Ejzenstejn, Sergej Michajlovič

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Regista e teorico del cinema e delle arti (Riga 1898 - Mosca 1948). Studente d'ingegneria, soldato nell'esercito rosso, disegnatore e cartellonista, esordì come scenografo nel teatro del Proletkul′t (1920) e passò poi alla regia di testi teatrali: Meksikanec ("Il messicano", 1920-21) di H. H. Arbatov; Na vsjakogo mudreca dovolno prostoty ("Anche il più saggio si sbaglia", 1923) di A. N. Ostrovskij, col titolo Mudrec ("Il saggio"); Slyšiš, Moskva? ("Ascolti, Mosca?", 1923) e Protivogazy ("Maschere antigas", 1923-24) di S. M. Tret′jakov. Fin dall'inizio, e in modo assolutamente caratteristico, l'attività creativa di E. si svolse in stretto rapporto con una riflessione teorica sulle arti di straordinaria ampiezza e di grande originalità (in parte raccolta in Izbrannye proizvedenija, "Opere scelte", 6 voll., 1963-70, ma numerosi sono gli scritti ancora inediti). Questo rapporto di interdipendenza e di reciproco arricchimento è già visibile nel più importante degli allestimenti teatrali di E., la liberissima riduzione della commedia di Ostrovskij Anche il più saggio si sbaglia, che gli offrì l'occasione per teorizzare, in un battagliero articolo pubblicato sulla rivista Lef (v.), un'innovativa concezione dello spettacolo definita "montaggio delle attrazioni". Per E., che qui si richiamava ad analoghe posizioni sostenute in quegli anni dalle avanguardie teatrali (non solo sovietiche: è d'obbligo il riferimento al futurismo italiano), la drammaturgia dello spettacolo deve rinunciare a ogni coerenza narrativa per risolversi in un libero montaggio di "numeri" eterogenei dotati di forte capacità di coinvolgimento - fisico, emotivo e intellettuale - dello spettatore, il quale alla fine viene posto nelle condizioni di ricomporre, con un atto di sintesi, il senso globale, la "finale conclusione ideologica" dell'insieme delle intense sollecitazioni spettacolari a cui è stato sottoposto. In tal modo, la fruizione dell'opera si sarà risolta in un incremento di esperienza, anche conoscitiva: lo spettatore ne uscirà modificato. Pur utilizzando un linguaggio perentorio e ingenuamente scientifico (l'effetto dell'"attrazione" è concepito come un "calcolo rigoroso"), la teoria del "montaggio delle attrazioni" contiene in nuce tutti i grandi temi della poetica e dell'estetica di E.: la centralità dello spettatore, la peculiare sintesi di emozionalità e intellettualità che si produce nella ricezione estetica, l'eterogeneità e la ricchezza dei mezzi espressivi che concorrono alla formazione dell'opera (nella pièce allestita nel 1923 compare anche il primo "film" di E.: una sequenza di pochi minuti intitolata Kinodnevnik Glumova, "Il cinediario di Glumov"), l'idea-guida di "montaggio" e, infine, la fondamentale missione "politica" dell'artista, cioè la responsabile assunzione di un orizzonte progettuale (nella fattispecie, l'utopia di una società senza classi a cui l'opera d'arte deve saper rispondere con la produzione di forme adeguate ai nuovi bisogni). Si può dire che tutta la successiva esperienza di E., teorico e regista, sia una messa a punto di questi grandi temi, compreso l'ultimo, anche se le tragiche vicende dello stalinismo avrebbero in breve demolito lo slancio utopico del primo decennio successivo alla rivoluzione e costretto di fatto E. a elaborare gli aspetti più originali del suo pensiero in una condizione di essenziale isolamento (come testimonia, tra l'altro, la grande quantità e rilevanza dei lavori teorici non pubblicati in vita e dei progetti non realizzati). Abbandonata la regia teatrale per quella cinematografica - un passaggio che E. spiegò come una crescita, sembrandogli il cinema una forma espressiva più "potente" del teatro - gli anni dal 1924 al 1929 si caratterizzano per l'audacia delle innovazioni che E. introdusse nel linguaggio del cinema e che poté diffondere come insegnante di regia nell'Istituto statale di cinematografia (del 1928). Se Stačka ("Sciopero", 1924) appare ancora fortemente legato