DINI, Ulisse

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 40 (1991)

DINI, Ulisse

Marta Menghini

Nacque a Pisa il 14 ott. 1845 da Pietro e da Teresa Marchioneschi. Alunno della Scuola normale superiore, fu allievo all'università pisana di E. Betti e O. F. Mossotti, e si laureò in matematica nel 1864, discutendo una tesi, proposta dal Betti, sulla teoria delle superfici applicabili nel campo della geometria differenziale che costituì la sua prima pubblicazione: Sull'equazione differenziale delle superfici applicabili su di una superfice data, in Giorn. di matematica, II (1864), pp. 282-88.

Il problema era quello di trovare tutte le deformate per flessione di una superficie supposta flessibile e inestendibile, e ciò conduceva a un'equazione a derivate parziali del secondo ordine. Il D., superando notevoli difficoltà analitiche, calcolò l'equazione stessa per coordinate qualunque, in una forma che è equivalente a quella usata oggi con simbologia più moderna.

Nel 1864 E. Beltrami si trasferiva a Pisa, succedendo al Mossotti sulla cattedra di geodesia, e nello stesso anno soggiornava a Pisa B. Riemann; il contatto con questi grandi matematici contribuì a sviluppare gli interessi di ricerca del Dini. Nel 1865 egli otteneva una borsa di studio per un anno di perfezionamento a Parigi, dove ebbe modo di lavorare con J. Bertrand e C. Hermite, con i quali stabilì rapporti d'amicizia che si mantennero negli anni successivi.

Lo stesso Bertrand presentò all'Accademia di Francia una nota del D. (Des surfaces à corbure constante negative, et des surfaces applicables sur les surfaces à aire minima, in Comptesrendus de l'Acad. des sciences, LX [1865], pp. 340 s.), nella quale egli determinava per la prima volta quelle superfici pseudosferiche a curvatura costante negativa, generate dal movimento elicoidale di una trattrice attorno al suo asintoto, che portano appunto il nome di "elicoidi di Dini".

Nel 1866 iniziava presso l'università di Pisa la carriera di docente e ricercatore che sarebbe durata cinquantadue anni. La sua grande capacità didattica ridiede impulso ai corsi di analisi, facendo superare agli studenti le lacune che spesso rimanevano dopo i corsi del primo biennio e mettendoli in grado di seguire senza difficoltà le nuove teorie. Insegnò geodesia teoretica, algebra, analisi e geometria superiore, calcolo infinitesimale.

Le sue prime ricerche, che appartengono al periodo 1864-1870, riguardano la geometria infinitesimale, e particolarmente la determinazione di forma e proprietà di determinate equazioni alle derivate parziali relative alla teoria delle superfici applicabili. Su tali argomenti pubblicò quasi una ventina di memorie, di cui la maggior parte su problemi generali relativi alla teoria della curvatura e alle linee geodetiche. Spiccano quelle fondamentali sulla teoria delle superfici (Sopra alcuni punti della teoria delle superfici, in Mem. d. Soc. ital. d. scienze (XL), s. 3, I [1868], 2, pp. 17-92; Ricerche sopra la teoria della superficie, ibid., II [1869], pp. 1-71; Sulle superficie che hanno un sistema di linee di curvatura sferica, ibid., pp. 135-51), che contengono numerose e interessanti applicazioni, quali la determinazione completa delle superfici a linee di curvatura piane o sferiche. Ma le memorie più importanti in questo settore sono quelle pubblicate nel 1870-71nel III e IV volume degli Annali di matematica. La prima (Sopra un problema che si presenta nella teoria generale delle rappresentazioni geografiche di una superficie su di un'altra, s. 2, III [1869-70], pp. 269-293) è dedicata al problema della rappresentazione geodetica di una superficie sopra un'altra. Essa si collega ad una questione posta dal Beltrami, e il D. la risolve giungendo al risultato inaspettato che l'una e l'altra superficie debbono appartenere alla così detta classe di superfici di Liouville. La seconda memoria (Sopra alcune formule generali della teoria delle superficie e loro applicazioni, ibid., s. 2, IV [1870-71], pp. 175-206) è dedicata alle formule generali di rappresentazione sferica: contiene un risultato fondamentale, noto ora sotto il nome di "equazione del Dini", che assegna la condizione necessaria e sufficiente perché un doppio sistema di linee sulla sfera costituisca l'immagine delle linee asintotiche di una superficie. Tali risultati collocarono il giovanissimo D. fra gli illustri matematici italiani ed europei.

