SLESIA

Enciclopedia Italiana (1936)

SLESIA (A. T., 53-54-55)

Arrigo LORENZI
Elio MIGLIORINI
Riccardo RICCARDI
Ernesto SESTAN

La Slesia, compresa circa fra 13° 30′ e 19° di longit. E. e fra 49° 30′ e 52° di latit. N., può essere paragonato a un rettangolo collocato obliquamente con i lati minori a NO. e a SE., Con l'estremità SE. che era la Slesia Austriaca e ora fa parte del voivodato polacco di Slesia, occupa i monti Jablunka (Jablunki, Jablunkovské hory) lembo del ripiegamento orogenetico terziario dei Carpazî; col lato SO. si appoggia ai Sudeti, monti di origine del tutto diversa, e scende al cosiddetto Bassopiano della Germania settentrionale, mentre ha piena continuità con la Polonia meridionale, paese di alture e bassopiani che si può dire la striscia di territorio più orientale dell'Europa centrale.

La Slesia dunque si estende sopra regioni naturali molto diverse. Ma se si considera la sola distribuzione delle altezze prescindendo dai loro valori assoluti, non si può negare che la Slesia ha una certa regolarità di conformazione. Nel centro si trova il cosiddetto Golfo Slesiano, prolungamento del Bassopiano settentrionale verso SE., che, alquanto ristretto a S., si allarga verso NO. per unirsi ai ripiani della Bassa Slesia: da Ratibor, dove si trova a 180 m. s. m., si abbassa sino a 70, l'altezza di Glogau. Sui lati del "Golfo" il terreno s'innalza. Verso NE. l'innalzamento è graduale e il ripiano di Rybnik e di Tarnowitz, di rocce carboniche e triassiche in parte coperte da materiali glaciali, e più a N. i ripiani diluviali formanti il dos de pays slesiano, non costituiscono una vera e propria terminazione verso i territorî vicini; invece verso SO. dal ripiano che non raggiunge i 300 m. e sul cui livello sporgono solo alcune colline, quasi d'un tratto s'innalzano i Sudeti e anche in direzione di mezzodì il terreno s'innalza verso le regioni sorgentifere della Vistola e dei primi affluenti di destra dell'Oder, nei Beschidi.

Nella parte bassa, le forme del terreno sono ripiani quaternarî e solchi d'ablazione glaciale. Dei solchi d'ablazione, percorsi in parte dai fiumi attuali, il primo e il secondo attraversano, circa da levante a ponente, il territorio slesiano. Il primo, da Breslavia a Sprenberg, è nel tratto più orientale seguito dall'Oder, il secondo va da Trachenberg a Glogau e Forst; il terzo dei solchî di ablazione glaciale, diretto da Varsavia a Berlino e percorso dall'Oder a monte di Francoforte, passa all'estremità settentrionale del territorio slesiano.

Se si confrontano le condizioni climatiche della Slesia con quelle di altri paesi della Germania situati più a N., si deve conchiudere che dalla situazione più meridionale non derivano effetti apprezzabili sul clima, perché questi ultimi sono annullati dalla maggiore altitudine della parte meridionale. L'esposizione generale a N., la mancanza di ostacoli contro i freddi venti di N. e di NE. e la notevole lontananza dall'Oceano Atlantico, rendono, a parità di latitudine, l'inverno più freddo che nell'Europa occidentale (la temperatura di Greenwich presso Londra, in gennaio è di 5°,4 più elevata che a Breslavia, dove la media per lo stesso mese è di −1°,8). Per converso, l'estate della Slesia è più calda che quella dell'Europa occidentale.

Il debole influsso del mare si rispecchia anche nella quantità modesta di precipitazioni, che nel Bassopiano della Slesia sono in media di 560 mm. annui. Ciò si deve anche al fatto che la conformazione superficiale accresce la continentalità del clima, in quanto il rilievo dei Sudeti è disposto obliquamente alla direzione dei venti di ponente e ne attenua gli effetti. Tuttavia, poiché d'estate questi venti spirano da NO., portano pioggia, la quale condizione è d'importanza essenziale per le colture, favorite anche dal suolo che in una parte del bassopiano è assai fertile. La parte più povera di pioggia è il tronco più settentrionale del corso slesiano dell'Oder (500 mm.) a levante del ripiano di sinistra. Invece la piovosità aumenta in direzione di SE., perché le correnti più nubilose vengono da NO. (Oderberg, 700 mm.). Ancora maggiore è la quantità di pioggia nelle parti più esterne dei Sudeti (Monte Zobten con 800 mm.) e sulle più alte (nei M. dei Giganti anche più di 1500 mm.).

La massima parte di queste precipitazioni si raccoglie nell'Oder, al cui bacino idrografico appartiene quasi tutta la Slesia. La sola Slesia prussiana di NO., manda con la Sprea le sue acque all'Elba e la Slesia Polacca è in parte tributaria dell'alta Vistola.

La struttura economica della Slesia richiama analogie con quella dei monti scistosi del Reno e del bassopiano sul corso inferiore dello stesso fiume. Infatti in queste regioni le ricchezze del sottosuolo hanno dato vita all'industria dei tessuti e dei metalli, l'agricoltura ha avuto un grande sviluppo e tanto la Slesia quanto i paesi renani sono attraversati da un gran fiume che è l'arteria principale del traffico.

