SPETTROGRAFO di massa

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

SPETTROGRAFO di massa

Go. Ca.

Apparecchio a raggi positivi per lo studio degli isotopi (v. isotopismo, in questa App.), così detto perché fornisce una serie di righe corrispondenti alle masse delle particelle presenti nel pennello di raggi positivi. È usato sia per misurare la massa degll isotopi con precisione dell'1 su 10.00, sia per determinare la loro abbondanza relativa.

Il primo spettrografo di massa è stato costruito da F. W. Aston nel 1919, ed è mostrato schematicamente nella fig. 1. Un pennello di ioni positivi viene fatto passare attraverso due sottili fenditure S1 ed S2, e sottoposto prima all'azione di un campo elettrico tra P1 e P2 e poi all'azione di un campo magnetico fra i poli di un grande elettromagnete M. Le deflessioni prodotte dai due campi avvengono nello stesso piano, il piano della figura, ma in direzione opposta, cosicché con un valore appropriato delle intensità di detti campi e un'adatta geometria dell'insieme, il pennello di ioni può essere portato a fuoco sulla piastra P, ottenendo lì una serie di righe corrispondenti alle varie masse presenti nel pennello. La determinazione della massa corrispondente a una certa riga viene fatta comparando la riga sconosciuta con la riga corrispondente a una massa nota. Questo confronto può farsi in diversi modi. Si può, ad es., variare l'intensità del campo elettrico fino a che la posizione della linea di massa nota corrisponda esattamente a quella della riga di massa sconosciuta. Poiché il rapporto delle due masse è inversamente proporzionale al rapporto dei valori delle due intensità del campo elettrico, si può subito determinare il valore della massa sconosciuta.

Quasi contemporaneamente a F. W. Aston, A. J. Dempster ha costruito uno spettrografo basato su criteri diversi. Gli ioni, invece che in un tubo a scarica come nello spettrografo di Aston, sono ottenuti scaldando un filamento su cui sono stati depositati dei sali e vengono accelerati con un campo di qualche migliaio di Volt, in modo da ottenere un pennello di ioni di energia cinetica praticamente uniforme. Questo sottile pennello viene allora fatto passare nel campo magnetico esistente fra due piastre di ferro semicircolari. Il campo magnetico deflette gli ioni facendo loro compiere un cammino semicircolare, cosicché, dopo esser passati attraverso una fenditura, vanno a finire su una piastra collegata con un elettrometro che misura il numero di ioni raccolti per unità di tempo. Dalla nota relazione derivata dall'espressione della forza di Lorentz

in cui e è la carica, m la massa, v la velocità dello ione, r il raggio di curvatura della traiettoria, H l'intensità del campo magnetico, relazione che nel caso di particelle accelerate con potenziale V può scriversi

si deduce che mantenendo costante H e variando V si può sempre fare in modo che uno ione di una certa massa segua la traiettoria semicircolare fissata dalle fenditure. Tanto H quanto r non hanno bisogno di essere misurati, perché l'apparecchio può essere standardizzato con una sostanza di massa nota. Variando la tensione acceleratrice si ottiene tutta una serie di massimi e minimi, corrispondenti alle abbondanze relative delle varie masse. Un vantaggio di questo elettrometro è che ioni della stessa massa aventi direzioni iniziali poco diverse possono essere portati a fuoco ugualmente, ottenendo così una maggiore intensità della corrente ionica raccolta.

Un apparecchio che fornisce risultati estremamente accurati è stato poi costruito da K. I. Bainbridge nel 1932 (fig. 2).

Gli ioni ottenuti da un tubo a scarica passano attraverso le fenditure S1 ed S2 e quindi fra le piastre P1 P2, ove vengono sottoposti simultaneamente all'azione di un campo elettrico e di un campo magnetico che producono degli spostamenti complanari, ma di verso opposto. Riusciranno a passare attraverso la fenditura S3 solo le particelle che non vengono deflesse, e si può mostrare che queste sono tutte dotate di uno stesso valore della velocità. Uscendo da S3, queste particelle egualmente veloci vengono sottoposte ad un altro campo magnetico e sono deflesse in un cammino semicircolare, con un raggio di curvatura che risulta direttamente proporzionale alla massa. Sulla lastra fotografica F si otterranno una serie di righe corrispondenti alle varie masse, e la relazione lineare fra la loro distanza da S1 e la loro massa semplifica molto la determinazione di questa, che può farsi così con considerevole precisione.

I tipi più recenti impiegano insieme i principî degli ultimi due tipi, ottenendo cosi i vantaggi di entrambi, e cioè un'elevata intensità di corrente ionica e una scala lineare. Misure precise di masse sono state effettuate in questo modo da S. Mattauch e R. Herzog nel 1936.

L'uso crescente che si è fatto degli isotopi come indicatori in diversi campi della scienza, rende necessario disporre di uno spettrografo relativamente semplice, che sia adatto per misurare la percentuale relativa dei varî isotopi in un campione di gas. Un apparecchio del genere, molto adatto per analisi, è quello costruito da A. O. Nier nel 1940 (fig. 3). Gli ioni positivi prodotti mediante bombardamento degli elettroni emessi da un filamento incandescente, vengono accelerati con un potenziale noto, applicato tra le piastre P1 e P2 ed escono dalla fenditura S1. Essi continuano a muoversi in un tubo di rame e sono deflessi dal campo magnetico a forma di V, generato dal magnete M, e dopo esser passati per la fenditura S2 vengono raccolti sulla piastra C, che è connessa ad un adatto sistema di amplificazione. La geometria dell'insieme deve essere tale che le fenditure S1 ed S2 e l'apice dell'effettivo campo magnetico, giacciano su di una linea retta. Mantenendo costante il valore del campo magnetico, si misura la corrente ionica raccolta in funzione del potenziale acceleratore, e così si ottiene una serie di massimi e minimi in corrispondenza alle masse dei varî isotopi presenti nel campione, l'abbondanza relativa dei quali è data dal rapporto dei diversi massimi.

Bibl.: Dempter, in Phys. Rev. 50, 98, 1936; Nier, in Rev. Sc. Inst. 11, 212, 1940; Jordan e coll., in J. Appl. Phys. 13, 537, 1942.

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