INDIANA, UNIONE

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Indiana, Unione

Albertina Migliaccio
Giulia Nunziante
Emma Ansovini
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Geografia umana ed economica

di Albertina Migliaccio

Stato dell'Asia meridionale. Nel corso del 2000 la popolazione dell'U. I. ha superato il miliardo di individui e i dati definitivi del censimento del 2001 attribuivano al Paese 1.028.610.328 abitanti. La densità media corrispondeva a 313 ab./km2 con una distribuzione della popolazione mantenutasi molto ineguale; le densità più elevate sono state riscontrate negli Stati del Bengala occidentale, del Bihar, del Kerala e dell'Uttar Pradesh. Sempre molto poco popolate sono le regioni himalayane: le densità più basse si mantengono negli Stati dell'Arunachal Pradesh, Jammu e Kashmir, Mizoram e Sikkim. Sempre secondo i dati del censimento del 2001 risultava particolarmente squilibrata anche la composizione per età: circa un terzo degli abitanti dell'U. I. aveva meno di 15 anni, mentre la popolazione con più di 65 anni era inferiore al 5% del totale; l'età media nel 2006 era stimata, per i maschi e per le femmine, in 24,4 anni. Il tasso di accrescimento demografico, pur continuando lentamente a declinare, non ha subito variazioni rilevanti (+1,6% nel periodo 2000-2005): il calo della natalità ha trovato una sostanziale compensazione con la diminuzione del tasso di mortalità e, in particolare, con l'abbattimento del tasso di mortalità infantile. Nel primo quinquennio del 21° sec. la popolazione urbana non raggiungeva il 30% di quella complessiva. Anche sotto questo aspetto le differenze fra le varie componenti territoriali del Paese sono rimaste piuttosto sensibili: negli Stati di Tamil Nadu, Maharashtra e Gujarat il livello di urbanizzazione era decisamente più elevato rispetto alla media (circa il 40% della popolazione), mentre nel Bihar soltanto il 10% degli abitanti viveva in aree urbane. Non meno di 50 milioni di abitanti popolavano le maggiori aree metropolitane: Mumbai (ex Bombay), Kolkata (ex Calcutta), Delhi e Chennai (ex Madras). In conseguenza del continuo e localmente rapido processo di industrializzazione si stanno velocemente espandendo anche le aree metropolitane di Bangalore, Ahmedabad e Haiderabad. In effetti, comunque, gran parte della popolazione rimane insediata nelle campagne e, direttamente o indirettamente, continua a dipendere dall'agricoltura. Benché il fenomeno sia in forte regresso, resta ancora elevato il numero delle persone che vive al di sotto della soglia di povertà. Il dato non riguarda solo le campagne: le organizzazioni internazionali stimano, infatti, che circa un quarto dei poveri del Paese viva nelle aree urbane. È in una fase di rapido accrescimento la nuova classe media (stimata in circa 300 milioni di individui) caratterizzata da livelli di reddito tali da consentire un accesso sempre maggiore ai beni di consumo. I forti investimenti pubblici nel settore dell'istruzione e della ricerca hanno ridotto notevolmente il tasso di analfabetismo (nel 2004 si è calcolato che circa il 61% della popolazione oltre i 15 anni fosse in grado di leggere e scrivere); ancora modesto, ma in crescita, il numero di coloro che terminano l'intero ciclo degli studi. La Banca mondiale ha rilevato come permanga insoddisfacente la crescita degli indicatori sociali, conseguenza della disomogeneità della distribuzione dei servizi, in particolare quelli sanitari.