Risalendo la valle dell'Oder e quella della Luha suo afluente, si raggiunge comodamente la Porta Morava (m. 280) che separa l'antica montagna a zolle dei Sudeti dalle pieghe recenti dei Carpazî e così congiunge il Bassopiano della Slesia con la bassura della Morava; risalendo invece la valle dell'Olsa, altro affluente dell'alto Oder, si raggiunge il passo di Jablunka (551 m., in cèco Jablunkovský průsmyk) per il quale si scende in Ungheria.

Se si faccia eccezione per la parte già austriaca, dove il sottosuolo non è ricco di minerali, nella Slesia sono assai importanti i minerali utili, tra i quali il litantrace è certamente il principale (Alta Slesia, Waldenburg nei Sudeti). Vi sono anche minerali di zinco, di ferro, di piombo argentifero (ripiano dell'Alta Slesia), nei serpentini di Frankenstein e di Nimptsch vi è il nichelio. Le miniere di rame, argento e oro sono del tutto o quasi esaurite. Alla periferia dei Sudeti si estraggono magnetite e minerali di arsenico. Né deve essere taciuta l'importanza delle argille, delle sabbie quarzose, del caolino, delle ottime pietre da costruzione calcaree e silicate e delle sorgenti minerali (alcaline, salsobromoiodiche, ferruginose e solforose).

Fertili sono i terreni particolarmente sulla sinistra dell'Oder da Ratibor a Liegnitz, dove i cereali, le barbabietole da zucchero, il tabacco e i legumi sono le principali coltivazioni. Fertili sono pure (patate, lino) l'orlatura dei Sudeti, la valle di Hirschberg e la conca di Glatz. Alquanto meno fertili, se non addirittura sterili, sono le brughiere della Bassa Slesia lungo il corso medio del Bober della Neisse Lusatica, o di Görlitz, e della Sprea. Sui ripiani sabbiosi quaternarî (Dalkauer-, Katzen-Gebirge) sono compensate le fatiche dell'agricoltore particolarmente nei dintorni di Grünberg, Glogau, Wohlau e Trebnitz: come nel ripiano presudetico, vi si esercita la frutticoltura; a Grünberg poi è notevole la viticoltura, importatavi da profughi franchi nel sec. XII.

La regione è ricca di boschi (Sudeti, brughiera della Bassa Slesia, ripiani di Ratibor, Slesia già austriaca).

La varietà e abbondanza dei prodotti naturali ha favorito lo sviluppo delle industrie, che erano domestiche prima di assumere le forme moderne. Filatura e tessitura del lino, del cotone e della lana; produzione di ceramiche e di vetrerie; metallurgia, favorita dalla coesistenza di giacimenti di litantrace e di minerali nel ripiano di SE., e produzione dello zucchero di barbabietola nel bassopiano, sono le principali industrie. Allo sviluppo industriale si deve quello dei centri urbani.

Nel "Golfo" formato dal bassopiano, le città sono disposte su due file. La più settentrionale con Sagan e Sprottau, continua a levante l'allineamento delle città della Bassa Lusazia. Un'altra fila è quella formata da Namslau, Breslavia, Liegnitz, Bunzlau, Görlitz, separata dalla precedente da una zona di territorio povera di sedi urbane. Breslavia è sull'Oder, sul quale, più a monte, sorgono anche Oppeln e Brieg.

Gli sbocchi delle valli sono altri punti dove sorsero centri urbani notevoli: tale è Troppau (Opava) nella Slesia Cecoslovacca, all'uscita della Mohra dal Jeseník. Altra importante condizione della formazione talvolta rapida e del tutto nuova di grossi agglomeramenti umani, è stata la presenza di litantrace e di altri minerali nella parte SE. della regione (Gleiwitz, Zabrze che è stata poi ribattezzata dai Tedeschi col nome di Hindenburg, Beuthen, Tarnowitz, Królewska Huta, Katowice, Myslowice).

Se le sedi umane sorte per la presenza delle miniere hanno caratteristiche che rispecchiano la loro origine moderna e la loro funzione economica, quelle di formazione medievale presentano caratteri che non si comprendono senza conoscere la storia dell'insediamento.

La regione che all'epoca delle trasmigrazioni era stata occupata da popolazioni slave (polacche), col favore della casa principesca dei Piasti fu a poco a poco germanizzata. La colonizzazione tedesca si avanzò sino a una linea cui per capisaldi si possono dare Krotoschin, Oppeln, Opava; i coloni provenivano da varie parti della Germania e perciò erano etnicamente diversi; ma la maggior parte erano franchi, ond'è che il dialetto medio-tedesco che vi si parla è molto simile al franco orientale. La germanizzazione fu intensa sulla sinistra dell'Oder; sulla destra invece tuttora la popolazione è in prevalenza polacca e polacca, in gran parte, è quella della Slesia di SE. Nella Slesia Cecoslovacca, oltre ai Cèchi, vi sono ancora Polacchi e Tedeschi, nei quali ultimi vi è affinità con gli Altosassoni; nella Slesia Polacca, a levante, sporadi tedesche si incontrano sino presso Bielitz.

