STABILITÀ

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

STABILITÀ (XXXII, p. 433)

Giulio KRALL

Stabilità dell'equilibrio elastico. - In ogni capitolo della tecnica vi sono sempre uno o più enti che, appena raggiungono certi particolari valori, nel loro dominio di variabilità, meritano veramente l'appellativo di critici. E ciò, in quanto a questi valori corrispondono condizioni gravi e un anormale comportamento dei sistemi ai quali essi si riferiscono.

In statica, gli enti che possono variare sono i carichi: diconsi critici quelli che comportano non già la fine di una struttura per superamento dei limiti di resistenza del materiale in condizioni di equilibrio normale, ma la fine - almeno presumibile in prima approssimazione - perché il sistema perde ogni facoltà a reagire, dato che entra in una condizione di equilibrio labile od instabile. Con ciò si intende dire che ogni più piccola perturbazione riesce a provocare effetti grandi a piacere, almeno a giudicare nell'ambito lineare dei piccoli spostamenti e, naturalmente, anche delle piccole deformazioni. Questa mancanza di reattività sotto al carico critico che può aver luogo con minime sollecitazioni specifiche del materiale si manifesta, come è naturale, anche con l'incapacità del sistema ad emettere una nota, e questo è comprensibile poiché le vibrazioni altro non sono che una successione di richiami elastici alla configurazione naturale dalla quale il sistema è stato spostato. Si osserva infatti come, man mano che il carico si avvicina al suo valore critico, il tono "cala", scende sotto ai limiti di udibilità e, con il tendere ad esso, il periodo tende all'infinito, la frequenza a zero.

La definizione di carico critico si può dare con precisione. Data una distribuzione G di carichi statici, esiste in generale una serie discreta, ordinabile in modo crescente, di valori λ1, λ2, . . . ., che moltiplicati per G1, G2, . . . . ., portano all'instabilità. Per un'asta sollecitata da un carico assiale N0 il minimo moltiplicatore λ1 è, se E è il modulo di elasticità, J il momento d' inerzia, l la lunghezza,

Ciò vuol dire che, per N = Ncr = λ1 N0 (carico di Eulero) si ha instabilità. Evidentemente, λ1 dà la misura della sicurezza all'instabilità.

La ricerca di questi valori di λ si affida ad un classico teorema di P. G. L. Dirichlet, secondo cui il giudizio sulla stabilità o l'instabilità si riduce all'esame dell'esistenza di un minimo o massimo dell'energia totale (elastica W e posizionale U dei carichi del sistema). Il calcolo delle variazioni concede di dominare quindi l'analisi qualitativa dell'equilibrio di tutti gli elementi che compongono le attuali strutture: aste, piastre, tubi, ecc.

Ma l'applicazione di questo teorema energetico comporta alquante precisazioni su cui in generale non si insiste; di conseguenza essa riesce più attraverso l'intuizione che non attraverso un procedimento sistematico, precisamente seguendo un criterio (dovuto a Bryan e magistralmente usato da S. Timoshenko) che si enuncia brevemente in questi termini. Una configurazione di equilibrio è alle soglie dell'instabilità o è instahile quando deformandola secondo una terna di spostamenti u, v, w il lavoro L2, di 2° ordine in detti spostamenti, fatto dai carichi esterni eguaglia o supera l'energia elastica Φ (vedi elasticità, XIII, p. 606), funzione quadratica nelle componenti del 1° ordine e(1) della deformazione corrispondente a u, v, w. Ma per conformarsi al teorema del Dirichlet basta rilevare che a Φ si deve aggiungere il lavoro L*2 fatto dagli sforzi interni σ???, τ???, che spettano all'equilibrio che si esamina, per le componenti e(2) di 2° ordine della deformazione e, a meno di non scegliere tacitamente, come è uso, suggerito dall'intuizione, deformazioni che annullano L*2 o più semplicemente le e(2). Per il calcolo di Φ, L2, L*2; cfr. esempî seguenti.

