VESTFALIA

Enciclopedia Italiana (1937)

VESTFALIA (ted. Westfalen; A. T., 51-52, 53-54-55)

Giuseppe CARACI
Delio CANTIMORI
Romolo QUAZZA

È una delle regioni storiche della Germania, tra il Hannover e le provincie renane, e quindi al margine O. dell'espansione tedesca. Oggi per Vestfalia s'intende la provincia creata nel 1815 e nel 1819 passata alla Prussia; provincia costituita da un gran numero di piccole unità storiche (ducato di Vestfalia, vescovado di Münster principati di Minden, Paderborn, Corvey, Dortmund e Siegen, contee di Ravensberg, Mark, Teklenburg, Lingen, ecc.) e che copre una superficie di 20.209 kmq. tra il Hannover, l'Assia-Nassau,]e provincie renane e la frontiera olandese, la quale ultima s'estende da Gendringen a Gronau.

La Vestfalia non rappresenta una regione naturale, ma consta di zone pertinenti a regioni diverse, tanto dal punto di vista morfologico, quanto per ciò che si riferisce al popolamento e all'evoluzione economica. E lo stesso è da ripetere dei tre circondarî (Regierungsbezirke) in cui è divisa: Münster (7256 kmq.), Minden (5265 kmq.) e Arnsberg (7688 kmq.). Una metà all'incirca del territorio della provincia è compreso nel dominio della grande pianura germanica, che qui si protende a guisa di golfo (Münsterbucht) tra più serie di rilievi che la orlano e la chiudono verso E., SE. e S. Questi rilievi rappresentano i margini rialzati di un bacino di sprofondamento. Verso S. la fronte del Haarstrang e del Sindfeld s'alza fin sopra i 300 m. sulla piatta distesa di assise cretaciche ricoperte da deposizioni diluviali e alluvionali con cui la Vestfalia scende tra Ems e Reno, e ancora più a S. lo zoccolo del massiccio ercinico renano tocca nei Rothaargebirge gli 840 m. (Kahler Asten), per deprimersi però rapidamente verso O. (Ebbe Gebirge, 666 m.), senza raggiungere neppure la valle del Reno. Questa regione meridionale - il Sauerland - è, per le sue scarse risorse agricole, la più povera della Vestfalia. La cintura di rilievi si continua, oltre il Sindfeld, verso N. e NO. col lungo cimale dell'Osning Wald, proseguito nella stessa direzione dalla Selva di Teutoburgo. Le altezze massime non superano qui i 446 m. (Barnacken), e anche più modeste si tengono nei Wesergebirge e nei Wiehengebirge, che il corso del Weser intaglia alla Porta Vestfalica. Tanto qui, quanto nelle regioni meridionali si tratta di forme piuttosto molli e indecise, più di colline che di monti, e dove tuttavia le incisioni epigenetiche dei fiumi hanno aperto brecce anguste e profonde, con ricco sviluppo di meandri incassati. Alle alture corrispondono di regola lembi boschivi, e perciò un paesaggio e un'economia che vivamente contrastano con quelli dei fondovalle, anche all'infuori dal prevalere della grande industria. Nelle regioni di pianura e nelle stesse superficie penepianate più alte, i terreni coltivabili si alternano non di rado con acquitrini (Moore), specie verso N. e O., mentre nelle lande della Sennerheide, a N. di Paderborn, le sabbie glaciali, ora in gran parte riconquistate al bosco, si dispongono in lunghi cordoni di dune.

Il clima ha carattere continentale temperato, col solito contrasto proprio dei paesi renani tra le condizioni relativamente privilegiate dei fondovalle, a temperature più miti (8°-9° di media annua; anche nel bacino di Münster la media di gennaio si tiene intomo a 1°), e quelle meno favorevoli degli altipiani, dove neve e gelo sono assai più frequenti. Le piogge risultano dappertutto sufficienti ai bisogni dell'agricoltura: da 600 a 700 mm. annui, in media, nelle zone più basse, salgono fin oltre 1 m. in corrispondenza dei cercini più elevati.

Le acque vanno per la maggior parte al Reno e all'Ems, attraverso un fitto reticolo di affluenti (Lippe, Ruhr, Lenne, Werse, Diemel, ecc.), salvo che a E. della Selva di Teutoburgo e dei contrafforti che la continuano verso S., che è zona tributaria dell'alto Weser. I fiumi hanno largamente contribuito alla messa in valore della Vestfalia, soprattutto col favorirvi le comunicazioni dove queste, date le condizioni del rilievo, sarebbero state meno agevoli.