La colonizzazione, affidata dai principi locali a imprenditori energici, procedette metodicamente, tanto nella fondazione di sedi rurali quanto in quella delle città. Queste ultime furono, dopo l'invasione dei Mongoli del 1241, tutte fondate in modo che potessero anche servire di rifugio alle popolazioni rurali, secondo un medesimo schema: nel centro vi è la piazza principale quadrangolare; da essa sia dalla metà dei lati, sia dagli angoli, partono le strade dirette secondo le plaghe del cielo. Ancora oggi alcune città della Slesia conservano questa impronta topografica.

Al presente la regione storica della Slesia è divisa fra tre stati: Germania (Prussia), Polonia e Cecoslovacchia. La massima parte appartiene alla Germania.

Nell'anteguerra quanto della Slesia era rimasto agli Asburgo dopo la pace di Breslavia (1742) costituiva un ducato della corona d'Austria, che si stendeva dal bacino dell'Oppa (Oder) a quello superiore della Vistola, e il suo capoluogo era Troppau (in cèco Opava).

Nello smembramento della monarchia austro-ungarica la parte occidentale passò alla nuova repubblica ceeoslovacca, quella orientale alla ricostituita Polonia.

Slesia prussiana. - La provincia prussiana di Slesia nell'anteguerra era l'antico ducato di Slesia, toltovi il circolo di Schwiebus, aggiuntivi invece l'antica contea di Glatz, il territorio di Rothenburg sull'Oder, già pertinente alla Marca Nuova e alcuni distretti dell'Alta Lusazia, già sassoni, annessi alla Slesia nel 1815. Nel 1919 si ritenne necessario dividere questa provincia nelle due provincie di Alta Slesia con capoluogo Oppeln e di Bassa Slesia con capoluogo Breslavia.

Frattanto passavano alla Polonia nella Media Slesia (circondario di Breslavia) senza plebiscito, circa 50 kmq. appartenenti ai distretti di Gross Wartenberg, Guhrau, Namslau e Militsch, con oltre 26.000 ab. e nell'Alta Slesia, dopo il plebiscito del 1921, il ricchissimo territorio di SE. Di questo territorio furono assegnati alla Polonia il ritaglio SE. del distretto di Lublintz, la maggior parte di quelli di Tarnowitz e di Beuthen, i distretti di Katowice, di Królewska Huta, di Plesz, di Rybnik e le parti SE. di quelli di Ratibor e di Hindenburg.

Della stessa Alta Slesia prussiana la piccola città di Hlučín (ted. Hultschin) col territorio circostante sulla sinistra dell'Oder, che aveva appartenuto al circondario di Ratibor, veniva annessa alla Cecoslovacchia (316 kmq., con circa 50.000 ab.).

Tenuto conto di tutte queste perdite territoriali, la Slesia germanica, nei confini assegnatile dai recenti trattati, comprende un'area di 36.313 kmq., con una popolazione presente di 4.716.000 abitanti (1933), così ripartite: la provincia dell'Alta Slesia 9714 kmq. e 1.479.000 ab., la Bassa Slesia 26.599 kmq. con 3.237.000 ab.

Bibl.: R. Fox, Landeskunde von Schlesien, 8ª ed., Breslavia 1918; M. Groll, Die Verteilung der Bevölkerung in der Provinz Schlesien, in Zeitschrift der Gesellschaft für Erdkunde zu Berlin (1909); J. Partsch, Schlesien, voll. 3, Breslavia 1896-1911; F. Wulle, Die Provinz Schlesien, Berlino 1901; K. Olbricht, Schlesien. Grundriss einer Landeskunde, Breslavia 1933.

Slesia Cecoslovacca (cèco Slezsko; A. T., 59-60). - È di gran lunga la minore delle 5 regioni (Boemia, Moravia, Slesia, Slovacchia, Russia Subcarpatica) che formano la Repubblica cecoslovacca, avendo una superficie di 4423 kmq., che è pari alla trentaduesima parte dello stato.

Gli abitanti sono 738.020 (1930), cioè un ventesimo del totale, in modo che la densità (167 ab. per kmq.) risulta alquanto superiore a quella media dell'intera Cecoslovacchia (105).

La Slesia cecoslovacca non forma una regione naturale, dato che è quasi divisa in due parti da un cuneo di territorio moravo (Moravská Ostrava e regione industriale prossima a questa) e numerosi enclaves moravi esistono nella zona di Opava; essa ha tuttavia una fisonomia e una funzione propria, sia per i giacimenti di carbone, che hanno permesso un notevolissimo sviluppo industriale, sia per la posizione dominante rispetto alla Porta Morava, la quale permette un facile passaggio tra Beschidi e Sudeti e serve da spartiacque tra Baltico (Oder) e Mar Nero (Morava-Danubio). Orientata com'è verso NE. e molto distante dal mare, la regione ha un clima piuttosto continentale. Těšín (308 m. s. m.) ha in gennaio una media di −3°,2 (Praga −1°,5) e in luglio di 17°, con precipitazioni abbastanza copiose (966 mm.), che cadono con netta prevalenza nei mesi estivi (oltre 400 mm. tra giugno e agosto).

