URSS

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

URSS (XXXIV, p. 816; App. I, p. 1098; II, 11, p. 1065)

Domenico RUOCCO
Wolfango GIUSTI
Tomaso NAPOLITANO
Gennaro CARFORA
Filippo COARELLI
Antonio DEL GUERCIO

Variazioni politico-amministrative. - Nell'URSS si sono verificate negli ultimi anni continue trasformazioni, che hanno accompagnato la graduale riorganizzazione politico-amministrativa dello stato e lo sviluppo della sua economia agricola e industriale. I confini dello stato non hanno subìto alcuna modificazione, se si eccettua la cessione alla Cina dell'estrema punta della penisola di Liaotung con le basi di Dairen e di Port Arthur, avvenuta di fatto nel 1952, in seguito all'apertura al traffico del porto di Vladivostok per tutto l'anno. Nel 1956 sono state promesse le isolette di Shikoten e di Habomai ai Giapponesi, che reclamavano tutte le isole Curili, ma esse non sono state ancora cedute.

Alcuni cambiamenti si sono verificati nella ripartizione politico-amministrativa del territorio statale, che dal 1956 risulta organizzato in 15 repubbliche federali, invece di 16, essendo stata ridotta al rango di repubblica autonoma di Carelia la repubblica federale finno-carela. Di nuova formazione (1958) sono le repubbliche autonome dei Ceceno-Inguscezi e dei Calmucchi tra il Volga ed il Caucaso, derivate rispettivamente dall'oblast′ di Groznyj e dalla regione autonoma dei Calmucchi. Alcune repubbliche autonome hanno cambiato nome: quella dei Cabardini è diventata dei Cabardini-Balcarii, quella dei Mongoli-Buriati semplicemente dei Buriati. Anche i circondarî mongoli-buriati di Ust′-Orda e di Aga si sono mutati nei circondarî buriati di Ust′-Orda e di Aga.

Complessivamente l'Unione Sovietica risulta formata da 15 repubbliche federali, da 19 repubbliche autonome, da 9 province autonome, da 10 circondarî nazionali e da 4 regioni o territorî. Anche la ripartizione amministrativa in province (oblasti) subisce frequenti ritocchi. Alcune sono state abolite, specie dove il territorio era ripartito in unità troppo piccole, come nella Russia Bianca, le cui oblast′ si sono ridotte da 12 a 7, e nella Lituania. Nel 1960 sono state abolite le oblast′ di Surchan-Dar′ja e di Namangan nell'Uzbekistan. Poche sono quelle di nuova formazione, create soprattutto in regioni di valorizzazione recente (Magadan, Amur) per una più razionale pianificazione territoriale. Raro anche il trasferimento totale o parziale di un'oblast′ da una repubblica ad una altra. Merita di essere segnalata la cessione della Crimea dalla Repubblica Russa all'Ucraina. La Crimea, già repubblica autonoma dal 1921 alla seconda guerra mondiale e poi oblast′ della Repubblica Russa, è passata nel 1954 all'Ucraina, alla quale è più strettamente legata non solo fisicamente, ma anche da rapporti economici.

Frequenti i cambiamenti temporanei dei nomi di alcune città, tra i quali i più noti sono quelli di Perm′ in Molotov, di Oremburg in Čkalov, di Lugansk in Vorošilovgrad, città che hanno riacquistato il nome primitivo. Dal novembre 1961 sono stati mutati tutti i toponimi formati col nome di Stalin.

Popolazione. - La popolazione dell'Unione Sovietica (censimento 1959) ha subìto un sensibile aumento negli ultimi venti anni, passando da poco più di 190 milioni di abitanti nel 1939 a circa 209 milioni nel 1959. L'aumento di oltre 18 milioni di persone è dovuto in parte agli abitanti delle terre annesse, in parte all'incremento naturale della popolazione, che, essendo abbastanza sensibile, ha compensato le gravi perdite di vite umane subìte durante la guerra. Essa risulta costituita di 99,8 milioni di popolazione urbana e di 109,0 di popolazione rurale. Rispetto al 1939 si è verificato un aumento del 9,5%, che però non ha interessato tutte le regioni nella stessa misura ed ha toccato i valori più alti nell'Estremo Oriente (70%), nella Siberia Orientale (34%), nel Kazakistan (53%), nel Kirghizistan (42%), nel Tagikistan (34%), nell'Armenia (34%). In tutta l'Asia Centrale Russa si è verificato un aumento del 38%.

Nella parte europea dello stato la popolazione è scesa dal 71% al 65% rispetto a quella di tutto lo stato; le variazioni percentuali sono state molto piccole e spesso assumono valori negativi, se il confronto si fa tenendo presenti i confini del 1939 (Ucraina, −1%; Bielorussia, −9%; Lituania, −6%). La popolazione urbana è aumentata notevolmente: in alcune regioni si è più che raddoppiata (Estremo Oriente, 272 su 100; Tagikistan, 259; Kirghizistan, 256; Kazakistan, 242; Siberia Occidentale, 224). La popolazione rurale ha subìto una riduzione quasi generale, se si eccettuano le repubbliche dell'Asia Centrale, nelle quali si sono registrati leggeri aumenti (Kirghizistan, 115 su 100; Uzbekistan, 111; Tagikistan, 108). Le regioni di recente valorizzazione agricola e industriale sono quelle che hanno richiamato un gran numero di immigrati, determinando non solo aumenti considerevoli nel valore complessivo della popolazione, e quindi in quello della densità, e nel rapporto tra popolazione urbana e rurale, ma anche nella loro struttura etni co-l ingui stica.

La composizione per nazionalità della popolazione attuale (1959) delle varie repubbliche risulta dalla seguente tabella:

Dal prospetto precedente si deduce anche che la repubblica con la popolazione più omogenea è l'Armenia con l'88% di Armeni, alla quale seguono la Repubblica Russa con l'83% di Russi e la Bielorussia con una percentuale dell'80% di Bielorussi. Tuttavia solo poco più della metà degli Armeni dell'Unione Sovietica vive nella repubblica federale armena. Gli altri si trovano sparsi in varie repubbliche, ma in numero maggiore nella Georgia e nell'Azerbaigian. I Russi sono complessivamente 114,4 milioni, cioè oltre il 54% della totale popolazione dello stato: di essi poco meno di 17 milioni vivono fuori della repubblica russa. La loro immigrazione ha assunto forme massicce non solo in Siberia, ma anche nell'Asia Centrale, tanto che risultano molto più numerosi dei Kazaki nel Kazakistan e poco meno dei Kirghisi nel Kirghizistan. Nell'Asia Centrale le popolazioni autoctone, sebbene abbiano subìto un sensibile incremento, sono tuttavia meno della metà della popolazione totale. La riduzione percentuale della popolazione autoctona rispetto a quella complessiva ha assunto valori molto alti in tutta l'Asia Sovietica e in particolare nella Siberia Centrale ed Orientale, in seguito al trasferimento verso oriente di milioni di persone dall'Europa durante la guerra e allo sviluppo industriale del dopoguerra che vi ha fissato quelli già immigrati e ne ha richiamati altri.

Se si prendono in considerazione le nazionalità dell'URSS, tenendo presenti i gruppi nazionali e la lingua materna e facendo un confronto con la situazione del 1939, si ha il quadro seguente:

I maggiori aumenti nel ventennio 1939-1959 si sono avuti per gli Azerbaigiani, gli Uzbeki e gli Armeni che hanno registrato variazioni positive superiori al 20%; notevoli anche quelle dei Georgiani, dei Kazaki e dei Tatari. I Russi hanno registrato un aumento di oltre 14 milioni di persone con una variazione percentuale del 14,1%, malgrado le gravi perdite subìte per cause belliche. I gruppi più duramente colpiti dalla guerra o dai provvedimenti adottati contro di essi nel dopoguerra (Bielorussi, Ucraini, Ebrei, Tedeschi) si sono sensibilmente ridotti o sono aumentati di poco. Tra i gruppi non riportati nella tabella hanno una notevole consistenza i Tedeschi (1,6 milioni), i Ciuvasci (1,5), i Lettoni (1,4), i Tagiki (1,4), i Polacchi (1,4) i Mordvini (1,3) e i Turkmeni (1,0). C'è anche da segnalare che, nel 1959, 124,6 milioni di persone hanno indicato la lingua russa come lingua madre: 114,4 milioni di Russi e 10,2 di rappresentanti di altre nazionalità.

Il notevole aumento della popolazione urbana, passata da 56 milioni di persone nel 1939 a circa 100 milioni nel 1959, con un aumento del 33% al 47% rispetto alla popolazione complessiva, ha fatto crescere notevolmente il numero delle grandi città, delle quali si dà un elenco aggiornato al 1959:

In parecchi casi si tratta di città-fungo sviluppatesi in pochissimi anni con il ritrovamento e lo sfruttamento di giacimenti minerarî e con il sorgere di nuovi complessi industriali. In totale si contano 26 città con oltre mezzo milione di abitanti (3 nel 1926) e 122 città con 100-500.000 abitanti. Di tutte queste 89 appartengono alla Repubblica Russa, 24 all'Ucraina e le altre sono distribuite tra le rimanenti repubbliche federali. Oltre alle grandi città sono numerose quelle con 50-100.000 abitanti, delle quali un centinaio incluse nella Repubblica Russa, poco più di 20 nell'Ucraina.

Studî e ricerche sulle condizioni fisiche del territorio. - Il considerevole aumento della popolazione ha accompagnato la valorizzazione, specie nella parte asiatica dello stato, che ospita il 35% della popolazione totale (29% nel 1939), di vastissime regioni, grazie a studî accurati di prospezione geologica, di pedologia e di clima, che hanno preceduto o seguito la costruzione di vie terrestri di comunicazione e di canali, lo sfruttamento delle risorse minerarie, le grandi opere irrigue, i bacini per alimentare centrali idroelettriche o per distribuire le acque alle colture, la creazione di complessi industriali o di grandiosi kombinat. Tali studî hanno avuto importanza scientifica e pratica. Le osservazioni nel Mar Glaciale Artico hanno permesso di riconoscere le aree in cui il disgelo è più rapido, di scegliere il periodo più adatto per la navigazione lungo le coste artiche, europee e siberiane, di scoprire una dorsale sottomarina (Dorsale Lomonosov) tra l'Arcipelago della Nuova Siberia e la Terra di Ellesmere (Canada), che si solleva fino a 954 m dalla superficie del mare, divide il bacino artico in due parti molto profonde ed esercita una sensibile influenza sulla distribuzione della fauna, sulla temperatura delle acque e sulla direzione dei meridiani magnetici.

Le osservazioni termometriche nella Siberia hanno permesso di riconoscere il carattere zonale del Polo del Freddo, il quale non si può ridurre ad una conca, bensì si deve estendere a tutta una fascia tra lo Ienissei e il Kolyma, a nord del parallelo di 60°, in cui i valori più bassi della temperatura si registrano o sugli altipiani (Ojmjakon, −71°; Artik, −70°) o nelle conche vallive (Tembenči nella valle del fiume omonimo, −70°; Verchojansk nella media valle del Jana, −68°; Kochumdek nella valle inferiore della Tunguska, −68°). Gli studî sull'estensione e sulle oscillazioni di livello del Mar Caspio hanno permesso di constatare un abbassamento di circa 2,5 m dal 1929 al 1959 e una riduzione di superficie di oltre 40.000 km2 e di volume di circa 940 km3 di acqua, che non si può più ricollegare solo con le temporanee oscillazioni di livello cui il Mar Caspio è andato soggetto nel corso dei secoli. Anche l'uomo, con la derivazione di acque per l'irrigazione, con l'aumento della superficie evaporante in seguito alla formazione di vasti bacini lacustri, ha contribuito ad accentuare il fenomeno, riducendo il contributo degli immissarî. È naturale che il fenomeno, che presenta analogia con i laghi dell'Asia Centrale, abbia posto il problema di costruire canali per derivare acqua da altri bacini, per la cui realizzazione non si è ancora in grado di fare piani di facile attuazione.

Sviluppo industriale. - La ricostruzione dell'economia nazionale ha accentuato l'industrializzazione del paese, ma con particolare riguardo per le regioni dell'Est, cioè degli Urali, della Siberia Centrale e del Kazakistan, ove si trovano abbondanti materie prime del sottosuolo e del suolo. Si sono creati grandiosi kombinat industriali metallurgici, specie negli Urali e nella Siberia Centrale, e sono in corso di formazione altri considerevoli complessi industriali nel Kazakistan, ove si trovano associati carbone e minerali varî. Anche nella Siberia Orientale e nella regione artica recentemente si sono sviluppati grandi centri industriali in vicinanza di giacimenti minerarî (Komsomol′sk, Kirovsk, Noril′sk) o alla foce di fiumi utilizzati per la fluitazione del legname (Igarka). L'industria estrattiva ha fatto dei passi giganteschi col perfezionamento dei mezzi di prospezione e della tecnica di estrazione. Particolare cura è stata rivolta all'aumento delle fonti di energia.

La quantità di carbone estratto si è quasi raddoppiata nel giro di un decennio (204 milioni di t nel 1948; 362 nel 1959, oltre a 145 milioni di t di lignite e ad ingenti quantità di torba). Nel passato il contributo maggiore era dato dal Donbass (60% nel 1938), ma poi la sua importanza è diminuita (182 milioni di t nel 1958, pari al 37% della totale produzione sovietica), a mano a mano che aumentava la produzione di altri giacimenti. Tra questi i principali sono quelli del Kuzbass (75 milioni di t, pari al 15% della produzione dello stato), degli Urali (61 milioni di t, pari al 12%), di Mosca (47 milioni di t, pari al 9%), ma notevole importanza hanno quelli del Kazakistan, e in particolare di Karaganda ed Ekibastus (30 milioni di t, pari al 6%), di cui il secondo ha iniziato la produzione soltanto nel 1954 (6,1 milioni di t nel 1958), e della Siberia Orientale (36 milioni di t, pari al 7%). Né poi bisogna trascurare il contributo dei bacini della Pečora (17 milioni di t) e dell'Estremo Oriente (20 milioni di t), che riforniscono rispettivamente i centri industriali del Nord Europeo e della costa pacifica.

Anche per il petrolio l'aumento della produzione ha assunto valori molto considerevoli negli ultimi anni (30,5 milioni di t nel 1948; 47 milioni di t nel 1952; 129,5 milioni di t nel 1959; 147 milioni di t nel 1960), ma notevoli variazioni si sono registrate nella graduatoria delle regioni produttrici. Nel 1938 circa i 3/4 del petrolio estratto provenivano dai giacimenti di Baku, ma questi nel 1952 hanno dato solo la metà della produzione nazionale e nel 1959 meno della quarta parte. La regione tra il medio Volga e gli Urali è balzata in breve tempo al primo posto, con una produzione pari ad oltre metà di quella totale (Tataria. 30 milioni di t nel 1959; Baschiria, 25 milioni di t; distretto di Kujbyšev, 25 milioni di t). La diversa posizione dei giacimenti sfruttati e l'aumento della produzione hanno fatto sorgere il problema del trasporto del petrolio dalle aree produttive a quelle di consumo. Ai vecchi oleodotti tra i centri di produzione del Caucaso e i porti del Mar Nero o la regione industriale dell'Ucraina, se ne sono aggiunti altri recenti dai pozzi della Tataria e della Baschiria verso Ufa, verso Gor′kij e verso Saratov via Kujbyšev, e da Ufa verso Omsk e Novosibirsk attraverso la regione delle terre vergini in corso di trasformazione. Tra gli altri oleodotti noti sono quelli da Gurjev ad Orsk, da Astrachan′ a Saratov e dai pozzi di Sachalin alle raffinerie di Chabarovsk. Il Volga è diventato un'importante via di transito del petrolio. La lunghezza degli oleodotti è superiore ai 14.500 km ed è in continuo aumento (circa 2000 km nel 1959). La produzione di petrolio è ormai largamente superiore al fabbisogno nazionale e una parte sempre più cospicua di essa viene destinata all'esportazione, per favorire la quale con gli altri paesi comunisti è in costruzione un lungo oleodotto (3000 km) nel senso dei paralleli, tra Kujbyšev e la frontiera occidentale, con ramificazioni verso la Polonia (Płock), l'Ungheria (Százhalom Batta), la Cecoslovacchia (Bratislavia), la Repubblica Democratica Tedesca (Schwedt) ed i porti del Baltico. Si prevede che possa entrare in funzione nel 1963.

L'URSS ha ingenti riserve di gas naturale e la sua estrazione ha seguito un ritmo d'incremento molto considerevole (29 miliardi di m3 nel 1958; 37 nel 1959), specialmente nella fascia a nord del Caucaso, donde proviene metà della produzione totale, nel distretto di Saratov e presso le pendici settentrionali dei Carpazî. La rete dei metanodotti serve le principali città europee ed ha una lunghezza di decine di migliaia di chilometri. Essa si è accresciuta di 2000 km nel 1959 e dovrebbe aumentare di oltre 20.000 km allo scadere del piano settennale in atto. I principali gasdotti sono quelli tra Buguruslan e Kujbyšev, tra Saratov e Mosca, tra Dašava e Kiev, costruiti negli anni immediatamente seguenti alla seconda guerra mondiale. A questi se ne sono aggiunti altri importanti molto recenti tra Serpuchov e Leningrado, tra Stavropol′ e Groznyj, tra Šebelinka e Brjansk, costruiti nel 1959, tra Akstafa e Erevan, tra Buchara e Taškent, costruiti nel 1960. Anche Char′kov, Rostov, Dnepropetrovsk e molte altre città sono diventate nodi della rete dei metanodotti.

La produzione di energia idroelettrica ha registrato un incremento annuo molto considerevole in questi ultimi tempi, passando da 9 miliardi di kWh nel 1950 a 209 nel 1957 ed a 291 nel 1960. Essa proveniva fino ad un triennio fa per l'80% da centrali termiche, sorte presso giacimenti di lignite di torba o di carbon fossile. Sebbene siano state allestite in questi ultimi anni grandi centrali termiche negli Urali e altre siano in costruzione in Ucraina e nella Siberia Centrale, tuttavia il contributo delle centrali idroelettriche è in sensibile aumento con la realizzazione delle grandi opere di sbarramento sui principali fiumi europei ed asiatici, che hanno dato luogo alla formazione di alcuni tra i più vasti laghi artificiali della Terra e all'impianto di centrali idroelettriche annoverate tra le più potenti del mondo.