Condizioni economiche

L'economia dell'U. I. presenta ancora pesanti caratteri di arretratezza. Nonostante gli indubbi progressi del ventennio a cavallo tra 20° e 21° sec., il PIL pro capite rimane ancorato a valori molto bassi, anche in conseguenza dell'elevatissimo tasso di incremento demografico. Ai fini dello sviluppo economico, l'U. I. presenta indubbi punti di forza, ma anche persistenti fattori di debolezza, ai quali, peraltro, lo Stato non sembra in grado di porre rimedio, quantomeno nel breve o medio periodo. Fra i primi vanno ricordati l'abbondanza della manodopera, disponibile a costi molto contenuti e connotata da notevoli conoscenze tecniche; un consolidato sistema democratico; un basso debito estero e una buona disponibilità di risorse valutarie; un'inflazione contenuta e un settore finanziario ben organizzato. Fra i secondi, accanto a regioni caratterizzate da una certa instabilità sociale e da ricorrenti situazioni di tensione religiosa, vanno sottolineate la forte arretratezza delle infrastrutture di trasporto nonché l'inadeguatezza dei servizi essenziali per la crescita sociale della popolazione (l'insufficiente sviluppo della rete idrica, dell'adduzione di energia elettrica e, in generale, dei servizi sociosanitari). Il sistema burocratico, per quanto semplificato e ammodernato, presenta ancora caratteri di arcaicità, con forti penalizzazioni a carico della crescita del sistema produttivo, soprattutto del segmento delle imprese di piccole e medie dimensioni.

L'agricoltura è ancora penalizzata da un basso livello infrastrutturale e da una eccessiva dipendenza dagli eventi climatici; nonostante gli investimenti effettuati nel corso dell'ultimo mezzo secolo, l'estensione della superficie irrigata è ancora insufficiente, mentre la dotazione tecnologica del comparto non consente il raggiungimento di significativi progressi nei livelli di produttività.

L'economia indiana è, inoltre, caratterizzata dalla persistenza di forti squilibri sia settoriali sia territoriali. Il trend di crescita del reddito si è mantenuto sempre su livelli elevati, ma la variabilità delle situazioni interne è notevole e coinvolge i settori produttivi nel loro complesso. Come tutte le nuove economie globalizzate che dipendono in larga misura sia dalle esportazioni sia dall'afflusso di capitali esteri, l'U.I. è in particolar modo sensibile alle fluttuazioni dei mercati internazionali. La crisi finanziaria asiatica del 1997, la recessione degli Stati Uniti, aggravatasi dopo gli attentati terroristici di New York e Washington dell'11 settembre 2001, nonché le costanti tensioni con il Pakistan, hanno avuto un peso significativo nel rallentamento della sia pur vigorosa crescita economica e nel disincentivare l'afflusso di capitali stranieri negli anni a cavallo del secolo. Alla metà del primo decennio del 21° sec., infine, l'U. I. ha dovuto fare i conti con la tumultuosa crescita dell'economia cinese, la cui concorrenza si è fatta sentire soprattutto sulle produzioni di beni tradizionali. Nel dicembre 2004 un maremoto di grande intensità (tsunami) ha colpito la fascia litoranea orientale del Paese devastando circa 2300 km di coste; gli Stati maggiormente colpiti sono stati: Tamil Nadu, Andhra Pradesh, Kerala e i Territori di Pondicherry e delle isole Andamane e Nicobare. Nel disastro hanno perso la vita oltre 10.700 persone, mentre altre 5.000 sono risultate disperse. I danni alle strutture e alle attività produttive sono stati stimati in oltre 1 miliardo di dollari. Non è ancora possibile valutare l'incidenza del disastro sulla crescita economica, tuttavia si ritiene sia abbastanza contenuto, dato il modesto contributo dell'area interessata alla formazione del PIL. Allo scopo di prevenire il ripetersi di eventi così disastrosi, il governo ha deliberato di dotare il Paese di una rete di previsione dei maremoti che dovrebbe essere attiva entro il 2007.

All'inizio del 21° sec. il settore agricolo occupava circa la metà della popolazione attiva e, tra il 2003 e il 2004, il tasso di crescita fatto segnare dal comparto è risultato pari a circa il 6% annuo. Nel complesso il settore agricolo si è attestato su buoni tassi di crescita, anche se notevolmente inferiori rispetto ai livelli delle altre attività produttive; conseguentemente si sono accentuati gli squilibri e i divari di reddito fra le città e le campagne. La forte dipendenza dei raccolti dal buon andamento dei fattori climatici continua a rappresentare un serio ostacolo all'adeguata remunerazione degli operatori del settore; inoltre, nelle annate favorevoli, l'eccedenza delle produzioni agricole concorre a mantenere bassi i prezzi, mentre in quelle sfavorevoli l'esiguità delle produzioni non permette di raggiungere sufficienti livelli di reddito. Gli investimenti statali nel settore sono stati prevalentemente indirizzati verso l'ampliamento delle superfici irrigate, il miglioramento della viabilità rurale, lo sviluppo della ricerca agricola e l'attuazione di politiche di conservazione dei suoli. Gli interventi per l'irrigazione sono stati concentrati nelle aree nord-occidentali e in quelle deltizie peninsulari; ciò ha contribuito a generare ulteriori squilibri fra le diverse regioni agricole.