La parte occidentale della Slesia, che fa parte dei Sudeti di SE., è per la massima parte occupata dallo Jeseník (ted. Gesenke), catena che si innalza fino a 1490 m. nel Praděd e divide la Slesia dalla Moravia; ivi i dossi gneissici sottostanno a una copertura di scisti devonici e carbonici e formano un altipiano ondulato (5-800 metri) che verso il bacino di Olomouc presenta un gradino (in rapporto con una dislocazione), mentre s'abbassa gradatamente dal lato slesiano verso l'Opava. Coloni tedeschi hanno nei secoli scorsi risalito le valli, abbattuto il bosco e sfruttato fino all'esaurimento i giacimenti di minerali utili, traendo guadagno anche dal traffico che allora seguiva una via più occidentale, in seguito abbandonata per il più agevole passaggio della Porta Morava. Essendo il suolo poco fertile si è verificato negli ultimi decennî un forte spopolamento; gli abitanti sono stati attratti dalle cittadine del versante settentrionale, che formano un distretto tessile (Fryvaldov: fabbriche di cotonate), che si estende verso SE. fino a Krnov (fabbriche di drappi: 23.400 ab.) e Bruntál (filande), sulla linea ferroviaria che unisce Olomouc a Opava, capoluogo della Slesia con 36 mila ab. Verso SE. il terreno è invece in prevalenza sfruttato da contadini; nota è soprattutto la zona di Hlučín, che si spinge fino alla confluenza tra l'Oder e l'Opava e viene coltivata da popolazioni cèche; diffuso in questa zona è pure l'allevamento (in tutta la Slesia: 184 mila bovini, 30 mila equini, 114 mila suini, 80 mila caprini e soltanto 3000 ovini). Pianeggiante è anche la regione dove l'Oder (che viene dai Sudeti) s'unisce all'Olza (che scende dai Carpazî); il terreno è formato da alluvioni fluviali miste a depositi glaciali, le une e gli altri in parte ricoperti da loess. La parte della Slesia che si trova a oriente della Porta Morava s'appoggia sui Carpazi (Beschidi di Slesia o di Jablunkov), coperti da boschi; separata da questi per mezzo del Passo di Jablunkov (m. 551), importante valico tra Slesia e Slovacchia, è la Lysá Hora (m. 1325). Il bosco copre in tutta la Slesia il 34,9% del suolo, mentre il terreno arabile è alquanto più esteso (46,1%); scarsi invece i prati (6,9%) e ancor più i pascoli (5%); gli orti e i giardini si estendono sull'1,4%; il resto è improduttivo.

Grande importanza industriale ha il distretto carbonifero di Ostrava-Karvinná, nel luogo di contatto tra pieghe carpatiche e massiccio erciniano; il giacimento, che si estende su un territorio di 150 kmq., è assai ricco (strati d'una potenza media di 300 metri), ma copiose faglie rendono tanto più difficile l'estrazione quanto più si procede verso S. Le prime miniere risalgono al 1787 e nel 1829 è stata impiantata la prima ferriera; importanza decisiva per lo sviluppo successivo ha avuto la ferrovia Vienna-Ostrava (1847) e l'utilizzazione dei derivati del carbone (prodotti chimici). In media si estraggono 8 milioni di tonn. di carbone all'anno, pari ai tre quarti del fabbisogno cecoslovacco. Venendo da N. (confine polacco) il distretto industriale ha inizio a Bohumín, nodo ferroviario di prim'ordine, sede di grandi fabbriche di saccarina. Appartengono poi alla Slesia cecoslovacca Hrusov (prodotti chimici, soda), Orlová, Fryštát, Karvinná (22.300 ab.) e Frýdek, dove è anche diffusa l'industria tessile. La parte più importante del distretto (metallurgia) si trova tuttavia in territorio moravo.

Posta al confine tra Slavi e Tedeschi, la popolazione della Slesia è dal punto di vista etnico poco omogenea; prevalgono i Cèchi (47,6%), ma ingenti sono pure le minoranze tedesca (40,1%) e polacca (11,3%); vi sono poi in minor numero Ebrei (3910 persone) e Slovacchi (1885). Nei centri con oltre 20 mila abitanti vive il 9,5% della popolazione.

Bibl.: H. Hassinger, Die mährische Pforte und ihre benachharten Landschaften, in Abhandl. Geogr. Gesell., Vienna 1914.