In queste ricerche di geometria differenziale egli si allineava ancora con le tendenze dell'epoca, che preferivano l'adozione, particolarmente in campo geometrico, di metodi dimostrativi intuitivi, e alle quali non si sottraeva neppure il Betti. Ma più tardi il D. si discostò da questi metodi a favore dei procedimenti logici rigorosi. Dopo il 1877 non si occupò più molto di geometria differenziale, ma aveva già trovato un illustre successore in questo campo, L. Bianchi, che gli dedicò nel 1910 la traduzione tedesca delle sue lezioni di geometria differenziale. Contemporaneamente agli studi di geometria differenziale il D. ne compiva altri di algebra. Sono notevoli le sue memorie Sulle serie a termini positivi (in Giorn. di mat., VI [1868], pp. 166-74) e Sui prodotti infiniti (in Ann. di mat., II [1868-69], pp. 28-38), sia per i risultati ivi esposti, sia per il rigore della ricerca, nuovo per quei tempi: il D. trovò nuovi criteri di convergenza, che comprendevano come casi particolari quasi tutti i criteri fino ad allora noti, tra cui quello di Kummer, ed estese il criterio di Gauss.

Intorno al 1870 gli interessi del D. si rivolsero all'analisi pura. In quel periodo i metodi più nuovi, più rigorosi dell'analisi erano noti quasi solo alla ristretta cerchia di studiosi tedeschi in contatto con K. Th. Weierstrass. In breve tempo il D. si impadronì di metodi e contenuti della nuova disciplina, e infine pubblicò il trattato Fondamenti per la teoria delle funzioni di variabili reali (Pisa 1878). Vi sono esposti tutti i principi fondamentali dell'analisi: i teoremi sulle funzioni continue e discontinue, sulle proprietà delle derivate e le condizioni per la loro esistenza, sulle serie, gli integrali definiti, gli importanti studi sulle proprietà dei rapporti incrementali, con le relative notazioni, ecc. Al D. si deve la costruzione che nel campo della derivazione porta allo studio degli estremi oscillatori, dei rapporti incrementali di una funzione continua in una variabile, oggi noti come "numeri derivati del Dini", mentre nel campo dell'integrazione porta al problema della ricerca delle condizioni necessarie e sufficienti perché un numero derivato determini, a meno di una costante additiva, la funzione primitiva. Tra i risultati emergono il teorema sulle serie aritmetiche, noto col nome di "Riemann-Dini", il concetto di convergenza uniforme semplice, approfondito poi nel 1883 dal suo allievo C. Arzelà, il teorema di derivazione per serie, e l'integrazione per serie, di cui il caso dell'integrazione lebesguiana fu risolto da G. Vitali, allievo del D. e di Arzelà. Gli spunti originali sono molti e il trattato fu considerato fondamentale, anche all'estero, nella teoria delle variabili reali. Il libro, la cui stampa era durata tre anni, dal 1875 al 1878, divenne presto molto raro e nel 1892 ne fu pubblicata una traduzione in lingua tedesca da J. Lüroth e A. Schepp.

I motivi che avevano spinto il D. ad occuparsi di questi argomenti sono gli stessi che avevano dato vita alla scuola di Weierstrass: il rendersi conto che molti concetti usati correntemente nei calcoli analitici non possedevano una formulazione rigorosa, essi mancavano, negli enunciati e nelle dimostrazioni, di quel rigore che oggi si esige in matematica. E nel 1870-71, dalla lettura di numerose memorie di H. Hankel, H. A. Schwarz e E. Heine, il D. apprese che tra gli analisti tedeschi erano stati sollevati Problemi molto simili ai suoi. Ma le pubblicazioni relative ad una nuova sistemazione rigorosa erano ancora piuttosto scarse e non chiarivano che pochi punti relativi all'argomento. Il D. lavorò da solo per anni in questa direzione, esponendo via via i suoi risultati nei corsi universitari da lui tenuti, ed il trattato del 1878 rappresenta il raggiungimento dell'obiettivo: la fondazione rigorosa di princîpi e definizioni per l'analisi.