Dal punto di vista dell'andamento delle singole produzioni, la crescita maggiore ha riguardato in particolare grano e riso. Ciò ha avuto come immediata conseguenza il forte contenimento delle importazioni di alimenti di base. Secondo alcune valutazioni, l'aumento della produzione di cereali dovrebbe essere sufficiente per coprire l'incremento della domanda derivante dall'aumento demografico. In un contesto di estrema povertà e di carenza di reddito spendibile è da ritenere, però, che le accresciute dimensioni della domanda vengano soddisfatte da una ulteriore diffusione dell'autosufficienza e non da incrementi delle produzioni legate all'innalzamento delle produttività agricole. Allo stato dei fatti, tuttavia, le risorse agricole disponibili non sono in grado di sostenere l'attuale pressione demografica. Pur supponendo che nel prossimo futuro possano essere destinati congrui investimenti per sostenere il comparto, è facile prevedere come, negli anni futuri, proseguirà l'abbandono delle campagne, con la conseguenza di mantenere elevati i tassi di urbanizzazione, di trasferire in ambito urbano crescenti forme di sussistenza e di assistere a ulteriori forme di contrasti e disagio sociale.

Le politiche di intervento dello Stato per il miglioramento del comparto prevedono, oltre alla progressiva liberalizzazione commerciale e all'abbattimento degli ostacoli burocratici all'esportazione, anche l'introduzione di facilitazioni all'accesso ai mercati interni; inoltre, la riduzione dei finanziamenti per i fertilizzanti e la diminuzione dei sussidi alimentari dovrebbe essere compensata da finanziamenti a favore del decollo e del potenziamento delle attività rurali non agricole.

Tra il 1995 e il 2005 il contributo percentuale del settore industriale alla formazione del PIL è lievemente diminuito, mentre in valori assoluti il valore aggiunto industriale è aumentato. Nello stesso periodo la quota della popolazione attiva del comparto è rimasta sostanzialmente inalterata e ciò implica che nel Paese ha prevalso il potenziamento della produttività. Non è però aumentata la produzione industriale, anzi, nonostante il perseguimento di una politica a favore dell'apertura e della liberalizzazione del mercato, alla fine del secolo scorso e nei primi anni del 21° il complesso delle attività secondarie ha fatto segnare un qualche rallentamento. Le cause sono molteplici e vanno ricercate sia nel verificarsi di una serie di situazioni internazionali sfavorevoli che hanno influito in modo negativo sulla evoluzione di importanti aggregati economici (eventi che vanno dal rallentamento degli investimenti esteri alla riduzione delle dimensioni del commercio internazionale), sia in alcune importanti cause interne. Per esempio, eventi climatici negativi hanno causato una certa riduzione delle produzioni agricole e, di conseguenza, esteso anche al comparto agroindustriale il calo delle attività. Effetti non positivi sulla crescita industriale hanno avuto anche le priorità assegnate all'ammodernamento del comparto dei servizi, attraverso una politica di incentivazione delle attività di ricerca e di sviluppo e, in generale, del terziario avanzato, in grado di garantire una più alta remunerazione.

A partire dal biennio 2002-03 l'industria indiana sembra essere uscita da questa fase di impasse, registrando una crescita nella produzione del 5% (negli stessi anni, i servizi hanno avuto un incremento maggiore, attestandosi sul 7%). Il rilancio dell'industria indiana, previsto dal governo formatosi dopo le elezioni del 2004, non sarà orientato solo verso l'incentivazione delle produzioni dei beni tradizionali e dell'informatica: da tempo infatti esistono le premesse per una crescita delle industrie ad alta tecnologia legate ai processi di delocalizzazione dalle regioni industriali dei Paesi avanzati; l'affermazione di una diffusa cultura tecnologica e scientifica, che da sempre rappresenta uno degli obiettivi del sistema formativo indiano, unitamente al basso costo della manodopera qualificata, costituisce un potentissimo fattore di attrazione di attività produttive ad alto contenuto tecnologico. È il caso, ma è solamente un esempio fra i tanti, del comparto aerospaziale e più specificatamente dell'avionica. Nelle strategie per il potenziamento delle produzioni industriali sono contemplati, inoltre, provvedimenti di consolidata efficacia quali la creazione di zone economiche speciali, l'ammodernamento e l'adeguamento tecnologico delle strutture obsolete, la progettazione e la costruzione di infrastrutture, di cui il Paese è ancora molto carente. A tal proposito, nel 2002 è stato varato un programma per la costruzione di strade e la trasformazione di strade normali in autostrade, la cui ultimazione è prevista per la fine del 2007.

