UGO CANDIDO, noto anche come Ugo di Remiremont

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 97 (2020)

UGO CANDIDO (Hugo Candidus, Hugo Blancus, Hugo Albus), noto anche come Ugo di Remiremont

Francesco Massetti

UGO CANDIDO (Hugo Candidus, Hugo Blancus, Hugo Albus), noto anche come Ugo di Remiremont. – Nulla è tradito sulle sue nascita, giovinezza e formazione. La prima notizia è relativa all’elevazione cardinalizia, quale cardinale presbitero di S. Clemente, avvenuta a opera di papa Leone IX (1049-54).

Bonizone di Sutri, principale fonte di informazione sulla sua avventurosa carriera ecclesiastica e al contempo suo più feroce detrattore, narra nel Liber ad amicum (a cura di E. Dümmler, 1891, p. 588) che Ugo Candido fu chiamato al seguito del pontefice alsaziano insieme al cardinale Umberto di Silva Candida, all’abate e cardinale Stefano di Borgogna, a Federico di Lorena, fratello del duca Goffredo, Azelino di Compiègne, vescovo di Sutri, Pier Damiani e a numerosi altri chierici, che andarono a sostituire i vescovi, cardinali e abati deposti per via della loro ordinazione simoniaca.

L’attributo ex Romerici monte attesta la sua provenienza da Remiremont, località della diocesi di Toul, dove probabilmente servì quale sacerdote presso il locale monastero femminile. La chiamata a Roma avvenne verosimilmente nel novembre del 1049, quando Leone IX consacrò la chiesa abbaziale di Remiremont in occasione del suo primo viaggio Oltralpe.

La successiva notizia su Ugo Candido si deve ancora a Bonizone, il quale accennò alla sua rottura con la Curia romana durante il pontificato di Niccolò II (1059-61), senza però fornire alcun dettaglio sul motivo dello scontro. Alla luce della provenienza di Ugo Candido dal milieu lotaringio, nonché delle sue successive prese di posizione, si può tuttavia ipotizzare che la rottura sia avvenuta in virtù dell’indirizzo più radicale seguito da Niccolò II rispetto ai primi pontefici riformatori, soprattutto nel rapporto con la corte imperiale.

Da più fonti è documentata la sua adesione al fronte che sosteneva l’antipapa Onorio II. Dalla Vita Anselmi episcopi Lucensis (a cura di R. Williams, 1856, p. 19) si evince che Ugo Candido prese parte al sinodo di Basilea (28 ottobre 1061), contribuendo all’elezione papale del vescovo di Parma Cadalo. Nella sentenza di condanna del sinodo romano del 1078 viene inoltre ricordato che il cardinale di S. Clemente fu scomunicato una prima volta per via del suo sostegno alla causa di Cadalo (Das Register..., a cura di E. Kaspar, 1920-1923, Reg. V 14a, p. 369). Le fonti non forniscono alcun ragguaglio sul motivo di tale scelta di campo. È tuttavia possibile ipotizzare che il sostegno della corte imperiale al vescovo di Parma abbia avuto un ruolo decisivo, così come lo stretto legame del suo rivale Alessandro II con il movimento riformatore radicale della Pataria. Il sostegno di Ugo all’antipapa venne probabilmente meno in seguito al sinodo di Mantova (31 maggio 1064), che riconobbe Alessandro II come legittimo pontefice. Secondo la testimonianza di Bonizone, Ugo patì «numerose e varie miserie» durante il suo sostegno alla causa di Cadalo, decidendo infine di volgersi ad Alessandro II, a cui chiese e dal quale ottenne il perdono (Liber ad amicum, cit., p. 598).

Il cardinale di S. Clemente non tardò a conquistare la fiducia del pontefice, che già nel 1065 gli assegnò un’importante legazione in Spagna. La prima notizia a essa relativa è contenuta nel cosiddetto Codex Emilianensis dell’abbazia di S. Millán de la Cogolla, nel quale si narra che il legato papale giunse in Spagna al fine di riformare la liturgia locale secondo il modello romano, incontrando tuttavia la forte resistenza dei vescovi iberici. Da un’ulteriore notizia proveniente da un cartulario di S. Millán de la Cogolla si apprende inoltre che Ugo Candido partecipò ai sinodi di Nájera (1065) e Llantadilla (1067).

Nell’estate del 1068 Ugo Candido presiedette un sinodo nella città di Auch, metropoli della Guascogna. Tra i diversi decreti sinodali fu stabilito che tutte le chiese della Guascogna dovessero corrispondere la quarta parte della decima alle rispettive sedi episcopali, con l’eccezione delle chiese pertinenti al monastero di S. Orienzio. Nell’autunno dello stesso anno Ugo Candido celebrò un sinodo a Tolosa, il cui oggetto principale, oltre alla condanna dell’«eresia simoniaca», fu l’elevazione del monastero di Lectoure a sede episcopale.

Lasciata Tolosa, Ugo Candido si recò in Catalogna, celebrando un sinodo nella città di Girona (fine novembre del 1068), i cui decreti, articolati in quattordici canoni, denotano una forte connotazione riformatrice.