Poco meno di una metà della provincia è nel dominio dell'arativo, poco più di un quarto in quello della foresta, e il rimanente per lo più del pascolo, con una piccola percentuale d'improduttivo. Agricoltura, allevamento e silvicoltura sono state ab antiquo la base dell'economia regionale, che ha fatto della Vestfalia una delle unità sotto questo riguardo meglio favorite della Prussia. Le condizioni sono però rapidamente cambiate quando, con lo sviluppo della grande industria (all'incirca dopo la seconda metà del secolo XIX), si sono potute mettere in valore le copiose e varie risorse minerarie di cui si disponeva in situ: carbone, ferro, piombo, rame, zinco, calamina, antimonio, materiali da costruzione, ecc.; risorse alla cui trasformazione prestavano e prestano valido concorso, insieme con l'abbondanza delle acque, la disponibilità della mano d'opera - data la già densa popolazione rurale e il forte parcellamento della proprietà fondiaria - e la facilità delle vie di comunicazione. Sebbene la Vestfalia produca notevoli quantitativi di cereali (specialmente segale e avena) e di patate, non basta al proprio consumo interno. L'allevamento, in cui prevalgono i bovini e i suini, è in fiore (6 capi bovini e 12 suini ogni 10 abitanti nella regione di Bielefeld), e tende a svilupparsi sempre più a danno delle colture cerealicole, i cui prodotti si rivelano via via meno remunerativi, per la concorrenza straniera. Netto è, nella provincia, il contrasto fra le zone in cui l'agricoltura è rimasta ancora l'occupazione prevalente (Münsterland, Hellweg, Warburger Börde), e quelle in cui la grande industria dà ormai il tono al paesaggio, com'è soprattutto verso SO., dove, tra Emscher e Ruhr, non appare più alcuna soluzione di continuità tra i grossi agglomerati urbani che s'iniziano sulle rive del medio Reno. Perciò la densità della popolazione varia in Vestfalia tra limiti abbastanza larghi da settore a settore: massima nel circondario di Arnsberg, dove si superano in complesso i 330 ab. per kmq., scende a poco più di 200 in quello di Münster, e al disotto di questa cifra nel distretto di Minden. Se si tiene conto che nella prima delle tre circoscrizioni una parte considerevole della superficie è occupata da boschi - il circondario è anzi il più ricco di foreste, in rapporto all'area, di tutta la Germania - risulta evidente come, anche per tratti abbastanza estesi, la densità della popolazione tocchi e oltrepassi, nella Vestfalia sud-occidentale, i 1000 ab. per kmq. In complesso si può dire che la densità vada decrescendo dalle due parti, cioè a N. e a S., di una fascia che dal Reno, per Dortmund, Hamm e Wiedenbrück, si porta verso Bielefeld e Herford.

La popolazione della Vestfalia, che all'epoca della creazione della provincia si aggirava intorno a 1 milione di ab. (1816), saliva a oltre 3,6 all'inizio del sec. XX e superava i 4 milioni prima della guerra mondiale, per toccare 4,8 milioni nel 1925 e oltrepassare i 5 milioni nel 1931. L'aumento, rapidissimo in corrispondenza al primo sviluppo delle industrie e al loro fortunato fiorire, ha poi a poco a poco rallentato il suo ritmo. L'attivo del bilancio demografico ha raggiunto tra il 1895 e il 1900 fino il 33% e meritato così un posto di avanguardia nella storia demografica tedesca, ma si è ridotto a non più del 25% tra il 1900 e il 1905, per scendere intorno al 10% negli ultimi anni.

