SPETTROGRAFO

Enciclopedia Italiana (1936)

SPETTROGRAFO

Giorgio Abetti

. Quando in uno spettroscopio (v.) al luogo del cannocchiale si sostituisce una camera fotografica per modo che un'immagine reale dello spettro si formi sulla lastra si ha lo strumento detto spettrografo. L'uso del metodo fotografico nell'analisi spettrale ha fatto fare a questa notevolissimi progressi, poiché, oltre ad uno studio più preciso dello spettro visibile, si potuto estendere l'esame alle regioni ultraviolette dello spettro, per le quali la comune lastra fotografica è particolarmente sensibile, quando però si usino lenti o prismi di quarzo, perché il vetro ordinario si arresta nella trasmissione a Aλ 3600 Å. Per radiazioni di lunghezza d'onda ancora più breve si ricorre alla fluorina, e poiché l'aria le assorbe notevolmente, gli spettrografi sono costruiti in modo che possano funzionare nel vuoto.

Di spettrografi esistono molti tipi, a prisma o a reticolo, o con le combinazioni dei due, specialmente adatti per ricerche di laboratorio, o per ricerche astrofisiche nelle diverse lunghezze d'onda. Per il collimatore e la camera fotografica si usano specchi od obiettivi, i quali sono calcolati in modo da dare una buona immagine per la regione spettrale che si desidera studiare. Il modello più comune è sempre quello a uno, due o tre prismi di 60° per lo spettro visibile e l'ultravioletto; davanti alla fessura, con un prisma a riflessione totale e schermo opportuno, si fa cadere l'immagine degli spettri di confronto. La lastra fotografica si può inclinare di un certo angolo sull'asse ottico della camera fotografica per poter ottenere in fuoco le diverse parti dello spettro e si può spostare verticalmente per modo che sulla stessa lastra si possono fotografare varie strisce spettrali.

In uno spettrografo a quarzo di piccolo modello, costruito da Steinheil, gli obiettivi hanno 400 mm. di distanza focale, l'obiettivo del collimatore 40 e l'obiettivo della camera 45 mm. di apertura (F: 10). Gli obiettivi sono corretti sfericamente e dànno, con un prisma di crown, uno spettro bene in piano (formato delle lastre 6,5 × 18 cm.). La lunghezza dello spettro, da λ 5000 a λ 2100, è di 15 cm. Quando si pieghi un poco la lastra per modo che al centro risulti 0,7 mm. più distante dall'obiettivo dei margini, gli spettri risultano in tutta la loro estensione bene in fuoco. La messa a fuoco della camera, come pure tutta la rettifica del collimatore del prisma al minimo di deviazione per le varie lunghezze d'onda, ecc., si fanno a mezzo di viti micrometriche, cosicché la rettifica per una determinata lunghezza d'onda viene determinata dalle letture rispettive. In un altro spettrografo di maggiori dimensioni costruito da Steinheil, su di un solido sostegno si trovano tre prismi di 72 mm. di altezza di vetro flint, che possono essere sostituiti anche da prismi di quarzo o da un reticolo. Lo spettrografo ha due coppie di obiettivi con un rapporto di apertura F : 3, F : 10, che in unione ai tre prismi dànno uno spettro bene in piano. Gli obiettivi hanno rispettivamente 195 mm. e 650 mm. di distanza focale. Qualsiasi lunghezza d'onda può facilmente venire portata al minimo di deviazione; il formato della lastra è di 6,5 × 18 cm.; la lunghezza dello spettro, da λ 5890 a λ 3930, è di 14,5 cm.

Altri tipi di spettrografi sono quelli ad autocollimazione. Il principio dell'autocollimazione, usato da J. J. Littrow più di 70 anni fa, consiste in ciò che il fascio di raggi, il quale dal collimatore viene disperso o rifratto dal prisma o dal reticolo, viene riflesso all'indietro con un piccolissimo angolo, per modo da ripassare una seconda volta attraverso la lente collimatrice, cosicché lo spettro si forma accanto alla fessura dello spettrorafo (fig.1). Questa montatura, che è specialmente adatta per l'uso dei reticoli piani, è molto usata perché occorre per essa un obiettivo soltanto. Quando si usino i prismi, la dispersione viene raddoppiata perchè il fascio di raggi passa due volte attraverso ad essi. Lo strumento è così anche più semplice e diventa più rigido, specialmente se occorre una notevole distanza focale. In questo caso l'angolo che i raggi incidenti ed emergenti formano con l'asse ottico sono così piccoli che gli errori causati dall'inclinazione stessa sono trascurabili. Lo svantaggio di questa disposizione è che la luce non dispersa illumina le lenti e i prismi, sì da produrre facilmente una velatura sulle lastre. Grandi modelli di questi strumenti sono stati costruiti, p. es., da Hilger con parti ottiche di quarzo, e a Monte Wilson per gli spettrografi annessi alle torri solari con reticoli. Nei primi la distanza focale dell'obiettivo è di 1,7 m., l'apertura libera di 70 mm. (F : 24), il prisma di 30° ha la faccia posteriore argentata, sulla quale il fascio di raggi viene fatto cadere perpendicolarmente. L'obiettivo e il prisma si possono aggiustare per tre lunghezze d'onda diverse. L, a lunghezza dello spettro da λ 2000 a λ 8000 è di circa 200 mm.