Non considerando le centrali sul Dnepr, di cui quelle di Zaporož′e e di Kachovka della potenza di 650.000 kW e di 312.000 kW rispettivamente, costruite nel 1932, sono rimaste per oltre due decennî le più grandi dell'Europa, le principali sono quelle sul Volga di Lenin a Kujbyšev (in funzione dal 1956) con una potenza installata di 2,3 milioni di kW, e di Stalingrado (1958) con una potenza di 2,56 milioni di kW. Anche più potente è quella in costruzione a Bratsk (4,5 milioni di kW) sull'Angara, alimentata dalle acque del fiume, che saranno raccolte in un bacino sostenuto dalla più alta diga (127 m) dell'URSS. Una potenza ancora superiore avrà la centrale in costruzione sullo Ienissei a Krasnojarsk, destinata ad occupare tra pochi anni il primo posto tra le maggiori centrali idrolettriche della Terra (oltre 4,5 milioni di kW). Tali centrali hanno una potenza superiore a quella celebre statunitense della Grand Coulée (1.947.000 kW), che deteneva fino ad un quinquennio addietro il primo posto tra le grandi centrali idroelettriche della Terra. Nuove prospettive dischiude all'economia sovietica l'utilizzazione dell'energia atomica, specie per quelle regioni in cui scarseggiano le altre fonti di energia. Per il trasporto dell'energia a grande distanza dai luoghi di produzione sono stati installati alcuni elettrodotti di alta tensione, dei quali il più importante è quello a 500.000 Volts tra Stalingrado e Mosca, che dalle centrali sul Volga porta elettricità alla regione industriale centrale.

Lo sviluppo industriale è stato considerevole negli ultimi decennî e la distribuzione geografica delle industrie, e non solo di quelle estrattive dei combustibili, ha subìto notevoli modificazioni, di cui è opportuno far qualche cenno. L'aumento della produzione industriale è un indice sufficientemente significativo, come si può dedurre dalla tabella seguente. Per le industrie estrattive dei minerali ferrosi e non ferrosi hanno acquistato importanza l'Ucraina meridionale (ferro a Krivoj Rog e a Kerč′; manganese a Nikopol′), gli Urali (ferro e altri minerali intorno a Magnitogorsk e negli Urali Metalliferi), il Kazakistan (rame a Džezkazgan, nichelio, cobalto, zinco, piombo), nella Siberia Centrale e Orientale (ferro nel bacino Angara-Ilim, minerali varî in altri luoghi, e nelle regioni artiche (nichelio a Noril′sk, apatite a Kirovsk). La produzione di minerali di ferro è salita a 95 milioni di t nel 1959, quella di manganese a 2,4, mentre i laminati di acciaio sono stati 43 milioni di t ed i tubi di acciaio 5,2 milioni di tonnellate. Notevole anche la produzione di coke: 53,4 milioni di tonnellate.

Sviluppo considerevole ha assunto l'industria meccanica per la produzione di macchine varie un tempo accentrata soprattutto nella regione tra Mosca e Leningrado, ora florida oltre che nell'area tradizionale (automobili, aeroplani, macchine tessili, macchine da scrivere, elettrodomestici, ecc.) anche in varie città dell'Oriente europeo e asiatico (Saratov, Kujbyšev, Sverdlovsk, Omsk, Novosibirsk, Krasnojarsk) e del Sud (Char′kov, Kiev, Baku) e in numerosi centri minori. Durante la guerra e nell'immediato dopoguerra il primato passò alla regione degli Urali (trattori, perforatrici, macchine agricole varie, autocarri e così via); poi grandi industrie sono sorte in varî centri della Siberia Centrale (automobili, motori elettrici, turbine, macchine agricole). Lo sviluppo maggiore dell'industria meccanica per la produzione di macchine si è verificato nella regione del Volga, nella Siberia (20 volte), nello Uzbekistan (12 volte) e nell'Armenia (19 volte).

Notevole importanza ha assunto l'industria del legname (Arcangelo, Igarka, sull'Amur, Čerepovec) e della carta (Krasnokamsk, Borovsk, Krasnovišersk, sul Kama e sul Višera: 1/4 della produzione della carta sovietica) e della cellulosa (Onega, Arcangelo). Anche l'industria chimica ha conosciuto un particolare risveglio, non solo quella eonnessa con la lavorazione dei metalli e la produzione della cellulosa, ma soprattutto quella connessa con l'industria dei combusti bili, per la lavorazione della fosforite, dell'apatite e del salgemma, per la produzione di fibre sintetiche, soda caustica, caucciù sintetico. Accanto ai centri tradizionali di Mosca e Leningrado dell'industria chimica altri cospicui ne sono sorti nella regione del Volga, in Ucraina, nel Kazakistan e altrove. Molto importanti quelli per la produzione di concimi chimici (12,4 milioni di t nel 1958) che sono conseguenza e causa dell'evoluzione dell'economia agricola.

Un cenno a parte merita anche l'industria tessile (cotone, 5800 milioni di m di tessuto; seta, 845 milioni di m; lino, 481; lana, 303; fibre artificiali, 167), che aveva i maggiori centri nella regione centrale, a Leningrado e nelle repubbliche baltiche, e che, con l'aumento della produzione del cotone, ha visto sorgerne altri in Ucraina (Kiev, Char′kov), nell'Asia Centrale (Taškent) e nella regione caucasica (Tbilisi), ove si sta costruendo, a Krasnodar, il più grande centro cotoniero della Terra. L'industria alimentare è localizzata soprattutto nelle regioni di grande valore agricolo e si è andata espandendo con la valorizzazione delle terre della regione caucasica, dell'Asia Centrale e della Siberia Occidentale. Notevole sviluppo ha assunto quella per la produzione dello zucchero (65,i milioni di q nel 1960) connessa con l'espansione della coltura della barbabietola da zucchero (2.754.000 ha nel 1959-60), la cui area di coltura si è raddoppiata nell'ultimo decennio. La regione dell'Ucraina centrale dà un quarto della produzione sovietica di zucchero.

Agricoltura. - Giganteschi passi sono stati fatti per la valorizzazione delle terre vergini della Siberia e dell'Asia Centrale e per la conquista delle aree desertiche alle colture. Come l'industria, anche l'agricoltura si è spostata verso oriente con successo. Le repubbliche dell'Asia Centrale, la Siberia Occidentale e la fascia tra le pendici del Caucaso ed i fiumi Volga e Don hanno richiamato maggiormente l'attenzione dei Sovietici in questi ultimi anni, in cui sono state realizzate grandi opere irrigue e si è avvertita la necessità di aumentare la produzione specie di frumento, mais, cotone, tè e così via. Le regioni ricordate hanno dato un contributo notevole all'aumento della produzione dell'ultimo decennio, che risulta molto considerevole. Sono stati guadagnati alle colture oltre 50 milioni di ettari nell'ultimo decennio, specie nelle aree steppiche della Siberia e del Kazakistan, ma lo sforzo maggiore per il riscatto delle terre vergini è stato operato tra il 1954 e il 1957. L'espansione della coltura dei cereali (frumento, 60 milioni di ettari nel 1955, 69 nel 1957; mais, 9 milioni di ettari nel 1955, oltre 22 nel 1959) è stata di oltre 20 milioni di ettari; ma anche la coltura degli alberi da frutto, del cotone e di alcune altre colture industriali (girasole, barbabietola) hanno registrato aumenti notevolissimi. Basta confrontare i dati della produzione vendibile relativi al 1958 e al 1953 e quelli relativi all'allevamento e ai suoi prodotti, per constatare le più grandi variazioni.

Attualmente la superficie territoriale dell'Unione Sovietica, per quanto riguarda i tipi di suolo e le forme di utilizzazione, risulta così ripartita:

La valorizzazione agricola di una parte cospicua del paese è stata possibile con la meccanizzazione (1,6 milioni di trattori nel 1959), con la realizzazione di molti bacini lacustri (circa 65.000), di grandi opere irrigue e di lunghi canali di irrigazione. I bacini artificiali ed i canali hanno avuto di solito un triplice scopo, cioè di servire per la produzione di energia idroelettrica, per l'irrigazione e per la navigazione interna. Dei principali bacini artificiali si dà un elenco con la relativa superficie e il volume:

Le aree irrigate o migliorate con l'irrigazione sono quelle con estate relativamente calda e scarsamente irrorate dalla pioggia, cioè soprattutto quelle steppiche e desertiche; ma vaste estensioni potrebbero essere sottratte ancora al deserto o alla steppa magra e salina intorno al Mar Caspio con l'ulteriore diffusione dell'irrigazione. L'Asia Centrale e la regione intorno al Mar Caspio hanno in parte cambiato volto e offrono ancora larghe prospettive di sviluppo. Gli sbarramenti sul Dnepr hanno permesso di distribuire acqua alle terre della fascia costiera dell'Ucraina e alla penisola di Crimea, quelli sul Don e sul Volga hanno favorito la valorizzazione di vastissime aree steppico-desertiche tra la depressione dei Manyčed il corso inferiore dei due fiumi e tra il medio corso del Volga e l'Ural. In tal modo si sono potuti irrigare circa 5 milioni di ettari, di cui 2,5 nel territorio del Volga, 1,5 nell'Ucraina meridionale e in Crimea, 0,75 nella regione del Don. I fiumi provenienti dal Caucaso (Terek, Kuban′, Kura) forniscono acqua alla regione a nord del Caucaso e alla pianura dell'Azerbaigian. Opere irrigue molto importanti sono state create nell'Asia Centrale lungo il Syr-Dar′ja, l'Amu-Dar′ja e l'Ili. Alcune iniziate prima della guerra sono state completate nel dopoguerra, come quelle sul Syr-Dar′ja per l'irrigazione del Fergana (cotone) e sul basso corso di ambedue gli immissarî dell'Aral. Il progetto più grandioso consiste nell'utilizzare le acque dell'Amu-Dar′ja per irrigare parte del deserto Kara-Kum e la regione a nord del Kopet-Dag fino al Mar Caspio. Un canale, detto di Kara-Kum, si è cominciato ad aprire nel 1957, in occasione del quarantesimo anniversario della Rivoluzione. Esso si innesta all'Amu-Dar′ja a monte di Kerki, tocca alcune oasi (Murgab, Tedžen, Ašchabad) e si spinge verso occidente. L'opera è in corso di realizzazione: nel 1960 è stato completato il primo tratto fino all'oasi di Murgab. di 335 km, ed iniziato il secondo tratto tra Mary e Tedžen. È stata recentemente approvata la costruzione del canale Irtyš Karaganda, lungo 510 km, che deriverà le acque dall'Irtyš per rifornire i centri industriali di recente formazione e per irrigare le terre del Kazakistan centrale. Attualmente nell'URSS sono irrigati oltre 7 milioni di ettari di terreno e su di essi le colture largamente diffuse sono quelle del cotone, del girasole, del tè, degli alberi da frutto, del riso, degli ortaggi, la cui produzione ha subìto sensibili aumenti negli ultimi tempi.

Anche l'allevamento è stato oggetto di particolari cure, come si deduce dall'aumento dei capi di bestiame e dei loro prodotti. Lo sfruttamento delle foreste è diventato più razionale ed estese aree sono state soggette a rimboschimento.

Comunicazioni. - L'aumento della produzione ha imposto la ricerca dei mercati di assorbimento fuori dei confini dello stato, ha incrementato il traffico e moltiplicato le vie ed i mezzi di comunicazione interni ed ha consigliato la formazione di unità economiche regionali che permettessero una migliore organizzazione dei complessi produttivi e favorisse uno sviluppo armonico delle varie parti dello stato.

L'impiego di potenti rompighiacci, di cui i più moderni sono mossi ad energia nucleare, ha aperto al commercio via mare la fascia artica del territorio statale, ha permesso lo sfruttamento di vaste aree forestali e di giacimenti minerarî ed ha favorito il sorgere di numerosi porti allo sfocio dei fiumi, per la raccolta e la lavorazione del legname o per l'imbarco del minerale.

I collegamenti tra i principali fiumi, di cui il più noto è il canale Volga-Don, aperto nel 1952, ha aumentato enormemente il traffico per vie d'acqua interne. Il progetto dei cinque mari ha permesso di collegare i mari settentrionali con quelli del sud per mezzo di grandi navi, ma il canale tra il Volga ed il Baltico (Canale Mariinskij) risulta inadatto ai nuovi bisogni della navigazione e dovrà essere ampliato nei prossimi anni. Il Volga è diventato un'importantissima via commerciale ed assorbe oltre i due terzi del traffico che si svolge sulle acque interne dell'Unione Sovietica. La flotta era di 1,6 milioni di t di stazza nel 1948; ma è passata a 3,42 milioni di t nel 1960 ed è molto efficiente.

Più fitta è diventata la rete ferroviaria, che è passata da 106.000 km nel 1945 a 125.800 nel 1960. Tra le linee di nuova costruzione la principale è la ferrovia Transmongolica che dal 1955 collega Ulan-Ude con Pechino, passando per Ulan-Bator. La valorizzazione del Kazakistan centrale ha determinato la progettazione di una ferrovia dagli Urali alla Siberia Centrale per il Kazakistan. Nel ramo principale (2110 km), che collegherà Kustanaj con Irtyšskoe, si innesteranno alcuni rami secondarî, che raggiungeranno i centri industriali del Kazakistan (il bacino carbonifero di Ekibastuz, Kokčetav) e la Transiberiana.

Un altro ramo della Transiberiana, costruito nel 1959, collega Tajšet con Bratsk sull'Angara e con Ust′-Kut sul corso superiore della Lena. Oltre 16.000 km (1959) sono elettrificati (ma solo 6.400 nel 1956) e altri 9.000 sono serviti da macchine Diesel. In corso di elettrificazione è anche la Transiberiana, che è già servita da locomotori elettrici nel tratto Mosca-Irkutsk (1960). In questi ultimi tempi si è sviluppata anche la rete delle strade rotabili (251.000 km nel 1960) e si è moltiplicato il numero degli autoveicoli (3,9 milioni nel 1959), specie nelle regioni industriali, tanto che si è avvertita la necessità di un raccordo anulare intorno a Mosca di 109 km, la cui costruzione è iniziata nel 1956. Tuttavia oltre l'80% del traffico interno avviene per ferrovia (1.429 milioni di t nel 1959, di cui più del 33% sulle linee servite da macchine elettriche e Diesel). Il traffico fluviale corrisponde solo alla decima parte di quello ferroviario.

Commercio estero. - Il paese in questi ultimi tempi ha incrementato sensibilmente gli scambî con l'estero, sia per collocare sui mercati stranieri la parte della produzione eccedente il proprio fabbisogno, sia per importare merci richieste dalle esigenze della sua popolazione. Tra il 1956 ed il 1959 il valore del commercio estero (11.514 milioni di dollari, nel 1958, distribuito in parti uguali tra esportazioni ed importazioni) è aumentato del 30%. Un terzo di esso è assorbito dalla Cina e dalla Repubblica Democratica Tedesca in parti quasi uguali, un altro terzo dai paesi confinanti ed il resto dagli altri paesi europei ed extraeuropei, tra i quali si distiguono S. U. A. e Regno Unito. Tra le esportazioni le merci in continuo sensibile aumento sono il carbone (5 milioni di t nel 1955; 10 nel 1958), il petrolio e gli olî combustibili (5 milioni di t nel 1955; 18 nel 1958) e il frumento (20 milioni di q nel 1955; 51 nel 1958). Tra le altre merci degne di mensione sono macchinarî varî minerali di ferro e di manganese (12 milioni di t nel 1958), legname (6,6 milioni di m3), cellulosa (219.000 t), fibre tessili e carta. Tra le importazioni notevole importanza assumono i macchinarî, i semi oleosi, la frutta secca e fresca, lo zucchero ed alcuni minerali (zinco, piombo, stagno).

Bibl.: G. Roletto, La costruzione economica sovietica, Milano 1955; N. N. Baranski, Die ökonomische Geographie der UdSSR, 2ª ed., Berlino 1957; K. Krüger, UdSSR. Unser Wissen über die Sowjetunion, Berlino 1957; L. S. Berg, Die geographischen Zonen der Sowjetunion, I, II, 2ª ed., Lipsia 1958-59; J. G. Sauškin, Economic geography of Soviet Union, Oslo 1959; P. George, Geografia economica dell'Unione Sovietica, Torino 1960.

Storia.

Nel corso del 1948 i rapporti tra l'URSS e le potenze occidentali erano andati decisamente peggiorando. I trattati di pace con l'Italia, la Romania, l'Ungheria e la Bulgaria, pur tra molte difficoltà, erano stati condotti in porto; ma apparve impossibile raggiungere un accordo tra i vincitori per i trattati di pace con la Germania e con l'Austria, cioè per i paesi militarmente occupati in parte dagli occidentali e in parte dai sovietici. I malintesi, gl'incidenti, gli attriti tra le forze di occupazione si facevano sempre più frequenti; sopravvenne, quindi, un fatto che determinò un grave acuirsi dell'attrito tra potenze occidentali e URSS, cioè il "colpo" di Praga. La Repubblica Cecoslovacca, risorta dopo il crollo della Germania nei vecchi confini (eccettuata la Rutenia Carpatica che era stata da essa ceduta all'Unione Sovietica), aveva notevolmente trasformato la sua struttura con l'espulsione in massa dei Tedeschi dei Sudeti, con la soppressione dei partiti di destra e con audaci riforme sociali. Tuttavia, la nuova repubblica poggiava pur sempre su una effettiva pluralità di partiti, sul sistema parlamentare e non era aliena dal mantenere, sia pure in forma assai ridotta, un equilibrio tra Oriente e Occidente. Nel febbraio del 1948 i comunisti s'impadronirono in Cecoslovacchia del potere e così il paese fu, nella politica estera e in quella interna, pienamente allineato agli altri paesi del blocco orientale. Il 25 febbraio Beneš (v. App. II, 1) si piegò alla situazione di fatto e accettò il gabinetto Gottwald dal quale era esclusa ogni corrente sia pur larvatamente anticomunista.