La popolazione rurale (Bauernschaft) vive di preferenza sparsa nelle campagne, in grosse case isolate di tipo nordico, o - verso occidente - riunita in piccoli nuclei che si sono venuti costituendo attorno ai castelli medievali e alle abbazie. I centri urbani, piuttosto numerosi, hanno avuto vita soprattutto dal commercio, e più tardi dall'industria; in questo secondo caso, coi soliti caratteri di tutte le città europee a rapida crescenza. Secondo il censimento del 1931, ben 6 delle 52 città tedesche con popolazione superiore ai 100 mila abitanti si trovano in Vestfalia: Dortmund, Gelsenkirchen, Bochum, Hagen, Bielefeld e Münster. Le prime quattro appartengono al distretto renano, la quinta è al centro di una zona industriale, e l'ultima è la capitale storica della regione. Alcuni di questi centri e dei non pochi che alla stessa data oltrepassavano i 50 mila abitanti (Bottrop, Kastrop-Rauxel, Gladbeck, Hamm, Herne, Recklinghausen, Wanne-Eickel, Wattenscheid, Witten) erano modesti borghi rurali verso la fine del sec. XIX, o addirittura ancora dopo la guerra mondiale. Tuttavia è da notare che dopo il 1925 si è già delineata una battuta d'arresto: Bochum e Gelsenkirchen hanno segnato una piccola diminuzione nel numero dei loro abitanti. Anche più significativo è il fatto che per i bisogni di mano d'opera di questa regione industriale sia stato alla fine necessario far posto a immigranti non tedeschi. Il censimento 1925 segnalava in Vestfalia oltre 12 mila Polacchi, altrettanti Olandesi, Cecoslovacchi e Austriaci, 5 mila Iugoslavi, più di 3 mila Italiani, ecc.; in complesso poco meno di un 15% di stranieri. Della popolazione della Vestfalia circa una metà segue il cattolicismo (vescovato di Münster e di Paderborn), e poco meno di metà sono protestanti.

Due, come s'è detto, sono i distretti industriali più importanti della Vestfalia. Il primo, che è di gran lunga il maggiore, continua il noto bacino carbonifero della Ruhr: la vicinanza di cospicui depositi di minerali metallici, e specialmente del ferro, vi ha favorito il sorgere e l'affermarsi della grande metallurgia, con tutto il corteo delle industrie di trasformazione: acciaierie e laminatoi a Dortmund, Bochum, Witten, Wattenscheid, Schalke, ecc., macchine a Dortmund, armi a Witten, ecc. Lo sfruttamento delle ricche miniere di carbon fossile tende a continuarsi via via verso N., nonostante le maggiori difficoltà di estrazione. Quanto ai minerali metallici, si è costretti a ricorrere sempre più largamente all'importazione. Minore importanza ha, più a N., il piccolo bacino carbonifero di Ibbenbüren. Il secondo distretto, nella zona di Bielefeld e Herford, è caratterizzato piuttosto dal prevalere delle industrie tessili, il cui massimo centro è, nella Vestfalia, appunto Bielefeld (dove tuttavia sono del pari ben rappresentate anche le industrie pesanti).

Oltre che di numerose ferrovie e di un fitto reticolo stradale, la Vestfalia beneficia di ottime vie d'acqua: la maggior parte di queste gravita verso il Reno per la Lippe e la Ruhr. Quest'ultima è poi congiunta con l'Ems per mezzo del canale di Dortmund, in modo da permettere di convogliare il traffico verso i porti marittimi tedeschi.

Bibl.: O. Brandt e O. Most, Heimat- und Wirtschaftskunde für Rheinland und Westfalen, Essen 1913-14; H. Hemmer e P. Deschamps, Le Bauer de Münsterland, Parigi 1914; P. Sartori, Westfälische Volkskunde, Lipsia 1922; T. Wegner, Geologie Westfalens und der angrenzenden Gebiete, Paderborn 1926; O. Tiwisina, Die Städte des untersten deutschen Niederrheintales, Münster 1928; H. Aubin, O. Buhler, B. Kuske, A. Schulte, Der Raum Westfalen, Berlino 1931; W. Hartnack, Morphogenese des nordostrheinischen Schiefergebirges, Greifswald 1932; G. Schath, Hannover und Westfalen in der Raumgeschichte Nordwestdeutschland, Brunswick 1932; F. Eulenstein, Die verschiedenen Typen der Arbeitsiedlungen einer Industrielandschaft, dargestellt am Beispiel von Gross-Dortmund, in Geogr. Anzeiger, XXXV (1933), pp. 241-45; H. Rosemberg, Das Möser-Land, Bonn 1933; F. Didier, Die Wanderung des Ruhrbergbaus und die Auswirkung auf Kokerei und Nebengewinnung, in Glückauf, Essen, LXX (1934), pp. 369, 693 e 830.

Il ducato e il regno di Vestfalia.