Ciò posto, considerati i carichi agenti moltiplicati per un fattore λ, la condizione di stabilità che traduce la condizione che l'estremo dell'energia totale E = W + U sia un minimo (variazione 2ª, δ2 E > 0) poiché, seguendo Föppl

Segue per il minimo moltiplicatore λ per cui si è alle soglie della instabilità (δ2 E = 0),

A titolo di illustrazione di quanto precede si consideri dapprima il sistema indicato nella fig. 1a: due aste snodate con richiamo elastico alla configurazione rettilinea applicato allo snodo, soggette a sforzo assiale N0. Sia k la caratteristica della molla richiamante, cioè sia k la forza opposta dalla molla quando viene allungata dell'unità. Configurazione d'equilibrio C0 è evidentemente la configurazione rettilinea in cui lo spostamento q del nodo è q = o.

Si ha dunque un unico parametro q e, in termini di questo, poiché le aste sono rigide e quindi non si deformano per definizione,

da quì segue per la [2], rilevando che q si elimina, sicché viene meno il problema estremale (di minimo).

Come si vede, per λcr = 1, cioè quando N0 potesse allungare la molla di

si avrebbe equilibrio labile o indifferente; N0 sarebbe allora carico critico.

Si consideri ora il sistema della fig. 1b. I parametri siano n; q1, q2, ..., qn; n le molle richiamanti. Essendo, con simboli evidenti,

segue con riguardo ai parametri qh da cui si fanno dipendere gli spostamenti u, v, w (u = v = o nel caso attuale) la formula generale, equivalente a [3],

ovvero, nel caso specifico, per Δh,h-1 = Δ, per ogni valore di h,

Sono le [3a], e quindi le [4], equazioni algebriche, lineari ed omogenee nelle qh; perché esistano soluzioni ≠ 0 dovrà esser nullo il discriminante D (λ)) di [4] e perciò occorrerà che λ sia radice della equazione algebrica di grado n in λ,

Di queste radici, la più piccola λ1 è quella che ha interesse immediato.

Si consideri infine, passando al continuo, un'asta rettilinea soggetta a sforzo assiale N0. Fissando l'attenzione su inflessioni nel piano (y, z), essendo x coincidente con l'asse, si ponga

con che i parametri del sistema sono nient'altro che i coefficienti Cρ dello sviluppo di Fourier ammesso per w. Si ha allora

Dall'espressione completa di exx,

essendo poi lo sforzo interno σ???x = − N0: A0 con A0 area della sezione resistente, e w = 0 agli estremi, risulta

Segue dalla [3]

Ma, anziché la terna [6] si poteva, ferme restando le v, w, scegliere u, così che risulti e(x2x) = 0. Riattaccandosi alla sopraccennata espressione completa di exx si trova che basta porre

per avere L*2 = 0. Ma allora L2 non è più nullo; si ha precisamente, calcolando l'abbassamento v (l) dell'estremo x = l,

e quindi per la [3], ancora la stessa espressione per λmin.

Più aderente alle vedute moderne, introdotte da J.-H. Poincaré in meccanica, riesce la trattazione della problematica della stabilità attraverso la ricerca di nuove forme di equilibrio prossime a quella assegnata C0 che si esamina.

L'apparire di queste forme annuncia sempre l'instabilità. Infatti, secondo un teorema cosiddetto dello scambio delle stabilità, quando le soluzioni di un sistema dinamico dipendono da un parametro λ, ove per un valore λρ (ρ = 1, 2 . . .;) di λ, due serie, cosiddette lineari, di soluzioni diverse Q = Q(λ) e Q* = Q*(λ) si confondono in una soluzione unica o forma unita per riapparire diverse, eventualmente immaginarie, una volta superato λρ, allora, ove la serie Q o Q* sia stabile per λ 〈 λρ è instabile per λ > λρ e viceversa. I punti λρ sono evidentemente punti critici ed il pericolo si inizia per il più piccolo valore λ = λ1, onde si pone senz'altro λ1 = λcr. Una suggestiva applicazione di questo teorema è stata fatta dal Poincaré stesso in uno studio magistrale sulle forme di equilibrio di una massa fluida rotante. Nel caso nostro, seguendo il Love, si consideri un'asta con sforzo assiale λ N0, sia ε la deformazione, &out;r la curvatura totale. Nel piano (ε, &out;r) ad ogni punto M corrisponde una configurazione, ad ogni traiettoria di M una serie lineare di configurazioni. La serie &out;r = 0 corrisponde evidentemente alle soluzioni rettilinee. Nei punti ε1, ε2, . . .; di &out;r = 0 dai quali si diramano altre serie per le quali è &out;r = 0 (e &out;r è con ε una ben determinata funzione di λ) si ha scambio di stabilità. Questi punti corrispondono ai carichi di Eulero ora considerati.

