Singapore

Atlante Geopolitico 2013 (2013)

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Dati geografici

Città-stato costituita da un’isola maggiore e una cinquantina di isole minori, Singapore è uno dei paesi più ricchi al mondo, grazie alla sua posizione geografica al centro di importanti rotte sulla direttrice est-ovest e ai suoi servizi finanziari. Nel 1963, quando il Regno Unito cessò di esercitare la propria sovranità sull’area, Singapore si unì alla Federazione della Malaysia, per poi staccarsene nel 1965 e ottenere l’indipendenza. Il paese risulta essere all’avanguardia sotto vari punti di vista, dal momento che la sua politica economica e le sue caratteristiche geopolitiche lo rendono un importante centro commerciale e la sua ricchezza pro capite è paragonabile a quella dei più sviluppati paesi occidentali.

Politica

La politica estera di Singapore è tradizionalmente incentrata, da un lato, sui rapporti con i vicini Malaysia e Indonesia e, dall’altro, sulle relazioni internazionali con gli altri paesi asiatici e i maggiori attori internazionali. Il paese ha ancora contenziosi aperti, soprattutto con la Malaysia, per via della vicinanza geografica e della diversa estensione dei due stati. Singapore ha infatti dimensioni molto piccole e tale caratteristica viene percepita come punto di vulnerabilità nei confronti del vicino malaysiano. A ciò si aggiungono poi la vertenza relativa alla ‘Guerra della sabbia’, la presenza di una cospicua minoranza malese a Singapore e i dissidi storici che originano dall’indipendenza dalla Malaysia. Allo stesso tempo, però, i due paesi hanno un’economia interdipendente, dal momento che hanno forti legami commerciali. La relazione bilaterale tra Singapore e Malaysia, non del tutto stabile, è dunque caratterizzata dalla compresenza di elementi di competizione e cooperazione.

Singapore è allo stesso tempo membro di un’importante organizzazione regionale quale l’Asean, che riunisce i paesi del sud-est asiatico e promuove lo sviluppo e la cooperazione economica nell’area. La politica estera di Singapore ha una direttrice più stabile verso ovest, soprattutto in virtù dei legami economici instaurati con il mondo occidentale in termini di investimenti, e per la garanzia di sicurezza che le può offrire un paese come gli Stati Uniti. Il governo singaporiano ha inoltre concluso diversi accordi bilaterali, prevalentemente di natura commerciale, con i più importanti attori regionali, come il Giappone, l’India e l’Australia.

Singapore è istituzionalmente organizzato come una repubblica parlamentare, con una struttura legislativa unicamerale eletta ogni cinque anni. Dall’anno dell’indipendenza, il maggior partito del paese è il People’s action party (Pap), di cui faceva parte il primo ministro Lee Kuan Yew, che ha governato dal 1965 al 1990. Dal 2004 il capo del governo è il suo figlio maggiore, Lee Hsien Loong. I partiti di opposizione non sono mai riusciti a organizzarsi in modo tale da poter mettere in discussione la predominanza del Pap, che anche nelle ultime elezioni legislative del maggio 2011 ha ottenuto 81 seggi sugli 84 da assegnare, registrando però un calo di preferenze di circa il 6% rispetto alle precedenti elezioni.

Singapore ha tradizionalmente dovuto confrontarsi con il problema di gestire una popolazione che cresceva rapidamente in un territorio molto piccolo. Per far fronte a tale criticità, nei decenni passati il governo aveva adottato una politica volta a controllare e limitare l’espansione demografica, proibendo alle famiglie di avere più di due figli (la cosiddetta politica ‘stop at two’). Negli ultimi anni, tuttavia, le tendenze demografiche risultano essere in negativo, con un declino della crescita e dei tassi di fecondità che ha indotto il governo a rovesciare le proprie politiche demografiche, incentivando le famiglie a fare più figli (con quella che è stata rinominata la politica del ‘go for three’). Ciò è dovuto soprattutto alle preoccupazioni circa la possibile carenza di una forza lavoro in grado di sostenere nel medio e lungo periodo la crescita economica del paese.

La maggior parte della popolazione è di etnia cinese (circa il 77%), mentre vi sono importanti minoranze malesi (14%) e indiane (8%). Ciò implica, dal punto di vista religioso, la presenza maggioritaria della fede buddhista, con minoranze musulmane (circa il 14%, corrispondente alla comunità malese), cristiane e indù. Singapore ha quattro lingue ufficiali: inglese, malese, mandarino e tamil. A livello educativo il paese, il cui sistema risulta essere uno dei più efficienti della regione, promuove il bilinguismo e quasi l’80% della popolazione parla inglese.

Crescita demografica
Popolazione

Singapore, a fronte di un panorama economico liberale e di una struttura politico-istituzionale percepita come la meno corrotta al mondo, ha un sistema politico che limita sensibilmente le libertà di espressione, di associazione e anche di manifestazione. Alcuni provvedimenti legali impediscono di fatto ai movimenti di opposizione di poter esercitare un’azione politica di contrasto al partito di governo, come significativamente dimostrato dai ripetuti arresti subiti dal leader del Singapore Democratic Party, Chee Soon Juan, colpevole ad esempio di aver violato il divieto di tenere discorsi pubblici senza autorizzazione. Anche il sistema dei media risulta essere poco libero, dal momento che i due maggiori network mediatici, Singapore Press Holding e Media Corporation, sono di proprietà statale e danno poco spazio alle opposizioni.

