TECNOLOGIE PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA

Enciclopedia Italiana IX Appendice (2015)

TECNOLOGIE PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA.

Stefano Cordiner

– Strategie per la transizione energetica. Sviluppi tecnologici nella filiera dell’energia. Bibliografia. Sitografia

Con transizione energetica si indica un processo di trasformazione del quadro di soddisfacimento dei fabbisogni energetici verso soluzioni caratterizzate da un ridotto impatto ambientale (con particolare riferimento alle emissioni di gas climalteranti, greenhouse gases, GHG) e, più in generale, da una maggiore sostenibilità. Caratteristiche fondamentali di questo processo sono la transizione verso un portfolio di fonti energetiche prevalentemente basate sull’utilizzo di risorse rinnovabili (v. rinnovabili, energie), la diffusione di soluzioni di efficienza in tutti gli utilizzi dell’energia (v. efficienza energetica) e, infine, la disponibilità di soluzioni di cattura e sequestro dell’anidride carbonica (CO2) che rendano possibile l’utilizzo sostenibile delle fonti fossili (v. cattura e stoccaggio della CO2).

Strategie per la transizione energetica. – Il processo di transizione energetica può considerarsi il risultato dell’accresciuta consapevolezza dei limiti del modello energetico preesistente – basato sull’utilizzo di fonti energetiche fossili – e della valutazione della sua insostenibilità nei confronti dell’ambiente e della disponibilità di risorse energetiche naturali. L’insieme degli effetti connessi a questi due aspetti del sistema energetico è un argomento che riceve approfondite attenzioni sia in ambito politico sia in quello scientifico e ha condotto alla definizione di strategie e piani di azione finalizzati a una sua transizione verso schemi a elevata sostenibilità e ridotte emissioni. Il ruolo della tecnologia per realizzare la transizione energetica è essenziale, ma non c’è, tuttavia, un’univoca interpretazione di quale o quali soluzioni tecnologiche siano e saranno le più adatte a consentire l’evoluzione verso gli obiettivi previsti.

Tratto comune delle strategie di transizione energetica è la previsione di un disaccoppiamento fra la tendenza di sviluppo economico (rappresentato generalmente dall’andamento del prodotto interno lordo dei singoli Paesi o delle aree economiche aggregate) e la curva che rappresenta l’andamento dei fabbisogni di energia primaria. Questo è un aspetto fondamentale della transizione energetica e ne rappresenta l’elemento di più complessa realizzazione. Il legame tra crescita e fabbisogni energetici è stato sostanzialmente lineare e gli incrementi di ricchezza hanno comportato relativi aumenti del fabbisogno energetico. Una delle sfide fondamentali della transizione energetica è, quindi, far coesistere il contenimento della richiesta di energia primaria con la crescita e lo sviluppo economico. Un ulteriore obiettivo della transizione energetica è il disaccoppiamento della richiesta energetica dalla dinamica demografica. La sintesi di queste osservazioni è alla base di visioni strategiche, come, per es., quella prevista dalla Commissione europea nel suo Libro Verde sull’efficienza energetica COM(2005) 265, Fare di più con meno, che operano in tale senso.

Allo stato attuale, strategie di transizione energetica sono definite, almeno a livello generale e in maniera più o meno esplicita, in molti Paesi del mondo. Da citare in sen so cronologico Danimarca, Germania, Regno Unito che hanno politiche attive di questo tipo da più di 15 anni. La strategia indentificata per la transizione energetica tedesca Energiewende, che prende il nome da uno studio dell’Istituto tedesco per l’ecologia applicata (Öko-Institut) del 1980, probabilmente la prima analisi che teorizza la possibilità di realizzare la crescita economica contemporaneamente a una riduzione dei consumi energetici, è a tal fine particolarmente significativa. Questi approcci sono stati seguiti diffusamente (UE, Stati Uniti, Cina, Unione Indiana, Giappone) con motivazioni e articolazioni diverse, ma in tutti i casi prevedendo la transizione dei sistemi energetici tradizionali verso configurazioni a ridotto impatto ambientale.