Slesia Polacca (A. T., 53-54-55). - La Slesia (Sląsk) è il più piccolo (4230 kmq.) ma il più fittamente abitato (1.298.851 ab. nel 1931:307, 1 per kmq.) dei voivodati polacchi. Confina con la Germania, la Cecoslovacchia e con i voivodati di Kielce e di Cracovia. Il suo territorio è montuoso solo a sud (Beschidi), e per il resto si presenta pianeggiante o lievemente ondulato. La popolazione, in assoluta prevalenza polacca (92,3% nel 1931; Tedeschi 7,7%), è addetta in gran parte alle industrie (35,6%, compresa l'industria mineraria) e all'agricoltura (36,2%), e in misura assai minore al commercio (6,4%), alle comunicazioni, ecc. La Slesia è il più industriale dei voivodati polacchi, perché ricca di carbone e di minerali di ferro, zinco e piombo. Il suo bacino carbonifero, uno dei più importanti d'Europa, è vasto 3880 kmq. e si stende pure nel territorio dei limitrofi voivodati di Cracovia e di Kielce. La ricchezza di minerali ha fatto sviluppare grandi industrie metallurgiche, meccaniche, chimiche. A Katowice, capoluogo del voivodato (127.044 ab.) vi sono altiforni, acciaierie, laminatoi, fonderie, con impianti grandiosi ereditati in parte dalla Germania e grandi stabilimenti dell'industria meccanica; industrie meccaniche si trovano pure a Nowy Chorzów (104.000 ab.), che ha inoltre industrie chimiche (fabbricazione di calciocianamide, acqua ammoniacale, ammoniaca sintetica, acido nitrico, carburo di calcio); queste sono ragguardevoli altresì a Łaziska Górne (ferrosilicio, catrame, esplosivi, carburo di calcio).

Le vie di comunicazione, ferrovie, tramvie, strade ordinarie, formano una rete assai fitta. Passa per la Slesia, fra l'altro, la linea Vienna-Varsavia.

Importantissima la cosiddetta "direttissima del carbone", che sbocca a Gdynia, donde si esporta il carbone slesiano verso i paesi dell'Europa settentrionale. In minor misura il carbone viene esportato da Danzica.

V. tavv. CLXXIX e CLXXX.

Bibl.: v. polonia.

Storia.

La Slesia non ha avuto il nome, come i più dei territori tedeschi e slavi, da quello dei suoi abitanti, ma questi da quello della regione. Secondo l'ipotesi più probabile, pare che il nome derivi dal nome slavo del monte Zobten (Ślęż in origine, e Ślęża il corso d'acqua che ne discende). Slavi infatti, e precisamente polacchi, furono gli abitatori cui risalgono (verso il sec. X) le prime notizie storiche; subito connesse anche con i primi ricordi di rapporti con i Tedeschi, poiché Nimptsch - nome slavo per indicare i Tedeschi - si chiama la prima località, un castello costruito da Tedeschi, menzionata dalla storia. Tutta la regione, ancora priva di un nome proprio particolare, fa parte del regno polacco; cristianizzata come il resto della Polonia, ha poco avanti il 1000 un proprio vescovado (Breslavia) sottoposto al metropolita di Gniezno. Posta al limite di tre popoli (Tedeschi, Polacchi, Cèchi) la Slesia fu per tutto il sec. XI teatro di lotte che preparavano il relativo assestamento delle tre nazioni. La guerra dà motivo al sorgere di altri castelli, nuclei di future città; Glogau, Bunzlau, Wartha, Kamenz.

In definitiva, la Slesia rimane polacca, nonostante una pericolosa ma effimera penetrazione dei Tedeschi di Enrico V imperatore contro Boleslao III di Polonia, nel 1109.

Ma tutto fu soverchiato dall'influenza tedesca dei secoli successivi. Il processo di differenziazione della Slesia rispetto alle altre terre polacche fu accelerato per le lotte fratricide tra i figli di Boleslao III. Il primogenito di Boleslao, Vladislao II, cacciato dai fratelli, trovò rifugio in Germania e aiuti presso gl'imperatori Corrado III e Federico I Barbarossa, il quale ultimo fece anche (1157) una vittoriosa spedizione in Slesia contro i duchi polacchi. Solo i figli di Vladislao, mercé l'appoggio dell'impero, riuscirono a entrare in possesso d'una parte dell'eredità paterna, sotto l'alta tutela degli zii: e fu per Boleslao il Lungo la Bassa Slesia con Breslavia e per Miesko l'Alta Slesia (ducato di Ratibor). Ma anche tra i due fratelli si aprirono rivalità e guerre. Nel corso di esse un figlio di Boleslao il Lungo, Jaroslaw, passato allo stato ecclesiastico e divenuto vescovo di Breslavia, si fece per sé una parte di territorio sulla Neisse, territorio che divenne dopo la sua morte (1201) proprietà ereditaria del vescovado di Breslavia, e costituì il nucleo del futuro principato di Neisse annesso alla dignità vescovile di Breslavia. Questi principi slesiani educati e vissuti per molti anni in Germania, erano più tedeschi che polacchi; con essi e specialmente con Boleslao il Lungo furono aperte le porte alla penetrazione del germanesimo in Slesia. Vi furono chiamati e protetti coloni tedeschi, meglio adatti dei polacchi a mettere a coltura il paese e ad essi fu ceduta vasta parte di terra ducale; altra parte fu ceduta a monaci, generalmente tedeschi, premonstratensi e cisterciensi; il loro convento più importante fu quello di Leubus (1175). Colonie e villaggi tedeschi si spinsero fin sulla destrȧ dell'Oder nella regione di Trebnitz e in quella di Krossen, di Strehlen e di Jauer. Con il successore di Boleslao, Enrico il Barbuto (1202-38), uno dei più notevoli duchi slesiani, la germanizzazione guadagnò altro terreno. Sorsero in questo tempo nuove città; molte presero gli statuti da Magdeburgo: così Goldberg, Naumburg, Neisse, Ohlau, Oppeln. A tutto ciò pose fine repentinamente, l'invasione mongola (1241). I due fratelli duchi dell'Alta Slesia invano tentarono di opporsi, a Oppeln: furono soverchiati. Breslavia, abbandonata dagli abitanti, cadde preda alle fiamme. Il duca Enrico attese gl'invasori in una forte posizione a Wahlstatt (presso Liegnitz); cadde sul campo e i suoi cavalieri furono uccisi e dispersi. Ma anche gl'invasori ebbero gravissime perdite e preferirono abbandonare il paese orribilmente devastato.

