UTOPIA

Enciclopedia Italiana (1937)

UTOPIA

Delio CANTIMORI

. Dal famoso libro di T. More, De optimo reipublicae statu, deque nova insula Utopia, si suol chiamare utopia ogni esposizione di ideale politico e sociale corrispondente nel modo migliore a determinate idee, etiche o religiose, ma irrealizzabile. La funzione delle utopie, la prima delle quali si può vedere nella Politeia platonica, è triplice: esse additano ideali etico-politici che non esigono realizzazione istituzionale, ma si pongono come fini all'azione politica; funzionano come ipotesi di lavoro, rendendo sensibili i risultati che si potrebbero ottenere a mezzo di certe istituzioni totalmente differenti da quelle tradizionalmente vigenti; e infine servono alla critica delle istituzioni vigenti, o per contrasto, o per ironia, ecc. Come tipo di queste ultime vale proprio l'Utopia del More, come tipo delle posizioni di ideali filosofici vale la Politeia platonica, Come tipo dell'utopia "ipotesi di lavoro" (la formulazione è del Sorel) vale la Société des Égaux del Babeuf, accanto a molte altre. Le forme letterarie più di sovente assunte alle utopie sono quella del dialogo filosofico, della biografia, del romanzo avventuroso e specialmente della descrizione di viaggio, della robinsonade, ecc.

Nell'antichità, oltre la Politeia di Platone, si hanno gli scritti di utopia filosofico-religiosa di Teopompo, Zenone, Evemero, Ecateo, mentre la Ciropedia di Senofonte può valere come rappresentazione utopistica del sovrano ideale. Nel Medioevo l'utopia viene respinta ai margini della vita intellettuale, poiché tutte le teorie e le aspirazioni politiche si organavano nel quadro dell'organizzazione giuridica dell'Impero, in quello della Chiesa e in quello della città celeste; carattere ereticale assunsero infatti il millenarismo e il gioachimismo dove sono forti gli elementi utopistici.

I periodi di massima fioritura delle utopie sono però i secoli XVI-XVII e XVIII-XIX.

Nell'età del Rinascimento, della Riforma e della Controriforma si incontrano le utopie più famose: accanto a quella del More (1516) si pone la Città del Sole di T. Campanella (1611, pubblicata 1620), la Reipublicae Christianopolitanae descriptio, nella quale è forte l'elemento satirico, e la Christenburg, nella quale prevale l'elemento allegorico, di J. Val Andreae (1619), la Nova Atlantis di F. Bacone (1626), che è uno stato ideale. In questo periodo si hanno anche due tentativi di realizzare stati ideali", entrambi religiosi, se pure antitetici: quello degli anabattisti a Münster (1525), sotto la direzione di T. Münzer, e quello dei gesuiti nel Paraguay, che ebbe maggiore successo. Man mano che ci si avvicina ai tempi più recenti le utopie si colorano sempre più di interesse sociale: benché questo fosse già forte nella Città del Sole, acquista maggiore concretezza di programma di istituzioni politiche nell'utopia di J. Harrington, The Commonwealth of Oceana (1656), maggiore chiarezza di motivi egualitarî nel Code de la Nature anonimo del 1755; così si preparava la via al Babeuf, che con la sua Société des Ègaux, fondata sulle dottrine rousseauiane e sulle esperienze e le aspirazioni delle masse popolari durante la rivoluzione francese, apre la serie delle utopie socialistiche moderne (1797-98).

Agli autori, ai seguaci, ai propagatori di queste, a H. de Saint-Simon, a B.P. Enfantin, a R. Owen, a Ch. Fourier, a L. Blanc, a W. Weitling, viene dato più comunemente il nome di "utopisti" nella storia delle dottrine politiche: e più propriamente "socialisti utopisti". Mentre il Babeuf, che scriveva ai primordî del movimento politico delle classi proletarie, teneva ancor molto delle vecchie utopie filosofico-religiose, e proponeva accanto a un'indifferenziata comunanza dei beni e come corrispettivo di essa un ascetismo universale, il Saint-Simon, il Fourier, l'Owen, scrivendo mentre si andavano delineando le lotte di classe del sec. XIX, cercavano di superare le scissioni e le difficoltà inerenti al loro sviluppo con piani di riforma totalitaria della società, secondo determinati principî e leggi sociali di valore universale ch'essi presumevano di avere scoperti. Il Fourier credeva d'aver scoperto le leggi della vita sociale con la sua Théorie des quatre Mouvements (1808), sulla quale elevava la teoria e il sistema dell'"Armonia Universale", fondando il tutto sul "principio d'associazione"; cercava un filantropo che gli permettesse di realizzare un "falansterio", cellula, esempio, modello dell'ultima fase del progresso umano. Il Saint-Simon deduce dall'esaltazione dell'industrialismo e dall'interesse sentimentale per le classi povere e diseredate un "Nuovo Cristianesimo" fondato solo sull'etica sociale, al quale il Saint-Simon sperava di convertire con la propaganda e la persuasione le classi ricche, che non avrebbero potuto che trovar vantaggio dal miglioramento della situazione di quelle povere. I sansimonisti accentuavano sotto la guida specialmente di B.-P. Enfantin i motivi sociali e solidaristici del loro maestro, mentre quelli liberali e industrialistici rimanevano in un secondo piano. R. Owen voleva riformare la società con una nuova ripartizione dei beni su base egualitaria, da raggiungersi attraverso l'educazione e l'evoluzione pacifica, il movimento cooperativo e la fondazione di colonie comuniste, che avrebbero esercitato grande efficacia propagandista; famoso fra tutti i suoi tentativi quello di New-Lanark. L'importanza di questi utopisti sta solo nel lato negativo delle loro dottrine, nella critica, spesso aspra e profonda, della società loro circostante e dei suoi difetti: mentre le loro tesi positive sulla società futura e i loro ideali di armonia, solidarietà, pace sociale andavano perdendo valore a mano mano che lo svolgimento storico delle lotte sociali faceva avvicinare gli utopisti piuttosto alle tendenze consevatrici che a quelle innovatrici. Fra questi utopisti va annoverato W. Weitling, col suo Evangelium des armen Sünders, del 1884, come pure E. Cabet col suo Voyage en Icarie del 1842. Con il marxismo le utopie sono scomparse dalla vita intellettuale dei movimenti rivoluzionarî, che era stato il loro terreno preferito: o vi hanno perduto ogni importanza. Sul terreno sociale sono ritornate con il loro carattere totalitario, universalistico, radicale, in alcuni settori del comunismo, e specialmente fra gli anarchici, e con il loro carattere moralistico-religioso in alcuni settori del nazionalsocialismo, che si sono richiamati espressamente al Weitling. Ma le utopie più diffuse ai giorni nostri sono quelle di una riorganizzazione pacifica dell'Europa o del mondo, superante le divisioni storiche ed etniche esistenti, gli stati e le nazioni, come la "Paneuropa" del Coudenhove-Calärgi, ecc. Oggi però non si può più parlare di utopie: esse sono sostituite dai "miti", secondo la teoria formulata da G. Sorel (v.): mito della rivoluzione universale, mito paneuropeo, ecc.

Bibl.: Oltre alle bibliografie riguardanti gli autori citati, si veda per la critica ai socialisti utopisti, C. Marx e F. Engels, Il Manifesto del Partito Comunista, in Nuova Collana di Economisti, dir. da G. Bottai e C. Arena, XII, Torino 1934, p. 78 seg., e per uno sguardo generale: A. Voigt, Die soziale Utopien, Lipsia 1906; M. Beer, Histoire générale du Socialisme, Parigi 1930. V. anche politica.

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