Aperto rimane il problema energetico: l'U. I. è infatti fortemente dipendente dall'estero per il proprio fabbisogno (l'importazione di combustibile rappresenta il 30% del totale delle importazioni). Il tentativo di far crescere la produttività del comparto attraverso forme di privatizzazione non è stato in grado di dare risultati significativi soprattutto a cuasa dell'evidente esigenza politica e sociale di mantenere i prezzi dell'energia sotto il controllo pubblico. Allo scopo di favorire la crescita della produzione da alcuni anni sono state introdotte alcune esenzioni fiscali.

Il settore più dinamico, orientato all'esportazione e con il maggior incremento in termini di contributo al PIL, è quello dei servizi, che produce oltre il 50% del reddito nazionale. Accanto alla forte crescita del terziario tradizionale, quindi delle attività finanziarie, assicurative e commerciali, un ruolo di rilievo ha assunto lo sviluppo di servizi innovativi, in massima parte destinati alle imprese multinazionali e per le quali costituiscono interessanti forme di esternalizzazione (outsourcing) ai fini della gestione del cosiddetto back office. Di assoluto interesse la delocalizzazione nell'U. I., da parte di alcune compagnie aeree, dei call centers per le prenotazioni, le informazioni e le attività connesse all'e-ticketing e più in generale all'e-commerce. Si calcola che circa il 40% degli investimenti che sono diretti dall'estero venga orientato su queste attività.

Nel contesto dei servizi, i maggiori ritmi di crescita si sono avuti nella produzione di software. Viene stimato che queste attività occupino oltre un milione di persone e che, nel 2002, abbiano contribuito con circa il 2% alla formazione del PIL. Ben oltre i tre quarti della produzione di software è destinata ai mercati esteri (l'U. I. esporta questi prodotti informatici in più di cento Paesi) e, mediamente, il valore del comparto cresce a un tasso che, nel primo quinquennio del 21° sec., ha superato il 50% annuo.

Il commercio estero rappresenta una voce importante dell'economia indiana. Dal 2001, a seguito degli impegni assunti con la WTO, il Paese ha eliminato tutte le restrizioni quantitative all'importazione, anche se permangono altre forme di barriere tariffarie (v. oltre: Politica economica e finanziaria). Le esportazioni tradizionali crescono con difficoltà, anche a causa della concorrenza della Cina, e non riescono a compensare l'aumento del prezzo del petrolio, per cui la bilancia delle partite correnti continua a presentare un saldo negativo. Di converso, il saldo della bilancia dei pagamenti si presenta in attivo proprio per l'azione esercitata sia dall'esportazione di servizi, sia dall'afflusso di capitali per investimenti e partecipazioni finanziarie.

Allo scopo di ridurre la forte dipendenza dalle economie occidentali e i rischi derivanti dall'instabilità della congiuntura internazionale, l'U. I. è alla ricerca di nuovi partner commerciali nel Sud-Est asiatico. Un'altra fonte di valuta estera è rappresentata dal turismo internazionale, la cui espansione in alcune aree del Paese è però ostacolata dalla presenza di situazioni di tensione per la persistenza di conflitti etnico-religiosi o di forme di banditismo locale. Per soddisfare la crescente domanda, in alcune aree entrate da poco nel circuito turistico internazionale, sono stati trasformati in alberghi molti palazzi storici nonché antiche residenze.

Politica economica e finanziaria

di Giulia Nunziante

Una vigorosa espansione della produzione e l'avanzo del saldo corrente sono stati tra i principali risultati che l'U. I. ha conseguito a partire dal 2002 in seguito alle importanti riforme socioeconomiche realizzate fin dagli anni Novanta. Ciò ha permesso al Paese di iniziare a emergere sulla scena mondiale quale nuova superpotenza economica.