La ricostruzione fu molto faticosa: Breslavia e le altre cittadine rinacquero dalle rovine specialmente per opera degl'immigrati tedeschi, i quali tuttavia si fecero pagare la loro opera con altrettante rinunzie dell'autorità ducale. Nella campagna anche l'aristocrazia polacca risollevò il capo, abilmente insinuandosi nelle lotte fra i tre figli di Enrico. Si giunse alfine a una divisione permanente tra i fratelli: Boleslao ebbe il ducato di Liegnitz, Enrico quello di Breslavia, Corrado quello di Beuthen. Così l'unità slesiana era ridotta quasi esclusivamente al campo ecclesiastico (la diocesi di Breslavia) e alla molto blanda coscienza d'una comunità regionale. Anche il sentimento della dipendenza dalla corona polacca era molto debole. Anzi, in questo scorcio di secolo la Slesia venne sempre più orientandosi verso un'altra forte compagine statale: la Boemia. Così fu che quasi tutti i duchi slesiani si trovarono al fianco di re Ottocaro di Boemia nella battaglia sul Marchfeld contro Rodolfo d'Asburgo (1278), primo fra tutti il nipote di Ottocaro, Enrico IV duca di Breslavia (1266-90), il quale, morto il re, si appropriò la contea di Glatz ed ottenne anche il riconoscimento di una certa superiorità rispetto agli altri duchi slesiani che in questo tempo, per diritti ereditarî, si erano oltremodo moltiplicati. Ma la sua potenza tramontò per la sua morte immatura: sulla base di un dubbio testamento i varî acquisti tornarono ai vecchi signori. In questi stessi anni l'effettiva indipendenza dei ducati slesiani ebbe un primo colpo allorché Venceslao II di Boemia divenne anche re di Polonia (1300); quasi tutti i duchi slesiani si affrettarono a prestargli giuramento come vassalli. Vero è che il vassallaggio durò poco, per ora: nel 1306 con Venceslao III si spegneva l'ultimo dei Přemyslidi e l'unione personale Polonia-Boemia aveva fine. Le spartizioni ereditarie fra i ducati slesiani si moltiplicarono: mentre attorno alla Slesia la tendenza dei maggiori complessi statali (Polonia, Lussemburgo, Wittelsbach, Asburgo) era precisamente opposta. Donde la necessità per i duchi slesiani di appoggiarsi all'uno o all'altro dei più potenti vicini; ed è caratteristico che questi duchi, benché polacchi di origine ma oramai germanizzati, si orientarono quasi tutti verso i potentati tedeschi mescolandosi alle lotte fra Asburgo, Wittelsbach e Lussemburgo, mentre da parte dell'impero si riesumavano gl'incerti precedenti che si pretendeva risalissero a Corrado III e a Federico Barbarossa e coinvolgessero la dipendenza della Slesia dall'impero.

L'affermazione implicita di questo vantato diritto avviene ora, mediatamente, attraverso la sovranità boema. Sono primi i duchi dell'alta Slesia (di Teschen, di Falkenberg, di Kosel, di Beuthen, di Ratibor, di Oppeln, ecc.) a riconoscere la sovranità boema (1327). Negli anni successivi, fra il 1327 e il 1335, si aggiunsero quelli della Media e Bassa Slesia. Nel 1335 (trattato di Trentschin) Casimiro di Polonia rinunziò a tutti i diritti sovrani sulla Slesia, e in cambio Giovanni di Boemia rinunziò alle pretese sulla Polonia che poteva rivendicare come erede di Venceslao III.

Col 1335 terminava la storia della Slesia, di fatto se non di diritto indipendente fino a tale anno. A poco a poco, attraverso un lungo processo, la sovranità effettiva dei singoli duchi si ridusse a una semplice signoria patrimoniale, dotata certamente ancora di molti diritti giudiziarî, fiscali e amministrativi, ma priva di diritti politici e militari di qualche rilievo. Nella sua azione la corona ebbe il valido appoggio del patriziato e della borghesia delle città; e da parte loro i re di Boemia, Giovanni e specialmente Carlo IV imperatore, favorirono apertamente le città, concessero ad esse privilegi commerciali, ecc. Fu insomma l'epoca di re Giovanni e di re Carlo (morto nel 1378) un'epoca di gran fiore per la Slesia, solo temporaneamente turbata da orde di fanatici (valdesi, flagellanti, ecc.). La situazione mutò in peggio sotto i due ultimi Lussemburgo, Venceslao (1378-1419) e Sigismondo (1419-37). L'autorità reale si fece sentire meno, o a intermittenza e con brutalità, sì che scontentò tutti, principi e borghesi. Si aprirono vecchie e nuove ostilità fra duchi e duchi, fra città e duchi, fra città e città. Nuovi motivi di perturbamento vennero alla Slesia in seguito all'affermarsi in Boemia del movimento nazionale ussita; gli Slesiani, perché tedeschi e cattolici, furono fieramente avversi agli ussiti cèchi e però aiutarono Sigismondo nei suoi vani tentativi per affermarsi in Boemia (1420-25).