Alcune forme prossime a quelle di equilibrio C0: piane, cilindriche, ellissoidiche sono riportate nelle figure che seguono. Va rilevato che tutte o quasi le conoscenze attuali in merito alla stabilità elastica si riferiscono all'ambito lineare, più esattamente delle equazioni differenziali lineari che seguono dal principio variazionale o dalla scrittura delle equazioni alle variazioni, secondo Poincaré, delle equazioni dell'elastostatica e si identificano con le cosiddette equazioni per l'equilibrio indifferente di R. V. Southwell.

Una teoria ad hoc richiederebbe però una estensione della stessa teoria matematica dell'elasticità all'ambito degli spostamenti e deformazioni finite. Ma, attualmente, per salvare l'espressione classica del potenziale elastico conviene, al più, considerare finiti i soli spostamenti, restando infinitesime le deformazioni, il che è ben legittimo per i sistemi molto sottili rispetto alle dimensioni globali. Ma le difficoltà analitiche cui si va incontro perdendo la linearità delle equazioni non consentono che in taluni casi, ormai classici (teoria dell'elastica, ad es.) di arrivare a risultati concreti.

Alcuni esempî notevoli. - Per lNcr di un'asta con condizioni di vincolo (fig. 2) diverse da quelle considerate del semplice appoggio agli estremi basta sostituire nella [1] la lunghezza effettiva l con una virtuale l* data da

per gli estremi incastrati,

per un estremo incastrato ed uno a cerniera, infine, l* = 2l per un estremo libero e l'altro incastrato (colonna-mensola). Per un arco di momento di inerzia Js in chiave, variabile con legge del coseno, detta L la corda, H0 la spinta per carico uniformemente distribuito (o pressoché) si ha la spinta critica

con α = 1,859; 2,468; 2,746; 5,048 a seconda che detto arco è a 3; 2; 1 o senza cerniere. Nei primi tre casi le cerniere si pensano, al solito, alle imposte ed in chiave; alle sole imposte, infine, in chiave soltanto. Se H0 è la spinta effettiva, il moltiplicatore λ1 vale Hcr : H0.

Sisiemi bidimensionali. - Sono facilmente soggetti a condizioni di instabilità giacché la loro capacità di resistenza, amplificata dall'intervento delle due dimensioni, consente di prevedere spessori sottili per i quali l'instabilità precorre sensibilmente il superamento delle sollecitazioni di rottura (e più soventemente quelle, naturalmente inferiori, che portano al limite di elasticità).

Il calcolo secondo criterî energetici o equivalenti (equazioni alle variazioni o dell'equilibrio indifferente, equazioni integrali, ecc.) consente di arrivare sempre a risultati molto compendiosi. Così, ad es., per la:

Lastra circolare di raggio r, spessore d, compressa uniformemente sul bordo esterno con pressione p si ha, ove questo bordo sia semplicemente appoggiato, rispettivamente incastrato, la sollecitazione critica, per ν=o,25, essendo ν il coefficiente di contrazione o di Poisson,

Se la pressione agente fosse p0 il moltiplicatore critico, che dà la misura della sicurezza, risulta λ1 = pcr: p0.