L’assemblea ecclesiale condannò in primo luogo la simonia e vietò, sotto pena di scomunica, le unioni matrimoniali incestuose e le seconde nozze contratte mentre il precedente coniuge era ancora in vita. Ai chierici fu inoltre proibito di portare le armi, di praticare l’usura e la compravendita di cariche ecclesiastiche, nonché di contrarre matrimonio o vivere in regime di concubinato. Infine, Ugo Candido confermò ed estese in forza dell’autorità della Sede apostolica la «pace e tregua del Signore» proclamata nella diocesi di Girona.

I Gesta comitum Barchinone (et regum Aragonie, a cura di S.M. Cingolani, 2012, p. 84) attestano inoltre che Ugo Candido visitò la residenza del conte Raimondo Berengario I, il quale proclamò in sua presenza l’estensione del diritto consuetudinario di Barcellona a tutte le contee sottoposte alla propria autorità. È plausibile che proprio nel corso di questa visita Ugo Candido abbia tenuto il sinodo di Barcellona menzionato negli Annales ecclesiastici di Cesare Baronio e in essi datato inverosimilmente al 1064. Da un documento sinodale emanato in favore della cella di St.-Pierre de la Salvetat si evince infine che il cardinale legato celebrò alla fine del 1068 un sinodo nella città di Avignone, nel corso del quale fu dibattuta la questione simoniaca.

La legazione, al termine della quale Ugo Candido prese probabilmente parte al sinodo romano del 1069, ebbe dunque quale scopo precipuo l’applicazione dei principi riformatori nel contesto ecclesiale spagnolo. Lo stesso Bonizone (Liber ad amicum, cit., p. 598) riconobbe l’iniziale successo di Ugo Candido nella lotta alla simonia, aggiungendo, tuttavia, che gli avrebbe ben presto sacrificato i frutti di tale azione, riaccogliendo i simoniaci nella comunione ecclesiale in cambio di denaro. Un giudizio così negativo risulta tuttavia ben poco credibile alla luce dei successivi sviluppi: Ugo Candido fu infatti nuovamente inviato in Spagna da papa Alessandro II. Da un privilegio papale per il monastero di S. Juan de la Peña (18 ottobre 1071) si evince la piena soddisfazione per il lavoro svolto dal legato nella «correzione delle Chiese di Dio»: Ugo Candido, secondo le parole del pontefice, restaurò in Spagna la forza e l’integrità della fede, purificò il clero locale dal contagio dell’«eresia simoniaca» e ne riformò la liturgia secondo l’ordine canonico della Chiesa di Roma (PL 146, 1884, col. 1362).

Bonizone di Sutri (Liber ad amicum, cit., p. 600) riferisce che Ugo Candido ottenne in seguito da Alessandro II una legazione in Francia, durante la quale egli si sarebbe macchiato di numerosi misfatti contro il diritto umano e divino («contra ius et fas»), venendo accusato di simonia al sinodo quaresimale del 1073 da una rappresentanza di monaci cluniacensi e da alcuni vescovi. La notizia trova conferma in una successiva lettera di Gregorio VII (30 aprile 1073), nella quale il pontefice si affidò al cardinale Geraldo di Ostia e al suddiacono Raimbaldo, legati papali in Francia, al fine di ottenere la riconciliazione del cardinale di S. Clemente con la congregazione cluniacense (Das Register..., cit., Reg. I 6, p. 9). Probabilmente è da riferire a tale contesto il passo della già citata sentenza del sinodo romano del 1078 in cui si legge che Ugo Candido, nominato legato apostolico, fu condannato una seconda volta per via dei suoi contatti con simoniaci, eretici e scomunicati (Reg. V 14a, p. 369 s.).

Se le accuse corrispondessero o meno alla verità dei fatti o fossero dettate piuttosto da divergenze con i cluniacensi non può essere in alcun modo verificato. In ogni caso esse non posero fine alla carriera ecclesiastica di Ugo Candido, il quale ebbe anzi un ruolo di primo piano nella tumultuosa elezione del successore di Alessandro II. Dal Liber ad amicum (cit.) si apprende infatti che il 22 aprile 1073, giorno della sepoltura del pontefice, Ugo Candido tenne un discorso al cospetto del popolo romano, contribuendo a indirizzare l’elezione sul «venerabile arcidiacono» Ildebrando (p. 601). Pochi giorni dopo il nuovo pontefice Gregorio VII (1073-85) affidò al cardinale di S. Clemente una nuova legazione in Spagna. Nella già citata lettera del 30 aprile 1073, unica testimonianza di tale legazione, il pontefice difese Ugo Candido dalle accuse a lui rivolte in precedenza e mostrò di stimarne la competenza, definendolo l’uomo più adatto all’incarico (Das Register..., cit., Reg. I 6, p. 9).

La missione affidata al cardinale legato dovette avere una forte connotazione politica: Gregorio VII affidò infatti al conte Ebles di Roucy il compito di guidare un’offensiva contro i musulmani di Spagna, rivendicando la sovranità eminente della Sede apostolica sui territori dell’antico regnum Hispaniae. Nulla è tradito sullo svolgimento della legazione, che in ogni caso non dovette raggiungere gli obiettivi prefissati.