Ma negli anni successivi fino al 1433 furono gli Slesiani a subire tutti i peggiori danni per l'irrompente combattività degli ussiti; regolarmente, ogni anno, la Slesia fu invasa da bande ussite, messa a ferro e fuoco. Solo nel 1434, pacificata la Boemia, anche la Slesia rimase libera dal flagello ussita, ma stremata di forze. Le città maggiori si riebbero presto, tuttavia, e furono il centro di una sorda ostilità contro la politica accentratrice di Praga.

Fino al 1479 (pace di Olmütz [Olomouc]) il possesso della Slesia fu il motivo principale della rivalità, degenerata negli ultimi anni anche in lotta aperta, fra Mattia Corvino d'Ungheria e Giorgio di Poděbrady dapprima e Vladislao di Polonia poi, che dopo la morte del Poděbrady i Boemi si elessero a re (1471). In tutto questo tempo il re ungherese riuscì a tenere di fatto la Slesia; onde la pace di Olmütz gliene riconobbe anche di diritto il possesso. Ma poiché alla morte di Mattia (1490) Vladislao di Boemia fu eletto anche a successore di Mattia sul trono d'Ungheria, la Slesia rimase comunque nel l'ambito di questa unione personale ungaro-boema.

Quanto Mattia si era mostrato autoritario, altrettanto Vladislao fu debole; e i duchi slesiani poterono rialzare il capo e strappare importanti privilegi.

In relazione con le vicende politiche anche la germanizzazione della Slesia aveva subito nel sec. XV un arresto; anzi in molti luoghi aperti nell'Alta Slesia ma anche in parte nella Media Slesia coloni slavi (polacchi e cèchi) avevano sostituito i contadini tedeschi distrutti dalle guerre; anche la lingua delle cancellerie ducali fu spesso, fino al secolo XVII, quella polacca o cèca.

Attraverso l'ambiente culturale ecclesiastico e laico penetrò dapprima la riforma religiosa in Slesia: gli scritti di Lutero vi si diffusero rapidamente e, ristampati a Breslavia, dalla Slesia traboccarono anche in Polonia. Negli stessi anni in cui la riforma vi prendeva piede, la Slesia passava agli Asburgo (1526) per la morte del re d'Ungheria e di Boemia Luigi, figlio di re Vladislao. Per circa 60 anni il dominio asburgico non rappresentò alcun ostacolo all'affermarsi della riforma luterana nella Slesia. Nel 1564 tutti i principi slesiani erano evangelici; l'unico principe ecclesiastico, il vescovo di Breslavia, rimasto tepido cattolico, lasciava correre, perfino a Neisse e a Pless, suoi dominî diretti. Evangeliche erano specialmente le cittadinanze. Il re-imperatore Ferdinando I più che alle questioni di fede, attese all'ordinamento amministrativo della Slesia. Nemmeno gl'immediati successori di Ferdinando cercarono, sistematicamente, di intervenire nelle questioni confessionali della Slesia. Ma il vescovo di Breslavia Carlo d'Austria (1608-24), fratello del defunto imperatore Ferdinando II, si faceva aperto e intransigente fautore e strumento della Controriforma cattolica. E scoppiata la guerra (guerra dei Trent'anni) la Slesia diveniva un campo corso e saccheggiato dagli eserciti: gl'imperiali con Mansfeld, con Wallenstein (che ebbe anche in pegno dall'imperatore, per certo tempo, Sagan e Glogau), con Königsmark; gli Svedesi con re Gustavo Adolfo, con Stalhansch, con Torstenson. I principi slesiani cercarono, per un po' di tenersi neutrali, poi, spinti alla disperazione, alcuni di essi (i duchi di Liegnitz, di Öls, la città e il principato di Breslavia) si posero sotto la tutela degli Svedesi-sassoni; ma nella pace di Praga furono abbandonati alla loro sorte (1635). Interi borghi e villaggi erano completamente scomparsi; oltre 200 mila persone perite in causa della guerra; i contadini caduti quasi tutti in servitù della gleba.

Anche la fisionomia delle vecchie case principesche si era venuta mutando profondamente: in questo secolo solo i duchi di Liegnitz-Brieg-Wohlau, unici Piasti superstiti, mantenevano ancora un po' dei loro diritti signorili; ma il casato si spense nel 1675 e le terre tornarono alla corona. Il resto della Slesia o era già di dominio diretto della corona o questa lo aveva dato con diminuiti diritti a nuove famiglie estranee alla Slesia: così Troppau e Jägerndorf ai signori di Lichtenstein; Sagan ai Lobkowitz; Münsterberg agli Auersberg.