Il ducato di Vestfalia fu costituito nel 1180, e ne fu investito l'arcivescovato di Colonia.

Comprendeva già al principio solo una parte della regione geografica dello stesso nome, e precisamente il territorio della Ruhr e della Lippe fino al Berkel, mentre d'altra parte comprendeva anche l'Engern, che originariamente costituiva una regione distinta dalla Vestfalia; con l'autonomia acquistata dalla contea di Mark, e col cadere di alcuni territorî dell'antica Vestfalia sotto la sovranità feudale di Colonia, il ducato di Vestfalia vero e proprio si andò limitando alla metà orientale dell'antica Vestfalia.

La sua storia non si distingue da quella della città e dell'arcivescovato di Colonia, benché il ducato di Vestfalia avesse amministrazione autonoma, proprî statuti, e proprie diete, che si tenevano ad Arnsberg, dove risiedeva anche il governo vestfalico, tenuto da un Landdrost, che riuniva in sé le qualità di governatore e di vicario dell'arcivescovo-elettore. Nel 1803 il ducato di Vestfalia passò a far parte del granducato d'Assia Darmstadt, quasi integralmente.

Con la pace di Tilsit anche l'Assia (solo in parte) entrò a far parte del regno di Vestfalia, fondato da Napoleone il 10 febbraio 1807 unendo all'Assia (territorî elettorali, eccetto Hanau, Smalcalda e il basso Katzenellenbogen), l'Altmark, Magdeburgo, Halberstadt, Hildesheim, Goslar, Mühlhausen, Paderborn e altri territorî prussiani, Gottinga, Osnabrück e altri territorî del Hannover, della Sassonia, e infine la contea di Nietberg.

A capo del regno di Vestfalia che poi entrò a far parte della Confederazione Renana, Napoleone pose il fratello Girolamo, il più giovane dei Bonaparte, che aveva la sua residenza a Kassel, e che il 15 novembre 1807 diede ai sudditi una costituzione modellata su quella francese.

Gli "stati" del regno comprendevano cento membri: 70 rappresentanti della proprietà fondiaria, 15 del commercio e dell'industria, 15 dell'università e della dottrina. La storia del regno di Vestfalia è limitata a quella dell'amministrazione e della vita interna del paese. Mancò quivi ogni tentativo e ogni traccia di vita autonoma entro il quadro dell'impero e quello delle guerre di liberazione. La macchinosa amministrazione, guidata da tre Francesi (J.-B.-M. Jollivet, J.-J. Siméon, J.-C. Beugnot), appesantiva i principî liberali e le possibilità di riforme civili, sociali, contenute nella costituzione, tanto più che all'imperatore veniva riservato il diritto d'intervento per ragioni militari e di polizia. La metà del demanio doveva servire a ricompensare i generali dell'imperatore, mentre il regno doveva mantenere una guarnigione di 12.500 soldati, che risiedeva a Magdeburgo. Se si aggiungono a questi gravami i debiti di guerra arretrati che alcune provincie del nuovo regno dovevano ancora versare, si capisce come questo si trovasse fino da principio in una situazione finanziaria gravissima, che i due ministri tedeschi delle finanze, H. von Bülow e K. A. von Malchus, non poterono risolvere, nonostanti tutti i loro sforzi; enorme era la quantità delle spese, superiori di tre volte alle entrate. L'oppressione fiscale, alla quale s'aggiungeva l'acquartieramento delle truppe di occupazione, mentre la coscrizione sottraeva energie lavorative, condusse a una forte depressione economica, tanto nel campo dell'agricoltura quanto in quello dell'industria e del commercio. Il malcontento delle popolazioni era accresciuto dalla sfarzosa vita della corte, attorno all'inetto se pur benintenzionato Girolamo: ed esso si manifestò nell'accoglienza delle popolazioni stesse ai tentativi di ribellione come quello del maggiore prussiano F. von Schill, che, nell'intento di sollevare l'Assia e la Vestfalia, partì il 28 aprile 1809 da Berlino alla testa dei suoi ussari e, attraversata l'Elba, il 28 maggio si impadronì di Stralsunda, dove però cadde il 31, sopraffatto da Danesi e Olandesi.

