UDALRICO di Treffen

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 97 (2020)

UDALRICO di Treffen

Andrea Tilatti

UDALRICO (Olricus, Oulricus, Ulricus, Voldericus, Volricus, Wolricus) di Treffen. – Unico figlio maschio conosciuto del conte Wolfrad II di Treffen (sul lago di Ossiach, in Carinzia), della stirpe dei conti Altshausen-Veringen, e di Emma figlia del conte Verigand, avvocato della chiesa di Gurk (Dopsch, 1984, p. 539), nacque forse nella seconda metà degli anni Trenta del XII secolo. È nota anche una sorella, Wilbirga, sposa del conte Enrico di Lechsgemünde Windisch-Matrei, in Tirolo.

Compare per la prima volta, con il padre, il 9 novembre 1155 a Friesach; ancora laico, fu nell’occasione teste in una causa giudicata dall’arcivescovo di Salisburgo, Everardo (Regesten zur Geschichte..., a cura di A. von Meiller, 1866, p. 74, n. 96).

Con Everardo fu forse imparentato: chiama «consanguineus suus charissimus» un arcivescovo di Salisburgo, in una lettera databile al 1162-63 (Monumenta historica ducatus Carinthiae, a cura di A. von Jaksch, 1904, n. 1040), e questo legame con l’anziano arcivescovo – capo riconosciuto del partito favorevole ad Alessandro III in Germania, negli anni dello scisma con Vittore IV – potrebbe aiutare a spiegare l’atteggiamento apparentemente ondivago di Udalrico nei confronti di Federico I, o delle sue politiche, fin dall’inizio del suo lungo patriarcato aquileiese. Tuttavia la lettera può essere attribuita anche al 1164-68 (e indirizzata in questo caso al successore Corrado: Die admonter Briefsammlung..., a cura di G. Hödl - P. Classen, 1983, n. 24 p. 182).

Udalrico successe al patriarca Pellegrino I (morto l’8 agosto 1161), sempre fedelissimo all’imperatore e vicino all’antipapa Vittore IV fin dal sinodo di Pavia (febbraio 1160). Le circostanze dell’elezione di Udalrico sono ignote, ma sicuramente fu designato da Federico I, che si attendeva una continuità con la politica del predecessore, come consta dalle regalie concesse.

Da una lunga lettera del notaio imperiale Burcardo di Colonia si sa però che Udalrico si sottrasse immediatamente alla promessa di professare obbedienza a Vittore IV, suscitando sospetti nel sovrano, che revocò la concessione delle regalie sul vescovado di Belluno, e qualche entusiasmo fra i cardinali fedeli ad Alessandro III (Rollandina cardinalitas) residenti a Venezia (Registrum oder merkwürdige Urkunden..., a cura di H. Sudendorf, 1851, nr. LV p. 135).

Contemporaneamente il nuovo patriarca fu in corrispondenza con Everardo di Salisburgo, che lo raccomandò al legato di Alessandro III e allo stesso papa. Ciò tuttavia non bastò a fugare i dubbi di Alessandro (e Udalrico rimase semplicemente electus, fino almeno al 1168-69). In effetti fu sempre al fianco dell’imperatore nell’estate del 1162, nell’anno in cui vi furono i più importanti successi militari di Federico I in Italia, compresa la distruzione di Milano (marzo 1162). In questo periodo, tra il 1162 e il 1163, Udalrico tentò un assalto contro Grado, ma fu catturato dai veneziani e dovette rinunciare.

Nel 1163, insieme con il padre e la madre, Udalrico donò alla chiesa d’Aquileia i castelli di Treffen e Tiffen con i relativi ministeriali, allodi e giurisdizioni, disposti attorno al lago di Ossiach (Monumenta historica ducatus Carinthiae, cit., n. 1061). Alla fine di quell’anno (2 novembre 1163) Udalrico fu con Federico I e Vittore IV a Lodi e, secondo il racconto di Acerbo Morena, partecipò alla traslazione delle reliquie di san Bassiano. Si recò poi a Salisburgo (novembre 1163), ove propose a Everardo di suggerire ad Alessandro III di convocare un concilio per risolvere la questione dello scisma. Non ne sortì alcunché, ma è evidente che Federico vedeva nel patriarca una figura idonea per trovare vie di mediazione con il partito avverso.