Sono state anche ideate varie montature per rendere automatica la rettifica dei prismi in deviazione minima, per facilitare e rendere più spedite le osservazioni nelle diverse regioni spettrali.

Come si è accennato, per lavori speciali sono necessarî spettrografi montati in modo che possano funzionare nel vuoto. In un modello costruito da Mc Lennan tutto lo spettrografo viene racchiuso in un cilindro di ottone di 30 cm. di diametro e 7,5 cm. di altezza, ermeticamente chiuso. Il vuoto si fa nel modo comunemente usato nei laboratorî di fisica; le rettifiche si fanno dal difuori del cilindro e il mezzo dispersivo è un prisma di fluorite con 60° di angolo.

Poiché il vetro non è trasparente che fino a circa 2 μ, per maggiori lunghezze d'onda bisogna usare le parti ottiche di salgemma. La maggior parte degli spettrografi per l'ultrarosso sono provvisti della disposizione automatica per ottenere la minima deviazione girando i prismi. Lo spettro scorre lentamente davanti a una termopila e le deviazioni vengono osservate o registrate al galvanometro. Invece degli obiettivi, nell'ultrarosso si usano specchi concavi, perché in questa regione molti metalli riflettono così bene che soltanto una piccola percentuale della radiazione incidente viene perduta. Negli spettrografi per l'ultrarosso costruiti da Hilger si trova un prisma di salgemma di 60°, alto 4,5 cm.; gli specchi di metallo hanno 23 cm. di distanza focale e 5 cm. di diametro (F : 4,6). Uno specchio piano serve per ottenere la deviazione minima, rotando il supporto del prisma; e la lunghezza d'onda riflessa sulla termopila (fra 0,5 e 16 μ) può venire direttamente letta su di un tamburo, dove si trovano incise le lunghezze d'onda. Negli spettrografi costruiti da Kipp la rotazione del supporto del prisma avviene mediante un moto di orologeria, che fa muovere contemporaneamente una striscia di carta sensibile, dove si registrano le oscillazioni dell'ago del galvanometro. L'apparecchio ha la ben nota termopila di Moll. In questi spettrografi per l'ultrarosso, invece dei prismi, si possono anche usare reticoli di piccola frequenza, p. es. con circa 100 righe per mm., che concentrano l'intensità massima nello spettro di primo ordine per una lunghezza d'onda di circa 4,4 μ.

Gli spettrografi hanno trovato vasta applicazione in astrofisica e se ne costruiscono dei tipi sopra descritti, adattabili a cannocchiali mobili o fissi di varia potenza. Gli spettrografi stellari devono permettere di seguire l'immagine dell'astro, data dal cannocchiale astronomico, per modo che essa rimanga esattamente puntata sulla fessura durante la posa, che è più o meno lunga secondo l'intensità dell'astro e la potenza del cannocchiale e può durare anche molte ore. Ciò si ottiene in due modi: 1. le due parti della fessura dello spettrografo sono lucidate in modo che funzionano da specchio e sono un poco inclinate sull'asse ottico del cannocchiale, in guisa da riflettere lateralmente i raggi provenienti dal cannocchiale, i quali sono raccolti da un piccolo cannocchiale, nel cui campo si vede la stella e contemporaneamente la fessura come una riga oscura; 2. la luce riflessa dalla prima superficie del primo prisma viene raccolta da un piccolo cannocchiale regolato alla visione infinita, perché i raggi che escono dal collimatore sono paralleli. Specialmente gli spettrografi stellari debbono essere stabili, cioè, durante la posa, non debbono avvenire cambiamenti nell'apparecchio tali da provocare uno spostamento nella posizione dello spettro sulla lastra. Se questo accade, le righe risultano allargate o spostate rispetto a quelle di confronto che di regola si ottengono con pose brevi. Due sono le cause principali di questi spostamenti: 1. spostamenti dello strumento per causa della flessione; 2. variazioni di temperatura che producono spostamenti nelle diverse parti dello strumento e variazioni nei coefficienti di rifrazione. Per evitare la prima causa gli spettrografi astronomici sono solidamente costruiti, specie per ciò che riguarda il collegamento interno del collimatore e della camera fotografica. Per evitare la seconda causa si provvede a conservare la temperatura costante nell'interno dello spettrografo con un termostato. Accenneremo, come esempio, lo spettrografo Bruce che va attaccato al grande rifrattore di 40 pollici dell'osservatorio Yerkes presso Chicago. Nella fig. 2 si vede il suo interno dopo che è stato tolto l'involucro, che lo ricopre e lo protegge dalle variazioni di temperatura. L'immagine della stella data dal telescopio va a formarsi sulla fessura dello spettroscopio e di là la sua luce passa attraverso il collimatore di 97 cm. di distanza focale e per il treno di tre prismi. La luce dispersa entra nella camera fotografica. Anzi le camere sono due: una a fuoco più lungo di 61 cm., l'altra a fuoco più corto di 46 cm. Ottenuto lo spettro della stella, quello di confronto è dato da scintille che scoccano fra due elettrodi di ferro o di titanio, o in un tubo a elio, o a idrogeno. Per far ciò, una lente e un prisma vengono spinti al momento opportuno davanti alla fessura, cosicché invece della luce dell'astro si fa entrare in essa quella dello spettro di confronto. Il cannocchialino nell'angolo inferiore sinistro della figura serve sia per raccogliere quella parte di luce della stella che viene riflessa dalla superficie della fessura, sia spostando convenientemente uno specchio nell'interno dello spettrografo, per vedere quella parte di luce che viene riflessa dalle facce del primo prisma.

