ULISSE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

ULISSE (᾿Οδυσσεύς, Ulixes)

E. Paribeni

In U., non diversamente da quanto è stato osservato per Penelope, si possono rilevare tracce di un'antichissima divinità marina del Peloponneso, originaria probabilmente dell'Arcadia. Trattandosi di un antecessore di Posidone, alcuni fatti, come l'erezione di una statua bronzea a questa divinità nella città arcade di Pheneos (Paus., viii, 14, 5) o la storia del remo portato da U. nell'interno di un paese di terraferma che non conosce gli usi del mare, vanno intesi come indicazioni di istituzioni e di successioni di culti. Per contro l'heròon che gli era dedicato a Sparta sembra piuttosto da ricollegare con la personalità eroica quale ci è nota dai poemi omerici. In questo piano U. è il re d'Itaca, figlio di Laerte, oppure secondo una versione più tortuosa, dell'astutissimo Sisifo e di Antidea, notissimo per le sue imprese sotto Troia, per il suo spirito sottile e pieno di risorse e per le sue straordinarie peregrinazioni marine.

Le più antiche figurazioni che è possibile ricollegare con questo eroe, più che la sua personalità riguardano gli avvenimenti incontrati, sofferti e superati nella sua spedizione, le imprese condotte insieme con altri eroi sotto Troia o con i suoi compagni nel ritorno. È impossibile giungere più che a una presunzione che le figurazioni di naufragi su vasi geometrici o sul cratere d'Ischia (v. vol. iv, p. 229) siano ispirate da storie dell'Odissea. E anche quando il tema della figurazione sia chiaro e inconfondibile, e la presenza di U. praticamente sicura, è ugualmente impossibile distinguerlo dai suoi compagni. Nelle più antiche figurazioni del Dourios Hippos sui pìthoi a rilievo di Tino o anche nelle storie dell'accecamento del Ciclope sulla grande anfora di Eleusi (v. vol. vi, p. 278) o sul cratere di Aristonothos il carattere dell'impresa è collettivo, corale, senza preminenza di individui. Appena forse nel cratere di Argo, la maggiore statura del secondo personaggio, il più lontano dal mostro, può essere una indicazione che si tratti di U., l'ideatore dell'impresa. La stessa incertezza permane per i giovani imberbi sospesi sotto il ventre degli arieti nella notissima oinochòe di Egina (v. brocca degliarieti, pittore della) o, già agli inizî del VI sec. a. C., nel frammento del cratere corinzio già Scheurleer, che sono da intendere come i compagni dell'eroe. L'impostazione sempre più decisa verso la personalità determinata e altamente individuale dell'eroe è invece evidente nel maturo arcaismo. È certamente U. il personaggio barbato che appare sotto l'ariete in una lamina bronzea di Delfi: così come è certamente l'eroe che ritorna in una ripetutissima serie di vasi a figure nere e in due coppe del Pittore di Nikosthenes.

U. è già una figura di particolare interesse e di completa individualità nella ceramica corinzia a partire dagli inizî del VI sec. a. C. Un arỳballos di Boston ci conserva la prima figurazione delle Sirene in agguato sul loro roccione e della nave con U. legato all'albero maestro. Mentre il notissimo cratere Astarita (v. vol. ii, p. 848) con l'ambasceria a Troia per ottenere la restituzione di Elena, ci offre un dignitosissimo principe, superiore anche a Menelao in austera regalità anche nella momentanea umiliazione dell'attesa presso le mura. Ha inizio con questa immagine la prima delineazione di un altro dei caratteri di U., quello del diplomatico, del negoziatore incomparabile. Mentre ancora più inattesa e più toccante è la figura di U., un guerriero in completa armatura che assiste in atto di composta e struggente desolazione al suicidio del suo avversario Aiace Telamonio (Louvre, cratere di Eurytios E 635). La figurina di un fuggente designata come Dolone in una coppa della Biblioteca Nazionale di Bruxelles, anche in assenza di U. e di Diomede fa supporre che il motivo iconografico dell'agguato, l'unico in cui l'insignificante personaggio possa figurare, fosse consueto in questo mondo figurativo. Per contro l'episodio di Circe, che è abbondantemente documentato nella ceramica attica a partire dal secondo venticinquennio del VI sec. a. C. (si vedano le coppe del Pittore di Boston C. A. e del Pittore del Polifemo di Boston) apparirebbe unicamente in un frammento clazomenio del British Museum in cui rimangono unicamente i due elementi più drammatici del racconto, la coppa e la spada sguainata (C.V.A., Londra, ii D, 9, 25).

