere

Thomas Woodrow Wilson nacque a Staunton, in Virginia, nel 1856, nella famiglia di un pastore presbiteriano. Dopo studi brillanti a Princeton, divenne prima professore poi presidente di quella università. Nel 1910 fu eletto governatore del New Jersey nelle file del Partito democratico. Nell’esercizio di tale carica diede prova di capacità amministrative e si qualificò come un riformatore e moralizzatore della vita pubblica.

Si presentò con successo alle elezioni presidenziali del 1912 come candidato democratico. Da presidente degli Stati Uniti perseguì una linea basata su alcuni obiettivi ben precisi: combattere le grandi corporations, ossia le grandi società che soffocavano la libera iniziativa economica, sottoporre il sistema bancario al controllo del governo federale, ridurre le barriere doganali che contribuivano al rialzo del prezzo delle merci, tutelare i diritti dei lavoratori e delle loro organizzazioni sindacali. In politica estera non esitò a proteggere gli interessi americani con ripetuti interventi militari nel Messico sconvolto dalla rivoluzione.

L’intervento americano nella Prima guerra mondiale

Quando nel 1914 scoppiò la Prima guerra mondiale Wilson ribadì la linea tradizionale dell’isolazionismo degli Stati Uniti dagli affari europei e quindi della neutralità.

Fu però indotto a cambiare posizione dal pericolo di una vittoria tedesca. Sicché, dopo lo scatenamento della guerra sottomarina illimitata da parte della Germania, guerra che provocò la morte anche di numerosi cittadini americani, il presidente – rieletto nel 1916 – indusse nell’aprile 1917 il Congresso ad approvare l’ingresso degli Stati Uniti nel conflitto.

Nel gennaio 1918 egli proclamò i 14 punti sui quali a suo avviso avrebbe dovuto poggiare la ricostruzione dell’ordine internazionale, i cui pilastri erano la libertà commerciale, la democrazia, il diritto dei popoli oppressi all’indipendenza, la costituzione di una Società delle nazioni quale garante della pace (organizzazioni internazionali).

Egli affidava agli Stati Uniti il compito di guidare la comunità mondiale.

Il fallimento del progetto wilsoniano

Finita la guerra mondiale, Wilson, la cui popolarità nel mondo era giunta al massimo, prese parte alle trattative di pace a Versailles. Ben presto i suoi propositi di stabilire una pace di compromesso con le potenze sconfitte vennero frustrati dalla volontà di Francia e Gran Bretagna di imporre all’Austria e soprattutto alla Germania umilianti condizioni, tali da impedire a ogni costo la rinascita della potenza tedesca.

Wilson si piegò agli obiettivi del francese Georges Clemenceau e dell’inglese Lloyd George, giungendo a dare il proprio avallo a un trattato che contraddiceva le sue intenzioni e i suoi obiettivi. Il risultato fu che in Germania sorse un pericoloso revanscismo, cioè un desiderio di rivincita che in breve tempo mise robuste radici costituendo il terreno preparatorio dell’avvento di Hitler al potere nel 1933.

La Società delle nazioni auspicata da Wilson venne sì creata, ma essa risultò immediatamente indebolita dal rifiuto del Senato americano di farvi entrare gli Stati Uniti (1920).

Per Wilson ciò significò una bruciante sconfitta. Egli ben comprendeva che senza la presenza statunitense il nuovo organismo sarebbe caduto sotto il controllo degli imperialisti francesi e inglesi. Sentirsi abbandonato dal proprio paese fece cadere il presidente in una profonda depressione.

Ormai in uno stato di salute quanto mai precario (era stato colpito da paralisi), dovette assistere nel 1920 alla vittoria del repubblicano Warren G. Harding, deciso a riportare gli Stati Uniti all’isolazionismo, lasciando l’Europa a sé stessa. Morì a Washington nel 1924.

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