L'aumento territoriale derivante dall'annessione della maggior parte del Hannover (1810), già impoverito per conto suo dal dominio napoleonico, non arrecò sollievo al regno; e poco dopo (1811) molti territorî di questo vennero annessi alla Francia, mentre venivano ad acquartierarsi in Vestfalia altri 6000 soldati francesi, sempre a carico della popolazione. Il regno di Vestfalia soffrì duramente per la campagna di Russia: oltre a un nuovo prestito di 5 milioni di franchi, accompagnato dalla sospensione dei pagamenti degl'interessi dei titoli governativi e dalla riduzione del debito pubblico precedente a un terzo del valore nominale, venne imposto al regno di Vestfalia - per ricostituire l'esercito vestfalico perduto in Russia, con tutti gli armamenti e i servizî - un fortissimo aumento dell'imposta fondiaria (il quinto del reddito netto); ma la resistenza delle popolazioni alla pressione fiscale e alla coscrizione, fu così forte che si dovette stabilire la pena di morte per la diserzione e di tre anni di lavori forzati per la renitenza militare. Intanto nell'agosto 1813 una parte della cavalleria di Vestfalia passava all'Austria. Il 25 settembre il Freikorps di L. von der Marwitz occupava Brunswick, il 28 il re fuggiva da Kassel, davanti alle truppe di A. I. Černyšev, che dichiarò sciolto il regno di Vestfalia, il 1° ottobre 1813; un breve ritorno del re e del generale J.-A.-F. Allix alla metà dello stesso mese non poté cambiare la situazione: il 26 ottobre Girolamo Bonaparte partì definitivamente dalla Vestfalia. Per qualche anno si ricostituì il ducato di Vestfalia entro il granducato d'Assia, che al congresso di Vienna però lo cedette alla Prussia (1815).

I vantaggi portati a quelle regioni dal regime napoleonico furono quelli generali di carattere amministrativo-giuridico e civile che quel regime portò a tutta l'Europa; ma furono controbilanciati - oltreché dalla pressione fiscale - dagli effetti del blocco continentale, e dall'offesa al ridestato sentimento patriottico, e anche dal duro regime di polizia, e dalla dispendiosissima vita della corte, dove il Bonaparte, pur mite e migliore dei principi tedeschi ai quali succedeva, s'era circondato di avventurieri che sfruttavano ogni risorsa del paese. Perfino il famoso storico Johannes von Müller, prima ministro e segretario di stato, poi direttore generale dell'Istruzione del nuovo regno, nonostante tutta la sua ammirazione per Napoleone, si lamentò vivacemente e spesso dell'insipienza e della durezza dei suoi superiori francesi, e non poté condurre a termine nessuna delle riforme dell'istruzione che si era proposto.

Bibl.: Seiberts, Urkundenbuch des Herzogstums Westfalen, Arnsberg 1839-54, voll. 3; Landes- und Rechtsgeschichte des Herzogtums Westfalen, ivi 1845-75, un vol. in tre parti; A. Kleinschmidt, Geschichte des Königreichs Westfalen, Kassel 1893; Le Royaume de Westphalie, Jérôme Bonaparte, sa cour, ses favoris et ses ministres. Par un témoin oculaire, Parigi 1820: è stato per molto tempo il testo che servì alle narrazioni sul governo di G. Bonaparte.

Le paci di Vestfalia.

Nel corso della guerra dei Trent'anni, il papato aveva sempre promosso la soluzione dei singoli conflitti tra i belligeranti. Urbano VIII cercò di sollecitare un congresso generale per la pace, designando il 17 gennaio 1635 come legato a latere il card. Marzio Ginetti. Ma il convegno di Colonia su cui, dopo lunghe discussioni, era caduta la scelta dei varî governi, si risolse in un completo fallimento.