Lastra (striscia di altezza b, spessore d) indefinita, sottoposta a sollecitazioni di taglio τ sui due bordi paralleli, infestona secondo la fig. 3 per una τcr, data da:

Tubi sottili soggetti a sforzo assiale. - Detto r il raggio, l la lunghezza, d lo spessore, infestonano secondo le figg. 3, 5, 6 per una sollecitazione specifica assiale σcr da scegliere come la più piccola tra le:

Occorre verificare che sia σcr 〈 σr (= σ di rottura) e 〈σe (= limite di elasticità). Se σcr ≥ σe allora al modulo E occorre sostituire il modulo

esssendo K il modulo di elasticità secondo Kármán, desumibile con accorgimenti adeguati solo per via sperimentale. Sono interessanti le configurazioni instabili quasi-poligonali riportate in fig. 7, studiate da Lorenz. Il numero n* dei lati è dato, grosso modo, dalla relazione:

Cilindri con pressione uniforme sul manto. - Se r è il raggio ed l la lunghezza del cilindro, misurata tra i timpani di estremità, si ha:

ed n si deve scegliere in modo che risulti un valor minimo di pcr. Per l → ∞ (cilindro indefinito) risulta per n = 2 (caso della ovalizzazione),

Ellissoide di rotazione di raggio r soggetto a pressione interna. - Infestona come in fig. 8 per una pressione:

con ρ minimo raggio di curvatura del meridiano. Se p0 è la pressione, al solito, λcr = pcr: p0.

Lastre circolari che ritirano (per es., per raffreddamento non uniforme lungo il raggio) infestonano come in fig. 9 (relativa ad una impressione di uno stampo su una lastra di alluminio).

Comportamento delle strutture in funzione di λ1. - Il caso λ1 = 1 è il segno della labilità o indifferenza dell'equilibrio (soglie dell'instabilità) sotto ai carichi effettivamente agenti. L'assenza di reattività del sistema alla quale si è alluso inizialmente, si traduce in formule semplici ed espressive in varî casi. Ad es., si trova che per un'asta appoggiata agli estremi, sottoposta a sforzo assiale N0 dove per N0 = 0 la freccia prodotta da un carico trasversale sia ws, per N0 ≠ 0 è:

Evidentemente per N0 Ncr, w → ∞, il che, se anche non è proprio vero che in prima approssimazione, è già un grave indice.

Così, se il periodo fondamentale per l'asta che si considera, per N0 = 0 è T0, per N0 ≠ 0 diviene:

e per N0 Ncr, T → ∞; si ha quindi un'andata senza ritorno, evidente manifestazione dell'instabilità. Nessun dubbio che tutto ciò è molto diverso dalla semplice rottura per cedimento del materiale; è veramente una condizione critica, cioè una condizione fuori dall'ordinario.

Velocità critiche. - Nell'ambito della costruzione delle macchine, un parametro variabile - che può diventare critico - è la velocità di regime (in condizioni stazionarie).

Nel caso di binarî ferroviarî si incontrano velocità critiche non perché troppo elevate nel senso che il cimento per urti conseguenti a difetti inevitabili dell'armamento o del materiale mobile sopraffà il materiale per le vie normali, ma perché avvengono fatti insoliti, del tutto nuovi. Così, ad es., per un binario indefinito levigato perfettamente, appoggiato su un suolo elastico omogeneo, sempre uguale, insomma per un binario ideale percorso da una ruota ideale e singola, S. Timoshenko ha dimostrato che, se ws è lo spostamento statico quando la ruota è ferma, lo spostamento wd quando essa si muove con velocità uniforme v è:

dove, indicato con E il modulo di elasticità, J il momento d'inerzia della rotaia, con μ la massa per unità di lunghezza, b la larghezza dell'appoggio, C il coefficiente del ballast (reazione del terreno allo spostamento 1 nel senso di w dell'area 1):

Se si tien conto dell'inerzia del carico mobile, vcr, si abbassa fortemente; il molleggio attenua però sensibilmente l'effetto d'inerzia.

Velocità critiche secondo la relazione assegnata sono dell'ordine dei 1000÷2000 km. all'ora; per masse notevoli direttamente applicate scendono sui 200 km. all'ora.

Velocità critiche si riferiscono anche al vento che investe una ala di aeroplano o qualunque altro sistema ad essa assimilabile, in particolare l'impalcato stradale di un ponte di tipo leggero in raffronto alle sue dimensioni: un ponte sospeso ad esempio. In regime statico si possono avere svergolamenti sottovento per difetto di resistenza torsionale (o come si suol dire di torsiorigidezza), in generale fatali per la struttura.