Nell’anno successivo, dopo la morte di Vittore IV (20 aprile 1164), Udalrico non riconobbe il nuovo antipapa, Pasquale III, e non fu poi presente alla dieta di Würz-burg (24 maggio 1165), nella quale Federico I prestò giuramento a Pasquale. Secondo Pio Paschini (1914, p. 126) fu in questo momento che Udalrico compì la scelta di obbedienza nei confronti di Alessandro III, ma senza rinunciare al rispetto verso la figura imperiale.

Nel 1165-66 (anni poco documentati) Udalrico rimase nella sua diocesi. Le crescenti difficoltà dell’imperatore (che nell’autunno del 1166 scese in Italia per la quarta volta) lo resero presumibilmente incline a trovare vie di dialogo con le città dell’Italia settentrionale.

Così pare da una lettera del preposito di Salisburgo all’arcivescovo Corrado, probabilmente del 1168, che consigliava prudenza prima di accettare l’offerta aquileiese di un’alleanza, dato che il patriarca sembrava avere un’intesa «cum Logobardis» (Die admonter Briefsammlung..., cit., n. 16 p. 174). In questo periodo Udalrico ricevette la conferma da parte di Alessandro III e dalla fine di marzo del 1169 si dichiarò «apostolice sedis legatus» (Monumenta historica ducatus Carinthiae, cit., n. 1123).

Per la sua ormai palese adesione ad Alessandro III, nella settimana santa del 1169 Udalrico dovette affrontare nella sua diocesi molte proteste: ne sussiste un vivace racconto, dal quale consta che resistette come un vero «athleta Dei» (Henrici archidiaconi Historia calamitatum..., a cura di J.-P. Migne, 1855, col. 1546). In ogni caso, il patriarca divenne il punto di riferimento della parte romana anche in Germania e lo si trova spesso impegnato in viaggi Oltralpe.

In quanto legato, ma anche nelle vesti di ordinario, agente in favore di monasteri, collegiate o anche chiese minori, negli anni successivi si spostò con molta frequenza su vari scenari. Nel 1170, ad esempio, ricevette la consistente donazione dei beni patrimoniali di Wolrico d’Attems, già marchese di Tuscia. Nel medesimo anno Alessandro III ordinò a Udalrico e agli altri suoi legati di scomunicare chiunque avesse contratto accordi separati con il Barbarossa (P.F. Kehr, Italia pontificia, 1923, p. 37 n. 91).

La vocazione diplomatica del patriarca si esplicò al meglio con la quinta discesa del Barbarossa in Italia (1174), la sua sconfitta militare e le trattative di pace svoltesi a Venezia nel 1177 (dopo il fallimento dell’idea imperiale di riunire un concilio a Ravenna). Il ruolo di mediatore di Udalrico – stretto fra i richiami dell’imperatore, che esigeva fedeltà, e di Alessandro III, che esigeva obbedienza; ma oggetto anche di minacce e aggressioni dei rettori della Lega lombarda, che temevano la potenza della Chiesa aquileiese – è simbolicamente riassunto dalla traduzione dal latino al tedesco dell’omelia pronunciata dal papa all’imperatore il 25 luglio (Romoaldi II archiepiscopi Salernitani Annales, a cura di W. Arndt, 1866, p. 453). Che l’opera di Udalrico fosse coronata da successo, lo testimoniano i privilegi papale (1177) e imperiale (1180), che confermarono le ampie giurisdizioni ecclesiastiche nonché le regalie e le dotazioni patrimoniali della sede aquileiese, comprese le recenti donazioni dei beni dei Treffen e di Wolrico d’Attems. Alla fine di luglio del 1180 Alessandro III tracciò poi le condizioni per risolvere la questione vertente tra i patriarcati di Aquileia e Grado, con la rinunzia di quest’ultimo a ogni rivendicazione sugli episcopati istriani o a diritti metropolitici sulle chiese venete (P.F. Kehr, Italia pontificia, cit., p. 40 n. 102).