Alla sistemazione degli elementi dell'analisi fece seguito un'altra meritoria opera di risistemazione. Nel 1877-78, svolgendo il corso ordinario di calcolo infinitesimale - che da allora gli fu sempre affidato -, espose l'intero corso secondo nuovi rigorosi principi in una serie di lezioni rimaste celebri e riprodotte in esemplari litografati. Importanti e nuovi erano i risultati ottenuti nel calcolo differenziale: la prima esposizione rigorosa della teoria delle funzioni implicite - in cui spicca il teorema sulle funzioni implicite, noto oggi come "teorema di Dini" -, la teoria dei massimi e minimi, delle funzioni a più variabili, le considerazioni sulla serie di Taylor - che già contengono le idee sulle serie asintotiche, sviluppate in seguito da altri col calcolo integrale e particolarmente col calcolo degli integrali definiti -, gli studi generali sulle funzioni sempre finite o che si svolgono all'infinito, con uno studio approfondito dell'integrale di Mengoli-Cauchy per il caso delle funzioni che diventano infinite e per il caso dell'intervallo di integrazione infinita, gli studi sulle funzioni dipendenti da altre variabili oltre a quelle di integrazione, gli studi sull'integrazione per serie, e molti altri argomenti fondamentali. Il corso, noto in Italia e all'estero, contribuì largamente alla diffusione dell'analisi moderna; ma solo nel 1907 il D. si decise a far pubblicare queste lezioni con l'aggiunta di alcuni capitoli (Lezioni di analisi infinitesimale, I, Pisa 1907). Tra i nuovi argomenti ivi trattati compare un capitolo relativo alle più recenti teorie sulle equazioni integrali, legate a nuovi aspetti della teoria delle equazioni dette di prima specie, che il D. aveva studiato in precedenza. Vi sono inoltre esposte le idee sulle misure di punti o numeri e le estensioni del concetto di integrale secondo H. Lebesgue, A. Denjoy e O. Perron, che vengono subordinati ad altre definizioni di integrali e collegati dal D. ai concetti di B. Riemann.

Dopo le grosse opere di risistemazione compiute per l'analisi e per il calcolo infinitesimale, il D. poté procedere alle applicazioni. Egli fu il primo a fornire una trattazione rigorosa delle funzioni implicite. Importanti ed originali furono gli studi sugli sviluppi in serie. Studiò la convergenza e altre proprietà delle serie di Fourier e i risultati ottenuti furono da lui pubblicati a Pisa nel 1880 in un trattato dal titolo Serie di Fourier e altre rappresentazioni analitiche delle funzioni di variabili reali. Si tratta di un lavoro notevole sia dal punto di vista della dimensione sia dal punto di vista dei risultati. La convergenza della serie di Fourier è studiata da diversi punti di vista e si giunge a un metodo generale per lo studio di serie analoghe a quella di Fourier. Egli rinvenne infatti un procedimento generale e uniforme, che non solo gli permise di stabilire in modo generale e rigoroso la validità di tutti gli sviluppi in serie considerati, ma anche di allargarne il campo, raggiungeydo una vasta generalità. Vi si trovano i noti studi sugli integrali singolari, i criteri di convergenza, ora noti come "criterio del Dini" e "criterio di Dini-Lipschitz", e gli sviluppi in serie oggi conosciuti come "serie di Dini-Bessel". Questa è, tra le opere del D., quella che più mette in luce il suo spirito critico e la sua inventiva, per quanto lo stile espositivo non ne metta in evidenza tutte le qualità.

Dal trattato il D. trasse una memoria (Sulla rappresentazione analitica delle funzioni di una variabile reale, in Ann. delle Univ. toscane, XVII ([1880], 2, pp. 1-204), nella quale giunge a notevoli risultati con una formula che ne generalizza un'altra di Abel, e che è considerata fondamentale nel campo delle equazioni integrali, di cui il D. può dirsi un precursore. Egli non usò mai, nei suoi lavori, il termine "equazioni integrali", ma costruì, per le equazioni che furono poi dette equazioni integrali di seconda specie di Volterra, quanto gli occorreva per arrivare ai teoremi generali sul comportamento asintotico degli integrali delle equazioni differenziali. Al volume sulla serie di Fourier avrebbe dovuto fare seguito un secondo, la cui stampa fu iniziata nel 1880, ma fu interrotta poco dopo. Il materiale che il D. aveva cominciato a pubblicare, e che già era circolato tra gli studiosi, fu ristampato in litografia nel 1910 unitamente ad alcune ricerche esposte in un suo corso del 1903-1904, con il titolo Sugli sviluppi in serie per la rappresentazione analiticadelle funzioni date arbitrariamente in un certo intervallo (Pisa). Questo volume contiene il teorema di integrazione per serie e il teorema di equiconvergenza fra gli sviluppi in serie di Sturm-Liouville e le serie trigonometriche, ottenuto indipendentemente dalla teoria delle equazioni integrali e in condizioni del tutto generali.

Altre memorie del D. riguardano la geometria infinitesimale, la teoria delle funzioni di variabile complessa, le applicazioni della teoria dei residui, gli studi sulle equazioni differenziali lineari, esposte dai 1898 in poi negli Annali di matematica (Un'applicazione della teoriadei residui delle funzioni di variabile complessa, s. 3, I [1898], pp. 39-76; Studi sulle equazioni differenziali lineari, II [1899], pp. 297-324; ibid., III [1899], pp. 125-183; ibid., XI [1904], pp. 285-335; Studi sulle equazioni differenziali lineari e loro integrali normali, ibid., XII [1905], pp. 179-262; ibid., XVII [1910], pp. 259-280), e gli studi sulle equazioni alle derivate parziali, relativamente a problemi al contorno, ad es. nella statica dei solidi elastici (cfr. Sulle equazioni alle derivate parziali di secondo ordine, in Atti d. R. Acc. dei Lincei, s. 5, III [1899], pp. 33-104; Sopra una classe di equazioni a derivateparziali di secondo ordine, ibid., IV [1902], pp. 431-67; Sur la méthode des approxímations successives pour les équations aux dérivées partiellesdu deuxième ordre, in Acta mathematica, XXV [1902], pp. 182-230).