In particolare, nel Piano quinquennale 2002-2007, lo Stato ha dichiarato la sua volontà di perseguire ritmi di crescita annuali prossimi al 7-8% facendo leva principalmente sulla progressiva diffusione e tutela della concorrenza e sul crescente ricorso all'innovazione tecnologica. L'apertura ai capitali di investimento esteri e ai prodotti delle imprese straniere, la privatizzazione di alcune aziende statali, la definizione chiara delle regole di funzionamento del mercato e l'individuazione strumenti necessari per garantirne la salvaguardia, la lotta alla corruzione e lo sviluppo di un'adeguata dotazione di infrastrutture sono state misure strumentali fondamentali per l'espansione della produzione. Riconoscendo che alle imprese erano imposti alti costi e vincoli per l'entrata e l'uscita dal mercato, le autorità competenti si sono impegnate a trovare soluzioni a tali rigidità: sono state costituite agenzie statali dedicate all'interazione con i gruppi industriali e le multinazionali al fine di assicurare investimenti e proporre politiche e strumenti utili allo sviluppo del tessuto imprenditoriale nazionale. Dopo gli accordi siglati con la WTO al principio del 21° sec., l'U. I. si è adoperata anche per rimuovere le numerose barriere commerciali e per adottare il sistema tariffario dell'Association of South-East Asian Nations (ASEAN) entro il 2009 in modo da promuovere lo scambio di beni e servizi con l'estero e incentivare la competitività delle imprese nazionali. La conseguente liberalizzazione dei flussi commerciali ha permesso l'affacciarsi sul mercato mondiale dell'U. I. come concorrente competitivo in grado di esportare prodotti a elevato contenuto tecnologico grazie alla progressiva creazione di un ambiente produttivo innovativo, terreno di interesse per le imprese internazionali. Gli investimenti dall'estero, sebbene ancora soggetti a vincoli in alcuni settori del terziario, hanno consentito l'incremento della produttività delle imprese e, in generale, un uso più efficiente delle risorse finanziarie soprattutto nei comparti automobilistico, informatico ed elettronico.

Tra le priorità del governo centrale si annoverava anche l'adeguata dotazione in infrastrutture del mercato interno, senza la quale la crescita economica sarebbe rimasta insufficiente. Sono stati quindi promossi dallo Stato investimenti - ai quali il settore privato ha partecipato solo marginalmente - per sviluppare la rete stradale e ferroviaria, rendere di più facile e diffuso accesso il trasporto aereo, modernizzare le strutture portuali, garantire una copertura capillare della fornitura di energia elettrica, migliorare la dotazione di infrastrutture nei centri urbani. Il settore finanziario è stato riformato con l'obiettivo di facilitare l'accesso al credito agli agricoltori, agli imprenditori e ai piccoli risparmiatori. Una regolamentazione in grado di assicurare una maggiore tutela del risparmio, una informazione più completa degli strumenti messi a disposizione dagli istituti di credito, un richiamo a incrementare il ricorso ai fondi pensione sono stati tra i principali indirizzi della politica economica nel settore. Gli interventi sul mercato del lavoro sono stati limitati, in quanto il governo sosteneva che la manodopera proveniente dalle campagne e i numerosi giovani e donne che si affacciavano per la prima volta nel mondo del lavoro avrebbero contribuito all'espansione dell'attività produttiva usufruendo a loro volta naturalmente della maggiore ricchezza prodotta e distribuita dal sistema. Ciononostante, il governo ha introdotto nel 2004 alcuni elementi di maggiore flessibilità nell'ordinamento dei rapporti di lavoro e si è mostrato disponibile all'individuazione di zone economiche specifiche nelle quali verificare l'efficacia di tali nuove misure.

Il governo ha attuato ulteriori interventi nel comparto agricolo, in cui i risultati economici erano fortemente influenzati dalle condizioni meteorologiche. In particolare, furono promossi investimenti volti a estendere l'irrigazione delle terre coltivabili, a diversificare la produzione - soprattutto in frutta e ortaggi -, a sfruttare maggiormente le peculiarità climatiche delle diverse zone dell'esteso territorio, a incrementare la lavorazione dei prodotti alimentari sviluppando altresì la qualità del lavoro nel settore, a favorire l'aumento delle esportazioni. Questo orientamento riformista ha sostituito all'originale indirizzo di politica economica che puntava principalmente a garantire l'indipendenza dall'estero per il fabbisogno interno di cereali e zucchero.

