Labièno, Tito

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Generale romano (m. 45 a. C.). Tribuno della plebe nel 63 a. C. e partigiano di Cesare, accusò Gaio Rabirio come responsabile dell'uccisione di Saturnino; legato di Cesare in Gallia, si segnalò nella lotta contro i Tigurini (58), i Treveri (54), i Belgi (53), e particolarmente nel corso della rivolta scoppiata nella regione di Lutezia (52). Nel 50 ebbe da Cesare il governo della Gallia Cisalpina, ma passò in seguito dalla parte di Pompeo e fu uno dei più accaniti avversarî di Cesare. Dopo la battaglia di Farsalo (48), fuggito in Africa e raccolto un nuovo esercito, riorganizzò la resistenza repubblicana, riportando anche una vittoria sullo stesso Cesare presso Ruspina (genn. 46); fu sconfitto a Tapso e morì nella battaglia di Munda, dove con un'errata manovra aveva determinato la sconfitta repubblicana (17 marzo 45). Suo figlio Quinto fu mandato da Bruto e da Cassio presso il re dei Parti, Orode, per ottenere aiuti contro i triunviri; dopo la caduta dei repubblicani rimase presso i Parti e (41) marciò con l'esercito partico guidato da Pacoro in Asia Minore, ma fu vinto e ucciso in Cilicia (39).

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