Tristano

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(fr. Tristan; ingl. Tristram; sp. Tristán; ted. Tristan) Eroe della letteratura medievale, la cui storia d'amore appare dapprima in un poema francese della fine del sec. 12°, il Tristan del poeta anglo-normanno Thomas; del poema, conosciuto soltanto in pochi frammenti, per un totale di 3144 versi, fu fatta un trentennio dopo una traduzione in alto-tedesco da Goffredo di Strasburgo. Esisteva anche un altro poema francese, di poco posteriore a quello di Thomas e scritto dal giullare normanno Béroul, del quale rimangono soltanto 4485 versi, relativi alla parte centrale del racconto; è comunque possibile ricostruire le linee narrative del poema di Béroul attraverso la traduzione alto-tedesca di Eilhart von Oberg. Si è sostenuta l'ipotesi che entrambi i poemi derivassero da uno precedente, quello di un Breri, che Thomas cita in un verso del suo poema e che è forse il "Bledhericus" ricordato da Giraldo di Cambrai come "famous... fabulator"; o quello di un non meglio identificabile "Le Kievre", citato in una delle branche del Roman de Renart; o forse da canti e lais su Tristano; e si è cercato anche di identificare il personaggio in un Drest filius Talorgen, re dei Pitti (780-85), o in un "portadiademi" Drystan ab Tallwch citato in alcune triadi del cosiddetto Libro rosso di Hergest; o in re scozzesi dal nome di Drest, Drust, Drustan. Ci sono poi giunte due diverse redazioni di un poemetto su La follia di Tristano, conservateci in due manoscritti di Oxford e di Berna, e ci resta la testimonianza di Chrétien de Troyes, il quale nel suo Cligès afferma di avere scritto un romanzo Du roi Marc et d'Iseut la blonde; e ci resta infine il delicatissimo lai di Maria di Francia Le chevrefoil (Il caprifoglio), in cui è narrato un episodio della storia dei due amanti. Sui testi più antichi fu composta (1225 ca.) una compilazione in prosa, detta il Roman de Tristan, che ebbe enorme diffusione in tutti gli ambienti europei, e segnatamente in Italia, come si constata dall'esistenza di una traduzione molto fedele, il cosiddetto Tristano Corsiniano (perché conservato in un ms. della Biblioteca Corsiniana di Roma). Dallo stesso Roman e da una analoga ma più larga compilazione, il Meliadus (scritto da Rustichello da Pisa nel 1271), nacque il cosiddetto Tristano Riccardiano (in un ms. della Biblioteca Riccardiana di Firenze; compilato nella zona tra l'Umbria, Arezzo e Cortona sul finire del sec. 13°), e derivò poi la complessa narrazione della Tavola Rotonda; qualche decennio più tardi veniva da queste fonti compilato il cosiddetto Tristano Veneto; e di quest'epoca sono poi numerosi cantari, tra i quali il cosiddetto Cantare delle ultime imprese e della morte.

Secoli dopo, e soprattutto sulla traccia della versione di Goffredo di Strasburgo, vi fu una notevole ripresa della leggenda medievale in Germania, da H. Sachs (sec. 16°) ai romantici Schlegel e Ruckert, Platen e Immermann, fino a H. Kurtz (1844), per concludersi nel grande dramma poetico-musicale in tre atti Tristan und Isolde di R. Wagner (1ª rappr., Monaco 1865). In Francia giova inoltre ricordare uno squisito rifacimento in prosa (1900) di J. Bédier; in Inghilterra Le Morte Darthur (1485) di Th. Malory e il poema Tristram of Lyonesse (1882) di A. C. Swinburne; in Spagna El cuento de Tristán, versione prosastica del Roman francese.

La leggenda era impostata sui seguenti elementi narrativi, i quali via via si sono arricchiti con l'elaborazione moderna del mito: Tristano, figlio di Rivalin e di Biancofiore, educato dal re Marco di Cornovaglia, nell'uccidere un feroce gigante resta ferito da una lancia avvelenata; potrà guarirlo soltanto la regina d'Irlanda, madre della bionda Isotta, e sorella del gigante ucciso, Morold. Tristano si reca, sotto il falso nome di Tantris, alla corte irlandese ed è guarito dalla regina, che gli affida l'educazione di Isotta. Tristano ritorna poi in Cornovaglia col ricordo della bella Isotta, della quale parla a re Marco, che decide di prenderla in sposa. Allorché Tristano torna in Irlanda per chiedere a nome di Marco la mano della fanciulla, Isotta scopre che è stato lui ad uccidere suo zio Morold, e vorrebbe vendicarlo, ma la madre la induce al perdono, e le dà un filtro che dovrà far innamorare di Isotta il re Marco. Ma durante il viaggio la nutrice Brangania fa bere, per errore, il filtro ai due giovani, che perciò sono presi da una passione ardente, che non cessa col matrimonio di Marco e di Isotta. Il re, avvertito dai cortigiani, scopre la tresca ed esilia Tristano. In esilio Tristano cerca di dimenticare Isotta la bionda sposando un'altra Isotta, detta "dalle bianche mani". Morente, chiede di rivedere la sua amica; se questa verrà, la nave che la condurrà avrà la vela bianca; se non verrà, sarà issata la vela nera. Allorché la nave si avvicina, Isotta dalle bianche mani inganna Tristano dicendogli che la nave ha la vela nera. Tristano muore dal dolore; Isotta la bionda, discesa dalla nave, si abbatte sul corpo di Tristano, e muore come l'amante "de tendreur", d'amore.

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