Da un lato si aspirava a una decisione ottenuta con le armi più che per mezzo di un compromesso; dall'altro si sperava ancora di potere, con la condiscendenza in materia religiosa, conseguire la ricostituzione di un poderoso blocco germanico contro le forze antiasburgiche coalizzate, e a questo mirò il decreto imperiale del 20 agosto 1641 in merito all'amnistia chiesta dai principi protestanti per tutti gli stati dell'impero. La causa della pace fece tuttavia un passo innanzi con la contemporanea scelta di Münster e Osnabrück, città della Vestfalia, per l'inizio delle trattative. Erano necessarie due sedi per evitare l'incontro tra la rappresentanza papale e i protestanti e anche per il gran numero dei partecipanti. Ragioni molteplici ritardarono di ben due anni l'avviarsi dei negoziati, fissati dapprima per il 25 marzo 1642. La S. Sede fu rappresentata a Münster dal nunzio di Colonia, Fabio Chigi, il futuro Alessandro VII. Rappresentarono l'imperatore il conte Giov. Luigi di Nassau, il conte Giov. Massimiliano di Lamberg e i giureconsulti Isacco Wolmar e Giov. Crane (il Nassau e il Wolmar a Münster, gli altri due a Osnabrück). La legazione francese era composta da Claudio di Mesmes, conte d'Avaux, e da Abele Servien, cui si aggiunse come capo nel 1645 Enrico d'Orléans, duca di Longueville. La Svezia aveva mandato Giov. Oxenstierna, figlio di Axel, e Giov. Adler Salvius; la Spagna, don Gaspare Bracamonte, conte di Peñaranda. Erano rappresentati il re di Portogallo, gli Stati Generali d'Olanda, il duca di Savoia, il granduca di Toscana, il duca di Mantova. Mancava la legazione danese, essendo la Danimarca in guerra con la Svezia.

A Münster si trattava per mezzo del Chigi e di Alvise Contarini, rappresentante di Venezia, i quali fin da principio svolsero azione concorde. A Osnabrück, centro di raccolta dei protestanti, i negoziati procedettero direttamente tra gl'inviati degli stati interessati.

Il 23 novembre e il 4 dicembre 1644 con proposte preliminari si aprì la fase delle vere trattative. L'imperatore consentì a invitare al congresso tutti gli stati aventi diritto di voto alla dieta dell'impero. L'11 giugno 1645 furono formulate contemporaneamente, a Münster dai Francesi per mezzo del Chigi e del Contarini e a Osnabrück dagli Svedesi, richieste, la cui sostanza principale era: amnistia generale, comprendendovi la Boemia; reintegrazione di tutti gli stati nelle condizioni del 1618; garanzie intorno alla costituzione dell'impero; abolizione dell'uso di eleggere, vivente l'imperatore, il re dei Romani designato alla successione; mantenimento di tutte le libertà godute dagli stati dell'impero e del diritto loro di contrarre particolari alleanze; indennità e pagamento delle truppe francesi e alleate. La Spagna fece il possibile per intralciare i negoziati franco-imperiali suscitando contro di essi il duca di Lorena e l'Inghilterra in qualità di protettrice del Palatino.

Dopo interminabili questioni pregiudiziali complicate da lotte di cerimoniale, la risposta di Ferdinando II fu notificata agl'inviati francesi e svedesi il 25 settembre 1645. Egli accettava parte delle richieste, ma come data limite dell'amnistia indicava il 1630, anno che avrebbe escluso la Boemia e i paesi ereditarî austriaci; quanto all'elezione del re dei Romani si appellava alla Bolla d'oro, insistendovi, e osservava che a lui e non ai Franco-Svedesi sarebbe toccato chiedere indennizzi.

Poco dopo, principi e città protestanti dell'impero presentarono al cancelliere imperiale le loro domande: soppressione del reservatum ecclesiasticum; abbandono definitivo di ogni rivendicazione cattolica di beni ecclesiastici caduti in mano di protestanti dopo il trattato di Passavia (1552); libertà di culto per i sudditi protestanti; di principi cattolici senza reciprocità per i sudditi cattolici di sovrani protestanti, ripristino dello statu quo del 1618 per quanto si riferiva alla religione e alla proprietà. Non regnava, però, la concordia tra i protestanti. L'elettore di Sassonia desiderava attenersi ai termini della pace di Praga (v. trent'anni, guerra dei); e l'Elettore di Brandeburgo, odiato come calvinista dai luterani e minacciato dagli Svedesi come detentore della Pomerania, non voleva prendere posizione contro l'imperatore. Discordi, non meno, erano i cattolici, poiché vi era un gruppo intransigente e un altro disposto a tollerare, pur di giungere alla pace. Di questo parere erano Massimiliano di Baviera e il plenipotenziario imperiale, conte Massimiliano di Trauttmansdorff, arrivato a Münster il 29 novembre 1645, il quale con la larghezza verso i protestanti sperava, se pur vanamente, di rompere il blocco franco-svedese.