I documenti che attestano le iniziative di Udalrico come patriarca d’Aquileia sono relativamente numerosi e disposti su tutto l’arco del suo episcopato.

Essi lo vedono agire come metropolita (fu a Verona nel 1168, favorì la riconciliazione del vescovo di Trento con Roma nel 1179, consacrò la cattedrale di Padova nel 1180) o in atteggiamenti benevoli verso monasteri (Sittich, San Paolo di Lavant, Moggio, Ossiach, Beligna, Santa Maria di Aquileia, Santa Maria in Valle di Cividale, la certosa di Seitz) e canoniche (Aquileia, Cividale, Santo Stefano e San Felice di Aquileia), ma anche nell’atto di erigere parrocchie autonome. Quasi sempre è attorniato dai suoi suffraganei e da uno stuolo di ministeriali e di fideles.

Non mancarono gli scontri. I canonici cividalesi si lagnarono per le usurpazioni compiute dai ministeriali patriarcali; un memoriale dei monaci di Sesto al Reghena – forse con qualche esagerazione – accenna a soprusi ed estorsioni perpetrati dai milites del patriarca nei loro confronti (1162-66) e racconta della sorte toccata a un canonico di Cividale, scalpato per ordine di Udalrico. Questi aspetti crudi contrastano in apparenza con il favore più volte manifestato verso le canoniche regolari e la vita comune del clero, che fu imposta pure al capitolo di Aquileia (3 febbraio 1181).

Già nel novembre del 1177 Udalrico aveva convocato un concilio, forse provinciale. Promosse il culto per Maria Maddalena e, significativamente, per Tommaso Becket, con il quale alcuni studiosi hanno persino individuato parallelismi biografici (Piussi, 1985). In lui si riconosce il committente degli affreschi della cripta della cattedrale di Aquileia. Una tradizione non accertabile, inoltre, parla di sue relazioni epistolari con Ildegarda di Bingen (morta il 1178; Paschini, 1914, p. 181), sintomo di una personalità certamente più sfaccettata di quanto emerga dalla documentazione superstite.

Morì il 2 aprile 1182 e fu sepolto ad Aquileia. L’epigrafe sepolcrale ne fa un alto elogio: «Alter Volricus iacet hic patriarca benignus / fluctibus illisam scismatis ecclesiam / rexit ditavit fratres hos ipse beavit / cum iustis maneat gaudia possideat».

Certamente il patriarcato di Udalrico fu tra quelli che espressero al meglio la potenza della Chiesa aquileiese, che egli riuscì a mantenere e allargare, anche se si vedevano i prodromi dei conflitti, sopra tutto con le contermini città della Marca e con alcuni potentes locali, che contraddistinsero i decenni seguenti.