L’economia è il campo in cui si manifesta principalmente lo sviluppo di Singapore. Il paese ha un’economia aperta al mercato e molto avanzata, caratterizzata da una forte industrializzazione. Il settore secondario è un’importante fonte di occupazione per i cittadini singaporiani, nonostante i servizi contribuiscano in misura maggiore sul pil nazionale. L’industria è molto sviluppata soprattutto nel settore dell’elettronica, che costituisce una grande fetta delle esportazioni verso i paesi sviluppati, insieme all’industria farmaceutica, che negli ultimi anni ha goduto di un notevole sviluppo. Il paese è un importantissimo centro finanziario, caratteristica che aiuta a comprenderne la prosperità. Nonostante abbia risentito della crisi finanziaria ed economica che ha interessato tutto il mondo tra il 2008 e il 2009, Singapore ha confermato il suo dinamismo economico, tornando a crescere nel biennio 2010-11 a tassi molto sostenuti (14,5% e 4,9%, rispettivamente) e dimostrando di essere ancora un punto di riferimento fondamentale della finanza e dell’alta tecnologia a livello regionale. A ennesima riprova di ciò, Singapore risulta primo nella speciale classifica Doing Business, redatta dalla Banca mondiale.

Classifica Doing Business

La crescita economica singaporiana è trainata anche dall’aumento delle esportazioni, che in parte sono di fatto ri-esportazioni, vista la posizione del paese come hub commerciale. Il settore del commercio, la cui incidenza sul pil è cruciale, può d’altra parte beneficiare dell’ottimo sistema di infrastrutture del paese: la linea di trasporti singaporiana è una delle più efficienti e funzionali al mondo, così come vi sono infrastrutture portuali e aeroportuali classificate tra le più all’avanguardia a livello globale. In particolare, il porto di Singapore è il maggiore al mondo per flusso di container e l’aeroporto internazionale Changi è tra i primi al mondo per numero di passeggeri.

il PIL

Insieme all’efficienza delle infrastrutture e del sistema di trasporti, il governo singaporiano ha dimostrato, sin dagli anni Novanta, anche un’attenzione particolare per le tematiche ecologiche e la salvaguardia dell’ambiente. Nel 1991 il paese ha messo a punto il suo primo National Green Plan, volto a limitare l’emissione di gas nocivi e a incrementare il sistema di riciclaggio dei rifiuti. Il piano è stato, da allora, modificato due volte (nel 1996 e nel 2006), con l’introduzione di una normativa atta all’utilizzo sostenibile delle risorse idriche e incentrata sulla promozione del rispetto della natura e degli standard ambientali.

Viste le piccolissime dimensioni del proprio territorio e i rapporti spesso tesi con i paesi vicini, quella dell’autodifesa rappresenta una priorità assoluta nella dottrina strategica di Singapore e un suo interesse nazionale di vitale importanza. Il governo di Singapore destina un’ingente porzione delle proprie risorse finanziarie alla spesa militare e, secondo i dati forniti dallo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), il paese è il quinto importatore mondiale di armi – un dato notevole, se si considera la sua esiguità territoriale. Inoltre, dalla fine della Guerra del Vietnam in poi, Singapore è l’unico paese dell’Asean a risultare tra i primi dieci importatori di armi al mondo.

Singapore coopera nei settori della sicurezza e della difesa con importanti attori regionali, come l’India, e fa parte – insieme a Regno Unito, Australia, Malaysia e Nuova Zelanda – del Five-Power Defence Agreement, accordo nell’ambito del quale effettua operazioni militari congiunte. Il più rilevante partner singaporiano nel settore della difesa sono tuttavia gli Stati Uniti, che hanno una base navale sul territorio di Singapore, presso Changi. Se da un lato la presenza statunitense garantisce maggiore sicurezza al paese, dall’altro lo espone ai rischi connessi alla minaccia del terrorismo internazionale. Proprio nell’antiterrorismo, del resto, si concentrano i maggiori sforzi cooperativi tra Singapore e Washington.

L’esercito ricopre inoltre un ruolo molto rilevante dal punto di vista interno, garantendo stabilità al sistema politico in virtù dei forti legami esistenti tra gli ambienti militari e il Pap, il partito tradizionalmente al potere. Lo stesso ex primo ministro Lee Kuan Yew faceva parte dell’esercito e, più in generale, l’elevato numero di ministri scelti tradizionalmente tra le fila delle forze armate sta a testimoniare il rapporto di contiguità instauratosi tra politica e militari.

La ‘Guerra della sabbia’ di Singapore

Dagli anni Sessanta in poi il territorio di Singapore si è espanso di circa il 20% grazie a un sistema di drenaggio che ha permesso al paese un recupero di terra dal mare, anche tramite l’uso di sabbie aggiuntive. La necessità di ampliare la superficie territoriale deriva, per Singapore, dalla crescita della popolazione e dal conseguente bisogno di trovare nuove aree disponibili per la costruzione di edifici abitativi, ma anche di allargare il sistema di infrastrutture e trasporti. Negli ultimi anni Singapore è entrato in disputa con i paesi vicini, soprattutto Indonesia e Malaysia, per le accuse di traffici illeciti di sabbia dalle spiagge dei due paesi verso Singapore stesso. La Malaysia, insieme a Indonesia, Cambogia e Vietnam, ha infatti posto un divieto sull’esportazione di sabbia, dal momento che tale pratica è ritenuta dannosa per la conservazione del proprio patrimonio naturalistico. Si calcola che migliaia di tonnellate di sabbia vengano prelevate da trafficanti che, con piccole imbarcazioni, raggiungono le vicine coste malaysiane e indonesiane, contrabbandandole a Singapore. Tale attività ha contribuito a rendere più tesi i rapporti tra quest’ultimo e i paesi vicini.

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