Si tennero ad Osnabrück dal 12 aprile al 5 maggio 1646 adunanze miste di delegati protestanti e cattolici; questi ultimi, il 19 maggio, deferirono al Trauttmansdorff l'incarico delle trattative, con la riserva della loro approvazione. Invece il Trauttmansdorff assunse senz'altro l'impegno di assicurare ai protestanti il possesso dei beni ecclesiastici, che già detenevano, fissando come annus normalis prima il 1627, poi il 1624, data in cui non erano ancor cominciati i processi di rivendicazione. Si sarebbero così riconosciuti ai protestanti 3 arcivescovati, 13 vescovati, 16 grandi proprietà territoriali, migliaia di chiese, conventi e pie istituzioni.

Dal febbraio 1647 gli Svedesi presero il sopravvento, favoriti dalla defezione di Massimiliano di Baviera e dell'Elettore di Colonia, che avevano firmato a Ulma (14 marzo 1647) l'armistizio con essi. Insistendo per strappare la concessione della libertà di culto anche nei dominî ereditarî della Casa d'Austria, gli Svedesi nutrivano la speranza di minare la potenza di questa: il Trauttmansdorff decise allora di ritornare (24 aprile 1647) a Münster e si ritirò poi dal congresso nel luglio. Ad ogni modo l'imperatore il 15 ottobre 1647 riconfermò la sua decisione di non ritirare le già fatte concessioni. A sua volta Massimiliano di Baviera, paladino un tempo ad oltranza del cattolicismo, spingeva alla pace, e la situazione militare e la rovina completa di tutto il paese la esigevano senza indugio. Il 24 marzo 1648 si venne sulle questioni religiose a un accordo, che rimase quasi immutato nel trattato definitivo.

Per i problemi politici e territoriali, i termini precisi si andarono fissando nel corso dell'estate del 1648. Il Mazzarino aveva avuto l'astuzia di far credere che la Francia non faceva guerra all'impero, ma alla Casa d'Austria e si adoperava a staccare Massimiliano di Baviera dall'imperatore, offrendogli di appoggiarlo nel conseguimento dell'Elettorato, purché egli favorisse la cessione dell'Alsazia alla Francia.

La firma definitiva si ebbe il 24 ottobre 1648; le ratifiche nei primi mesi del 1649. Gli articoli della pace riguardavano la materia economicoreligiosa, quella territoriale e avevano pure un altro aspetto di grande importanza, in quanto stabilivano la costituzione interna dell'impero.

La Francia ottenne il riconoscimento del possesso, che di fatto aveva da un secolo, dei Tre Vescovati (Metz, Toul, Verdun); il diritto di metter presidio in Philippsburg, salve le ragioni del vescovo di Spira. In Alsazia la sua giurisdizione si sostituiva a quella austriaca (del ramo del Tirolo), ereditando quindi un complesso di diritti di varia natura, i quali in pratica recavano seco il diretto possesso del langraviato dell'Alsazia superiore, della prefettura delle Dieci città imperiali, di cui la principale era Colmar, e del baliaggio di Haguenau. Così la Francia raggiungeva tutti i suoi scopi politici, cioè il confine al Reno e l'indebolimento dell'impero. La Svezia ottenne la Pomerania anteriore con Stettino, cioè la riva sinistra dell'Oder, ebbe Wismar, Brema, Werden e l'Isola di Rügen. Quei territorî conferivano al re svedese la qualità di principe membro dell'impero. Il nuovo Elettore del Brandeburgo, Federico Guglielmo, non ottenne che la metà ulteriore della Pomerania, ma ebbe i vescovati di Magdeburgo, di Halberstadt, Minden, Kammin. Il duca di Meclemburgo ebbe i vescovati di Schwerin e Ratzeburg. La Baviera ottenne l'Alto Palatinato e la conferma definitiva dell'Elettorato. Col Basso Palatinato fu costituito un altro Elettorato, nel quale venne reintegrato il figlio di Federico V. Così il numero degli elettori saliva a otto, di cui cinque laici contro tre ecclesiastici; cinque erano cattolici, due luterani e uno calvinista. Per l'Italia, l'imperatore riconosceva alla Francia il dominio di Pinerolo e delle pertinenze; a Savoia il possesso e l'investitura di Alba, Trino e altre terre del Monferrato e del marchesato di Novello; al duca di Mantova il credito di 494.000 scudi d'oro dalla Francia come prezzo di Alba.