Fonti e Bibl.: Registrum oder merkwürdige Urkunden für die deutsche Geschichte, a cura di H. Sudendorf, II, Berlin 1851, n. LV pp. 134-139; Henrici archidiaconi Historia calamitatum ecclesiae Salzburgensis ad Adalbertum archiepiscopum, a cura di J.-P. Migne, in PL, 196, Paris 1855, col. 1546; Romoaldi II archiepiscopi Salernitani Annales, a cura di W. Arndt, in MGH, Scriptores, XIX, Hannoverae 1866, p. 453; Regesten zur Geschichte der salzburger Erzbischöfe..., a cura di A. von Meiller, Wien 1866, p. 74, n. 96; Monumenta historica ducatus Carinthiae, I, 811-1202, a cura di A. von Jaksch, Klagenfurt 1904, nn. 1027, 1030, 1031, 1039, 1040, 1042, 1055, 1060 s., 1079, 1093, 1107, 1122-1125, 1128 s., 1130, 1136, 1144, 1165, 1178 s., 1199, 1201, 1207 s., 1211 s., 1222, 1225, 1232-1236, 1238, 1247, 1264, 1268 s., 1288; P.F. Kehr, Italia pontificia, VII, Venetia et Histria, 1, Provincia Aquileiensis, Berolini 1923, pp. 37-40, 48-51, 53, 56, 62 s.; Friderici I. Diplomata, a cura di H. Appelt, in MGH, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, X, II, Hannoverae 1979, nn. 372, 374, 382, 388, X, III, 1985, nn. 685, 791; Die admonter Briefsammlung nebst ergänzenden Briefen, a cura di G. Hödl - P. Classen, in MGH, Die Briefe der deutschen Kaiserzeit, VI, München 1983, nn. 74-77 pp. 131-135, n. 16 pp. 174 s., nn. 24-28 pp. 182-189; A. Thaller, Die älteren Urkunden der Propstei S. Stefano zu Aquileia, in Archiv für Diplomatik Schriftgeschichte Siegel- und Wappenkunde, LII (2006), 6-7 pp. 124-132.

H. Fechner, Udalrich II. von Aquileia und Otto von Reitenbuch (XII. Jahrhundert), in Archiv für Kunde österreichischer Geschichtsquellen, XXI (1859), pp. 293-350; P. Paschini, I patriarchi di Aquileia nel secolo XII, in Memorie storiche forogiuliesi, X (1914), pp. 112-181; H. Schmidinger, Patriarch und Landesherr. Die weltliche Herrschaft der Patriarchen von Aquileja bis zum Ende der Staufer, Graz-Köln 1954, ad ind.; P. Paschini, Storia del Friuli, Udine 1975, pp. 29-281; H. Dopsch, Salzburg und Aquileia, in Il Friuli dagli Ottoni agli Hohenstaufen, Atti del Convegno... 1983, Udine 1984, pp. 509-545 (in partic. pp. 514-516, 539); S. Piussi, Il culto di Thomas Becket ad Aquileia, Venezia e Zara, in Aquileia, la Dalmazia e l’Illirico, II, Trieste 1985, pp. 387-395; P. Cammarosano, L’alto medioevo: verso la formazione regionale, in Storia della società friulana. Il medioevo, a cura di P. Cammarosano, Tavagnacco 1988, pp. 9-155 (in partic. pp. 103 s., 109-115, 145-147, 155); Id., Patriarcato, impero e sede apostolica, 1077-1251, in Il Patriarcato di Aquileia. Uno stato nell’Europa medievale, a cura di P. Cammarosano, Udine 1999, pp. 25-64 (in partic. pp. 37 s., 57); P. Golinelli, L’abbazia di Santa Maria di Sesto al Reghena nel pieno medioevo (967-1198), in L’abbazia di Santa Maria di Sesto fra archeologia e storia, a cura di G.C. Menis - A. Tilatti, Pordenone 1999, pp. 123-147 (in partic. pp. 139-142); H. Dopsch, Origine e posizione sociale dei patriarchi di Aquileia nel tardo medioevo, in Aquileia e il suo patriarcato, Atti del Convegno... 1999, Udine 2000, pp. 289-313 (in partic. pp. 299 s.); G. Brunettin, Treffen (di) Ulrico, patriarca di Aquileia, in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei Friulani, I, Il medioevo, a cura di C. Scalon, Udine 2006, pp. 871-881; E. Cozzi, Gli affreschi della cripta di Aquileia, in La basilica di Aquileia. Storia, archeologia ed arte, a cura di G. Cuscito - T. Lehmann, II, Trieste 2010, pp. 489-520; M. Bottazzi, Tomaso Becket nella basilica di Aquileia: celebrazione o propaganda?, in Mélanges de l’École française de Rome, Moyen Âge, CXXIII (2011), 2, pp. 561-566.

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