Il cratere di Kleitias raffigura U. solo come una figurina su un carro nella scena dei giochi funebri (athla) in onore di Patroclo.

Il tema dell'accecamento di Polifemo ritorna nella ceramica laconica (coppa della Bibliothèque Nationale) e in un'anfora del gruppo di Polifemo nel British Museum (v. vol. ii, p. 264). Peraltro anche se minuti particolari, quali la barba dell'ultimo dei personaggi nudi e indistinguibili della coppa laconica e la maggiore statura del primo degli omini che manovrano la trave nell'anfora pseudocalcidese del British Museum siano da considerare indizî sufficienti a identificare U., è indubbio che il carattere e l'apporto personale dell'eroe rimangono sommersi nell'azione collettiva, indiscriminata.

La presenza di U. è stata postulata su una hydrìa ceretana frammentaria del Louvre, l'unica che porti iscrizioni con nomi di eroi achei, presumibilmente raffigurati nell'episodio dell'ambasceria ad Achille. Del presunto U. tuttavia non restano che i piedi. L'eroe appare in un episodio assai meno famoso di battaglia omerica fissato su uno psyktèr calcidese del Gruppo delle Iscrizioni in Melbourne. U. è solo uno dei combattenti, in perfetta armatura e indistinguibili l'uno dall'altro se non attraverso il nome iscritto: ed è altamente significativo lo scambio di nome con l'avversario di Diomede, come a sottolineare la profonda affinità e quasi l'unità di azione dei due eroi.

U. è stato chiamato anche l'"Eroe sulla tartaruga" che compare su una metopa del Thesauròs del Sele, su uno skỳphos a figure nere di Palermo e su una serie di gemme che scendono già in piena età classica. Si tratterebbe di una avventura dell'eroe nello stretto di Sicilia, una saga locale in cui trionferebbe ancora una volta la caratteristica astuzia e adattabilità dell'eroe.

Sorprendente e isolata è la figurazione di U. panneggiato e stante come una statua sul piedistallo in una pelìke a figure nere del museo di Napoli ricollegata con l'opera del Pittore di Rycroft. La scena viene intesa come un momento della contesa tra i due eroi per le armi di Achille: e nell'atteggiamento e nella minore statura di U. di fronte ad Aiace sembra di poter intendere un lato quasi di "anti eroe" del multiforme personaggio. Le numerosissime figurazioni di violente contese di eroi, altre volte attribuite all'aggiudicazione delle armi di Achille, vengono ora intese piuttosto come un episodio dei Sette contro Tebe.

È agli inizî del V sec. a. C. che troviamo documentato un altro aspetto dell'eroe. Nelle figurazioni dell'ambasceria ad Achille che ci è giunta in notevolissime pitture di vasi per opera dei Pittori di Eucharides, della Clinica, di Hermonax, di Tarquinia, U. ci appare come il protagonista delle trattative, il diplomatico sottile e imbattibile, l'unico che sia da opporre ad Achille. Ancora una volta U. indossa vesti eleganti e siede in disinvolto atto di conversazione di fronte ad Achille tutto chiuso nel manto e che non lo ascolta: e la nota di drammatica opposizione si arricchisce di risonanze più profonde in quanto che nell'atteggiamento di Achille il corruccio e l'orgoglio ferito si continuano e quasi si fondono con l'atroce pena per la morte di Patroclo che seguirà.