Per un'ala di aeroplano è classica la formula di Reissner per la velocità critica di avanzamento:

con 2b corda, l sbraccio dell'ala, B numero di Bredt caratterizzante la torsiorigidezza (momento che provoca la rotazione relativa 1 su una striscia di ala lunga 1), Cm′E gradiente del coefficiente di momento (per un'ala normale Cm′E = − 0,025) e ρ0 densità dell'aria (ρ0 ≅ 0,125).

Anche l'impalcato di un ponte può esser soggetto a svergolamento per l'azione del vento.

Per un ponte sospeso, affidando la resistenza torsionale alla sola sospensione bifilare verticale alle due funi portanti si trova per il vento critico, la velocità:

con q0 peso per unità di lunghezza di ponte, f freccia, ρ0 densità dell'aria, 2b* distanza tra le funi, 2b larghezza dell'impalcato.

Non appare la portata L del ponte (implicita però nella freccia f); si ha invece, ben esplicita, la sua larghezza 2b. Ove parte del piano stradale sia costituito da un graticcio che dia sfogo all'aria, 2b risulta corrispondentemente ridotto. Esperienze su modelli realizzati prima di iniziare la ricostruzione del ponte sospeso di Tacoma, rovinato nel 1941 per instabilità elastico-aerodinamica, portano a ritenere che l'influenza benefica della riduzione di 2b sia anche più sensibile di quanto non appaia dell'espressione di Vcr sopraindicata. velocità critiche del vento che possono essere inferiori a quella ora considerata e per la quale si ha uno svergolamento statico (aperiodico), destano instabilità a carattere dinamico (flottage) per cui si rimanda alla voce vibrazioni, in questa Appendice.

Viscosità e moltiplicatore critico. - Il moltiplicatore λ1 ha importanza nello studio delle strutture costruite con materiali cosìddetti "viscosi", quali sono ad es. il calcestruzzo, armato o no, intendendosi viscosi quei materiali che, sotto l'azione di carichi permanenti, quando sono ancor di produzione recente, fluiscono lentamente pur mantenendo, rispetto ai carichi di breve durata (accidentali), le tipiche proprietà elastiche.

Si trova ad es. che, per un arco di cui l'asse abbia al disarmo (calcestruzzo giovane) un divario ε0 dalla linea delle pressioni, con il crescere indefinito del tempo si genera un divario ε* dato da:

con

e, per il calcestruzzo, α ≃ 3. L'amplificazione può quindi risultare pericolosa. Disastri notevoli sono da imputare a fenomeni viscosi amplificati da scarsa sicurezza (piccolo λ1) all'instabilità. E ciò non tanto negli archi, dove la solidarietà con l'impalcato aumenta grandemente il λcr, quanto nelle volte sottili, cilindriche particolarmente, quando non sieno sufficientemente timpanate o nervate.

Bibl.: Handbuch d. Physik, VI, cap. 3, Berlino 1928; S. Timoshenko, Theory of elastic stability, New York-Londra 1936; A. Föppl, Drang und Zwang, II, Berlino 1924; G. Krall, Meccanica tecnica delle vibrazioni, II, cap. 8 e 10, Bologna 1940; R. V. Southwell, Relaxation Methods in Engineering Science, Oxford 1940; C. Minelli, Su una possibile forma di instabilità dell'equilibrio elastico nelle ali a sbalzo, in Rend. Sem. Mat., Università di Roma, I, fasc. 4, 1937; G. Krall, Instabilità aerodinamica nei ponti sospesi, in Monogr. Scient. di aeronautica, Minist. dell'aeronautica, Roma, n. 2, ottobre 1945; id., Statica e aerodinamica del ponte sospeso, in Giornale d. Genio civile, 1945, fasc. 4; id., Statica dei mezzi elastici cosiddetti viscosi e sue applicazioni, in Rend. Acc. dei Lincei, Roma 1947.

TAG

Calcolo delle variazioni

Ellissoide di rotazione

Equazioni differenziali

Calcestruzzo, armato

Modulo di elasticità