Sul piano della politica interna dell'URSS, le formule del tempo di guerra erano state intanto profondamente trasformate o sostituite da formule nuove. Alla rivalorizzazione delle antiche virtù guerriere russe, in un certo senso della stessa religione ortodossa, all'esaltazione dei marescialli vittoriosi, era seguita in pieno la riaffermazione dell'importanza direttiva del partito. I comandanti militari, compreso lo stesso Žukov, conquistatore di Berlino, passarono, in certo qual modo, in seconda linea. Fu sottolineata l'importanza dell'elemento granderusso entro il complesso etnico dell'URSS. Si mettevano in rilievo gli aspetti "moderni" della stessa Russia del passato e l'opera dei rivoluzionarî russi dell'Ottocento, in contrapposizione alle nazionalità vissute a lungo in clima "precapitalistico". Da Ivan il Terribile, a Pietro il Grande, a Lenin, lo spirito della modernità sarebbe insomma partito prevalentemente dai Russi. Sul piano culturale si metteva in rilievo il contributo di studiosi e scienziati russi alla storia della civiltà: il "cosmopolitismo" divenne così un bersaglio prediletto, in quanto inadatto a valorizzare adeguatamente il contributo russo al pensiero umano e al progresso delle scienze.

Gli avvenimenti di Praga impressionarono l'opinione pubblica occidentale e contribuirono non poco al sorgere del Patto Atlantico che fu firmato a Washington il 4 aprile 1949. Ma oltre i fatti di Praga, si delinearono altre gravi cause di tensione. La Iugoslavia di Tito era uscita dalla seconda guerra mondiale con lineamenti marcatamente comunisti. Nei suoi primi anni di vita, il regime di Tito si caratterizzò per un atteggiamento particola mente polemico verso l'Occidente e per la sua aperta proposta di annettere Trieste. Tuttavia nel giugno del 1948 la Iugoslavia fu accusata dall'URSS e dal comunismo internazionale di seguire atteggiamenti indipendenti, non conciliabili con la solidarietà comunista. Da Mosca e dalle capitali dominate da Mosca cominciò una violentissima polemica contro Belgrado. Dalla polemica e dalle minacce, si passò ad un organizzato boicottaggio, che divenne totale a partire dall'estate del 1949. La presa di posizione dell'URSS e il boicottaggio spinsero il regime di Tito a cercare aiuti economici (soprattutto, ma non esclusivamente) in Occidente. Sul piano interno, il regime mantenne peraltro il suo aspetto totalitario.

Intanto anche a Berlino la situazione si veniva facendo grave. Le autorità sovietiche dichiararono nel giugno del 1948 un blocco contro la parte di Berlino occupata dagli occidentali: americani, inglesi e francesi avrebbero così dovuto abbandonare l'"isola occidentale" in mezzo al mondo comunista. Il blocco si estese a tutte le comunicazioni terrestri e fluviali con Berlino ovest. Le potenze occidentali risposero a questa sfida con un grandioso "ponte aereo". A Berlino occidentale le privazioni furono dure, ma, sia pure al prezzo della morte di parecchi aviatori, la città fu approvvigionata con i prodotti più necessari. Il blocco di Berlino ebbe finalmente termine il 12 maggio 1949.

Intanto, nel continente asiatico e in quello africano, dove le residue posizioni coloniali europee venivano declinando, la politica sovietica appoggiava non soltanto le correnti comuniste e filocomuniste, ma con abile mossa anche i movimenti nazionalisti, purché tendessero a distruggere o attenuare i loro vecchi vincoli con l'Occidente. La situazione in Estremo Oriente si fece particolarmente grave, quando, il 25 giugno 1950, forze armate della Corea del Nord invasero improvvisamente il territorio della Corea del Sud (v. corea; Storia, in questa App.); intervennero da una parte le N.U., cioè, praticamente, gli S. U. A., e dall'altra la Cina; si riuscì tuttavia a localizzare la guerra che ebbe termine soltanto il 27 luglio 1953, dopo alterne vicende belliche e dopo estenuanti trattative diplomatiche. La guerra di Corea contribuì, nei suoi riflessi, a rendere nuovamente assai tesi i rapporti tra l'Occidente e l'Unione Sovietica.

L'improvvisa morte di Stalin, il 5 marzo 1953, segnò la fine di un'era nella vita dell'Unione Sovietica. Con Stalin era scomparso un uomo la cui autorità era indiscussa su tutti i piani: dall'interpretazione ufficiale del marxismo, alle direttive politiche del governo, ai problemi scientifici, filosofici, letterarî e linguistici. Subito dopo la morte di Stalin, il governo fu radicalmente riorganizzato. G. M. Malenkov divenne capo del governo e in primo piano apparvero le figure di L. P. Berija, V. M. Molotov, N. A. Bulganin e L. N. Kaganovič. Berija, che era in certo qual modo divenuto il "numero due" entro alla nuova situazione, venne tuttavia perdendo rapidamente la sua posizione di potenza. Il 26 giugno 1953 fu infatti esonerato da tutte le cariche, arrestato, accusato di essere, tra altro, un agente delle potenze occidentali e, infine, giustiziato il 23 dicembre dello stesso anno. Malenkov enunciò intanto un certo quale indirizzo nuovo, promettendo varie "revisioni" e soprattutto una maggiore produzione di beni di consumo. Egli si vide, tuttavia, obbligato a dimettersi l'8 febbraio 1955 e il suo successore fu Bulganin accanto al quale emerse, quale segretario del partito, la figura di N. S. Chruščëv. In sostanza, si rivolgeva a Malenkov l'accusa di essere troppo marcato fautore dello sviluppo dell'industria leggera, a detrimento dell'industria pesante. Infatti, dopo la caduta di Malenkov, si rafforzò l'industria pesante e s'intensificò lo studio e la preparazione delle armi modernissime. Tuttavia, durante la Conferenza di Ginevra (la "conferenza del sorriso") nel 1955, l'URSS mostrò di voler sostituire alla politica della guerra fredda la politica della cosiddetta coesistenza con l'Occidente. L'URSS cominciò a sviluppare un'attività diplomatica sempre più intensa: i viaggi dei dirigenti sovietici all'estero si fecero assai frequenti. Venne firmata la pace con l'Austria, mentre per anni l'accordo tra gli occidentali ed i sovietici, sul trattato di pace austriaco, era sembrato irrangiungibile. L'aspro conflitto tra l'URSS e la Iugoslavia venne improvvisamente liquidato come eredità "staliniana". Alla Finlandia venne restituita Porkkala, importante base militare occupata dai sovietici.

Sembrò a mano a mano delinearsi una situazione nuova anche sul piano interno dell'URSS. Il termine "disgelo" (dal titolo di un romanzo di I. Erenburg) sembrò caratterizzare il cambiato clima. Dopo la morte di Stalin e la successiva esecuzione di Berija, durante il ventesimo congresso del partito comunista (febbraio 1956), fu solennemente proclamata la fine del "culto della personalità". Contro Stalin vennero indirizzate da Chruščëv severe accuse sul piano politico e perfino su quello militare. Varî personaggi del mondo politico e culturale, fucilati durante l'era staliniana, vennero riabilitati. Alcuni autori russi del passato ebbero delle ristampe. Videro anche la luce, in lingua russa, più libri stranieri che in passato.

Il parziale disgelo che veniva delineandosi entro i confini dell'URSS ebbe rapide ripercussioni nei paesi trovantisi nell'orbita sovietica; esso prese tuttavia aspetti particolarmente drammatici in Ungheria e in Polonia. In Ungheria, il malcontento contro il regime "staliniano" di M. Rákosi era diffuso in tutti gli strati della popolazione: nell'estate e nell'autunno del 1956 esso prese aspetti sempre più palesi. In ottobre, la rivoluzione divampò in tutto il paese (v. ungheria; Storia, in questa App.). Per alcuni giorni, i partiti improvvisamente risorti con piena spontaneità apparvero in primo piano, riflettendosi nel nuovo governo democratico instauratosi nel paese. La vittoria democratica fu tuttavia di breve durata. Il 4 novembre, il comando sovietico passò bruscamente al contrattacco e la rivoluzione ungherese fu duramente stroncata. L'intervento sovietico fu giustificato a Mosca in nome del "Patto di Varsavia", concluso tra i paesi comunisti dell'Europa Orientale, quale contrappeso al Patto Atlantico. L'"ottobre polacco" non sfociò in una vera rivoluzione, restando nella cornice, almeno apparente, della legalità comunista. Tuttavia, specie nel primo momento, di fronte all'URSS presa alla sprovvista, il regime comunista polacco fu caratterizzato da qualche sensibile trasformazione in senso democratico (v. polonia: Storia, in questa App.). Gli avvenimenti d'Ungheria produssero un'ondata di violente proteste antisovietiche nei paesi al di fuori del blocco comunista. Se il 1955 e il 1956 eran sembrati anni di "disgelo" e di graduale pacificazione nel piano internazionale, d'improvviso ogni possibilità di accordo tra Occidente e Oriente sembrò di nuovo in alto mare. I drammatici avvenimenti d'Ungheria si erano, per di più, intrecciati con non meno drammatici avvenimenti in Egitto (v. in questa App.). In seguito alla nazionalizzazione del canale di Suez da parte del governo egiziano e in connessione a cronici incidenti fra Egitto e Israele, ebbe inizio, proprio nei giomi della rivoluzione ungherese, una campagna militare dell'Inghilterra, della Francia e d'Israele contro l'Egitto. L'evidente ostilità degli S. U. A. verso questa azione pose Francia ed Inghilterra in una posizione d'isolamento; l'URSS ne approfittò abilmente, minacciando Londra e Parigi di gravi rappresaglie. Ma intanto, in seguito agli avvenimenti in Ungheria, anche i rapporti sovietico-iugoslavi si erano nuovamente fatti più tesi.

Superato il turbine ungherese e polacco, si venne delineando nell'URSS durante il 1957 un energico sforzo per raffermare in pieno il primato del partito comunista sulla vita del paese. Contemporaneamente, veniva sempre più collocandosi in primo piano la figura di N. S. Chruščëv, come capo effettivo del regime: Intanto, nell'URSS gli sforzi nel campo scientifico e militare si fecero sempre più intensi e in tempo assai breve si registrò una serie di successi clamorosi, soprattutto nel campo della navigazione spaziale. Sul piano della politica interna, si accentuò la tendenza ad eliminare dalle cariche più importanti i personaggi ritenuti a torto o a ragione ostili a Chruščëv. Nell'estate del 1957 si verificò una seria crisi politica, conclusasi con l'allontanamento di V. M. Molotov, L. M. Kaganovič, G. M. Malenkov, D. T. Šepilov e altri elementi d'un cosiddetto "gruppo antipartito". Gli uomini colpiti dai provvedimenti furono allontanati dalle cariche, ma, a differenza di quanto avveniva sotto Stalin, non vennero sottoposti a processi con accuse infamanti, sibbene assegnati soltanto a posti estremamente modesti. In ottobre, poco dopo il suo ritorno da una visita in Iugoslavia, lo stesso maresciallo Žukov fu destituito dalla carica di ministro della Difesa: fu anche allontanato dal "Comitato Centrale", sotto l'accusa di essersi messo eccessivamente in mostra e di aver ostacolato l'opera del partito in seno alle forze armate. Infine, il 6 novembre 1957, Chruščëv dichiarò in un suo discorso che era necessario rafforzare l'industria pesante, ma nello stesso tempo affermò anche la volontà dell'URSS di raggiungere e superare gli S. U. A. nella produzione di numerosi generi di consumo. Fu intanto deciso il rimpatrio nelle terre di origine di alcune piccole nazionalità (specie del Caucaso e del Basso Volga) che Stalin aveva fatto deportare sotto l'accusa di collaborazionismo con i Tedeschi, durante la guerra: quanto ai Tatari di Crimea e ai Tedeschi del Volga (pure deportati), non si ebbe nessuna comunicazione ufficiale. Agli imputati nei processi fu concessa qualche maggiore garanzia riguardante la propria difesa. Si poté peraltro notare contemporaneamente un indirizzo più rigido contro gli spunti non interamente conformisti nella letteratura e contro i gruppi, specialmente costituiti da giovani, influenzati da mode o da gusti "occidentali". Sul piano della politica estera, il governo sovietico cercò anzitutto di riaffermare in pieno nei paesi dell'Europa Orientale il suo prestigio e la sua forza, alquanto scossi dagli avvenimenti di Polonia e d'Ungheria. Sul piano della politica verso l'Occidente, il governo sovietico cercò, in grandi linee, di lasciar cadere in dimenticanza l'"incidente" ungherese e di riprendere la cosiddetta politica della "coesistenza". Ma verso la Turchia furono lanciate violente accuse a proposito dell'intenzione che essa avrebbe avuto, secondo Mosca, d'invadere la Siria. Un avvenimento di grandissima importanza e di vastissima eco fu il lancio del primo satellite artificiale, il 4 ottobre 1957.

Negli anni successivi, la crisi iniziatasi con la morte di Stalin e l'esecuzione di Berija poteva dirsi in grandi linee superata, specie attraverso il costante aumento di prestigio e di potere da parte di Chruščëv. Nel marzo 1958 egli fu nominato primo ministro al posto di Bulganin: mantenne tuttavia il suo posto di primo segretario del partito, unificando in tal modo nella sua persona, come già Stalin, i due posti di fondamentale importanza. Sul piano interno ci furono ulteriori giri di vite e qualche osservatore della situazione russa parlò di ritorno ai sistemi staliniani. Ciò era vero soltanto in parte: tuttavia per la vita culturale si chiuse quel lieve spiraglio che sembrava essersi delineato pochi anni prima. Il controllo sull'opera degli scrittori si fece più intransigente e si scatenò una violenta polemica contro lo scrittore B. Pasternak che aveva pubblicato all'estero un suo romanzo, Il dottor Živago, proibito nell'URSS. Il 27 novembre 1958 il governo sovietico espresse la sua intenzione che Berlino occidentale venisse trasformata in città libera. Chruščëv iniziò contemporaneamente una forte pressione, accompagnata da discorsi polemici, affinché le potenze occidentali ritirassero le loro truppe da Berlino. La tensione fra Occidente e Oriente si aggravò di nuovo in modo serio, tuttavia poco dopo cominciò ad evolversi in un senso forse non atteso. I grandi successi ottenuti dai sovietici nelle armi più moderne e più distruttive diffusero un po' dovunque l'impressione che l'URSS avesse superato in modo abbastanza sensibile il potenziale bellico degli S. U. A. La valutazione approssimativa del reale rapporto delle forze, il timore di una possibile guerra annientatrice, forse anche il desiderio di una politica più autonoma di fronte agli S. U. A. e una certa quale tradizionale perplessità di fronte al graduale processo di unificazione dell'Europa occidentale, spinsero l'Inghilterra a farsi audacemente promotrice di una distensione fra Oriente e Occidente, magari a rischio di qualche parziale rinuncia per quest'ultimo. Analoghe tendenze, sia pur partendo da motivi non identici e manifestate con maggiori riserve, si delinearono anche negli S. U. A., specie dopo la morte del segretario di stato J. Foster Dulles. Si ebbe anche, a ragione o a torto, l'impressione che la NATO subisse una seria crisi, specie a causa della politica francese quasi interamente dominata dagli avvenimenti d'Algeria.

Il primo ministro britannico, Macmillan, accompagnato dal ministro degli esteri Selwyn Lloyd, si decise a fare una visita ufficiale nell'URSS, allo scopo di attenuare la minacciosa tensione internazionale. Macmillan affermò, in un discorso al Parlamento, che egli aveva da tempo l'intenzione di compiere una visita nell'URSS e che Bulganin e Chruščëv, fin dal loro soggiorno in Inghilterra nel 1956, avevano invitato Eden nel loro paese. "Recenti sviluppi della situazione internazionale - aggiunse Macmillan - mi hanno convinto che una visita nel presente momento potrebbe essere utile". L'iniziativa del governo inglese trovò entusiastiche approvazioni, ma anche voci critiche che sottolineavano i rischi del viaggio, in quanto poteva sembrare che l'Occidente non procedesse in modo solidale. Il viaggio si svolse dal 21 febbraio al 3 marzo 1959: Chruščëv tenne a momenti un tono aspro verso i suoi ospiti. In seguito al viaggio, la minacciosa tensione per Berlino subì, almeno momentaneamente, un'attenuazione. Da parte sovietica si cominciò a sottolineare sempre più la necessità di un incontro al vertice, per risolvere le grandi questioni sospese tra Oriente e Occidente: soprattutto quelle riguardanti il disarmo, Berlino e la Germania. Da parte occidentale, in linea di massima, si mostrava una preferenza per incontri preliminari dei ministri degli Esteri, per giungere agl'incontri al vertice con qualche risultato concreto già acquisito. Una conferenza inaugurata a Ginevra l'11 maggio (e protrattasi a lungo) tra i ministri degli Esteri occidentali e quello sovietico, mise in luce l'estrema difficoltà di raggiungere accordi sia pure limitati. Il 24 maggio 1959 moriva J. Foster Dulles che si era sempre mostrato scettico sui risultati positivi della nuova politica occidentale verso la Russia, che si veniva a mano a mano delineando. Il 23 luglio, il vicepresidente degli S. U. A., Nixon, giunse a Mosca per una visita. Era proprio l'epoca in cui veniva inaugurata negli S. U. A. una grande esposizione sovietica, mentre una grande mostra americana s'inaugurava a Mosca. Tra Nixon e Chruščëv non mancarono le battute polemiche: tuttavia il viaggio di Nixon preparò la visita di Chruščëv negli S. U. A. Questa visita (dal 15 al 28 settembre) parve rappresentare una svolta decisiva nei rapporti tra Oriente ed Occidente: non vennero prese decisioni concrete; in certi momenti Chruščëv mostrò un atteggiamento molto polemico con i suoi interlocutori americani; tuttavia, nel complesso, l'opinione mondiale diede credito allo "spirito distensivo" di Camp David (dal nome del luogo dove Eisenhower e Chruščëv si erano incontrati a quattr'occhi). Fu stabilita la restituzione della visita di Chru̯ščëv da parte del presidente americano. Le visite tra uomini politici, economisti, studiosi dell'Oriente e dell'Occidente si fecero più frequenti. Nel febbraio del 1960 il presidente della Repubblica Italiana, Gronchi, insieme al ministro degii Esteri, Pella, si recarono nell'Unione Sovietica: ci furono momenti di tensione anche durante questa visita a causa di alcune affermazioni polemiche di Chruščëv; ma da essa scaturì tuttavia un accordo culturale italo-sovietico. Il 1959 si era chiuso con una diffusa speranza di accordo fra Occidente e Oriente. Il 1960 sembrava annunciarsi come anno di ulteriori e impegnativi incontri, tra cui quello al vertice, con speranze distensive o, per lo meno, di attenuazione della guerra fredda. Tuttavia dalle due parti vennero ribadite le rispettive posizioni riguardo al disarmo controllato, alla Germania a Berlino.

