Wilson, Thomas Woodrow

Dizionario di Storia (2011)

Wilson, Thomas Woodrow


Politico statunitense (Staunton, Virginia, 1856-Washington 1924). Di famiglia presbiteriana, si laureò all’università di Princeton, dove più tardi (1890) fu professore di diritto ed economia politica e dal 1902 preside. Eletto governatore del New Jersey (1910), adottò una serie di riforme tese a combattere la corruzione e a proteggere l’amministrazione pubblica dalle ingerenze dei grandi trust. Candidato democratico alla presidenza (1912), vinse le elezioni con una schiacciante maggioranza sui suoi avversari. In carica dal 4 marzo 1913, avviò una profonda azione riformatrice, promuovendo, tra l’altro, la riduzione delle tariffe doganali, il controllo federale sul sistema bancario, l’applicazione della tassazione progressiva e la legalizzazione dello sciopero. In politica estera, tentò di gettare le basi per una effettiva cooperazione con gli Stati dell’America Latina, ripudiando, almeno in teoria, l’intervento governativo in questi Paesi a protezione degli interessi economici statunitensi («diplomazia del dollaro»). Tuttavia, al momento in cui erano direttamente minacciati gli interessi politico-strategici ed economici statunitensi, non esitò di fronte all’intervento militare: nel 1915 gli USA assunsero il controllo diretto di Haiti e l’anno seguente sbarcarono a Santo Domingo, ove instaurarono un governo militare; una forte ingerenza statunitense si ebbe anche nelle travagliate vicende interne del Messico, giungendo all’invio di una spedizione contro Pancho Villa (1916). Allo scoppio della guerra mondiale, proclamò la neutralità degli USA tentando di porsi come mediatore tra i belligeranti, ma si trovò ben presto impegnato a combattere una battaglia diplomatica in difesa dei diritti dei neutrali, violati dal blocco navale inglese sulle coste della Germania e soprattutto dalla indiscriminata guerra sottomarina condotta dai tedeschi. La politica di neutralità, accompagnata da una ferma reazione contro gli eccessi della Germania, gli valse la rielezione alla presidenza (1916), ma con uno scarto di pochi voti sul candidato repubblicano. Dopo un inutile negoziato con i belligeranti in favore della pace e la ripresa della guerra sottomarina indiscriminata da parte dei tedeschi, W. presentò al Senato la dichiarazione di guerra alla Germania (6 apr. 1917). Entrati in guerra gli USA, si pose l’obiettivo di assicurare al mondo una pace perpetua, raccogliendo le sue idee nei «quattordici punti». Questi ultimi stabilivano sia principi a carattere generale (rinuncia alla diplomazia segreta, libertà dei mari, libertà di commercio, riduzione degli armamenti, emancipazione graduale dei popoli sotto dominio coloniale, creazione di una Società delle nazioni) sia criteri diretti alla soluzione dei problemi politico-territoriali sollevati dal conflitto e ispirati ai principi di nazionalità e di autodeterminazione. Dopo che i «quattordici punti» furono accettati dagli Alleati, W. si impegnò personalmente alla loro realizzazione durante la conferenza della pace, scontrandosi con le difficoltà della situazione europea, poco adatte a risolversi con idealistici enunciati, e con gli stessi obiettivi di guerra delle altre potenze vincitrici. Riuscì comunque a ottenere, attraverso non pochi compromessi, un effimero successo con l’approvazione del covenant della Società delle nazioni e il suo inserimento nei trattati di pace. Tornato negli USA, presentò (10 luglio 1919) al Senato il Trattato di Versailles, ma incontrò la fortissima opposizione dei repubblicani, proprio in ragione del covenant, che questo includeva. Ostile a ogni emendamento, si appellò direttamente al popolo, compiendo un’estenuante campagna propagandistica in favore della Società delle nazioni, durante la quale fu colpito da paralisi. Respinta la ratifica del Trattato di Versailles da parte del Senato (marzo 1920), W. ritenne ancora possibile un’affermazione delle sue idee in caso di vittoria del candidato democratico J.M. Cox, nella prima campagna elettorale in cui, su iniziativa dello stesso W., votarono le donne. La schiacciante maggioranza ottenuta dal repubblicano W.G. Harding mise fine a ogni speranza di W., che, lasciata la presidenza (marzo 1921), si ritirò dall’attività pubblica. Premio Nobel per la pace (1919); socio straniero dei Lincei (1918).

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