Il Sacro Romano Impero Germanico, in seguito alla pace di Vestfalia, veniva ridotto a una semplice espressione verbale, poiché la Germania acquistava una sua costituzione garantita da Francia e Svezia, facente parte del diritto pubblico europeo. I 350 stati, membri dell'impero, ottenevano vera autonomia di governo nei loro rispettivi dominî e facoltà di contrarre particolari alleanze. L'imperatore aveva bisogno del consenso della dieta dell'impero per fare guerra e pace, levare milizie, imporre tasse; aveva obbligo di creare una camera imperiale e un consiglio aulico con ugual numero di membri protestanti e cattolici. Dal lato politico la pace di Vestfalia fissava un altro punto importante: la costituzione dell'Elvezia, stato indipendente dal Sacro Impero e costituito dai tredici cantoni svizzeri.

Quanto ai problemi religiosi, la pace di Vestfalia confermò i trattati di Passavia e di Augusta; riconobbe definitivamente la distribuzione della proprietà come era nel 1624 (nel Palatinato come era prima del 1619); estese ai calvinisti ciò che la pace di Augusta aveva concesso ai luterani; confermò il principio cuius regio eius religio, salvo il diritto di esulare ai dissidenti, di cui si potevano però confiscare i beni solo dopo tre anni; e parificò i diritti civili di tutte le confessioni.

La pace di Vestfalia non contemplò i rapporti franco-spagnoli, e tra le due potenze continuò la guerra, che doveva risolversi solo con la pace dei Pirenei (1659). Ma dal 30 gennaio 1648 si era invece risolta una lotta quasi secolare con il riconoscimento spagnolo dell'indipendenza dei Paesi Bassi riuniti. Le trattative con l'Olanda erano cominciate al principio del 1647. Rimasero ai Paesi Bassi le città, dove si erano svolte celebri lotte, di Berg-op-Zoom, Breda, Bosco Ducale, Maastricht e il territorio d'oltre Mosa. Passarono ad essi i resti dell'impero portoghese dell'India insulare e la metà del Brasile. Dal lato commerciale, gli Olandesi ottennero anche che fossero loro riaperti i porti spagnoli e con regime doganale opportuno si assicurarono lo sviluppo di Amsterdam. Il grande trattato deluse i Savoia, i Gonzaga, Venezia, il cui rappresentante, A. Contarini, sperandone aiuti contro i Turchi, tanto si era adoperato per una pace franco-spagnola; e il nunzio Chigi, rifiutando di apporvi la sua firma, elevò alta protesta contro gli articoli ledenti gl'interessi cattolici.

Le paci di Vestfalia ebbero importanza grandissima: modificarono profondamente l'ordinamento interno della Germania e l'equilibrio europeo; segnarono la decadenza dei due rami d'Asburgo e, rallentando i vincoli tra i signori feudali e la corona imperiale, indebolirono il sistema politico-sociale tradizionale; diedero il crollo all'influenza politica del papato; accrebbero la potenza della Francia e della Svezia e allargarono il concetto della libertà di coscienza.

Bibl.: Oltre alle storie della guerra dei Trent'anni (v. trent'anni, guerra dei); G.-H. Bougeant, Histoire des guerres et des négociations qui précédèrent le traité de Westphalie, composée sur les mémoires du comte d'Avaux, voll. 2, Parigi 1727-51; C. T. Odhner, Die Politik Schwedens im westfälischen Friedenskongress, Gotha 1877; F. Tourtual, Zur Geschichte des westfälischen Friedens, Monaco 1879; L. Steinberger, Die Jesuiten und die Friedensfrage 1635-50, Friburgo in B. 1906; H. Richter, Die Verhandlungen über die Aufnahme der Reformierten in den Religionsfrieden aus dem Friedenskongress zu Osnabrück, 1645-48, Berlino 1906; A. Overmann, Die Abtretung des Elsass an Frankreich im westfälischen Frieden, Karlsruhe 1905; F. Israel, Adam Adami e i suoi Arcana pacis Westfalicae, Berlino 1910; K. Kaser, Das Zeitalter der Reformation und Gegenreformation, Gotha 1922; W. Platzhoff, Geschichte des europäischen Staatensystems, 1559-1660, Monaco-Berlino 1928; L. Pastor, Storia dei papi, XIV, i, ediz. ital., Roma 1932; H. Hauser, La prépondérance espagnole (1559-1660), Parigi 1933.