L'improvvisa determinazione di Federico II di Prussia di approfittare delle circostanze, alla morte dell'imperatore Carlo VI, per appropriarsi di parte di quella eredità contesa da tanti pretendenti, sciolse la Slesia dall'unione secolare con la Boemia e con la casa di Asburgo. Occupata di fatto nell'inverno 1740-41, l'intera Slesia con la contea di Glatz (ma diminuita del principato di Troppau e di Teschen: Slesia austriaca) passò, anche di diritto, alla Prussia con le paci di Berlino (1742) e di Dresda (1745) confermate dalla pace di Hubertusburg (1763; v. prussia: Storia; successione, guerre di). La vita economica del paese ebbe un grande incremento, del quale si avvantaggiarono specialmente le popolazioni cittadine, tedesche. La Prussia come centro economico e culturale esercitò sempre maggiore attrazione sulla Slesia; i rapporti si fecero sempre più stretti, via via che la vita economica della Slesia si sviluppava; prima l'industria tessile, poi, con sempre maggiore intensità nel corso del sec. XIX, le industrie minerarie e metallurgiche. L'Alta Slesia divenne, insieme col bacino della Ruhr, il centro minerario della Germania.

Tutto ciò finiva con la guerra mondiale. La Slesia ne uscì smembrata. Il trattato di Versailles del 28 giugno 1919 prevedeva un plebiscito per decidere delle sorti dell'Alta Slesia (Regierungsbezirk di Oppeln), dato che il groviglio delle condizioni etniche non consentiva di assegnarla senz'altro alla Polonia o di conservarla alla Germania. Secondo i dati del censimento tedesco del 1910 vi sarebbero stati, nel territorio sottoposto a plebiscito, 884 mila Tedeschi e 1.170.000 Polacchi; mentre i Polacchi prevalevano nei distretti rurali, Polacchi e Tedeschi si frammischiavano nei centri minerarî e industriali con qualche prevalenza dei Tedeschi. La commissione interalleata di plebiscito si insediò a Oppeln nel febbraio 1920, presieduta da un generale francese coadiuvato da un generale italiano (il generale De Marinis) e da un colonnello inglese. Truppe interalleate presidiarono il paese per garantirvi la sicurezza e la libertà di voto. Tedeschi e Polacchi (questi capeggiati da un uomo di grande energia, Alberto Korfanty) condussero la campagna per il plebiscito con estrema vivacità e con tutti i mezzi di persuasione e d'intimidazione. Dall'una e dall'altra parte si organizzarono, sottomano, bande armate. I Tedeschi credettero di potersi imporre con la forza allorché Varsavia, nell'agosto 1920, fu minacciata da presso dai Russi bolscevichi e la nuova Polonia parve prossima al crollo. Scoppiarono torbidi in varie parti, ma specialmente a Katowice; tutti furono soffocati sul nascere dalla pronta energia delle truppe interalleate; sebbene fosse notorio che profondi dissensi dividevano Francesi e Inglesi, favorendo i primi i Polacchi ad ogni costo pur di indebolire i Tedeschi, mentre gl'Inglesi, solleciti per una rapida risurrezione economica della Germania, erano contrarî a una soluzione che smembrasse, a danno della Germania, l'unità economica e industriale dell'Alta Slesia. In un'atmosfera estremamente accesa il plebiscito ebbe luogo il 20 marzo 1921 e diede il seguente resultato: 707.605 voti per la Germania, 479.359 per la Polonia. Si trattava ora di interpretare l'esito della votazione e di tradurlo sul terreno. Era chiaro che qualunque linea di confine, anche la più equa, non poteva non sacrificare una maggiore o minore parte dei votanti, tanto era inestricabile la mescolanza delle due popolazioni. Furono proposte varie linee e voci allarmanti si diffusero sulle intenzioni di questa o quella delle potenze arbitre. I Polacchi, più a torto che a ragione, temettero di essere sacrificati all'idea dell'indivisibilità del distretto minerario; le bande polacche si sollevarono (aprile 1921) assalirono altre bande tedesche e anche reparti di truppe interalleate, quando queste si interposero fra i contendenti. Le truppe italiane fecero tutto il loro dovere; e perciò ebbero anche a segnare alcune dolorose perdite. Infine, dopo alcuni giorni, la sommossa fu sedata o si spense da sé, quando prevalse la voce della ragione. Le tre grandi potenze demandarono la decisione, in seguito ai risultati del plebiscito, alla Società delle nazioni (agosto 1921), su proposta della quale, il 20 ottobre seguente, fu fissata quella che è rimasta la linea di confine tra la Slesia tedesca e la Slesia polacca.

Furono attribuiti alla Polonia la parte del distretto di Ratibor a est dell'Oder con Rybnik, Pless e Katowice e a nord i distretti di Lübnitz e di Tarnowitz, restando alla Germania le città di Oppeln, Gleiwitz, Hindenburg e Beuthen.

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