Il tempo di posa necessario per ottenere con questo strumento uno spettro stellare varia grandemente con le condizioni di tranquillità e trasparenza dell'aria. Con una larghezza della fessura di 0,025 mm. occorre una posa di circa 20 minuti per una stella del tipo solare, come α Arietis, di seconda grandezza. Con la fessura larga o,05 mm. è necessaria una posa di due ore per lo spettro di una stella di grandezza 5,5, al dilà della quale difficilmente si arriva.

Si capisce facilmente quanta luce (circa il 90 per cento) venga perduta nel complesso sistema di lenti e prismi.

Quando si richiedono spettrografi di grande distanza focale, come nel caso del Sole, è incomodo o quasi impossibile applicarli all'estremità dei comuni equatoriali o riflettori, sia a causa delle loro dimensioni, sia a causa della flessione a cui sarebbero sottoposti. In questo caso si ricorre ai telescopî fissi orizzontali o verticali. Un tipo di questi strumenti è lo spettrografo-spettroeliografo combinati, annesso alla torre solare di Arcetri, costruito dalle officine Galileo. Nella fig. 3 si vede lo schema dello strumento montato nell'interno di un pozzo scavato nel sottosuolo della torre lungo il suo asse. Dalla prima fessura il fascio di raggi incontra il collimatore, uno specchio, un reticolo, l'obiettivo della camera fotografica, cosicché con una rotazione di 180° del fascio lo spettro viene a formarsi quasi al livello e a fianco della prima fessura. Qui con una seconda fessura si può isolare una qualsiasi riga dello spettro e fare funzionare lo strumento come spettroeliografo (v.); oppure si raccoglie una sezione dello spettro sulla lastra fotografica di 9 × 36 cm. Nella fig. 4 è rappresentata la stanza di osservazione della torre solare con la parte superiore, esterna al pozzo, del detto strumento, che ha quattro metri di distanza focale; e nella fig. 5 si vede dall'alto perpendicolarmente verso il basso l'interno del pozzo con la parte inferiore dello spettrografospettroeliografo. Con un reticolo di circa 600 righe per mm. la dispersione media che si ottiene sulle lastre è di 1 mm. = 4,4 Å. con lo specchio nella posizione F; con lo specchio nella posizione F′ si ha 1 mm. − 3,4 Å.

Diremo infine che quando è necessario misurare l'intensità dello spettro in una determinata regione o delle singole righe, occorre lo strumento chiamato spettrofotometro. Esistono varî tipi di questo strumento, nei quali l'intensità viene fatta variare in diversi modi, p. es. con un filtro graduato con i gradini di densità nota, o con le fessure di aperture varie e conosciute. Dalle curve di annerimento ottenute col microfotometro si risale alle curve dell'intensità luminosa che ha colpito la lastra, misurando opportunamente gli spettri avuti con la calibrazione e lo spettro da investigare.

Bibl.: Handbuch der Experimentalphysik, XXI, Lipsia 1927; E. Persico, Ottica, Milano 1932; E. C. C. Baly, Spectroscopy, Londra 1929; Handbuch der Astrophysik, Berlino 1933.