La transizione energetica richiede quindi lo sviluppo di una serie integrata di azioni. Se si esamina, per es., lo scenario previsto nella comunicazione della Commissione, COM(2011) 112, Una tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050, si può osservare come il raggiungimento degli obiettivi di lungo periodo per quanto riguarda le emissioni di CO2 coinvolga la gran parte dei settori caratteristici delle attività dell’uomo (industria, terziario, trasporti, agricoltura ecc.) e di conseguenza implichi una serie molto ampia di tecnologie e di modi di utilizzo dell’energia. Date le dimensioni del problema, l’orizzonte temporale di attuazione della transizione energetica è necessariamente di periodo medio-lungo (il 2030 o il 2050 sono gli obiettivi temporali generalmente previsti in questa fase). Dato il ruolo fondamentale della tecnologia, di grande importanza è la capacità di indentificare i possibili sviluppi delle diverse soluzioni tecnologiche. Gli scenari di lungo periodo sono infatti molto sensibili allo sviluppo tecnologico e rendono molto difficile prevedere quale possa essere il mix di soluzioni che renderà possibile il raggiungimento degli obiettivi in modo più efficace ed efficiente. Altrettanto difficile è la previsione dell’evoluzione dei parametri che guidano l’evoluzione tecnologica nel lungo periodo quali, per es., il prezzo del petrolio (v.), e più in generale dei combustibili fossili (v. fonti energetiche fossili), che è uno degli elementi catalizzatori dell’evoluzione più o meno rapida di soluzioni tecnologiche innovative per la produzione di energia. Sebbene nel lungo periodo sia previsto un aumento di tale prezzo come conseguenza della riduzione delle scorte, la sua dinamica di breve e medio periodo è caratterizzata da fluttuazioni molto ampie (all’inizio del 2015, il prezzo di vendita del petrolio si aggirava intorno ai 50 $ a barile dopo aver superato nel 2011 il valore di 110 $ per barile) e introduce un elemento importante di indeterminazione nella possibilità di prevedere l’evoluzione della transizione tecnologica.

L’IEA (International Energy Agency) nel 2014 ha rivisitato, nel documento Energy technology perspectives 2014, le previsioni dell’evoluzione del quadro energetico mondiale al fine di contenere gli incrementi di concentrazione atmosferica di CO2 entro limiti accettabili. Alla luce delle evoluzioni più recenti, gli scenari più plausibili per la transizione energetica sono fondati, oltre che sulla sempre più ampia diffusione delle fonti energetiche rinnovabili e sull’efficienza energetica, su un continuo ampliamento dello sfruttamento dell’energia elettrica, scelta come vettore energetico prevalente con un conseguente sviluppo e un’ampia diffusione di sistemi di utilizzo dell’energia che ne facciano uso.

Sviluppi tecnologici nella filiera dell’energia. – La transizione energetica riguarda, quindi, tutti i settori della catena energetica, dalla produzione alla distribuzione e quindi agli utilizzi finali. Per quanto riguarda la produzione, gli sviluppi tecnologici più importanti sono quelli relativi alla tecnologia di produzione da fonti rinnovabili. In particolare, la produzione di energia da fonte solare (fotovoltaico e termodinamico), quella da fonte idraulica, quella da energia eolica e, seppure a un livello di sviluppo meno avanzato, i sistemi che utilizzano l’energia del mare (onde, maree e correnti). Un discorso a parte è invece connesso all’utilizzo delle biomasse. Il contributo delle biomasse al quadro energetico globale è sempre stato estremamente significativo, principalmente per gli usi tradizionali (quali la combustione diretta) di questa fonte energetica caratterizzata, peraltro, da una distribuzione geografica sicuramente più omogenea rispetto alle altre fonti. La sfida della transizione energetica per le tecnologie che impiegano le biomasse è particolarmente impegnativa poiché per questa tipologia di fonte energetica in tutti gli scenari è previsto un ruolo particolarmente significativo nel panorama dei fabbisogni complessivi. Il raggiungimento di questo obiettivo richiede, tuttavia, aumenti rilevanti della sostenibilità dei processi di generazione e di trasformazione della biomassa per utilizzi energetici e uno sviluppo ulteriore dell’efficienza dei sistemi di utilizzo. Particolarmente interessanti nel caso delle biomasse sono gli schemi di utilizzo delle risorse che si sviluppano su scala locale, per i quali è maggiormente possibile sfruttare il potenziale di riduzione delle emissioni di anidride carbonica (associato al ciclo dell’anidride carbonica utilizzata dalle piante per la loro crescita) nonché far fronte a fabbisogni di energia in forma termica. Per queste installazioni è necessario disporre di tecnologie di produzione di energia di piccola taglia, alta efficienza e ridotte emissioni. Un ulteriore contributo alla diffusione delle biomasse è quello connesso all’utilizzo dei rifiuti e dei residui delle lavorazioni agricole o industriali che consente di affrontare anche il tema della gestione dei rifiuti (v.). In questo contesto molto importante è il contributo del biogas prodotto a partire dalla digestione anaerobica di materiale a matrice organica con un importante potenziale per quanto riguarda la possibilità di essere ulteriormente trasformato in biometano e successivamente immesso nella rete di distribuzione del gas naturale (v.). Una chiave per lo sviluppo di questa soluzione è la disponibilità di processi di raffinazione del biogas su scala compatibile con quella degli impianti di produzione del biogas e quindi dell’ordine di 5-10.000 m3 al giorno.