A partire dal 2004, il governo centrale si è adoperato in riforme fiscali in grado di assicurare il consolidamento delle finanze pubbliche attraverso una revisione del sistema fiscale e il riordino del complesso sistema dei sussidi. Tra le misure più significative adottate va annoverata l'estensione nel 2005 dell'imposta sul valore aggiunto alle operazioni realizzate dallo Stato centrale. Inoltre, maggiore rigore è stato assicurato agli indirizzi di politica fiscale facendo in modo che l'aumento della raccolta fiscale dovuto all'espansione della produzione nazionale si accompagnasse a una razionalizzazione delle uscite statali. è stato quindi perseguito con forza il contenimento della crescita dei salari e delle pensioni, mentre gli uffici amministrativi coinvolti nella raccolta delle entrate dello Stato sono stati richiamati a una gestione più efficiente e trasparente.

Sebbene la politica economica fosse orientata al conseguimento della crescita sostenuta del Paese, le autorità di governo sono impegnate altresì in riforme sociali volte a ridurre la povertà, promuovere la diffusione dell'istruzione e assicurare la tutela della salute. Questo orientamento è stato esplicitato dal governo insediatosi nel 2004 che è impegnato a realizzare nel medio termine 'riforme dal volto umano' per incrementare la dotazione di infrastrutture e assicurare l'accesso all'educazione di base e alla sanità anche nelle aree rurali più arretrate, e in generale garantire alle popolazioni indigenti le minime condizioni economiche per un'esistenza dignitosa.

Storia

di Emma Ansovini

Al passaggio del secolo il subcontinente indiano si presentava come una realtà percorsa da una profonda trasformazione. Il cambiamento coinvolgeva tutti gli aspetti, dalla politica all'economia, fino al profilo culturale e ideologico. Nel corso degli anni Novanta era infatti entrato progressivamente in crisi il modello su cui si era fondato, seppur con diverse e problematiche vicende, il funzionamento del Paese fin dalla sua costituzione.

Sul piano politico il declino dell'Indian National Congress (I) aveva determinato la fine del sistema incentrato sul partito dominante e aveva aperto l'era delle grandi coalizioni e della ascesa dei partiti regionali; sul piano economico, una volta superato definitivamente l'approccio accentrato e statalista inaugurato da P.J. Nehru, l'U. I. aveva avviato una politica liberista, sia pure con elementi non secondari di dirigismo, relativi soprattutto all'ingresso delle multinazionali, e in un decennio si era imposta, insieme alla Cina, come potenza economica mondiale, puntando in particolare sulla capacità di replicare a costi contenuti processi di produzione occidentali in settori come il farmaceutico o l'informatico e nella fornitura di servizi (utilizzando una manodopera con una buona conoscenza dell'inglese e una diffusa preparazione tecnica). Negli stessi anni, inoltre, si era assistito all'emergere del fondamentalismo induista rappresentato sul piano politico dal partito del Bharatiya Janata Party (BJP), al governo del Paese dal 1998 al 2004. Il richiamo a una presunta identità induista contraddiceva un tratto tra i più qualificanti del cosiddetto modello indiano, il laicismo, ovvero una visione inclusiva che considerava la cittadinanza come espressione di una scelta indipendente dalla appartenenza a una particolare comunità (nel Paese vivono più di 140 milioni di musulmani, e sono presenti cospicue minoranze di sikh, buddhisti, cristiani ed ebrei). Questa connotazione antidogmatica affondava peraltro le sue radici nella stessa tradizione induista al cui interno, fin dall'Antichità, erano presenti correnti ateistiche e scettiche, e che si articolava in una molteplicità di pratiche religiose dal carattere più individuale che sociale. Anche in politica estera gli anni tra il 20° e il 21°sec. furono caratterizzati da un cambiamento di rotta rispetto alla tradizionale collocazione di non allineamento e di rapporti amichevoli con l'Unione Sovietica con un avvicinamento agli Stati Uniti e alla Cina. In una nazione che si era costituita attraverso una sofferta divisione territoriale e che rimaneva comunque un mosaico di lingue, religioni e tradizioni diverse in equilibrio tra contrasti e laboriose ricomposizioni, gli ultimi anni del Novecento videro infine prevalere gli elementi di tensione e accentuarsi le contraddizioni: l'U. I., divenuta nel 2005 l'undicesima potenza economica del mondo, continuava a ospitare un quarto dei poveri del pianeta, vantava un'istruzione universitaria di altissimo livello a cui faceva riscontro una massa enorme di analfabeti. Il Rapporto sullo sviluppo umano stilato dall'ONU vedeva l'U. I. al 94° posto nel 1994 e al 126° nel 2006, soprattutto per il crescere delle disuguaglianze, con un ampliamento della classe media, ma anche con una divaricazione sempre maggiore tra le condizioni di vita dei nuovi ceti benestanti e quelle della massa dei diseredati. Le disuguaglianze economiche coincidevano anche con le disuguaglianze geografiche: semplificando, a un Nord-Est arretrato si contrapponeva un Sud-Ovest in crescita esplosiva, vera area trainante dello sviluppo.

