Siviglia

Enciclopedia Dantesca (1970)

Siviglia (Sibilia; Sobilia)

Adolfo Cecilia

Città della Spagna sud occidentale, posta sulla riva sinistra del Guadalquivir, a circa ottanta Km dalla foce.

Sul luogo sorgeva l'antica ‛ Hispalis ' (Serravalle: " Sibilia est una nobilis civitas in regno Castellae, et est civitas regalis: alio nomine vocabatur Ispaliensis "; Buti: " Sibilia è una città che anticamente fu chiamata Hispalis "), che divenne poi, dopo la conquista romana, ‛ Colonia Iulia Romula ' (Isid. Etym. XV I 71 " Hispalim Caesar Iulius condidit, quam ex suo et Romae urbis vocabulo Iuliam Romulam nuncupavit "). La città, a partire dal sec. V, fu ripetutamente oggetto di conquista (Vandali, Svevi, Visigoti, Arabi); nel sec. XI fu conquistata dai sultani marocchini. Conobbe un lungo periodo di decadenza dopo che fu presa da Ferdinando III di Castiglia, nel 1248.

È ricordata due volte nella Commedia. Cfr. If XX 126, per un'indicazione di tempo in chiave astronomica: Ma vienne omai, ché già tiene 'l confine / d'amendue li emisperi e tocca l'onda / sotto Sobilia Caino e le spine; / e già iernotte fu la luna tonda: Virgilio intende dire che la luna (Caino e le spine, cfr. Pd II 51) sta tramontando al confine, quello occidentale rispetto a Gerusalemme, dei due emisferi (S. ha lo stesso valore di riferimento, 90º a ovest di Gerusalemme, di Ibero [v. EBRO], Gade [v.], Morrocco [v. MAROCCO]), e poiché questo avviene il giorno successivo al plenilunio (e già iernotte fu la luna tonda), vuol dire che è trascorso poco meno di un'ora dal sorgere del sole sull'orizzonte di Gerusalemme. In If XXVI 110, nella descrizione del viaggio di Ulisse, che, secondo il Casella, si può ben seguire ritenendo che D. abbia avuto visione di una carta geografica terrestre costruita secondo la descrizione geografica di Orosio, S. è considerata come il luogo più occidentale della terra emersa, in accordo del resto con il valore attribuitole nell'altra citazione, e come ultima località lasciata alla propria destra da chi ha varcato lo stretto di Gibilterra, e inizia la navigazione in pieno oceano: da la man destra mi lasciai Sibilia, / da l'altra già m'avea lasciata Setta.

In realtà, come si è detto, S. non è sul mare, ma era città molto nota, così da essere presa come punto di riferimento geografico (Pézard); probabilmente sulla scorta dei versi danteschi si ha lo " stretto di Sibilia " di cui parlano G. Villani (VII 11) e anche Benvenuto (" strictum Sibiliae "). Questi inoltre, assieme all'Anonimo, avvicina S. al mare, ponendola " ubi mare intrat terram ", mentre l'altro la pone " nel diritto ponente in sul mare Oceano ".

Nella biblioteca Capitolare e Colombina si conservano due codici: il 5 4 34 della fine del sec. XIV contiene la Commedia con chiose latine adespote; nel 7 1 48, esemplato attorno al 1475, vi sono, accanto a rime di altri autori, excerpta e sentenze tratte dalla Commedia.

Bibl. - M. Casella, Questioni di geografia dantesca, in " Studi d. " XII (1927) 76-77; A. Pézard, Le Chant XXXIII de l'Enfer, in " Bull. Société d'Études Dant. du C.U.M " IX-X (1961) 33; G. Buti-R. Bertagni, Commento astronomico della D.C., Firenze 1966, 85-86.

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