Sullo scorcio del VI e l'inizio del V sec. a. C. hanno inizio nell'arte figurata i temi che documentano l'associazione costante con Diomede, quali il ratto del Palladio o l'uccisione di Dolone. La più antica figurazione di questa serie, un'oinochòe a figure nere del British Museum assegnata al Pittore di Theseus presenta i due eroi in assoluta identità di aspetto e di azione, ambedue barbati con clamide e petaso, il misero Dolone come schiacciato nel perfetto parallelismo del loro slancio. Meno agevole è il giudizio per una coppa assai frammentaria del Pittore di Panaitios nella Bibliothèque Nationale in cui non molto rimane di Ulisse. Anche nelle figurazioni del ratto del Palladio il singolare parallelismo negli atti e nelle vesti dei due eroi appare perseguito sino al limite estremo nella coppa di Makron dell'Ermitage in cui U. e Diomede si affrontano, ciascuno con un Palladio sul braccio, presumibilmente l'immagine miracolosa e il suo doppione sostituito. Mentre poi la storia di Dolone rimane sempre un poco in margine, il tema del ratto del Palladio continua a godere di un'estrema popolarità anche nella matura età classica e nell'ellenismo. In tutte queste figurazioni peraltro, come indica già il Diomede di Kresilas, si accentua sempre più il contrasto tra un U. anziano dalla chioma e la barba voluminosa e dagli atteggiamenti sospesi e incerti e la giovanilità nervosa e sospettosa di Diomede. Da questo momento infatti viene a predominare sempre più in U. il carattere del navigatore, del naufrago, del sopravvissuto a mille prove. E di conseguenza anche in queste figurazioni che precedono le sue avventure marine, U. porta il berretto conico di lana o di pelliccia, e oppone il suo volto stanco e tragicamente segnato alla giovinezza orgogliosa e levigata di Diomede. Questa antinomia è dato seguire sin da un'anfora attica della maniera del Pittore di Meidias a Napoli, dove i due eroi sono posti ai lati di Elena, attraverso una serie di gemme con Diomede sull'ara, e sino al grande rilievo adrianeo di Palazzo Spada e al sarcofago licio di Atene. Una volta ancora l'U. levigato ed elegante delle ambascerie ad Achille riappare in un sontuoso cratere a volute assegnato al Pittore di Boreas nel museo di Spina nella scena della partenza di Pirro da Skyros. Per il resto è sempre l'eroe dei patimenti e delle prove che torna a prevalere. Così a partire dalla metà del V sec. s'incontra il mendico curvo e vergognoso che si presenta tra i virgulti a Nausicaa, il pellegrino ricurvo che conversa con Penelope, dei rilievi melî, e che viene riconosciuto solo alla ferita dalla fedele Euriclea (rilievi melỳ, skỳphos di Chiusi del Pittore di Penelope). Ancora il Pittore di Penelope ci dà una drammatica immagine di U. sterminatore dei pretendenti in uno skỳphos del museo di Berlino n. 2588: e non è improbabile che anche l'arciere dalla chioma selvaggia di una piccola oinochòe del Pittore Disney (v. vol. iii, p. 141), rappresenti l'eroe.

La più alta concezione di un U. mendico a cui l'eco delle prove subite conferisce come una sublimata nobiltà si ha in un frammento del Pittore dei Niobidi nell'Agorà in un contesto che non è dato precisare. Non dissimile peraltro per dignità spirituale è l'eroe maturo e saggio che medita con contenuta mestizia di fronte all'ombra del leggero e inconsistente Elpenore in una notissima anfora del Pittore di Lykaon nel museo di Boston (v. vol. iii, p. 323).