Il nuovo governo di coalizione, formatosi dopo le elezioni del settembre-ottobre 1999 e guidato dal leader del BJP A.B. Vajpayee, varò una serie di misure di impronta decisamente neoliberista che accentuavano scelte operate dai precedenti governi e privilegiavano il sostegno alla produzione senza particolare attenzione alla ridistribuzione del reddito e agli ammortizzatori sociali. A essere escluse dallo sviluppo erano soprattutto le masse rurali, tra le quali si registrarono, in un Paese che da decenni aveva raggiunto l'autosufficienza alimentare, diversi casi di morte per denutrizione. Il governò cercò inoltre di realizzare, come punto qualificante del programma presentato, la trasformazione dell'U. I. in uno Stato hindu, attraverso una riforma dell'istruzione pubblica e il finanziamento alla ricerca. Per quanto riguarda il primo aspetto vi fu la promozione della cultura tradizionale ma, soprattutto, la ridefinizione dei programmi di storia in chiave di orgoglio induista e antimusulmano e la stesura di nuovi testi scolastici. Il secondo obiettivo fu perseguito attraverso il controllo delle istituzioni incaricate di finanziare la ricerca e l'emarginazione nelle università di professori ritenuti troppo laici. Queste scelte rispondevano alle pressioni del fondamentalismo induista e, per quanto in parte attenuate dall'ala più moderata dello schieramento governativo, favorirono l'emergere di forti tensioni tra le diverse comunità religiose. Episodi di violenza da parte di gruppi organizzati di fondamentalisti hindu si registrarono contro i cristiani e soprattutto contro i musulmani.

La situazione più drammatica si verificò nel Gujarat, dove per diversi mesi a partire dal marzo 2002 si scatenò una vera e propria caccia al musulmano, svoltasi sotto l'occhio complice delle autorità locali (lo Stato era governato dal BJP) e centrali, che provocò più di 2000 morti e circa 200.000 profughi. L'ispirazione nazionalista e induista non impedì in politica estera un avvicinamento agli Stati Uniti - il presidente B. Clinton visitò il Paese nel gennaio 2000 - che si consolidò dopo gli attentati terroristici di New York e Washington dell'11 settembre del 2001, quando l'U. I. entrò a far parte del fronte antiterroristico guidato dagli stessi Stati Uniti, anche se l'India non appoggiò l'intervento in ̔Irāq. L'appartenenza allo stesso schieramento internazionale non attenuò però inizialmente la tensione con il Pakistan: in Kashmir ripresero nel 2001 e continuarono nel 2002 gli scontri a fuoco sulla linea di confine. Si registrò inoltre nello stesso periodo una recrudescenza degli attentati terroristici: attacchi armati al Parlamento di Delhi nel dicembre 2001 e all'American Center di Calcutta nel gennaio 2002, ordigni esplosivi in un mercato e nelle vicinanze di un grande albergo di Bombay. A causa di tali avvenimenti, peraltro tutti attribuiti a gruppi integralisti islamici, il governo tornava ad accusare il Pakistan di finanziare il terrorismo. Nonostante ciò, la decisa scelta a favore di un mondo multipolare (discorso di Vajpayee a Srinagar dell'aprile 2003) portò a una ripresa dei rapporti con la Cina, che il primo ministro visitò nel giugno 2003, e aprì comunque la strada a un nuovo confronto con il Pakistan. Dopo la decisione pakistana di proclamare unilateralmente il cessate il fuoco in Kashmir, nel novembre 2003 furono avviati colloqui che portarono al ripristino delle relazioni diplomatiche.