L'URSS ha intanto realizzato in questi ultimi anni imponenti risultati sul piano scientifico e militare. Il tenore di vita della popolazione è migliorato. Nella stampa sovietica sono state frequenti le polemiche a proposito di una certa ripresa d'interesse religioso, perfino tra la gioventù, nonché contro il diffondersi di gusti "occidentalizzanti" o "borghesi". Il regime cerca infatti con deciso impegno d'impedire che una eventuale distensione con l'Occidente possa recare con sé la diffusione d'idee e stati d'animo inconciliabili con il regime sovietico. Con il miglioramento delle condizioni economiche e con il diminuire delle immediate preoccupazioni pratiche, si manifesta indubbiamente un più marcato desiderio di conoscere la vita degli altri paesi e si auspica una maggiore tolleranza sul piano culturale e letterario. Tuttavia il potere e il prestigio di Chruščëv sono venuti sempre più rafforzandosi, grazie anche ai riconoscimenti che egli ha ottenuto da parte di varî esponenti democratici dell'Occidente.

Nel maggio del 1959 si manifestò nel Tibet una vasta ribellione contro il dominio cino-comunista, che fu repressa nel sangue solo dopo duri combattimenti. Gli avvenimenti tibetani, che ebbero in tutto il mondo notevole eco, venivano ad aggiungersi al conflitto, in atto da parecchi anni, tra la Cina comunista e la Cina nazionalista (Formosa), che aveva varie volte messo a repentaglio la pace nell'estremo Oriente. Successivamente agli avvenimenti tibetani, forze comuniste cinesi occuparono una vasta striscia di territorio appartenente, secondo il parere del governo indiano, all'India (v. cina: Storia; indiana, unione: Storia, in questa App.). Ci furono alcuni morti e feriti in combattimenti nella zona confinaria ed ebbe luogo un peggioramento nei rapporti cino-indiani. Si diffuse l'impressione che l'URSS non condividesse in pieno la politica cinese né sul piano del suo estremismo interno, né su quello dei rapporti con l'India, né, infine su quello della progettata distensione internazionale.

L'anno 1960 s'era iniziato fra alti e bassi nella "guerra fredda" in corso fra l'URSS e le potenze occidentali. L'Unione Sovietica aveva concluso varî accordi culturali con paesi appartenenti all'Alleanza atlantica e con paesi "non impegnati". Mostre ed esposizioni inglesi e americane avevano avuto luogo in Russia e mostre sovietiche erano state aperte nei paesi anglosassoni. Chruščëv s'era recato in marzo. in varî paesi asiatici e in aprile aveva visitato la Francia. Nel campo dell'astronautica e in quello delle armi più moderne l'URSS si trovava in continuo sviluppo: ma intanto, a Ginevra, le discussioni tra occidentali e sovietici per un accordo atomico segnavano il passo. Il 1° maggio 1960 si verificò un incidente particolarmente grave (non era stato l'unico) fra l'URSS e gli S. U. A. Un aereo americano del tipo "U 2" era stato abbattuto dai Sovietici presso Sverdlovsk negli Urali. Sui particolari della caduta dell'aereo furono espresse opinioni discordanti e il pilota Powers fu preso prigioniero. In tale occasione, Chruščëv affermò che la violazione dello spazio aereo sovietico era stato un fatto di cattivo augurio per l'"incontro al vertice" tra i capi delle grandi potenze, incontro che doveva aver luogo poco dopo. La tensione fra Oriente e Occidente aumentò in modo notevole. La conferenza al vertice che doveva aver luogo a Parigi il 16 maggio andò a monte: Chruščëv ne prese lo spunto per una violenta polemica contro Eisenhower.

In seguito agli avvenimenti sviluppatisi nel Congo (v.), l'URSS iniziava intanto un'accesa polemica contro il segretario generale delle Nazioni Unite, D. Hammarskjöld (v.), accusato di favorire interessi americani. A fianco della polemica sulla Germania e in particolare su Berlino, anche gli scontri armati nel Laos e nelle regioni ad esso più o meno vicine contribuivano alla tensione fra Oriente ed Occidente. Intanto, fra il partito comunista sovietico e quello cinese, si svolgeva una polemica sui temi della "evitabilità della guerra" e della "convivenza pacifica". In quella polemica, mantenuta sul piano "dottrinale", si ravvisò generalmente un indice di dissensi più profondi. Sul piano interno, Chruščëv denunciava una parziale crisi nell'agricoltura sovietica. Venivano sottolineate colpevolezze varie nella burocrazia e nella formulazione dei dati statistici. Si mettevano in luce anche "residui di mentalità borghese". Il ministero dell'Agricoltura fu riordinato e in tutto il settore agricolo si ebbero numerose destituzioni.

Il 12 aprile 1961 si svolse il volo spaziale di J. A. Gagarin che, segnò un clamoroso successo della tecnica e dell'organizzazione sovietiche (esso fu seguìto, nell'agosto dello stesso anno, dal volo spaziale di G. S. Titov). I grandi successi sovietici in questo campo e la sostituzione di Kennedy ad Eisenhower alla presidenza degli Stati Uniti furono ritenuti degli elementi favorevoli per un'attenuazione della guerra fredda. Tuttavia, un incontro fra Chruščëv e Kennedy a Vienna (3 giugno 1961) mostrò di nuovo e in pieno le profonde distanze tra le posizioni sovietiche e quelle occidentali. Il 15 giugno, in una trasmissione alla televisione sovietica, Chruščëv riaffermò con particolare vigore l'esigenza di un trattato di pace con la Germania (o con le due Germanie) e di una soluzione del problema di Berlino occidentale che avrebbe dovuto diventare una "città libera". Le potenze atlantiche riaffermarono, sia pure con qualche sfumatura nei particolari, la loro volontà di difendere la libertà di Berlino occidentale. Esse respinsero inoltre le proposte sovietiche di abolire, con atto unilaterale, gli accordi del 1945 e del 1949. La situazione berlinese si venne facendo sempre più tesa. Dal 1949 al 30 giugno 1961 si erano rifugiati a Berlino o nella Germania Occidentale 2.600.000 profughi. Il 13 agosto, con atto unilaterale, le autorità della Germania Orientale chiusero il confine con Berlino occidentale: a tale scopo venne anche eretta una muraglia. La situazione già tesa a causa del problema berlinese si venne acutizzando anche a causa della rottura delle trattative per la tregua nucleare. L'Unione Sovietica (autunno 1961) riprese infatti su vasta scala le esplosioni atomiche, nonostante le proteste di numerosi stati e della maggioranza dei paesi rappresentati nelle Nazioni Unite. Sul piano interno, nell'URSS era stata intanto ripristinata la pena di morte per alcuni reati, in primo luogo per i reati contro la proprietà collettiva.

Alla fine di ottobre e all'inizio di novembre 1961 si è tenuto a Mosca il XXII congresso del partito comunista. Chruščëv annunciò in tale occasione grandi successi sul piano dello sviluppo economico e progetti di poderoso incremento per il seguente ventennio. Fu ribadita la condanna al "culto della personalità" e riaperta la polemica contro Stalin. La salma di quest'ultimo fu rimossa dal mausoleo, dove giaceva a fianco di Lenin. Venne attaccato violentemente il cosiddetto "gruppo antipartito" ed in particolare vennero prese di mira le figure di Molotov, Malenkov e Kaganovič. L'Albania fu accusata di esser rimasta immobile nelle prospettive e nei metodi staliniani. Fra questo paese e gli altri del blocco sovietico si è giunti a una forte tensione. Anche la frizione tra URSS e Cina si è manifestata nuovamente durante il congresso, specie a proposito di Stalin e dell'Albania: tuttavia i dissensi, ben evidenti, sono rimasti in toni smorzati. Una deplorazione del "deviazionismo" iugoslavo è stata formulata in modo assai più blando che le accuse all'Albania. Mentre erano in corso i lavori del Congresso, l'URSS, con una nota alla Finlandia, ha chiesto a quest'ultima una maggiore collaborazione militare, in vista di un possibile attacco da parte della Germania Occidentale o della NATO. Il govern0 finlandese si è mostrato disposto a discussioni con il governo sovietico, pur riaffermando la sua volontà di difendere il suo stato di neutralità. Infine si è avuta l'impressione di una maggiore disposizione d'animo, da parte sovietica, a riprendere le trattative per Berlino. La tensione tra Mosca e Tirana sembra inoltre aver avvicinato Mosca a Belgrado.

Bibl.: Si consulti la voce sull'URSS nella Bol'saja Sovetskaja Enciklopedija (Grande Enciclopedia Sovietica), con la bibliografia ivi contenuta; Soviet Studies; a quarterly on behalf of the Department for the study of the social and economic institutions of the U.S.S.R., University of Glasgow (la rivista esce dal 1949); Vestnik Instituta po izučeniju SSSR (Notiziario dell'Istituto per lo studio dell'URSS), Monaco di Baviera e inoltre: P. L. Ljaščenko, Istorija narodnogo chozjajstva SSSR (Storia dell'economia nazionale dell'URSS), Mosca 1948; I. Deutscher, Stalin, Londra 1949; J. Gunther, Behind the iron curtain, New York 1949; R. Crossman e altri, The god that failed, New York 1950; L. Schapiro, Soviet treaty series, 3 voll., Washington 1950-55; D. I. Dallin, The new Soviet empire, New Haven 1951; I. Gluckstein, Stalin's satellites in Europe, Boston 1952; H. Seton Watson, The East European revolution, New York 1952; M. Beloff, Soviet policy in the East 1944-1951, Londra 1953; A. Bergson, Soviet economic growth, Evanston 1953; H. Seton Watson, The pattern of communist revolution, Londra 1953; id., From Lenin to Malenkov; the history of world communism, New York 1953; L. Gruilov, Current Soviet policies, 2 voll., New York 1953 e 1957; V. Gsovski, Church and State in Satellite Europe, New York 1955; H. Kohn, Panslavism. Its history and ideology, Notre Dame 1953; D. J. Dallin, The changing world of Soviet Russia, New Haven 1956; G. von Rauch, A history of Soviet Russia, Londra 1957; T. Fitzsimmons e altri, U.S.S.R.: its people, its culture, New Haven 1960.

Ordinamento costituzionale e legislazione.

1. - La scienza sovietica del diritto è unanime nel ritenere che l'ordinamento giuridico dell'URSS trovi la sua concreta e completa definizione nella "legge fondamentale" del 1936. Essa resta pertanto valida in tutte le enunciazioni di principio, nonostante i nuovi indirizzi affermati al XX congresso (1956) e le prospettive del recentissimo programma del PCUS sul superamento dell'esigenza della dittatura proletaria nell'attuale fase di trasformazione dello stato (XXII congresso, ottobre 1961).

La Costituzione vigente, approvata all'VIII congresso straordinario dei Sovieti del 1936 per iniziativa di Stalin, riflette i radicali mutamenti prodottisi nella vita economica e politico-sociale della Russia sovietica per effetto della vittoria del socialismo in un paese solo. Essa è la "Costituzione del socialismo", nel senso che attribuisce tutto il potere statale ai lavoratori (dittatura del proletariato). I lavoratori esercitano il potere a mezzo dei Sovieti - consigli eletti dal popolo - che costituiscono perciò la base politica dello Stato di nuovo tipo sorto dalla rivoluzione socialistica dell'ottobre 1917. Poiché la Costituzione vigente rispecchia il rapporto di forza delle classi esistenti nell'attuale fase bassa del socialismo, la scienza giuridica dell'URSS sostiene che una revisione costituzionale sarà necessaria soltanto nel futuro, quando cioè la trasformazione in atto della base economica (unificazione delle attuali due forme di proprietà) e della struttura sociale (scomparsa delle superstiti classi) avrà reso possibile il passaggio dell'URSS alla fase alta del comunismo, in cui ciascuno "riceverà secondo i bisogni". In realtà, la Costituzione vigente (Konstitucija SSSR, 5 dicembre 1936) non trova ancora realizzate, nell'attuale stadio avanzato dal processo di trasformazione della società, le premesse del proprio superamento. L'attuale Costituzione è la terza in ordine di tempo approvata dal potere sovietico dall'epoca della proclamazione della Repubblica Socialistica Federativa Sovietica Russa (7 novembre 1917). La prima Costituzione sovietica (Konstitucija RSFSR, 10 luglio 1918) registrava, in sostanza, i mutamenti introdotti dalla dittatura proletaria nei suoi primi otto mesi di esistenza. Più precisamente, sul piano teorico esponeva in lunghi preamboli le tesi fondamentali del marxismo-leninismo circa i "diritti dei popoli della Russia" e quelli "del popolo lavoratore e sfruttato" (Dichiarazioni, rispettivamente del 15 novembre 1917 e del 30 gennaio 1918). Per il suo contenuto essenzialmente programmatico. inteso ad affermare l'avvenuto passaggio dal capitalismo al socialismo, la prima Costituzione sovietica ebbe vita assai breve.

Pochi anni dopo infatti, ultimato il processo di formazione dello stato federale (URSS, 31 dicembre 1922), il II congresso dei Sovieti approvava, all'inizio del 1924, la seconda Costituzione sovietica (Konstitucija SSSR, 31 gennaio 1924). Ma neppure questa Costituzione, promulgata in pieno sviluppo della NEP (mediante la quale, per rimediare alle distruzioni della guerra civile, Lenin aveva ripristinato una relativa libertà di commercio), attuava ovviamente il socialismo. Anche se formulava con maggiore chiarezza della precedente "carta" il programma politico-ideologico del bolscevismo, la nuova Costituzione risentiva in sostanza del contrasto tra la solennità delle dichiarazioni di principio e la realtà delle "sopravvivenze capitalistiche" ancora presenti nell'economia e nell'organizzazione dei pubblici poteri.

Undici anni più tardi il VII congresso dei Sovieti, rilevata la necessità di attuare una ulteriore democratizzazione del sistema elettorale ("introdurre il suffragio ugualitario, diretto, segreto e generale") e di adeguare la nuova Legge fondamentale al mutato rapporto di forza delle classi (creazione dell'industria socialista, consolidamento dell'economia kolchoziana, liquidazione dei kulaki come classe, ecc.), dava mandato ad una commissione statale di elaborare un nuovo testo costituzionale. Nasceva così, l'anno successivo, la Costituzione del 5 dicembre 1936, che rifletteva la mutata realtà economico-sociale determinata dalla ricostruzione dell'economia agraria (1924-1928), dai primi due piani quinquennali, dallo sviluppo industriale e dalla conseguente modifica dei rapporti di classe.

2. - La vigente Costituzione dello stato multinazionale socialista sovietico rispecchia dunque la struttura politico-economica della società sovietica nell'attuale fase di sviluppo (edificazione del socialismo) così come la Costituzione del 1924 rifletteva le condizioni della vita sociale dell'epoca della NEP e dei primi piani quinquennali. Non va però trascurato il fatto che la Costituzione del 1936 ha subìto, a partire dal 1939, una serie ininterrotta di modifiche. Da quell'epoca, ogni sessione del Soviet Supremo dell'URSS (Parlamento federale) introduce mutamenti talvolta sostanziali, con la procedura stabilita dall'art. 146 della stessa Costituzione (flessibile), e ciò rende necessaria la pubblicazione annuale di almeno due edizioni della Costituzione dell'URSS, rivedute ed aggiornate. I giuristi sovietici osservano che si tratta di ritocchi parziali, determinati dallo sviluppo incessante della costruzione economica culturale e statale del Paese, e non già di revisione della base sociale (art.1), politica (art. 2 e 3) ed economica (art. 4-12) dello stato sovietico, rimaste sino ad oggi inalterate. Comunque è doveroso riconoscere che le critiche ed i rilievi formulati dalla stessa giurisprudenza sovietica hanno temperato, nei tempi più recenti, l'instabilità di taluni precetti costituzionali nell'ambito di una più precisa definizione dei rapporti tra stato federale e repubbliche sovietiche federate.

Se i principî del socialismo, da cui muove la Costituzione del 1936, sono rimasti effettivamente immutati, è pur vero, d'altra parte, che all'indomani del XX congresso gli organi direttivi del PCUS indicavano come compiti urgenti e inderogabili quelli di osservare lealmente la Costituzione. di provvedere all'attuazione integrale delle sue norme, di procedere alla correzione di tutti i casi di violazione della legalità ("superamento del culto della personalità e delle conseguenze di esso", Risoluzione del 30 giugno 1956).