Nell'episodio di Circe, che ha pure numerose edizioni e varianti nella ceramica attica del V sec. a. C., la personalità di U. è quasi sempre evitata o trattata di scorcio: l'accento della narrazione infatti è piuttosto sulla figura della maga o sulle sorprendenti apparizioni dei compagni a metà trasformati in animali. E forse solo in una lèkythos del Pittore di Nikon in Eriangen lo scontro tra l'eroe e la maga è visto in termini di un drammatico duello tra un re nobilissimo e una donna fuggente. Di questo episodio abbondano invece edizioni in chiave di violenta parodia farsesca nella ceramica a figure nere del Kabirion. In effetti, una conferma, qualora ce ne fosse necessità, dell'estrema popolarità di U., è da vedere nelle numerosissime trasposizioni delle sue avventure in termini di commedia e fino di dramma satiresco. Dell'eroe sulla tartaruga abbiamo infatti una trasposizione in aspetto di satiro (bronzetto del Museo delle Terme). E nella ceramica del Kabirion U. compare frequentemente nella cucina di Circe o navigante su anforoni dalle vele rigonfie ad opera del minaccioso vento di Borea, con il ventre rotondo e il volto degradato di uno schiavo da commedia. Non diversamente nella ceramica italiota si incontrano aspetti di violenta teatralità e quasi di grottesca forzatura nelle immagini di Ulisse. Non mancano in realtà accenti di grande dignità, come nell'ambasceria ad Achille del superbo cratere frammentario di Heidelberg oppure figurazioni scarsamente caratterizzate, come avviene per i personaggi di contorno, nelle storie di Achille Thersitoktònos sul cratere di Boston o nel misterioso cratere di Taranto (Arch. Anz., lxxi, 1956, p. 230). D'altra parte già nelle storie dei cavalli di Reso (v. Roscher, iv, p. 103, 105), il predominare degli elementi drammatici e patetici nella fisionomia dell'eroe vengono a sfociare in un volto sempre più grottescamente contratto e tormentato. Ancora più scopertamente nella notissima Doloneia del cratere a calice F 157 del British Museum i cauti passi dell'agguato hanno un'enfasi del tutto teatrale, da congiurati da melodramma, così come i volti contratti e concitati degli eroi. Franca, decisa parodia si ha invece nel cratere fliacico del Louvre K. 523 in cui è stato visto U. a confronto con Alcinoo e Arete.

Del tutto isolato nella ceramica italiota è anche l'episodio di Maron nel cratere di Lipari (v. maron).

Immagini statuarie di U. sono attestate dalla tradizione già nella prima metà del V sec. a. C. Famosa fra tutte quella di Onatas che un tempo faceva parte del gruppo a emiciclo degli eroi achei in Olimpia e che Nerone trasportò a Roma. Sempre in Olimpia esisteva un gruppo scultoreo di Lykios in cui U. figurava come avversario di Eleno in una serie di duelli di eroi omerici (Paus., v, 22, 2). Per la testa di U. del Museo delle Terme che rappresenterebbe un opportuno pendant per il Diomede di Kresilas è stato recentemente proposto dì riconoscere un ritratto di Xanthippos. L'argomento potrebbe peraltro esser facilmente rovesciato in quanto l'autore di tale ipotesi, G. Hafner, parte ancora una volta dall'innegabile somiglianza della testa con opere sicure di Kresilas, quale il ritratto di Pericle. Un'altra immagine statuaria del V sec. a. C. sarebbe conservata in una statuetta bronzea di Madrid che ci offre un U. seduto e pensoso, il capo appoggiato alla mano al modo della "Penelope".

Le altre immagini statuarie che ci sono giunte sono d'altra parte tutte di età ellenistica. Così il piccolo U. che porge la coppa a Polifemo nel Museo Chiaramonti che è probabilmente da ricongiungere con il tipo del Ciclope seduto con il corpo di uno dei compagni uccisi aderente alla gamba (Museo Capitolino). Oppure la barocca statuetta del Museo Archeologico di Venezia fissata in un gesto di allarme o di orrore. Assai incerta la tradizionale attribuzione del nome di U. alla testa con pìlos un tempo nella collezione di Lord Bristol. Mentre superiore a qualsiasi altra realizzazione plastica è la splendida testa dalla grotta di Sperlonga (v.), presumibilmente un originale ellenistico di intensa drammaticità e di travolgente virtuosismo scultoreo nei rilievi intensi e negli scuri profondi della chioma.

Un rilievo del Louvre con U. e Tiresia, per la composizione quieta ed essenziale è stato posto in relazione con un dipinto di Nikias ispirato alla Nèkyia. Rimane da fissare se il tipo statuario di un eroe in attesa, il piede appoggiato ad una roccia e il mantello e la spada raccolti sul braccio sinistro come nel rilievo del Louvre, possa in origine aver rappresentato Ulisse.