Nel campo del trasporto le biomasse rappresentano uno degli strumenti immediatamente a disposizione per ottenere una transizione verso la decarbonizzazione di questo importante settore dello scenario energetico. La produzione di biocombustibili è oggetto di sensibili sviluppi tecnologici (combustibili di II e III generazione) finalizzati ad ampliare la tipologia di prodotti utilizzabili. Questo è un aspetto estremamente importante in quanto consente una sostanziale differenziazione (e in alcuni casi un’integrazione) tra la produzione di biomassa per fini energetici e quella di biomassa utilizzata nella catena alimentare.

L’energia solare è stata oggetto negli anni recenti di un notevole sviluppo, favorito dalle politiche di supporto economico all’installazione di impianti solari e alla produzione di energia ricavata da tale fonte. Le tecnologie fotovoltaiche costituivano nel 2014 il contributo prevalente per lo sfruttamento di questa fonte energetica (v. rinnovabili, energie). Lo sviluppo di tali tecnologie nel corso dei primi anni del 21° sec. è stato particolarmente significativo e ha portato a un incremento importante dell’efficienza (si veda il portale del NREL, National Renewable Energy Laboratory) a fronte di una riduzione sostanziale dei costi di produzione e vendita. Il traguardo della parità di costo dell’energia pro-dotta (grid parity), ancorché non completamente raggiunto se non in un numero limitato di aree economiche nel 2014, sembra tuttavia un traguardo ottenibile nel breve periodo favorendo il ruolo di questa tecnologia negli scenari di transizione energetica. Importanti sviluppi tecnologici sono comunque attesi. A fianco delle tecnologie che utilizzano il silicio, lo sviluppo delle cosiddette tecnologie di terza generazione che utilizzano materiale organico e comunque materiali che possano essere prodotti con processi più semplici è un settore in grande fermento. Il ridotto costo di produzione atteso per questi componenti apre la possibilità di un loro utilizzo diffuso, anche in condizioni di cattura non ottimali, come componenti integrate nei materiali per l’edilizia e, di conseguenza, aumenta la possibilità di utilizzo in ambito urbano.

Gli scenari di transizione energetica prevedono anche un contributo importante da parte degli impianti solari che producono energia elettrica per via termodinamica. Gli impianti solari a concentrazione (concentrated solar power, CSP) convogliano l’energia solare captata al suolo in un’area ristretta rendendo possibile il riscaldamento di un qualche fluido motore a una temperatura sufficientemente elevata da potersi utilizzare in un ciclo termodinamico di produzione di energia elettrica. Questi impianti sono caratterizzati da un importante potenziale, soprattutto per la loro capacità di immagazzinamento dell’energia solare (disponibile secondo i cicli giorno/notte, estate/inverno e influenzata dalla micrometeorologia locale) rendendo in tale modo una fonte sostanzialmente programmabile. Gli impianti CSP non hanno avuto ancora lo sviluppo atteso (anche a causa della competizione con il fotovoltaico), ma tutte le tecnologie utilizzate in questo campo sono oggetto di importanti attenzioni per favorirne lo sviluppo sia per quanto riguarda la captazione (sistemi parabolici lineari, recettori con ottica di Fresnel, sistemi a torre o a disco), sia per quanto riguarda lo sviluppo del ciclo motore e del fluido utilizzato per l’assorbimento del calore. Gli impianti CSP sono generalmente caratterizzati da ampie aree di captazione e quindi la loro diffusione trae beneficio dagli sviluppi dei superconduttori a temperatura ambiente che rendono possibile lo sfruttamento di aree remote (per es., desertiche) con il successivo trasporto dell’energia prodotta senza eccessive perdite.