Ugo Candido riappare nelle fonti soltanto due anni dopo, in un contesto radicalmente mutato: da questo momento il cardinale di S. Clemente si presenta come irriducibile avversario di Gregorio VII. È impossibile stabilire se egli avesse compiuto questo passo a causa di contrasti relativi all’oggetto della legazione, per via della rottura tra la Sede apostolica e la corte imperiale o per divergenze di natura personale. È in ogni caso indubbio che egli era divenuto uno dei principali animatori del vasto schieramento antigregoriano. Secondo la testimonianza di Bonizone Ugo Candido fu scomunicato da Gregorio VII già in occasione del sinodo quaresimale del 1075, mentre per Lamberto di Hersfeld ciò sarebbe accaduto poco prima del sinodo di Worms (24 gennaio 1076). È assai probabile che proprio a tale scomunica faccia riferimento il più volte citato protocollo del sinodo romano del 1078, nel quale si legge che Ugo Candido fu condannato per la terza volta in quanto «apostata ed eresiarca», fomentatore di «scismi e divisioni» (Reg. V 14a, p. 370). Secondo la testimonianza di Bonizone il cardinale di S. Clemente avrebbe incontrato in Puglia il duca normanno Roberto il Guiscardo, scomunicato da Gregorio VII, al fine di ottenere il suo appoggio per la deposizione del pontefice. Sempre dal Liber ad amicum (cit.) si evincono i contatti di Ugo Candido con il nobile romano Cencio, artefice del rapimento di Gregorio VII (Natale del 1075), e soprattutto con l’arcivescovo Guiberto di Ravenna, dal quale sarebbe stato inviato a Milano al fine di alimentare l’ostilità di Enrico IV verso il pontefice.

Da più fonti è inoltre attestata la partecipazione di Ugo Candido al sinodo di Worms del 1076, dal quale Enrico IV ottenne il rifiuto dell’obbedienza a Gregorio VII. Il cardinale di S. Clemente intervenne nell’assemblea accusando il pontefice di aver occupato illegittimamente la Sede apostolica e di aver tenuto una condotta turpe prima e dopo la sua elevazione all’episcopato. Il grave passo non restò impunito: in occasione del sinodo romano del 1078 egli venne infatti privato con sentenza irrevocabile dell’ufficio sacerdotale e con esso della dignità cardinalizia (Das Register..., cit., Reg. V 14a, p. 370). Giunto ormai a un punto di non ritorno nella sua contrapposizione a Gregorio VII, nel 1080 Ugo Candido partecipò al sinodo di Bressanone, che dichiarò Ildebrando «deponendus et expellendus» e designò quale nuovo pontefice Guiberto di Ravenna. Fu proprio il cardinale di S. Clemente a sottoscrivere per primo il decreto sinodale del 25 giugno 1080, presentandosi quale rappresentante di tutti i cardinali (Heinrici IV Constitutiones, a cura di L. Weiland, I, 1893, n. 70, p. 120).

Scarsamente documentata è la sua successiva attività a sostegno di Guiberto, intronizzato a Roma nel 1084 con il nome di Clemente III. Sulla base di una lettera dell’arcivescovo Lanfranco di Canterbury si può ipotizzare che Ugo Candido abbia tentato senza successo di conquistare l’Inghilterra alla causa di Clemente III. Il Chronicon di Bernoldo di Costanza lo menziona tra i sostenitori di Guiberto scomunicati al sinodo gregoriano di Quedlinburg (20-26 aprile 1085), e da un passo successivo si può inoltre ricavare la sua partecipazione al sinodo celebrato circa tre settimane dopo a Magonza, probabilmente quale legato di Clemente III.

Dalla sottoscrizione di un documento di Clemente III per la chiesa romana di S. Marcello (4 novembre 1084) si evince che Ugo Candido fu ricompensato per il suo sostegno con la carica di vescovo di Fermo. Un’iscrizione d’altare della chiesa dei Ss. Lorenzo e Stefano di Cave attesta inoltre che prima dell’aprile del 1093 egli fu elevato da Clemente III alla dignità di cardinale vescovo di Palestrina. Con tale titolo Ugo Candido appare anche in un corpus di scritti polemici della parte guibertista, il quale attesta la sua attività di sostegno alla causa di Clemente III nell’estate del 1098, quando si riunì con gli altri cardinali scismatici nelle chiese romane di S. Biagio (5 agosto), S. Celso (6 agosto) e S. Maria della Rotonda (7 agosto).

L’ultima traccia lasciata da Ugo Candido nella documentazione tradita è la sua sottoscrizione di un privilegio di Clemente III emanato il 18 ottobre 1099 in favore della chiesa romana di S. Ciriaco.

Cardinale da ormai cinquant’anni, è probabile che egli sia venuto a mancare poco tempo dopo.

Scomparve così un grande protagonista dell’opposizione antigregoriana, animato non da un’avversione per la riforma morale della Chiesa, ma piuttosto da una visione del rapporto tra regnum e sacerdotium inconciliabile con la radicalizzazione ierocratica propugnata da Ildebrando.

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