La presenza di U. ritorna con particolare frequenza in opere di grandi pittori del V e IV sec. a. C. di cui per noi non sopravvive che la menzione. E se da un lato è palese l'attrazione per la storia variegata dell'eroe, l'interesse per le sue avventure e le possibilità di sottili indagini psicologiche che ne derivano, il fatto che la sua presenza è ripetutamente menzionata tra i personaggi di sfondo di grandi quadri d'insieme, fa ritenere che all'eroe fosse oramai assegnato un aspetto tradizionale e facilmente riconoscibile, probabilmente il costume di marinaio e la chioma selvaggia che caratterizzano le sue lunghe peregrinazioni.

Il grande Polignoto lo ritrasse più volte, nella Lesche degli Cnidi a Delfi e nel Pecile. U. figurava in episodî dell'Ilioùpersis, mentre si adoperava a trarre in salvo i figli di Antenore (Paus., x, 27, 1) nella discesa allo Hades (Paus., x, 28, 1) e come uno dei giudici del processo condotto dai generali degli Achei contro Aiace di Oileo (Paus., i, 15, 3; x, 26, 3). Lo stesso artista aveva ugualmente rappresentato in un luogo ancora più sacro e ufficiale, il tempio di Atena a Platea, l'uccisione dei Pretendenti. U. aveva ugualmente una parte di primo piano in altre due famose pitture di Polignoto che presentano aspetti curiosamente paralleli, Achille in Skyros e Filottete a Lemno: due occasioni in cui U. riesce con un trucco a condurre in guerra due trepidi alleati. Il fratello di Polignoto, Aristophon, aveva raffigurato il drammatico colloquio di U. con Elena entro le mura di Troia, nell'impresa del ratto del Palladio (Plin., Nat. hist., xxxv, 138). Parrasio ed Euphranor avevano invece affrontato il tema psicologico della finta follia dell'eroe, secondo un motivo risalente alle Kypria e svolto da Sofocle nel suo Odysseus Mainomenos (Plin., Nat. hist., xxxv, 124). Parrasio aveva anche introdotto U. nella pittura della guarigione di Telefo ad opera della lancia di Achille (Plin., Nat. hist., xxxvii, 51). Nikias aveva dedicato all'eroe una pittura insieme con Calipso (Plin., Nat. hist., xxxvi, 132) e lo aveva naturalmente introdotto nella sua Ilioūpersis. Timanthes lo raffigurava, a quanto pare, nella uccisione di Palamede (Tzetzes, Chil., 8.403) e nel sacrificio di Ifigenia, Athenion nel suo Achille a Skyros (Plin., Nat. hist., xxxv, 134), Pamphilos navigante solo sul mare su di una zattera. Uno dei pinàkia del tempio di Apollonis di Cizico (descritti dall'Anth. Pal., iii) commemorava invece la devozione dell'eroe per la madre Anticlea, come ricordata nella Nèkyia omerica.

Stando a quanto rimane della pittura ellenistico-romana, si può dire che U. compare con notevole frequenza nelle scene di insieme, come nel riconoscimento di Achille a Skyros, nel ratto del Palladio, nel sacrificio di Ifigenia. E ancora una volta è l'aspetto finale, quello del viandante e del marinaio che oramai caratterizza U., non quello del guerriero o dell'ambasciatore. Così nel sacrificio di Ifigenia è un U. che indossa la corta exomìs di un marinaio che solleva la fanciulla per sottoporla al coltello del sacrificatore: l'unico esempio di positiva crudeltà in cui troviamo impegnato l'eroe. È notevole infatti che mentre nei poemi ciclici e in particolare nelle tragedie di Euripide è ad U. che viene attribuita una gran parte di responsabilità, se non addirittura l'attuazione dell'uccisione di Astianatte e di Polissena, la tradizione figurata ignora o rifiuta queste versioni. Che anzi in una Tabula Iliaca incontriamo U. seduto che lamenta l'immolazione consapevole e quasi volontaria di Polissena.