Un ulteriore importante ruolo dell’energia solare è quello destinato al soddisfacimento dei fabbisogni di energia termica con speciale riferimento agli usi civili. In questo caso l’identificazione dei fabbisogni con le relative specificità, in larga misura collegate alla collocazione geografica, è un’importante chiave di analisi che stabilisce il bilanciamento tra le differenti tecnologie che utilizzano l’energia solare al fine di ottimizzarne lo sfruttamento.

La diffusione prevedibile della produzione di energia da fonti rinnovabili non può tuttavia escludere la possibilità di utilizzo di quelle fossili. Negli scenari di transizione energetica l’uso delle fonti fossili richiede la disponibilità diffusa di tecnologie di cattura e sequestro dell’anidride carbonica (carbon capture and sequestration, CCS) che permettano di sfruttare il patrimonio energetico di tali fonti riducendo le emissioni di anidride carbonica a esse associate. Lo sviluppo delle tecnologie di CCS ha proceduto nel corso degli anni recenti, ma non con il passo che si era immaginato e allo stato attuale queste non hanno raggiunto il livello di diffusione previsto né l’efficacia richiesta. Le tecnologie di CCS si basano sulla separazione dei composti contenenti carbonio prodotti durante l’utilizzo dei combustibili fossili e il loro immagazzinamento di lungo periodo per via geologica o attraverso la formazione di carbonati stabili. Tra gli aspetti che ne limitano la diffusione, vi è l’incidenza sull’efficienza dei processi di conversione dell’energia e di conseguenza sul prezzo dell’energia prodotta.

Un ulteriore contributo di breve-medio periodo al miglioramento della sostenibilità dei processi di produzione di energia è quello associato alla diffusione degli utilizzi del gas naturale come elemento di transizione verso un sistema di produzione a ridotte emissioni di CO2. Elemento fondamentale di questa prospettiva è la disponibilità diffusa di questo combustibile che si è realizzata con lo sviluppo delle tecniche di sfruttamento del gas di scisti (shale gas) per il quale sono stati scoperti bacini di grandi dimensioni in diverse parti del mondo (v. idrocarburi non convenzionali). Un particolare contributo a tale processo è quello generato negli Stati Uniti dove la grande disponibilità di questo tipo di gas ha dato luogo a uno sviluppo molto rapido delle soluzioni energetiche che ne fanno uso. L’uso del gas naturale come elemento nella transizione energetica ha alcune ragioni fondamentali: a) contribuisce alla sostituzione del carbone nella generazione di energia elettrica e conseguentemente a una riduzione delle emissioni di CO2 per la più favorevole composizione chimica (il rapporto carbonio/idrogeno nel gas naturale è dell’ordine di 1/4, assai minore rispetto al carbone, ne consegue che il fattore di emissione di CO2 associato all’utilizzo del gas naturale, 56 kg di CO2 per GJ, è circa la metà di quello medio del carbone, 96 kg di CO2 per GJ, e anche considerando nel computo le emissioni associate al ciclo di estrazione questo raggiunge un valore di 68 kg di CO2 per GJ da considerarsi ancora vantaggioso); b) rappresenta un elemento che favorisce l’integrazione delle fonti rinnovabili non programmabili nel sistema elettrico facendosi carico di bilanciare la domanda con la generazione attraverso impianti di produzione a elevata flessibilità di funzionamento ed efficienza; c) a regime, con il contributo della CCS, aiuta a soddisfare i fabbisogni energetici complessivi in competizione con le altre fonti tradizionali.

La diffusione ulteriore del gas naturale come fonte per la produzione di energia richiede un continuo sviluppo delle tecnologie di produzione associate. Tale sviluppo procede secondo due direzioni, una tradizionale di miglioramento continuo dell’efficienza dei processi di produzione e l’altra di sviluppo di soluzioni che possano far fronte in maniera efficiente al funzionamento a carichi parziali, alla capacità di adattarsi a variazioni rapide delle condizioni operative e alla flessibilità richiesta dalle nuove caratteristiche impartite alla generazione di energia programmabile. Da citare in questo ambito le soluzioni di impianti combinati gas-vapore d’acqua associate alla CCS, ai cicli integrati ad aria umida, all’integrazione degli impianti di turbina a gas con la tecnologia delle celle a combustibile a ossidi solidi o con quella del solare a concentrazione.