Alla denuncia, così formulata dal partito, della grave carenza costituzionale dell'ultimo ventennio staliniano seguiva, a distanza di tempo. l'inizio delle riforme legislative che la più sicura storiografia attribuisce all'iniziativa personale di Nikita Chrusščëv, primo segretario del PCUS e presidente del Consiglio dei ministri dell'URSS. Esse vanno in questa sede ricordate perché segnano il passaggio dell'URSS - che resta ancora nella "fase" del socialismo - ad un nuovo "periodo" di questa fase, e cioè al periodo della costruzione in atto del comunismo (XXI congresso del PCUS 27 gennaio-5 febbraio 1959). L'esame delle riforme di questo nuovo periodo - che soltanto la preventiva disfatta dell'opposizione anti-partito consentiva di attuare nel Paese (decisione del Plenum del C.C. del PCUS, 22-29 giugno 1957) - offre motivi d'interesse ai politici come ai giuristi perché, nelle intenzioni degli attuali dirigenti del PCUS, esse devono realizzare, attraverso il rinnovamento delle strutture costituzionali e il mutamento dei rapporti economici ed etico-sociali, i presupposti della "completa costruzione del comunismo in un paese solo". Di tali riforme si darà qui sommario cenno in rapporto all'incidenza che hanno avuto sulla mutazione dell'ordine giuridico esistente.

3. - L'intensa attività legislativa del Soviet Supremo dell'URSS e del suo Presidium, diretta a costituire la base tecnico-materiale e quella etico-sociale necessarie all'avvento della fase alta del comunismo, non ha lasciato scoperto nessun settore della vita nazionale. La prima cura della nuova direzione del PCUS è stata quella di operare nel Paese il più largo decentramento amministrativo, che è venuto realizzandosi gradatamente mediante un adeguato ampliamento dei poteri delle 15 repubbliche federate costituenti l'URSS. Si deve al riguardo osservare che le modifiche introdotte si sono quasi sempre risolte anche in un miglioramento della tecnica di redazione del testo costituzionale, nel senso che, rimessa alla regolamentazione dei singoli organi di governo repubblicani una serie di questioni per l'innanzi di competenza dello stato federale, la Costituzione dell'URSS risulta oggi più chiara e stabile nella formulazione dei suoi precetti.

Tra gli atti legislativi più rilevanti del nuovo periodo si deve ricordare la legge dell'11 febbraio 1957 che attribuisce alle singole repubbliche federate la competenza a risolvere ogni questione attinente all'ordinamento del proprio territorio. Questa legge ha determinato la modifica dell'art. 14, lett. f, della Costituzione dell'URSS, che statuiva la competenza dello stato federale per la ratifica di ogni mutamento di circoscrizioni amministrative nell'ambito della repubblica federata. La portata politica della nuova norma merita di essere rilevata. Prima del febbraio 1957, gli artt. 22-29 della Costituzione dell'URSS - che precisavano le circoscrizioni amministrative delle repubbliche federate - subivano mutamenti continui per effetto delle varianti territoriali proposte dagli organi di governo repubblicani e soggette alla ratifica dell'URSS. Escludendo l'enumerazione dei territorî e delle province dal dettato costituzionale, la legge dell'11 febbraio 1957 ha reso oggi stabile la formulazione di questi articoli, che saranno modificati, con la procedura stabilita dall'art. 146, soltanto nel caso in cui una repubblica federata crei sul proprio territorio nuove repubbliche o regioni autonome.

4. - Più significativa, agli effetti dell'intrapreso decentramento amministrativo, è da considerare la legge del 10 maggio 1957 intitolata al "Perfezionamento organizzativo della direzione dell'industria e delle costruzioni". La ratio della legge è rivelata dalla constatazione di Chruščëv che "è praticamente impossibile dirigere in maniera efficiente dal centro - ossia a mezzo di ministeri o direzioni centrali - oltre 200.000 industrie e 100.000 cantieri di costruzione nelle varie Repubbliche e regioni". Di conseguenza "occorre avvicinare la direzione alla produzione attraverso il massimo decentramento amministrativo. che soltanto l'ampliamento dei poteri delle singole repubbliche può realizzare" (tesi di Chruščëv al Plenum del C. C. del PCUS, febbraio 1957).

In contrasto col rigido centralismo dei tempi passati. la nuova legge afferma il principio che "la direzione dell'industria e delle costruzioni deve effettuarsi secondo il principio territoriale, sulla base delle "regioni economico-amministrative", le quali "vengono costituite dai Soviet Supremi delle repubbliche federate" (art. 2). Inoltre "per la direzione dell'industria e delle costruzioni, in ogni regione, economica e amministrativa, viene costituito, dal Consiglio dei ministri della repubblica federata, un Consiglio dell'economia nazionale" (Sovnarchoz), i cui presidenti possono entrare a far parte del Consiglio dei ministri della repubblica federata in qualità di ministri (artt. 3 e 4).

La legge summenzionata del 10 maggio 1957 ovviamente determinava riflessi costituzionali assai rilevanti, sì che il Soviet Supremo dell'URSS deliberava, con legge in pari data, di introdurre una serie di emendamenti e di aggiunte alla Costituzione dell'URSS. Infatti: a) veniva attribuito al Soviet Supremo delle singole repubbliche federate il potere di costituire le regioni economico-amministrative (art. 60, lett. c); b) si modificava la competenza del Consiglio dei ministri dell'URSS, nel senso di attribuire a quest'ultimo anche la direzione delle regioni economico-amministrative, esercitata attraverso i Consigli dei ministri delle repubbliche federate (art. 68, lett. a); si inserivano i Sovnarchozy tra gli organi dell'amministrazione statale delle repubbliche federate (art. 88-a); d) si allargava la composizione del Consiglio dei ministri dell'URSS chiamando a farne parte, di diritto, i presidenti dei Consigli dei ministri delle repubbliche federate (art. 70); e) si sopprimevano quasi tutti i ministeri economici dell'URSS, le cui competenze venivano decentrate ai locali Consigli dell'economia nazionale (Sovnarchozy).

La riduzione del numero dei ministeri dell'URSS, mentre snelliva il pletorico apparato burocratico, assicurava agli artt. 71 e 78 della Costituzione sovietica quella stabilità che gli stessi costituzionalisti marxisti avevano a più riprese auspicata. Questi articoli, che elencano rispettivamente i ministeri dell'URSS federali (art. 77) e federali-repubblicani (art. 78), erano soggetti - come gli artt. 22-29 menzionati sopra - ad incessanti mutamenti di numero e di denominazione. Basti ricordare, ad esempio, che la Costituzione del 1936 nacque con 18 ministeri, i quali salirono a 58 nel 1947, per ridursi, trasformarsi, moltiplicarsi si può dire mensilmente, col risultato di dar vita ad una serie infinita di leggi di modifica costituzionale degli artt. 77 e 78, e di rendere assai problematica la consultazione d'un testo completo ed aggiornato della Costituzione dell'URSS. La legge sovra menzionata ha stabilizzato il numero dei ministeri dell'URSS, riducendo a 6 quelli federali (art. 77) ed a 10 quelli federali-repubblicani (art. 78), ed ha così perfezionato sul piano costituzionale il processo di riorganizzazione dell'amministrazione statale.

5. - Nella stessa data dell'11 febbraio 1957 il Soviet Supremo dell'URSS approvava un'altra legge, di maggior rilievo costituzionale, relativa al diritto delle singole repubbliche federate di legiferare in materia di ordinamento giudiziario e di adottare proprî codici di diritto penale, civile e procedurale. Nella stessa sessione il Soviet Supremo dell'URSS modificava conseguentemente l'art. 14, lett. v, della Costituzione, che aveva sino allora attribuito alla competenza esclusiva dello stato federale la legislazione sull'ordinamento giudiziario e la redazione dei codici penale, civile e processuali. Il nuovo testo dell'art. 14, lett. v, riproduce sostanzialmente la soluzione già accettata dalla Costituzione del 1924 per suggerimento di Lenin: allo stato federale (URSS) spetta di dettare i principî" (basi) dell'ordinamento giudiziario e della legislazione penale, civile e processuale, mentre ogni repubblica federata, adeguandosi ai principî della legislazione federale, pubblica proprie leggi e proprî codici ("repubblicani").

Nella sessione del febbraio 1957 il Parlamento dell'URSS ratificava anche un nuovo "Regolamento del Tribunale Supremo dell'URSS", che determinava la modifica degli artt. 104 e 105 della Costituzione. Questi articoli, nella vecchia redazione stabilivano un potere di "sorveglianza" del Tribunale Supremo federale sull'attività degli organi giudiziarî repubblicani, e consentivano la formazione, sempre sulla base del principio elettivo, anche dei tribunali speciali dell'URSS.

Il nuovo testo costituzionale invece, soppressi tutti i tipi di "tribunali speciali" (art. 105), abolisce ogni controllo del Tribunale Supremo dell'URSS sugli organi giudiziarî repubblicani; e, in omaggio alla sovranità delle repubbliche federate, chiama i presidenti dei tribunali repubblicani a far parte della composizione del Tribunale supremo dell'URSS. Nello stesso spirito, inteso ad assicurare alle repubbliche federate una maggiore autonomia nel settore dell'amministrazione della giustizia, veniva soppresso successivamente il ministero della Giustizia dell'URSS (avente cioè giurisdizione sull'intero territorio dell'Unione), e le sue competenze venivano decentrate ai ministeri della Giustizia delle singole repubbliche federate (Ukaz 13 gennaio 1960).

6. - Il Soviet Supremo dell'URSS nella 2a e 3a sessione della V legislatura (22-25 dicembre 1958 e 27-31 ottobre 1959) approvava numerose leggi di attuazione della Costituzione, che rivelano i nuovi indirizzi della legislazione sovietica nell'attuale fase "avanzata" del processo di attuazione del comunismo.

Adempiendo il precetto costituzionale dell'art. 14. lett. x, il Parlamento federale approvava, nelle dette sessioni, i "principî" della legislazione penale, quelli di procedura penale e infine quelli relativi all'ordinamento giudiziario dell'URSS. Sulla base dei "principî" federali, ogni Soviet Supremo repubblicano già provvede, adesso, alla pubblicazione dei proprî codici penale e processuale penale e del proprio ordinamento giudiziario.

Attualmente gli organi legislativi dell'URSS stanno elaborando tutta una serie di "principî", che daranno nuovo impulso all'attività legislativa delle 15 repubbliche federate. Risultano già pubblicati, da parte delle commissioni legislative del Soviet Supremo dell'URSS, i progetti di legge relativi ai "principî": a) sulla legislazione del lavoro; b) sulla legislazione civile; c) sulla procedura civile; d) sul godimento della terra; e) sulle imprese industriali. L'approvazione di questi "principî" da parte del Soviet Supremo dell'URSS consentirà ai Soviet Supremi delle singole repubbliche federate di legiferare sulle stesse materie. I "principî" federali, in sostanza, definiscono il "contenuto socialista" di quei precetti che sarà cura dei Parlamenti d'ogni repubblica federata di formulare nella forma più appropriata tenendo conto delle "particolarità" nazionali.

Un'altra legge, di cui non è dato ancora di conoscere la portata pratica, è quella relativa alla "revoca dei deputati del Soviet Supremo dell'URSS". Questa legge, approvata nella seduta del 30 ottobre 1959, stabilisce le norme di procedura per l'attuazione del diritto costituzionale dell'elettore di revocare, in qualsiasi momento, il deputato del Soviet Supremo che non abbia giustificato la fiducia in lui riposta dal corpo elettorale.

Si deve osservare in proposito che la Costituzione del 1936, statuendo all'art. 142 il principio della "revoca di ogni deputato", riproduceva una norma programmatica già contenuta nella Costituzione del 10 luglio 1918 (art. 78). La carenza del legislatore sovietico, nell'attuare tale precetto costituzionale, è durata pertanto oltre quattro decennî.

7. - Per completezza d'informazione si citano le leggi più recenti che hanno determinato ulteriori modifiche della Costituzione vigente: a) la "legge sul rafforzamento dei legami della scuola con la vita e l'ulteriore sviluppo del sistema dell'istruzione pubblica dell'URSS" (24 dicembre 1958). Questa legge - che crea la scuola unica "di otto anni" e riforma l'ordinamento degli studî medî e superiori fondandolo sull'unione dello studio col lavoro produttivo - ha reso necessario il mutamento dell'art. 121 della Costituzione, che sanciva l'obbligo della scuola settennale. Resta convalidato nel contempo il principio della gratuità completa di tutti gli studî; b) la "legge sull'abrogazione della perdita dei diritti elettorali per decisione del Tribunale" (25 dicembre 1958). Questa legge ha modificato l'art. 135 della Costituzione, nel senso che risulta soppressa, nel testo vigente, la frase relativa alla privazione del diritto di partecipare all'elezione dei deputati "nei confronti delle persone condannate dal tribunale con la perdita dei diritti elettorali". La condanna alla perdita dei diritti elettorali oggi non può più essere pronunciata da nessun tribunale sovietico; c) la "legge sul mutamento delle norme per l'elezione dei tribunali popolari". Essa dispone che i tribunali popolari sono eletti per la durata di 5 anni, e stabilisce anche il tempo in cui restano in carica gli assessori popolari. Risulta così modificato l'art. 109 della Costituzione che stabiliva in 3 anni la durata della carica dei giudici dei tribunali popolari e non dettava limiti di tempo per gli assessori popolari.

8. - Il quadro delle riforme legislative attuate nel "periodo della costruzione in atto del comunismo" è ben lungi dall'essere completo, in quanto esso è limitato alla menzione di quegli atti del potere sovietico che direttamente hanno inciso, opportunamente modificandole, sulle norme dettate dalla Costituzione del 1936. La Costituzione vigente ha però urgente bisogno di ulteriori modifiche. Già voci autorevoli si levano nella stessa Unione Sovietica, che chiedono, in particolare, più precise determinazioni sull'organizzazione ed il funzionamento degli organi supremi del potere statale.

Si rileva, ad esempio, che le previste due sessioni annuali del Soviet Supremo (art. 45) appaiono insufficienti: sono troppo brevi (durano in media 5 o 6 giorni ciascuna) e non è precisata l'epoca in cui devono essere tenute. D'altra parte si osserva che mentre i deputati delle repubbliche federate possono chiedere sessioni straordinarie del Soviet Supremo, lo stesso diritto non compete ai deputati dell'URSS, i quali devono così accontentarsi di esercitare le loro funzioni di eletti dal popolo per un periodo di tempo non superiore ai 10 o 15 giorni all'anno. Inoltre, si fa notare che mentre "il potere legislativo è esercitato esclusivamente dal Soviet Supremo dell'URSS" (art. 32), in pratica è il Presidium di questo supremo organo costituzionale (presidenza collegiale dello stato) che emana ukazy (decreti) nell'intervallo tra le due sessioni annuali del Soviet Supremo, ossia quando il Parlamento è chiuso. E poiché questi decreti comportano spesso mutamenti costituzionali, risulta evidente la violazione dell'art. 146 della Costituzione, che non soltanto attribuisce alla competenza esclusiva del Soviet Supremo dell'URSS ogni modifica costituzionale ma richiede, per la validità delle leggi di modifica, la maggioranza di almeno due terzi dei voti in ciascuna delle due Camere.

9. - Le leggi, cui s'è innanzi accennato, di modifica della struttura dell'apparato costituzionale si inseriscono in quel vasto movimento di "sistemazione della legislazione sovietica" che prende l'avvìo dai nuovi problemi dello stato e della società sottolineati dal XX e dal XXI congresso del PCUS.

Lo stato e il diritto, nella genesi marxista, non sono fenomeni costitutivi della società umana, in quanto la loro esistenza è condizionata dall'apparizione delle classi antagoniste e dallo sviluppo, nei secoli, della lotta di classe. Qualsiasi società può gradualmente trasformarsi, e perciò stabilire un nuovo genere di relazioni sociali, attraverso il mutamento del modo di produzione dei beni materiali. Partendo da tali premesse la giurisprudenza sovietica afferma che, costruito interamente il socialismo (fase bassa), attualmente la società sovietica si trova alle soglie del comunismo (fase alta): propriamente in quello stadio precomunista che Chruščëv definiva, al XXI congresso, "periodo della costruzione in atto del comunismo".

Nel nuovo periodo, destinato a creare le condizioni per l'avvento del comunismo, si trasforma la base tecnico-materiale della società, e in corrispondenza muta la sovrastruttura ideologica. Il diritto pertanto collabora alla trasformazione spirituale della società adeguando le proprie forme al mutato rapporto (economico). Viene così affermato che le relazioni sociali dell'attuale periodo postulano l'adozione di un nuovo principio: "La coazione deve cessare di essere un elemento necessario del diritto". A questo fine si sperimentano misure che tendono a trasferire alla "socialità" (ossia alle "organizzazioni sociali") compiti e funzioni proprie dello stato.

Caratteristici del nuovo "periodo della costruzione in atto del comunismo" sono alcuni provvedimenti, già adottati dal governo e dal partito congiuntamente, tra i quali qui si ricordano: a) le misure "sugli elementi antisociali e parassitarî". Esse autorizzano la costituzione di "assemblee di cittadini" alle quali è consentito di irrogare - nei confronti dei mendicanti, degli alcolizzati, delle persone senza stabile lavoro, degli speculatori, ecc. - misure di polizia, come ad esempio il confino (agosto 1957); b) il decreto sulla "partecipazione dei lavoratori alla tutela dell'ordine pubblico" (2 marzo 1959). Con tale "deliberazione" resta affidato a "squadre volontarie" di cittadini il compito di vigilare sul mantenimento dell'ordine pubblico. Queste misure - che sperimentano forme di autogoverno dei lavoratori proprie della ventura fase del comunismo - attendono ancora una compiuta elaborazione giuridica. In proposito si ricordi che vengono oggi nell'URSS discussi sulla stampa alcuni progetti di legge intesi appunto ad attuare il previsto trasferimento di attribuzioni e poteri dallo stato alla "socialità".

I progetti di legge finora pubblicati dalle competenti commissioni legislative del Soviet Supremo dell'URSS sono i seguenti: a) "Sul potenziamento del ruolo della socialità nella lotta contro i violatori della legalità sovietica e delle regole della convivenza socialista"; b) "Sui tribunali di camerati". Il regolamento di questi organi, già esistenti all'epoca di Lenin, propone di deferire alla competenza dei "compagni di lavoro" la cognizione di tutti i fatti costituenti trasgressione alla disciplina lavorativa ed alla morale comunista; c) "Sulle commissioni per le cause dei minorenni", anch'esse esistenti al tempo di Lenin. Il ripristino delle dette "commissioni" sottrae alla competenza dei Tribunali popolari la trattazione degli affari, soprattutto penali, concernenti i minori, per consentire l'adozione, nei loro confronti, di più adeguate misure sanitarie e pedagogiche.