I successi economici, i risultati in politica estera e la stabilità politica spinsero il governo a chiudere con qualche mese di anticipo la legislatura nella certezza, condivisa dalla maggioranza degli osservatori, di una sicura vittoria elettorale. Nella sorpresa generale le consultazioni, tenutesi nell'aprile-maggio 2004, diedero invece la vittoria alla coalizione guidata dall'Indian National Congress (I), che conquistò 217 seggi contro i 185 andati alla National Democratic Alliance, guidata dal BJP. In particolare, mentre l'Indian National Congress conquistava 145 seggi, il BJP ne otteneva 138 contro i 182 della precedente consultazione. A subire la sconfitta più pesante furono però i suoi alleati laici, alcuni dei quali non ottennero alcuna rappresentanza. Artefice della vittoria fu S.M. Gandhi, il quale aveva assunto la guida del partito nel 1998 riuscendo a rinnovarne l'identità nonché a democratizzarne, almeno parzialmente, il funzionamento aprendolo a delle nuove alleanze. La coalizione si era presentata con un forte richiamo alla laicità dello Stato e con un programma che, pur confermando scelte economiche di mercato, si proponeva di affrontare le esigenze degli strati più poveri della popolazione. M. Singh, il tecnorate che aveva avviato le riforme economiche negli anni Novanta, dopo il rifiuto dell'incarico da parte di S.M. Gandhi, formò un governo appoggiato dall'esterno dal Left Front, il raggruppamento della sinistra radicale (59 seggi). Se sul tema della laicità le prime misure riguardarono la scuola, sull'altro vi fu l'approvazione nell'agosto 2005 della legge sul salario minimo garantito per le famiglie rurali, corrispondenti nel complesso al 70% delle famiglie. La legge prevedeva di garantire alle famiglie almeno 100 giorni di lavoro retribuito all'anno: ogni famiglia, in cui un adulto avesse accettato di svolgere un lavoro manuale di utilità pubblica proposto dallo Stato di residenza, avrebbe ricevuto un salario per un periodo di lavoro minimo di 100 giorni che avrebbe coinciso con i momenti di stasi dell'agricoltura. La legge, da introdurre prima in 200 distretti in situazione critica e quindi negli altri 400, si proponeva anche l'obiettivo di contrastare la massiccia emigrazione stabile e stagionale verso le città e di contribuire allo sviluppo delle campagne sia sostenendone il reddito sia promuovendo la realizzazione di infrastrutture attraverso interventi pubblici ad alta intensità di lavoro. La misura era inoltre diretta a contrastare il movimento armato di ispirazione maoista dei naxaliti, il cui radicamento era andato crescendo nelle zone rurali più povere. Sul piano internazionale l'esecutivo rafforzava i suoi rapporti con la Cina, con cui venivano risolte nell'aprile 2005 vecchie dispute di confine, e con gli Stati Uniti, il cui presidente G.W. Bush visitò il Paese nel marzo 2006.

Con Washington fu firmato un accordo per la fornitura di tecnologia nucleare, nonostante l'U. I. non avesse mai aderito al trattato di non proliferazione nucleare. Anche con il Pakistan si consolidò il dialogo: nel settembre 2004 i leader dei due Paesi si incontrarono, e nell'aprile 2005 fu ripristinata, dopo sessant'anni, una linea di autobus tra le due zone del Kashmir; infine, in occasione del terremoto con epicentro proprio lungo la linea di confine, la frontiera fu aperta in alcuni punti per favorire l'arrivo degli aiuti. Il nuovo clima di collaborazione venne scosso, ma non interrotto, il 29 ottobre 2005, quando Delhi fu colpita da un nuovo attacco terroristico - secondo le autorità ancora una volta di matrice islamica -, che causò più di 60 morti e un centinaio di feriti. Un ulteriore attentato, in cui persero la vita circa 200 persone, si verificò a Mumbai (Bombay) nel luglio 2006.

bibliografia

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P. Mishra, Temptation of West: how to be modern in India, Pakistan, Tibet and beyond, New York 2006.

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