Va tuttavia notato che il tema dello sfruttamento del gas di scisti e, più in generale, del gas naturale nei programmi di transizione energetica si scontra con le preoccupazioni ambientali associate ai processi di estrazione di questo combustibile e al maggior impatto ambientale rispetto alle emissioni di gas naturale in ambiente. Quest’ultimo è infatti caratterizzato da un potere di impatto ambientale ai fini dell’effetto serra circa 24 volte maggiore di quello della CO2 se misurato su un orizzonte di 20 anni (IPCC 2006) e quindi risulta avere ripercussioni particolarmente significative per quanto riguarda le emissioni diffuse che si possono realizzare durante il ciclo di estrazione, distribuzione e utilizzo.

L’evoluzione degli utilizzi energetici verso una maggiore diffusione dell’energia elettrica è alla base di numerosi sviluppi tecnologici in questo specifico settore. La generazione di energia elettrica impiega al 2014 circa il 40% dell’energia primaria utilizzata, ma copre soltanto circa il 17% degli usi finali principalmente a causa delle perdite di generazione e in misura minore per quelle di distribuzione (IEA 2013). Questa osservazione è alla base della ricerca di soluzioni di produzione energetica ad alta efficienza. La configurazione dei sistemi di generazione di energia elettrica (basati sull’utilizzo di fonti rinnovabili e non) evolve verso lo schema della generazione distribuita rendendo necessario un cambio sostanziale dei tradizionali sistemi di distribuzione e utilizzo. In particolare, la tradizionale struttura unidirezionale della rete (nella quale l’energia si muove dalle centrali di produzione verso l’utenza) non è in grado di sopportare una penetrazione diffusa delle energie rinnovabili né tanto meno di gestire un livello elevato di generazione distribuita. Il nuovo sistema deve garantire che tutti i componenti elettrici (generatori, utilizzatori, infrastrutture di trasporto) operino in modo sincronizzato per facilitare e supportare lo scambio dinamico di risorse e servizi tra tutti gli stakeholders favorendo l’utilizzo locale dell’energia senza che questa venga trasportata su lunghe distanze.

Pur permanendo il ruolo della generazione centralizzata, la diffusione della generazione distribuita richiede una modifica nelle modalità di progettazione, programmazione e gestione dei sistemi elettrici in tutte le regioni. Sono particolarmente significativi il coinvolgimento dell’utenza e la diffusione di piccoli sistemi di generazione quali i pannelli fotovoltaici. Questa tendenza ha portato alla definizione del concetto di prosumer (parola che nasce dalla contrazione dei termini producer e consumer) identificando un nuovo ruolo nel mercato di tanti piccoli attori che contemporaneamente ricoprono le attività di consumatori e produttori di energia e, allo stesso tempo, forniscono servizi alla rete quali la gestione attiva della domanda di energia, il bilanciamento e la riduzione dei picchi di assorbimento. Dietro questa possibilità è previsto lo sviluppo di sofisticati sistemi hardware e software per la gestione di tali nuovi servizi e lo sviluppo continuo delle cosiddette reti intelligenti (smart grids).

Inoltre, la necessità di favorire la penetrazione delle fonti rinnovabili nella rete elettrica e lo sviluppo della generazione distribuita richiede la capacità di gestire flussi energetici non programmabili (a causa della implicita variabilità di produzione che caratterizza l’energia solare e quella eolica) e questo richiede a sua volta la capacità di disaccoppiare il profilo della domanda di energia da quello della produzione. Questa esigenza è alla base dello sviluppo di soluzioni tecnologiche di accumulo dell’energia elettrica (EES, Electric Energy Storage). La stabilità delle reti elettriche e il mantenimento di livelli di qualità dell’energia distribuita richiedono un sostanziale bilanciamento tra domanda e produzione di energia elettrica per l’attuale impossibilità di accumulo di quantità significative di energia (con l’eccezione degli impianti idroelettrici di pompaggio nei quali l’energia disponibile in eccesso viene utilizzata per pompare acqua in quota da potersi utilizzare per la produzione di energia idroelettrica in un momento successivo). Alla stabilità della rete si procede quindi con l’utilizzo di impianti di generazione in grado di variare in modo molto rapido le proprie condizioni operative. La penetrazione delle fonti di energia rinnovabili caratterizzate da un profilo di generazione non programmabile rende il problema del bilanciamento tra domanda e produzione di energia elettrica di maggiore evidenza. Negli scenari di sviluppo attuali è quindi previsto un ruolo crescente dell’EES che, di per sé, non aggiunge efficienza alla produzione e all’utilizzo dell’energia elettrica ma piuttosto una soluzione strumentale per favorire l’impiego delle rinnovabili e aumentare l’utilizzo degli impianti imprimendo flessibilità al sistema elettrico.