Già verso il 1880 le sue ricerche lo avevano condotto vicino al nuovo e fecondo campo delle equazioni integrali, che sarebbero poi state trattate ampiamente da V. Volterra e L. Fredholm (cfr. ad es. Studi sulle equazioni differenziali lineari, in Ann. di mat., II [1899], pp. 297-324). Egli tornò su questi studi nel 1903-04, trattando in modo generale, nel corso di analisi superiore, gli sviluppi di funzioni arbitrarie in serie di soluzioni di equazioni differenziali lineari del secondo ordine, di cui ritroviamo cenno, come abbiamo detto, nei capitoli dell'edizione del corso di calcolo infinitesimale del 1907 (cfr. anche Studi sulle equazioni differenziali lineari, in Ann. di mat., XI [1904], pp. 285-335; Lezioni di analisi infinitesimale, voll. 4, Pisa 1907-1915). Sono poi da ricordare le memorie del D. sugli sviluppi in serie di funzioni trigonometriche, sferiche, di F. Bessel e di K. G. Jacobi (cfr., ad e s., Sopra le serie di funzioni sferiche, in Ann. di mat., s. 2, VI [1873-75], pp. 112-15; Intorno agli sviluppi delle funzioni di una variabile reale per serie di funzioni jacobiane, ibid., X [1880-82], pp. 145-53; Sugli sviluppi in serie, ibid., XXVI [1917], pp. 261-84), che, unitamente al volume sulla serie di Fourier, pongono il D. in primo piano tra i fondatori della rappresentazione analitica di una funzione arbitraria.

In generale dopo il 1880 le ricerche del D. conobbero un lungo periodo di stasi che durò, con le poche eccezioni dette, fino verso il 1911, stasi dovuta alla sua dedizione alla vita politica pisana (era leader della maggioranza moderata che faceva capo alla associazione costituzionale) e ai pubblici uffici che gli furono affidati. Infatti dal 1880 egli rivestì importanti cariche anche a livello nazionale: fu vicepresidente del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, deputato (collegio di Pisa dalla XIV alla XVII legislatura, 1882-1892) e poi senatore del Regno (dal 1892), e in queste sue vesti si prodigò per l'istruzione nazionale.

Nel 1900, ritiratosi A. DAncona, il D. ottenne la direzione della Scuola normale superiore di Pisa, che aveva avuto provvisoriamente, in sostituzione del Betti, nel 1874-75. Tale incarico tenne fino alla morte. Fu socio nazionale dal 1875 e presidente della Società italiana dei XI dal 1910; dottore in matematica honoris causa delle università di Aberdeen, Cristiania e Glasgow; socio nazionale dell'Accademia dei Lincei dal 1882.

Morì a Pisa il 28 nov. 1918. R sepolto nel Camposanto della piazza dei Miracoli.

Le Opere del D. sono state pubblicate a cura dell'Unione matematica italiana in 3 volumi, Roma 1953, con prefazione di G. Sansone.

Fonti e Bibl.: Necrol., in Rend. d. Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze fis., mat. e nat., s. 5, XXVIII (1919), I, pp. 154-163; L. Bianchi, In memoria di U. D., in Annali delle Università toscane, n. s., VII (1922), pp. 155-69; G. Sansone, U. D., in Boll. d. Unione matem. ital., s. 2, I (1939), pp. 373-383; F. G. Tricomi, Matematici ital. del primo secolo dello Stato unitario, in Atti d. Acc. di sc. di Torino, ci. di sc. mat., fis. e nat., s. 4, I (1961), p. 41; G. Penso, Scienziati ital. e Unità d'Italia - Storia dell'Acc. naz. dei XL, Roma 1978, ad Indicem; B. Di Porto, Competizioni politico-amministrative e vita cittadina a Pisa nel biennio1889-1890, Pisa 1987, ad Indicem; J. C. Poggendorff, Biograph. literar. Handwörterbuch z. Gesch. d. exakten Wissensch., ad vocem; C. C. Gillespie, Dict. of scientific biography, IV, pp. 102 s.; Encicl. Ital. di scienze, lettere ed arti, XII, ad vocem; Enc. biogr. e bibliogr. ital., s. 43, A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, Roma 1941, ad vocem.

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