10. - Le linee di sviluppo della società sovietica verso il futuro ordinamento comunista sono segnate, come s'è detto, dalle direttive del XXI congresso (febbraio 1959) che mirano al "consolidamento, nelle presenti condizioni, della statalità socialista attraverso la partecipazione di tutti i cittadini alla vita economica, culturale e sociale del Paese". La produzione legislativa del presente periodo (precomunista) è perciò caratterizzata da esigenze, scopi, idealità che appaiono sostanzialmente diversi da quelli dei "periodi" precedenti. Di qui nasce, conseguentemente, quello squilibrio, che la coscienza giuridica del regime ha già avvertito, tra la legislazione di ieri, non ancora formalmente abrogata, ed il novissimo corpus di leggi che si viene costituendo per accelerare l'attuazione dei fini supremi dello stato socialistico.

Il problema che attualmente impegna gli organi di governo dell'URSS è quello di accertare, in via preliminare, quanta parte della vecchia legislazione sovietica sopravviva nelle attuali condizioni. Nonostante la semplicità della impostazione, il problema presenta notevoli difficoltà sia per il numero enorme di leggi e "disposizioni" esistenti, sia per la scarsa stabilità del periodo sperimentale iniziato sotto la direzione di Chruščëv. Si deve infatti tener conto che gli atti legislativi già abrogati e gli altri di cui dovrà dichiararsi l'abrogazione ammontano a decine di migliaia, perché la dottrina sovietica nel termine "legislazione" comprende così la legge approvata dal Soviet Supremo dell'URSS (zakon) come il decreto del Presidium (ukaz), e così pure le deliberazioni (postanovlenija) del Consiglio dei ministri dell'URSS e delle "unioni professionali" o sindacati, e le ordinanze dei Soviet locali (rasporjaženija). Se è lecito un confronto col passato, l'odierno problema di "sistemazione" della legislazione sovietica dei varî periodi storici trova riscontro con quello che, nella prima metà del 19° secolo, il conte Speranskij affrontò per incarico di Nicola I, e che si risolse, dopo la redazione delle "Raccolte complete delle leggi dell'Impero russo" con la pubblicazione del "Codice delle leggi" effettivamente in vigore (Svod Zakonov, 1a ed. in 15 voll., 1832).

Il lavoro di sistemazione cui attendono le commissioni legislative del Soviet Supremo dell'URSS rivela anche il senso e la direzione dell'attuale sviluppo costituzionale. Le commissioni preparano da tempo vasti elenchi di atti legislativi che, per effetto delle leggi recentemente approvate, hanno perso in tutto o in parte la loro efficacia normativa. Gli elenchi redatti per singole materie, o rami di diritto, secondo uno schema comprendente 31 voci (costruzione statale; lavoro; industria; economia agraria; cultura; legislazione civile; ordinamento giudiziario, ecc.), in ordine cronologico offrono così un panorama completo dell'evoluzione del diritto sovietico, per singoli settori della costruzione sociale, dal 1917 ad oggi. L'insieme degli elenchi, ognuno dei quali è soggetto alla ratifica del Soviet Supremo o del governo dell'URSS, fornirà inoltre all'interprete una guida sicura per l'applicazione delle leggi vigenti, nello spirito degli ideali proprî del periodo attuale di transizione al comunismo.

Gli elenchi approvati dagli organi competenti, e pubblicati sulla Gazzetta ufficiale del Soviet Supremo dell'URSS, registrano, soltanto negli ultimi tre anni, l'abrogazione totale o parziale di alcune migliaia di atti legislativi. Ad esempio, la legge del 31 marzo 1958 ("Sull'ulteriore sviluppo della costruzione kolchoziana e sulla riorganizzazione delle M.T.S."), consentendo, tra l'altro, alle cooperative agricole la proprietà degli strumenti di lavoro per l'innanzi appartenenti alle Stazioni Macchine Trattrici (M.T.S.), ha reso caduca tutta la precedente legislazione fondata invece sui rapporti contrattuali del kolchoz con le M.T.S. Il solo elenco degli atti abrogati o modificati per effetto della legge 31 marzo 1958 è ricco di 900 titoli. Un altro cospicuo elenco di centinaia di titoli è stato redatto in seguito all'approvazione della legge sul diritto delle repubbliche federate di legiferare e risolvere i problemi della propria costruzione economica e culturale; e altri elenchi ancora si preparano per effetto delle nuove leggi sulle pensioni, sui principî di diritto e procedura penale, sull'ordinamento giudiziario, ecc.

L'imponente lavoro, da poco iniziato, di sistemazione della legislazione sovietica ai fini d'una codificazione certa e razionale, non si prevede di breve durata. Esso dovrà necessariamente adeguarsi allo sviluppo politico-economico del periodo in atto. Non va infatti trascurato il costante ammonimento della giurisprudenza sovietica che vede nella legge lo strumento più efficace della politica del partito in ogni "tappa" (o periodo) del suo cammino rivoluzionario. Per questa ragione si ripete nell'URSS che "la preparazione delle leggi non è monopolio dei giuristi" (N. V. Suchodrev, 1960. op. cit. in bibl.).

In conclusione, l'ordinamento giuridico dell'URSS è quello che la società sovietica comporta nell'attuale periodo della fase di transizione al comunismo. Quanto tempo esso ancora durerà, e attraverso quali sviluppi costituzionali la società sovietica potrà pervenire all'auspicato ordinamento comunista, non è possibile prevedere. Tanto più che nei tempi moderni, da Stalin a Chruščëv, il pensiero marxista concorda nella necessità della sopravvivenza dello stato, e quindi del diritto, anche dopo l'attuazione del comunismo in un paese solo. Appare invece evidente la lenta erosione cui è soggetta la Legge fondamentale del 1936 per effetto della dinamica del passaggio da una tappa all'altra della costruzione sociale. Questo movimento - intrinseco alla natura temporanea della dittatura proletaria, destinata ad esaurirsi nel tempo - dominato com'è dagli sviluppi contingenti della politica del partito, ovviamente impedisce agli elementi materiali dell'ordinamento giuridico di presentarsi unificati e consolidati in un sistema stabile e coerente prima dell'attuazione completa e definitiva della fase alta del comunismo.

Bibl.: A. I. Denisov, Socialističeskoe pravo ("Diritto socialistico"), Mosca 1955; M. S. Kareva e altri, Teorija gosudarstva i prava ("Teoria dello stato e del diritto") ivi 1955; P. Biscaretti di Ruffia, Lineamenti generali dell'ordinamento costituzionale sovietico, Milano 1956; M. Michailov, Alcune questioni della pratica costituzionale sovietica, in Lo stato sovietico e il diritto, Mosca 1956; M. P. Kareva e G. I. Fed'kin, osnovy sovetskogo gosudarstva i prava ("Fondamenti dello stato sovietico e del diritto"), ivi 1956; Juridičeskij Slovar ("Dizionario giuridico"), 2 voll., ivi 1956; A. I. Denisov e M. G. Kiričenko, Sovetskoe gosudarstvennoe pravo ("Diritto statale sovietico"), ivi 1957; A. S. Fedoseev, Osnovy sovetskogo gosudarstva i prava ("Fondamenti dello stato sovietico e del diritto"), ivi 1958; Osnovy marksizma-leninizma ("I fondamenti del marxleninismo"), ivi 1959; H. Chambre, Le pouvoir soviétique, Parigi 1959; T. Napolitano, voci Bolscevismo, Classi, Comunismo, in Nuovissimo Digesto Italiano, II, III, Torino 1958 e 1959; id., La riforma degli studi nell'URSS, in Riv. di leg. scol. comparata, n. 5, 1958 e n. 1 e 2-3 del 1959; V. S. Suchodrev, Su alcune questioni della teoria e della pratica della sistemazione della legislazione sovietica, in Lo stato sovietico e il diritto, Mosca, n. 8, 1960; Konstitučija SSSR ("Costituzione dell'URSS"), ivi 1960; Vedomosti Verchovnogo Soveta SSSR ("Gazzetta ufficiale del Soviet Supremo dell'URSS"), annate 1953-1960.

Economia e Finanze.

I piani di sviluppo e il reddito nazionale sovietico. - Dal 1950 al 1958 il prodotto nazionale netto dell'URSS, a prezzi costanti, è più che raddoppiato, come risulta dagli indici ufficiali, con base 1950 = 100. riportati qui di seguito:

L'incremento suddetto, valutabile in media attorno al 15% annuo, è stato reso possibile dall'attuazione dei seguenti piani di sviluppo economico: il quinto piano quinquennale (1951-56), il sesto piano quinquennale (1956-60) e il piano settennale 1959-65, che ha sostituito il precedente. È stato annunciato di recente il lancio di un piano ventennale destinato a sostituire a sua volta quello settennale.

Nel primo piano quinquennale, gli investimenti statali ammontarono a 58 miliardi di rubli, nel secondo a 132 miliardi, nel terzo a 131 miliardi, nel quarto a 311 miliardi e nel quinto a 594 miliardi; il sesto piano prevedeva investimenti per 990 miliardi. Prendendo per base il settennio 1952-58, ricorderemo come in tale periodo siano stati effettuati investimenti di capitale per 1072 miliardi di rubli, di cui 821 per la costruzione di impianti produttivi, 208 per la costruzione di alloggi e di edifici comunali, 43 per la costruzione di edifici scolastici, sanitarî, ecc. Per il settennio 1959-65 dovrebbero essere eseguiti investimenti per un ammontare complessivo di 1940-1970 miliardi di rubli (181 ÷ 184% in più del settennio precedente), di cui 1488-1513 (+181 ÷ 184%) per gli impianti produttivi, 385−390 (+180 ÷ 185%) per l'edilizia, e 77 (+179%) per gli edifici sanitarî e culturali. Aggiungendo gli investimenti a carico degli enti privati e delle cooperative, dovrebbe essere raggiunta la cifra di circa 3.000 miliardi di rubli.

Il reddito nazionale dovrà aumentare, alla fine del settennio 1959-65, del 62-65% rispetto al 1958; la parte di esso destinata ai consumi aumenterà, nello stesso periodo, del 60 ÷ 63%. I redditi reali degli operai e degli impiegati aumenteranno in media del 40%, sia a seguito del miglioramento delle retribuzioni nominali, delle pensioni e dei sussidî, sia mediante l'ulteriore diminuzione dei prezzi nelle mense e nei ristoranti. Un aumento analogo (+40%) è previsto per iredditi reali dei kolchoziani. Sarà ultimata la revisione dei salarî e degli stipendî delle categorie meno retribuite, e saranno in genere migliorate le condizioni di lavoro in tutti i settori. Per l'istruzione, l'assistenza sanitaria, i sussidî alle famiglie numerose, le pensioni statali, ecc. lo stato spenderà nel 1965 circa 345 miliardi di rubli, contro 215 nel 1958; saranno altresì aumentati i minimi delle pensioni previdenziali. La produzione industriale in complesso aumenterà dell'80%; sono previsti - e ciò costituisce la caratteristica saliente del piano settennale - aumenti del 57 ÷ 62% nelle vendite al dettaglio, del 60-70% nella produzione di tessuti e di altri beni di consumo, mentre aumenti ancora maggiori si avranno nella produzione di elettrodomestici e nella costruzione di alloggi.

Lo sforzo finanziario che l'URSS dovrà sostenere per l'attuazione del piano settennale sarà particolarmente oneroso: la media annua degli investimenti globali dovrà passare da 180 ÷ 200 a oltre 400 miliardi di rubli. Mentre nel piano quinquennale le spese di costruzione e montaggio coprivano l'85% dei capitali investiti, secondo il piano settennale esse dovrebbero scendere al 61%, lasciando il rimanente al rinnovo delle apparecchiature e al ridimensionamento degli impianti già in funzione. Come è noto, mediante il piano in attuazione i dirigenti sovietici intendono raggiungere entro il 1970 gli S. U. A., sia nella produzione in termini assoluti sia in quella pro-capite.

Nel 1959, primo anno del piano settennale, il volume della produzione industriale è aumentato di più dell'11% rispetto al 1958; secondo dati provvisorî, i beni di produzione sono aumentati del 12% e quelli di consumo del 10,3% (l'incremento previsto era del 7,7%). I profitti delle imprese industriali sono aumentati di oltre il 20%. Il volume totale degli investimenti fatti dallo stato e dalle cooperative (esclusi quelli dei kolchozy) sono ammontati a 275 miliardi, superando quelli del 1958 del 12%; il reddito nazionale ha superato quello del 1958 dell'8%. Col 1° marzo del 1960 è stata decisa la riduzione fino al 30% dei prezzi al dettaglio di alcuni beni di consumo; tale riduzione permetterà alla popolazione sovietica un risparmio annuo di 2,5 miliardi di rubli.

Secondo una valutazione di fonte ufficiale sovietica, il reddito nazionale dell'URSS nel 1957 è ammontato a 1100 miliardi di rubli (tab.1).

Il bilancio dello stato. - Le finanze statali sovietiche si basano per la maggior parte su entrate provenienti dalle imprese socializzate, e precisamente; a) dai profitti di tali imprese; b) dall'imposta sulla cifra degli affari realizzati dalle imprese. Il bilancio statale sovietico è parte integrante del piano economico e finanziario nazionale; esso viene approvato ogni anno dal Soviet Supremo, il quale stabilisce l'entità delle entrate che devono affluire al fondo statale e regola la distribuzione di tali entrate fra i diversi rami dell'economia nazionale.

Il bilancio statale comprende il bilancio dell'Unione, i bilanci delle repubbliche dell'Unione, e i bilanci degli enti locali. Il bilancio più importante è quello dell'Unione, nel quale vengono iscritti, in media, i tre quarti delle spese previste dall'intero bilancio statale; tali spese riguardano in prevalenza la difesa, lo sviluppo dell'economia nazionale, e il servizio della sicurezza sociale. I bilanci delle repubbliche vengono approvati dai rispettivi Soviet supremi e costituiscono la base finanziaria per le spese economiche, amministrative e culturali della repubblica; i bilanci dei soviet locali costituiscono a loro volta la base per lo sviluppo economico e sociale delle rispettive circoscrizioni. Il bilancio statale, risultando dall'unificazione di questi bilanci, rappresenta pertanto un bilancio centralizzato e sottoposto al supremo controllo del governo dell'URSS.

Le entrate del bilancio dello stato sono venute costantemente aumentando negli ultimi dieci anni, e in media il 50% delle entrate complessive è costituito dall'imposta sulla cifra di affari o imposta sull'entrata, la quale costituisce il principale mezzo impiegato dal governo sovietico per distrarre dal consumo, a favore degli investimenti, una buona parte del reddito nazionale. L'imposta colpisce le merci all'atto della loro fabbricazione e gli acquisti da parte del governo dei prodotti consegnati obbligatoriamente dai contadini; è inclusa nel prezzo della merce, per cui viene traslata integralmente sul consumatore finale. La flessione registrata nel 1953 e nel 1954 è dovuta al fatto che il piano di tali anni prevedeva che l'imposta sulla cifra d'affari non superasse il 40% degli introiti complessivi, ciò che avrebbe permesso il ribasso dei prezzi di molti generi di consumo. L'imposta sui profitti delle imprese, istituita, al pari dell'imposta sull'entrata, nel 1930, costituisce per importanza la seconda fonte di proventi per l'erario sovietico e rappresenta la devoluzione, a favore dello stato, di una parte dei profitti conseguiti dalle imprese nazionali; il tasso applicato (che non può essere inferiore al 10% del profitto) differisce da un'industria all'altra e da un anno all'altro. Nello stabilire i canoni dell'imposta, lo stato tiene conto delle necessità di ogni singola industria, lasciando un'aliquota maggiore a quelle industrie (petrolifera, siderurgica, ecc.) il cui capitale deve aumentare con maggiore rapidità.

Le imposte sulla popolazione, che registrano anch'esse un sensibile aumento, comprendono: a) imposte sul reddito dei privati, gravanti su quella parte del reddito nazionale che viene percepito come salario, stipendio, guadagno realizzato con lavoro artigiano o artistico, reddito ottenuto da professioni individuali, ecc. Ciascuna categoria di cittadini è colpita con tassi diversi e con minimi imponibili differenti; le aliquote vanno dall'1,50% su un imponibile fino a 150 rubli mensili al 13% per un'entrata di oltre mille rubli al mese. Speciali deduzioni sono previste per le famiglie numerose; b) imposte sul reddito delle aziende cooperative e delle aziende agricole collettive (kolchozy), che colpiscono, con aliquote dal 6 al 25%, le entrate di tali aziende, sia in natura sia in denaro. Nell'agosto 1953 furono adottate particolari agevolazioni a favore delle aziende agricole collettive e degli agricoltori individuali; in particolare fu introdotto un sistema di tassazione più semplice e meno vessatorio; c) imposte sui celibi e sulle famiglie senza prole o poco numerose, con aliquote che vanno dallo 0,5% al 6% dei guadagni mensili.

Tra le altre entrate, rientrano le tasse sulla pesca, sulle costruzioni, sui mezzi di trasporto, ecc. Una categoria a parte è costituita dai proventi dei prestiti pubblici, considerati volontarî e popolari, perché basati sui risparmî del popolo lavoratore. Vengono emessi o per mezzo di sottoscrizione collettiva o colla vendita di obbligazioni alle casse di risparmio. I prestiti, considerati parte integrante del bilancio e fonte supplementare di entrata per fronteggiare gli oneri dello stato, servono soprattutto per coprire il costante deficit di bilancio.