I sistemi di EES possono essere ricondotti ad alcune famiglie fondamentali: sistemi di immagazzinamento diretto dell’energia elettrica (power-to-power) che trattano direttamente flussi di energia elettrica nelle due direzioni (da e verso la rete) utilizzando forme intermedie di energia (meccanica nei volani, elettrochimica nelle batterie, potenziale nei sistemi di pompaggio, termica nei sistemi ad aria compressa); sistemi di immagazzinamento dell’energia sotto forma di calore (power-to-heat) o di combustibile (power-to-gas) in modo che questo possa essere utilizzato in tempi diversi. In questo caso gli impianti non forniscono un contributo attivo alla rete ma piuttosto al sistema energetico globale.

Lo sviluppo della generazione distribuita è un’altra delle evoluzioni tecnologiche connesse alla transizione energetica e alla diffusione delle soluzioni basate sull’utilizzo dell’energia elettrica. Secondo questo paradigma, la rete si compone di elementi di dimensione più contenuta rispetto allo schema delle grandi centrali di produzione che ne caratterizza l’organizzazione tradizionale. Questi elementi integrano la produzione locale di energia (spesso nella configurazione combinata di produzione di energia elettrica e termica) nelle prossimità del luogo dove tale energia viene impiegata. Si realizzano quindi una serie di piccoli nodi di produzione e utilizzo di energia integrati in un’ottica di rete distribuita. Anche in questo caso, la possibilità di affermazione del modello dipende dallo sviluppo e dalla disponibilità di tecnologie di integrazione e controllo dei diversi componenti della rete. Particolarmente interessante per questo schema è l’integrazione con le tecnologie dell’informazione per la possibilità di sviluppare schemi di gestione avanzata e particolarmente efficiente dei flussi energetici secondo il modello delle smart grids.

Lo sviluppo dell’energia nucleare continua a essere al centro di un acceso dibattito così come il suo possibile ruolo negli scenari di transizione energetica. Successivamente all’incidente di Fukushima Daiichi (Giappone 2011), un numero significativo di Paesi ha annunciato una revisione dei propri programmi di sviluppo dell’energia nucleare. Alcuni Paesi hanno adottato provvedimenti per l’eliminazione graduale della produzione di energia nucleare mentre altri hanno confermato i propri piani di espansione. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica nel 2012 ipotizzava una prospettiva di crescita per questa fonte energetica. Da un punto di vista tecnologico, i reattori evolutivi di terza generazione rappresentano una linea di sviluppo significativa verso la realizzazione di impianti la cui sicurezza intrinseca possa soddisfare i sempre maggiori requisiti su questo tema, mentre l’atteso sviluppo dei reattori autofertilizzanti permette di affrontare anche il tema critico della generazione e gestione delle scorie (v. nucleare, energia).

Bibliografia: IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), Guidelines for national greenhouse gas inventories, Geneva 2006; IEA (International Energy Agency), World energy outlook, Paris 2013; IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change),Assessing transformation pathways, ed. O. Edenhofer, R. Pichs-Madruga, Y. Sokona et al., in Climate change 2014: mitigation of climate change. Contribution of working group III to the Fifth assessment report of the Intergovernmental panel on climate change, Cambridge 2014. Si veda inoltre: IAEA (International Atomic Energy Agency), Climate change and nuclear power 2012, Wien 2012, https://www.iaea.org/OurWork/ST/NE/Pess/assets/1244581_ccnp2012_web.pdf (25 sett. 2015).

Sitografia: NREL (National Renewable Energy Laboratory),Best research cell efficiency chart, http://www.nrel.gov/ncpv/ images/efficiency_chart.jpg.

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