Tra le più note e spettacolari pitture pompeiane sono da ricordare quella in cui l'eroe con la spada sguainata viene posto a confronto con Circe, e quella di un misterioso, intenso colloquio tra l'eroe seduto e una figura femminile severamente panneggiata in cui si è voluto riconoscere il ritorno ad Itaca, nel primo, incerto, ambiguo incontro con Penelope, oppure la nostalgia per la patria lontana e il patetico distacco da Calipso.

Un rilievo pittorico ci dà una versione ellenistica intensamente drammatica della Doloneia: in una romantica boscaglia U. raffigurato come un guerriero barbato non dissimile dal Menelao del gruppo di Pasquino e un Diomede appassionato adolescente sono in attesa del pavido nemico (Brunn-Bruckmann, 627 b).

Anche nel mondo dei sarcofagi romani la figura di U. ritorna nei suoi aspetti più familiari. Si tratta generalmente di scene d'insieme in cui il suo caratteristico aspetto e il vestito da marinaio hanno uno spicco immediato: così nelle storie di Achille a Skyros, di Filottete a Lemno, in un amazzonomachia di Salonicco, nel riscatto del corpo di Ettore. Assai più raro è il riemergere dell'eroe dalle condizioni di personaggio di sfondo a quelle di protagonista, come nel toccante episodio del riconoscimento del vecchio cane Argo in un frammento di sarcofago nella Certosa di S. Martino a Napoli.

Il Weitzmann partendo da una coppa megarese che riporta ampî brani dell'Odissea commentati, episodio per episodio, da immagini, presuppone assai logicamente l'esistenza di illustrazioni che seguano passo per passo lo sviluppo del racconto (v. omeriche, illustrazioni).

Nel mondo dei mosaici romani l'episodio preferito è quello delle Sirene. Una volta ancora converrà rilevare come non si tratta più di una storia individuale e di un eroe protagonista, ma dell'interesse per vaste scene marine in cui Scilla e la nave di U. costituiscono elementi episodici tra pesci giganti e mostri fantastici.

Monumenti considerati. - Cratere geometrico di Argo: Bull. Corr. Hell., lxxix, 1955, p. 1. Cratere corinzio già Scheurleer: H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1932, p. 319, n. 1200. Arỳballos di Boston: id., ibid., tav. 36, 5. Coppa laconica della Bibl. Nat.: Mon. Inst., i, tav. vii. Psyktèr calcidese in Melbourne: A. D. Trendall, The Felton Vase', n. 1. Frammento del Pittore dei Niobidi nell'Agorà: Hesperia, xvii, 1948, p. 189. Bronzetto di U. sulla tartaruga, Roma, Museo Naz. Romano: P. Zancani Montuoro, L'Heraion del Sele, ii, p. 310. Cratere di Heidelberg: A. D. Trendall, Frühitaliotische Vasenmalerei, tav. 29. Statuetta bronzea di Madrid: Jahrbuch, Arch. Anz., liv, 1941, p. 210. U. di Sperlonga: G. Jacopi, L'antro di Tiberio a Sperlonga, Roma 1963, p. 68 ss. Rilievo del Louvre: Mem. Pont. Acc. Arch., Ser. iii, voi. VI, p. 53 ss. Sarcofagi romani: C. Robert, Ant. Sarkophagrel., Berlino 1880-87, ii, p. 145 ss. Coppe megaresi: K. Weitzmann, Ancient Book Illumination, Cambridge (Mass.) 1959, p. 40.

Bibl.: J. Schmidt, in Roscher, III, 1897-909, c. 602, s. v. Odysseus; F. Müller, Die ant. Odyssee-Illustrationen, Berlino 1913, passim; K. Bulas, Les illustrations ant. de l'Iliade, Lwow 1923, passim; H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931; E. Pottier, in Mon. Piot., XXXIII, 1933, p. 67 ss.; W. Wrede, in Pauly-Wissowa, XVII, 1936, c. 1905 ss., s. v. Odysseus; P. Wolters, Das Kabirienheiligtum, Berlino 1940, K. 20, 29 ss.; Fr. Brommer, Vasenlisten, Marburgo 1960, p. 300 ss.; G. Hafner, Geschichte der griechischen Kunst, Zurigo 1962, pp. 229; 320 ss.; J. D. Beazley, Red-fig.2, 1963, p. 1729 ss.