Tra le spese complessive dell'URSS la voce più importante è costituita dalle spese destinate a finanziare l'economia nazionale. Tali stanziamenti comprendono la maggior parte dei costi degli investimenti di capitale in mezzi di produzione (fabbriche, ferrovie, macchinarî) e forniscono inoltre un capitale circolante addizionale. Dal bilancio statale proviene una quota elevata dei fondi destinati agli investimenti di capitale; il resto viene fornito dai profitti, da riserve di ammortamento e da altre riserve delle imprese e istituzioni economiche. Seguono le spese per la difesa, stabilizzate sui 96 miliardi di rubli, le spese per la sicurezza sociale ammontate nel 1958 a 88 miliardi, per la pubblica istruzione (84 miliardi nel 1958), per la sanità pubblica (41 miliardi nel 1958) e le altre spese correnti (62 miliardi nel 1958).

Circolazione e credito, questioni monetarie. - Il settore monetario e creditizio è compreso nella pianificazione economica sovietica e viene regolato dalla Banca di stato (Gosbank) che esercita due funzioni: l'attuazione del piano di cassa, destinato a controllare il volume della circolazione, facendo coincidere l'esborso di denaro liquido con le entrate liquide provenienti dall'economia nazionale; l'attuazione del piano di credito, che regola il credito a breve concesso dalla Banca, sia in base alle sue disponibilità sia ricorrendo alla emissione. Questi due piani, unitamente al bilancio statale, costituiscono le parti fondamentali del piano finanziario sovietico. Nel piano di cassa, la quantità del circolante occorrente viene calcolata in base alla pianificazione delle entrate e delle spese della popolazione, ovvero tenendo preventivamente conto dell'ampiezza degli scambî tra le imprese socializzate, dei pagamenti per salarî e stipendî, delle imposte e degli altri scambî. Viene inoltre tenuto conto della velocità di circolazione della moneta, valutata in base al periodo di tempo in cui il denaro rimane fuori delle casse dello stato. Quanto al piano del credito, la Banca di stato è l'unica dell'URSS a concedere credito a breve termine a favore delle organizzazioni economiche e produttive; queste ultime non vengono dotate di capitale circolante proprio, per cui, quando ne hanno bisogno (soprattutto nel periodo che va dalla fornitura dei prodotti alla vendita sul mercato), ricorrono alla Banca di stato, che concede loro credito a breve servendosi del denaro liquido realizzato dalle imprese, dei depositi delle casse di risparmio, dell'eccedenza attiva del bilancio statale, o, in caso di necessità, ricorrendo a nuova emissione.

La Banca di stato sovietica dispone di 5500 uffici in tutta l'Unione; le riserve auree della Banca, alla fine del 1955, erano stimate in 7 miliardi di dollari S. U. A., pari al 20% delle risorse mondiali di oro monetario. Il credito a lungo termine viene esercitato da quattro banche: la Banca dell'Industria (Prombank), la Banca dell'agricoltura (Sel′chozbank), la Banca commerciale (Torgbank) e la banca municipale (Cekombank). Una banca del commercio estero (Vneštorgbank) esplica determinate funzioni nel commercio statale con l'estero e nelle transazioni di credito. Esistono inoltre 54.263 casse di risparmio, alle quali affluiscono i risparmî della popolazione sovietica; si riporta qui di seguito l'ammontare dei depositi presso tali casse, in miliardi di rubli, al 31 dicembre di ciascuno degli anni indicati:

Alla data del 31 dicembre 1959, quasi un cittadino su 4 risultava possessore di un libretto di risparmio; i depositi fruttano il 2% di interesse se liberi, e il 3% se vincolati.

Dopo la riforma monetaria del 1947, i tipi di moneta in circolazione sono tre: i biglietti della Gosbank (nei tagli di 10, 25, 50 e 100 rubli); i biglietti o coupons delle obbligazioni della Tesoreria (nei tagli di 1, 3 e 5 rubli); la moneta metallica, in pezzi di nichelio da 10, 15 e 20 kopejki, o di bronzo da 1, 2, 3 e 5 kopejki. Il valore ufficiale della moneta, fino al 1950, fu stabilito dal governo sovietico sulla base della sua unilaterale dichiarazione che 5,3 rubli equivalevano a 1 dollaro S. U. A.; poiché le altre valute oscillavano in ragione delle oscillazioni del dollaro, il loro valore in rubli variava in base al rapporto 5,3:1. Tale cambio era imposto a tutti gli stranieri che si recavano nell'URSS, fatta eccezione per i diplomatici che godevano di un cambio più favorevole; il commercio estero sovietico si svolgeva in valuta estera e gli accordi commerciali con gli altri paesi venivano espressi in dollari.

Un decreto del 28 febbraio 1950 modificò sensibilmente questa situazione; esso annunciò una vasta serie di riduzioni nei prezzi dei beni di consumo e dei generi alimentari, dichiarando che questa ed altre precedenti riduzioni avevano accresciuto l'effettivo valore del rublo al di sopra di quello indicato dai cambî esteri vigenti. Inoltre si dichiarò che il dollaro americano si era dimostrato valuta instabile, per cui l'URSS non poteva più basare su di esso il rublo, ma doveva passare a una base aurea. Il decreto attuò le seguenti misure: a) il contenuto aureo del rublo venne dichiarato pari a 0,222168 grammi di oro; b) la Banca di stato avrebbe acquistato il metallo, d'allora in poi, al prezzo di 4 rubli e 45 kopejki per grammo di oro puro; c) il cambio ufficiale tra il dollaro e il rublo venne ribassato da 5,3 a 4 rubli per dollaro; d) il tasso del cambio del rublo con le altre valute venne modificato nella stessa misura applicata per il dollaro; e) venne abrogato il cambio preferenziale previsto per il personale diplomatico.

Dopo la riforma del 1950, e fino al 1957, il governo sovietico ha mantenuto invariato il rapporto rublo-dollaro, mutando invece il cambio con le divise di altri paesi non comunisti, in proporzione alle oscillazioni intervenute nei mercati mondiali delle valute tra quelle divise e il dollaro statunitense. Il governo sovietico ha, inoltre, dal 1950, modificato il rapporto col rublo delle valute dell'Europa orientale, in modo da costituire una zona d'influenza del rublo da contrapporre alla zona del dollaro. In effetti si può affermare che la dichiarazione di parità aurea del rublo ha avuto efficacia solamente nei riflessi dei paesi orientali, dovendosi considerare il nuovo valore nominale della moneta ancora eccessivo rispetto a quello effettivo. Si è venuti a conoscenza, infatti, che nel 1954 l'oro per gioielli e per capsule dentarie veniva venduto non a 4 rubli e 45 kopejki il grammo, bensì a 95 rubli; il valore effettivo di un rublo avrebbe dovuto, pertanto, ragguagliarsi a 1,25 cents di dollaro S. U. A. anziché a 25.

Nel 1957 il governo sovietico sospese, per un periodo fino a 20 anni, il rimborso di 260 miliardi di rubli di prestiti pubblici interni; tale sospensione fu interpretata come un sintomo di gravi difficoltà finanziarie nell'URSS. Nello stesso anno, a partire dal 1° aprile, il governo decise di stabilire un nuovo cambio del rublo per le transazioni non commerciali, sulla base di 10 rubli per 1 dollaro S. U. A.; tale nuovo cambio era destinato soprattutto a favorire il turismo, ma pure così il rublo appariva sopravalutato, ìn quanto sui mercati liberi dell'Occidente la quotazione della moneta, che già si aggirava sui 26 rubli per 1 dollaro S. U. A., era salita, appunto sotto l'effetto psicologico della deliberazione sui prestiti. a 33 rubli per 1 dollaro.

Una nuova riforma monetaria è stata adottata il 1° gennaio 1961, con l'entrata in vigore del rublo pesante, equivalente a 10 rubli leggeri; il cambio col dollaro S. U. A., che fino al 31 dicembre era uguale, ufficialmente, a 4 rubli per 1 dollaro (0,25 dollari per 1 rublo leggero), è stato portato a 0,90 rubli pesanti per 1 dollaro (1,11 dollari per 1 rublo pesante). È da tener presente che, insieme al cambio ufficiale, esisteva un cambio turistico, in base al quale 10 rubli leggeri erano uguali a 1 dollaro (0,10 dollari per 1 rublo leggero); è in base al confronto con tale cambio che si è parlato di rivalutazione del rublo rispetto al dollaro. Si tratta invece di una svalutazione nella misura del 55,6%, risultante da due operazioni: a) una svalutazione da 2,50 a 1,00 dollari per 1 rublo pesante; b) una rivalutazione da 1,00 a 1,11 dollari per 1 rublo pesante. Alla stessa percentuale di svalutazione si giunge se si ha riguardo al contenuto aureo del rublo, passato da 0,222168 grammi di oro fino per 1 rublo leggero a 0,987412 grammi di oro fino per 1 rublo pesante. L'equivoco di una rivalutazione è sorto in quanto il contenuto aureo del rublo pesante è stato messo in confronto con quello del rublo leggero. In realtà, con la stessa quantità di rubli si può attualmente comperare solo il 44,4% dell'oro che si poteva comperare prima.

Rapporti finanziarî con l'estero. - Con un commercio estero che rappresenta circa il 3% degli scambî internazionali, l'Unione sovietica è uno dei maggiori paesi creditori del mondo. Dal 1954 al 1° febbraio 1958 essa, insieme agli altri paesi del blocco orientale aveva concesso prestiti ai paesi sottosviluppati per 1947 milioni di dollari; alla fine dell'anno tali prestiti avevano raggiunto la cifra di 2384 milioni di dollari, ripartiti fra 18 paesi, contro 8628 milioni di dollari forniti agli stessi paesi, e per lo stesso periodo, dagli S. U. A. Va notato che, mentre questi ultimi concedono anche aiuti a fondo perduto, l'URSS offre principalmente crediti a tassi d'interesse piuttosto bassi, astenendosi dal porre condizioni politiche e trattando direttamente con gli stati. I paesi sottosviluppati accettano volentieri i prestiti sovietici in parte per i motivi ora esposti, in parte perché l'URSS accetta anche contropartite in natura, e non si oppone, a differenza degli S. U. A., al rimborso dei debiti in moneta locale. Va notato, tuttavia, che l'accettare contropartite in natura costituisce per l'URSS un vantaggio, dovuto al fatto che così il paese può agevolmente approvvigionarsi di derrate alimentari e di materie prime, necessarie rispettivamente per l'elevazione del tenore di vita della popolazione e per lo sviluppo industriale. Inoltre, i paesi debitori non possono disporre liberamente dei crediti, ma devono utilizzarli con acquisti di prodotti dell'industria sovietica.

Come si vede dalla tabella, i paesi che, al 1° febbraio 1958, hanno ricevuto i più cospicui aiuti creditizî da parte sovietica sono l'Egitto, la Iugoslavia, l'India, la Siria, l'Afghānistān e l'Indonesia. Gli aiuti più cospicui sono andati all'Egitto, il quale ha anche ricevuto, nell'ottobre 1958, un finanziamento di 75 milioni di dollari S. U. A. per la costruzione della diga di Assuan; come contropartita, l'Egitto si è impegnato a intensificare gli scambî con i paesi comunisti. Altrettanto dicasi per la Siria, dove, oltre a inviare aiuti creditizî, i paesi del blocco sovietico hanno anche finanziato la costruzione di raffinerie, caserme, impianti telefonici e industriali, ecc. Fra gli altri prestiti concessi ai paesi sottosviluppati dal blocco orientale si ricordano: quello di 100 milioni di dollari accordato nel 1956 all'Indonesia per lo sviluppo minerario e industriale del paese; quello di 100 milioni di dollari concesso nel 1955 all'Afghānistān per la costruzione di centrali idroelettriche, officine, aeroporti, opere irrigue e strade; il prestito di 425 milioni di rupie concesso nel 1955 all'Unione Indiana per la costruzione di un'acciaieria; infine i cospicui prestiti concessi a più riprese alla Iugoslavia per la costruzione di imprese industriali, opere elettriche, per l'acquisto di prodotti nell'URSS. ecc.

Alle operazioni creditizie sopra illustrate provvede, come si è detto, tutto il blocco sovietico; va considerato, tuttavia, che l'apporto dei paesi minori è solamente nominale, trattandosi di un esborso di somme che i paesi stessi hanno già ricevuto in precedenza dall'Unione sovietica. Fra quest'ultima e i paesi satelliti esiste un accordo di collaborazione economica; questa viene organizzata da un apposito Comitato per l'aiuto economico reciproco (Comecon) che ha il compito di coordinare l'economia dei paesi aderenti, sia con reciproche forniture di materie prime e di impianti industriali, sia con la creazione di imprese e reti di trasporto comuni, sia con l'aiuto finanziario e creditizio. Dal 1947 al 1957 l'URSS ha concesso crediti agli altri paesi dell'Europa orientale per 2288 milioni di dollari S. U. A., così suddivisi:

Altri cospicui prestiti sono stati concessi alla Cina popolare, alla repubblica del Vietnam settentrionale e agli altri paesi asiatici del blocco comunista. Vale la pena di ricordare che al fabbisogno occorrente per la concessione di aiuti all'estero l'URSS ha provveduto in parte tramite vendite di oro sul mercato internazionale; dal 1953 al 1959 tali vendite sono ammontate a 973 milioni di dollari, di cui 73 nel periodo 1953-55, 150 nel 1956, 260 nel 1957, 210 nel 1958 e 280 nel 1959

Bibl.: A. Rothstein, Profilo dell'economia sovietica, Novara 1951; N. Jasny, The soviet price system, Stanford 1951; D. Allakhverdian, Il reddito nazionale in Unione sovietica, Roma 1953; L. Bon, Uno sguardo all'economia russa. I piani quinquennali sovietici, Milano 1953; A.D. Gussakow-J. A. Dymschiz, Geldumlauf und Kredit in der U.d.SSR, Berlino 1953; W. M. Batyrjow-M. M. Ussoskin, Der Kurzfristige Kredit und die Organisation der Geldzirkulation in der U.d.SSR, Berlino 1954; F. D. Holzman, Soviet taxation. The fiscal and monetary problems of a planned economy, Cambridge 1955; J. Griziotti Kretschmann, Saggi sull'economia e sulle finanze sovietiche, Milano 1955; J. Y. Calvez, Revenu national en URSS, Parigi 1956; N. Bulganin, Il sesto piano quinquennale dell'Unione sovietica, Roma 1956; Direzione statistica dell'URSS, L'economia nazionale dell'Unione sovietica, Roma 1957; H. Schwartz, Statistical handbook of the USSR, 1956 (traduzione dal "Narodnoe Chozjajstvo SSSR"), New York 1957; id., L'economia dell'Unione sovietica, Firenze 1957; S. N. Prokopovic, Storia economica dell'URSS, Bari 1957; M. Dobb, Storia dell'economia sovietica, Roma 1957; H. Wronski, Rémunération et niveau de vie dans les Kolkhoz, Parigi 1957; N. U., Statistical Yearbook; id., Évalution de la compatibilité nationale de l'Union soviétique en 1955, in Bulletin économique pour l'Europe, maggio 1957; id., Commerce extérieur et développement économique en Europe orientale et en Union Soviétique, in Bulletin économique pour l'Europe, 1959; G. Hauge, Aspetti dell'economia sovietica, Roma 1958; J. S. Berliner, Soviet economic aid, New York 1958; A. Crescenzi, Luci ed ombre dell'economia sovietica post-bellica, in Nuova Antologia, gennaio 1958; id., Appunti sull'economia sovietica, in Rivista di politica economica, febbraio 1960; N. S. Chruščëv, Il piano settennale (tesi del rapporto al XXI congresso del PCUS), Roma 1959; Associazione Italia-URSS, Un dibattito sul piano settennale sovietico, in Rassegna sovietica, n. 2, 1959; S. Strange, The Soviet trade weapon, Londra 1959; A. Nove-A. Zanberman, A Soviet disclosure of ruble national income, in Soviet Studies, ottobre 1959; La penetrazione sovietica nei paesi in fase di sviluppo, in Analisi e previsioni, 1° dicembre 1959; N. Alloisio, Obiettivo: i Paesi sottosviluppati, in Pirelli, rivista di informazione e di tecnica, genn.-febbr. 1960.

Archeologia.

La direzione generale delle attività di scavo che si svolge nell'Unione Sovietica è affidata all'Accademia delle Scienze dell'URSS che coordina il lavoro delle accademie delle varie repubbliche. Il congresso degli archeologi dell'URSS, svoltosi nel 1945, ha fissato un primo schema di attività per i cinque anni successivi; nei quinquennî seguenti la pianificazione è stata affidata alle varie accademie, sempre sotto il controllo dell'Accademia delle scienze dell'URSS.

Età paleolitica. - Il più antico sito preistorico dell'URSS è quello scavato nel 1946-48 da S. Sardazian e M. Z. Paničkina sulla collina di Satani-Dar, in Armenia. Si tratta di un giacimento chelleano (Paleolitico inferiore) di cui facevano parte degli utensili di ossidiana grossolanamente scheggiati. I ritrovamenti di questa fase e di quella successiva (acheuleana) sono rari nell'URSS. Molto più numerosi invece quelli del Mousteriano. Il più importante è quello di Kiik-Koba (nella valle del fiume Zuja, 25 km a E di Simferopoli) scoperto nel 1924 da G. Bonč-Osmolovskij. Un'altra sepoltura della stessa epoca è stata scavata nel 1938 da A. Okladnikov nella grotta di Tešik-Taš (catena dell'Hissar, nell'Uzbekistan meridionale). Altri giacimenti mousteriani sono apparsi nella caverna di Starosel′e (Crimea), sul litorale caucasico del Mar Nero e sul Volga.

Anche del Paleolitico superiore si hanno numerose testimonianze. Nella parte europea dell'URSS esse appaiono un po' dovunque, dalla Bielorussia meridionale alla Georgia occidentale. Fondi di capanne, ad esempio, sono stati scavati a Gagarino, lungo il corso superiore del Don (1927), a Timonovka, sulla riva destra della Desna (1928-33), a Tel′manskaja (1937), ecc.

Il Neolitico e l'Eneolitico. - Una importante necropoli neolitica è stata scoperta nel 1930 presso Ždanov, e scavata in seguito da N. Makarenko. I corredi, molto numerosi, erano costituiti da utensili litici e ossei. Un'altra necropoli (composta di 121 inumazioni) è apparsa a Nal′čik (Caucaso del Nord) ed è stata esplorata da A. Kruglov, B. Piotrovskij e G. Podgaeckij. I corredi erano piuttosto scarsi. Le due necropoli vanno datate al 3° millennio a. C., come pure le due stazioni di Achštyr e di Tetramica. Quest'ultima è stata scavata da N. Kiladze. Ad un'epoca alquanto anteriore (4°-3° millennio) risalgono invece la stazione neolitica scoperta non lungi da Odiši (Transcaucasia) e scavata da A. Kalandadze nel 1937, e quella di Džanbas-Kala n. 4 (Asia Centrale, Corasmia, corso inferiore dell'Amu-Dar′ia) scavata da S. Tolstov nel 1939-40. Una importante necropoli neolitica è stata esplorata ad Olenij Ostrov (isola nella parte NO del lago di Onega) da V. Ravdonikas, tra il 1936 e il 1938. Sono apparse 170 inumazioni con abbondante suppellettile in pietra e in osso.

La cultura eneolitica appare precocemente nella parte meridio-. nale dell'URSS. La fase più antica (tripoliana) prende il nome dal villaggio di Tripol′e, nella regione di Kiev (scavi di V. Chvoiko). I villaggi tripoliani si estendevano dagli affluenti del Pripjat′, al N, fino al litorale del Mar Nero. Fra i monumenti più importanti è Vladimirovka, nella regione di Kirovograd (scavi di T. Passek, 1940 e 1946). Vi sono state scoperte più di 200 abitazioni.

L'Età del bronzo. - Fra i monumenti più importanti appartenenti a questa fase vanno annoverati i tumuli di Trialeti (a 110 km circa da Tbilisi), conosciuti fin dal 18° secolo. Gli scavi, diretti da M. Ivaščenko (1936-38) e da B. Kuftin (1936-40 e 1947), hanno riportato alla luce numerosi corredi, costituiti da abbondante ceramica decorata e da armi, per lo più in bronzo. Numerosa anche la suppellettile d'oro e d'argento. Sempre in Transcaucasia, il Piotrovskij ha scavato, nel 1948, il tumulo di Kirovakan, simile ai precedenti, mentre nel 1938 la missione archeologica di Mccheta, dell'Accademia delle scienze di Georgia, ha esplorato presso il monastero di Samtavro (Georgia centrale) una necropoli composta di più di 1800 sepolture, che vanno dalla fine del 2° millennio fino al 7° sec. a. C.

Nell'Azerbaigian particolare importanza rivestono le due necropoli di Kyzyl-Vank (14°-11° sec. a. C.) e di Chodžal-Kedabek (10°-8° sec. a. C.), conosciuta quest'ultima dalla fine del secolo scorso.

Nella parte bassa dei bacini del Volga, del Don e del Dnepr esiste una serie di tumuli, i più antichi dei quali risalgono all'Eneolitico. All'età del bronzo, invece, vanno riferiti quelli scavati nel 1952 dalla missione archeologica di Stalingrado.

Nella zona boscosa dell'Europa orientale i primi elementi della civiltà del bronzo sono stati importati dal sud nel 2° millennio a. C. La necropoli di Fatt′janovo (vicino ad Jaroslav), scavata nel 1875, ha dato il nome a tutta questa cultura ("fatianoviana"). Fra i monumenti più importanti che ad essa vanno attribuiti citiamo la necropoli di Balanovo (scavi dal 1933 al 1940).

L'Eneolitico e l'età del bronzo sono rappresentati in Siberia da tre culture consecutive: afanaseviana (3°-2° millennio), di Andronova (2°-1° millennio) e di Karasuk (1200-700 a. C.). I monumenti più importanti sono, rispettivamente, la necropoli omonima, situata ai piedi del monte Afanas′evskaja, per la prima (scavi di S. Tepenchov, 1920-23); la necropoli e il villaggio di Alekseevskoe per la seconda (scavi di O. Grakova, 1930-39); per la terza infine un gruppo di necropoli presso Orak (scavi di G. Sosnovskij, 1927).

Età del ferro. - Alla prima età del ferro risale l'inizio della civiltà dell'Urartu, sorta nel cuore dell'Asia anteriore, sull'altopiano armeno, intorno alla metà del 9° sec. a. C. e durata fino all'inizio del 6°. Gli scavi di Teišebaini, iniziati nel 1939 da B. Piotrovskij e tuttora in corso, e quelli di Argištichinili (sulla riva sinistra dell'Arakse) hanno portato alla luce materiali e documenti abbondantissimi, tra i quali anche numerose iscrizioni.

Per quanto riguarda gli studî sugli Sciti (popolo cui è dovuta in buona parte la caduta dell'impero urarteo, intorno al 585 a. C.), bisogna notare che i primi scavi ebbero inizio già nella seconda metà del 18° secolo. Il più importante dei monumenti finora esplorati è l'accampamento di Nikopol′, sul Dnepr (scavi di B. Grakov, 1937-40 e 1949-52), fondato verso la fine del 5° secolo. Altro accampamento notevole è quello di Nemirov, di enorme estensione, risalente al 7° secolo, gli scavi del quale furono iniziati prima della rivoluzione da A. Spicyn, e continuati recentemente da G. Smirnov (1941) e M. Artamonov (1946-48). Tra il 3° e il 2° sec. a. C. la capitale degli Sciti era Neapolis, in Crimea (l'attuale Simferopoli), dove la missione tauro-scitica dell'Accademia delle scienze dell'URSS ha svolto degli scavi sotto la direzione di P. Šul′c (1945-50). Un grande mausoleo è stato scoperto ad ovest della porta principale della città.

Nelle regioni intorno allo Ienissei, soprattutto tra i monti Altai, sono stati esplorati più di 200 tumuli, appartenenti ad una cultura detta di Tagarsk. I più celebri tra essi sono i cinque scoperti a Pazyryk (distretto di Ust′-Ulagan, nell'Altai). Lo scavo, intrapreso nel 1929 (direttori S. Rudenko e M. Grjaznov), fu completato nel 1949. Nel 1950 venivano esplorati altri due tumuli simili, situati sul medio corso del Karakul′ (affluente dell'Ursul). I ritrovamenti comprendono anche oggetti in legno e in cuoio, lane, sete, perfino cadaveri imbalsamati, uno dei quali coperto di tatuaggi. La datazione più comunemente accettata per questi oggetti oscilla tra il 3° e il 1° sec. a. C.

Età storica. - Grande importanza assume, a partire dal 6° sec. a. C., la colonizzazione greca delle coste del Mar Nero, dovuta soprattutto a Mileto. Tra gli scavi più importanti citiamo quelli di Olbia, Cherson, Panticapeo (moderna Kerč′), Fanagorija, Gorgippija. Ad Olbia (fondata nella prima metà del 6° secolo) i primi sondaggi furono iniziati nel 1801, ma la liberazione sistematica della città è dovuta a B. Farmakovskij (1901-15; 1924-26). Dopo la sua morte, gli scavi sono stati continuati da L. Slavin e T. Knipovič. A 3 km ad O di Sebastopoli si trovano le rovine di Cherson. I primi scavi sono del 1827. Dal 1876 al 1885 i lavori furono svolti sotto la direzione della Società di storia e di antichità di Odessa, e successivamente (dal 1888 al 1914) dalla Commissione archeologica imperiale. Dopo la rivoluzione i lavori furono ripresi dal Museo di Cherson, e affidati a K. Grineviče G. Belov. I primi scavi di Kerč′ datano al 1816. A partire dal 1945 si svolgono prospezioni regolari, condotte da V. Blavatskij.

In Armenia, tra i ritrovamenti più importanti sono da citare i resti della fortezza di Garni, fondata probabilmente nel 3° sec. a. C., e ricordata anche da Tacito. Nel 1909-10 vi è stato scoperto un tempio ionico assai ben conservato (scavi di N. Marr e I. Smirnov). Dal 1949 vi lavora una missione dell'Istituto di storia dell'Accademia delle scienze di Armenia, sotto la direzione di A. Arakeljan.

Nella Georgia orientale vasti scavi sono stati compiuti nel sito dell'antica Armazi-Mccheta (a 20 km circa da Tbilisi) da I. Džavachišvili e S. Džanašia. Fra le scoperte, importanti soprattutto quelle della grande necropoli di Samtavro e di un complesso formato da un tempio, un palazzo e un edificio termale. Sono anche apparse numerose iscrizioni in una lingua sconosciuta (detta "grafia di Armazi"), ma con caratteri di origine aramaica.

La missione della Corasmia ha compiuto lo scavo della città detta di Toprak-Kala, nell'attuale repubblica autonoma dei Karakalpaki. Essa fu occupata dal 1° sec. a. C. al 6° d. C. Nell'angolo nord-occidentale è stato liberato, tra il 1945 e il 1950, un enorme palazzo del 3° sec. d. C., nell'interno del quale sono apparsi i resti di gruppi scultorei e di giganteschi affreschi parietali.

Nella parte meridionale del Turkmenistan, ai piedi dei monti Kopet-Dag, presso il villaggio di Bagir, si trovano due vasti campi di rovine, designati con i nomi di Antica e Nuova Nisa. I primi scavi vi furono compiuti dal 1930 al 1936 da A. Maruščenko. Dal 1946 essi sono stati proseguiti dalla missione del Turkmenistan del sud, diretta da M. E. Masson. Nisa Nuova fu la prima capitale del regno partico.

Il Medioevo. - Tra le attività di scavo compiute in Asia centrale riveste una notevole importanza soprattutto l'esplorazione di Termez, in Battriana, dovuta a M. E. Masson. La città, fondata in epoca Kuṣāṇa, raggiunse il suo massimo sviluppo nell'11°-12° sec. d. C. A quest'epoca risale il palazzo d'estate dei sovrani della città, lo scavo del quale, iniziato già da B. Denik nel 1927, è stato in seguito completato dal Masson.

In Sogdiana sono da citare per primi gli scavi di Samarcanda, compiuti da V. Vjatkin (1908-13 e 1925-27) e da A. Terenožkin (1945-48). Assai importanti anche quelli di Varachša, capitale del khanato di Buchara preislamica (V. Šiškin, 1937-39 e 1945-48); del castello di Abargar (A. Frejman, 1933); di Pendžikent, di cui la missione del Tagikistan ha iniziato gli scavi nel 1947 (la direzione, dal 1950, ne è affidata a A. Belenickij). I numerosi manoscritti e gli affreschi parietali costituiscono la parte più notevole di questi ritrovamenti.

Fra le città medievali russe riveste una particolare importanza Kiev, che tra il 9° e l'11° secolo fu capitale del primo impero slavo. Scoperte fortuite avvennero già nella prima metà del secolo scorso, ma solo i ritrovamenti di V. Chvoiko (1907-08) diedero impulso a degli scavi regolari, iniziati in quello stesso anno da D. Mileev e interrotti dalla prima guerra mondiale. Dopo la rivoluzione, essi furono ripresi. Dal 1936, direttore dei cantieri è M. Karger.

Scavi di straordinario interesse sono anche quelli in corso a Novgorod, dove l'umidità del suolo ha permesso la conservazione di oggetti ordinariamente deperibili. Lo scavo sistematico, iniziato nel 1932, è stato ripreso dopo l'ultima guerra. Direttore ne è A. Arcichovskij. Fra i ritrovamenti, il più notevole è costituito da manoscritti su corteccia di betulla (più di 250), documentazione importantissima sulla Russia medievale.

Bibl.: Sovetskaja Archeologičeskaja Literatura (Bibliografija; 1941-1957), Mosca 1959; A. L. Mongajt, L'archéologie en URSS, ivi 1959.

Arti figurative.

Gli anni dal 1930 al 1940 hanno visto l'affermazione della teoria del realismo socialista che Maksim Gor′kij, nella sua relazione al 1° Congresso degli scrittori sovietici (agosto 1934), definì come una tendenza la quale "afferma l'esistenza come azione, come creazione, stabilisce che il suo scopo è l'incessante sviluppo delle più preziose attitudini individuali per la vittoria dell'uomo sulle forze della natura".

Su questa base orientarono o riorientarono il proprio lavoro - dopo la conclusione della fase avanguardistica a cavallo della prima guerra mondiale, fase comune alla Russia e ai paesi d'Occidente, e dopo il superamento degli estremismi politici e degli sperimentalismi formali e ideologici del Proletkult - gli artisti che oggi costituiscono la generazione sovietica più anziana: in particolare, Aleksandr Aleksandrovič Dejneka (n. Kursk 1889), pittore sensibile ai toni freddi, aspri e delicati della luce del Nord; l'illustratore Vladimir Andreevič Favorskij (n. Mosca 1886), poetico e fantasioso inventore d'immagini per testi ottocenteschi russi e per Dante; Martiros Sergeevič Sar′jan , (n. Rostov 1880), narratore di luoghi e cose d'Armenia in un linguaggio che molto deve all'esperienza del fauvismo; Aleksej Kravčenko (n. Pokrovskoe 1889), che raggiunge nella xilografia risultati notevoli; Pëtr Petrovič Končalovskij (Slavjansk 1876- Mosca 1956), che si dedicò particolarmente al genere della natura morta; e, soprattutto, Vera Ignat′evna Muchina (Riga 1889-Mosca 1953), scultrice di prim'ordine e di autentica vocazione monumentale. La comune base culturale di tutti questi artisti è la fedeltà all'istanza della figurazione: tuttavia un certo ottimismo di maniera, una certa "verniciatura" della realtà (per dirla con un termine frequentemente impiegato negli ultimi anni dalla critica sovietica) hanno finito per dar luogo, sul piano formale ed espressivo, a una produzione spesso inficiata da irrigidfmenti, accademizzazioni, ritorni al naturalismo ottocentesco. Esponente tipico dì tale produzione può essere considerato il pittore Aleksandr Michajlovič Gerasimov (n. Kozlov, Mičurinsk, 1881). Negli ultimi anni si è sviluppata nell'URSS - ed è tuttora in corso - una critica assai serrata delle tendenze naturalistiche, accademiche e retoriche, critica che, pur nella fedeltà alle tesi fondamentali del rcalismo socialista (e in primo luogo, la scelta per un'arte figurativa), tende a restituire a tali tesi il loro vigore creativo; si tende, ad esempio, a sottolineare un'affermazione di Gor′kij, del 1937, secondo la quale si doveva prendere come punto di partenza del realismo socialista la dichiarazione di Engels: "la vita è un movimento continuo e ininterrotto, un mutamento". La stessa critica investe l'architettura, alla quale si rimproverano gli eccessi di monumentalismo retorico e di ornamentazione esteriore falsamente classicistica, e che s'intende ricondurre nell'alveo d'una più sobria e razionale funzionalità. Tutto il settore delle arti figurative nell'URSS appare dunque oggi in movimento. Si possono però indicare le personalità della generazione di mezzo il cui volto appare più compiutamente delineato: Boris Vladimirovič Ioganson (n. Mosca 1893), autore di quadri storici nei quali spesso s'indulge alla ricerca degli effetti esteriori; Arkadij Aleksandrovič Plastov (n. Prislonicha 1893), a volte non privo d'una vivacità espressiva, pur nel prevalere d'una tendenza all'aneddoto; Juri Ivanovic Pimenov (n. Mosca 1903) e Georgij Grigor′vic Nisskij (n. Novobelica 1903), narratori del paesaggio di città, interessati alla natura "contemporanea". Anche nella generazione di mezzo, i generi illustrativi assumono un notevole rilievo e rappresentano uno degli aspetti più interessanti dell'arte sovietica: da segnalare, Michail Vasil′evic Kuprijanov (n. Testjusi 1903), Porfirij Nikitič Krylov (n. Scelkunovo 1902) e Nikolaj Aleksandrovič Sokolov (n. Mosca 1903) che, sotto il nome comune di Kukryniksy (v.), collaborano da molti anni e hanno al loro attivo una ricca produzione di disegni satirici, manifesti politici, illustrazioni di opere letterarie russe e straniere, che raggiunge spesso, in una linea che può dirsi espressionista, un alto livello di validità. Quanto ai più giovani, vanno segnalati lo scultore Vladimir E. Cigal′ (n. Mosca 1917), e i pittori Vladimir N. Gavrilov (n. Mosca 1923), Oganes M. Zardarjan (n. Erevan′ 1918), Ilya Glazunov (n. Mosca 1923). Prevale in questi artisti, alcuni dei quali possono ancora essere considerati in una fase di ricerche e di tentativi, una tendenza a sottrarre i proprî temi (il lavoro, il paesaggio urbano, l'amore, il rapporto tra l'uomo d'oggi e la natura - considerata, quest'ultima, soprattutto nelle modificazioni che l'uomo vi induce) alla verniciatura" celebrativa o al naturalismo aneddottico; vi è anche, nella loro ricerca, una più ampia varietà di modi formali, di esperienze desunte dal mondo della figurazione moderna; e sembrano accentuarsi anche, rispetto al passato, le differenze espressive e formali relative alla diversa origine nazionale del singolo artista. A questo proposito, sarà necessario rilevare che una delle ragioni della relativa uniformità dell'arte sovietica tra il quarto e il sesto decennio del nostro secolo risiede nel particolare fervore col quale fu sentito nell'URSS il problema di dare o di restituire una voce artistica a quelle nazionalità dell'Unione che, per essere partite da condizioni di maggiore arretratezza o per altri motivi, non disponevano d'una moderna base di partenza sulla via della ricerca figurativa. Si ritenne di poter individuare tale base di partenza nella pittura naturalistico-realistica russa dell'Ottocento, espressione figurativa della grande "andata al popolo" della migliore cultura russa nel periodo prerivoluzionario. Ora va sostituendosi, a questo immenso lavoro per la creazione di condizioni culturali medie su una vasta area quantitativa, uno sforzo di diversa natura, orientato verso la qualità, l'ampliamento e l'approfondimento delle ricerche espressive. Vedi tav. f. t.

Bibl.: Arte e letteratura in URSS, a cura di P. Zveteremich, Milano 1950; Catalogo della XXVIII Biennale Internazionale d'Arte, Venezia 1956, pp. 501-524; Catalogo della XXIX Biennale Internazionale d'Arte, Venezia 1958, pp. 387-391.

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