alla poetica "eccentrica" e futurista delle "attrazioni", già in Bronenosec Potëmkin ("La corazzata Potëmkin", 1925), appena un anno dopo, E. dimostra di saper utilizzare il cinema come un autentico organismo "polifonico" in grado di giocare contemporaneamente su diversi registri simbolici: dal pathos trascinante delle grandi scene di massa all'impegno descrittivo e analitico centrato sul dettaglio e sulle connessioni significative istituite dal montaggio. Ma l'equilibrio tra gli aspetti emozionali e gli aspetti intellettuali raggiunto nella Corazzata non è che un passo verso innovazioni più radicali: si fa strada ora - e Oktjabr′ ("Ottobre", 1927) ne attesta le pretese e i limiti - il progetto di un "cinema intellettuale", capace di mettere in forma, grazie alle risorse del montaggio, anche i concetti astratti e le costruzioni del pensiero scientifico. Per qualche tempo E. pensò addirittura di portare sullo schermo Il capitale di Marx. L'idea di un cinema intellettuale, tuttavia, viene deposta abbastanza rapidamente e Staroe i novoe ("Il vecchio e il nuovo"), iniziato nel 1926 col titolo Generalnaja linija ("La linea generale") e poi ripreso e concluso nel 1929, rappresenta, sotto questo profilo, un'importante svolta: qui E. si abbandona per la prima volta, si direbbe, al gusto della narrazione (il film racconta la storia della costituzione di un kolchoz), ma nello stesso tempo dimostra tutta la duttilità creativa dei procedimenti di montaggio utilizzandoli con una straordinaria felicità di invenzione soprattutto sul piano della risonanza emotiva (il pathos, ancora, ma anche il grottesco, la comicità e l'ironia). Il vecchio e il nuovo segna una svolta ma anche l'apertura di una crisi, solo in parte dovuta a dubbî e ripensamenti personali: certo, all'inizio degli anni Trenta (ne fanno fede gli scritti), E. si impegna in una profonda rielaborazione della sua teoria cinematografica che tende in modo sempre più preciso ad articolarsi sullo sfondo di un'estetica generale, ma la sua attività produttiva deve registrare una prolungata battuta d'arresto segnata da alcuni eventi traumatici di carattere esterno. Dopo un lungo viaggio in Europa e negli S.U.A. per studiare le tecnologie del sonoro, E. lavorò per oltre un anno, in Messico, alle riprese di un nuovo film, Que viva Mexico!, ma il produttore americano, Upton Sinclair, interruppe i finanziamenti nel 1932 appropriandosi del materiale girato. Un altro sequestro, questa volta per motivi di censura, avrebbe di lì a qualche anno posto fine al film successivo, Bežin lug ("Il prato di Bežin", 1935-37), che conteneva, tra l'altro, il primo esperimento di E. sul sonoro (la copia di questo film accusato di "errori ideologici" sarebbe andata successivamente distrutta). È il momento più duro e difficile della vicenda personale e artistica di E.: accusato di formalismo e di individualismo, fu costretto a dar prova di fedeltà ai principî del realismo socialista col suo film meno convincente, Aleksandr Nevskij (1938), che dà comunque inizio, e con risultati di grande rilievo, alla collaborazione di E. con S. S. Prokof′ev. Si può dire, però, che in questo scorcio degli anni Trenta l'attività fondamentale di E. sia quella teorica: nascono le grandi opere, prevalentemente incompiute, sul montaggio e sulla regia (Montaž, trad. it. Teoria generale del montaggio, 2a ed. 1989; Vertikalnyj montaz, trad. it. Il montaggio verticale, in Il montaggio, 1986; Iskusstvo mizansceny, trad. it. La regia. L'arte della messa in scena, 1989); nasce, soprattutto, il suo libro più importante, Neravnodušnaja priroda (trad. it. La natura non indifferente, 2a ed. 1988), un vero e proprio trattato di estetica, in cui è esposta l'idea di "organicità dell'opera d'arte". Con questo straordinario lavoro teorico alle spalle, E. affrontò nel 1943 le riprese del suo ultimo film, Ivan Groznyj ("Ivan il Terribile"), di gran lunga il più complesso e ambizioso. La prima parte di questo film, presentata alla fine del 1944, valse a E. il Premio Stalin, ma la seconda (nota come La congiura dei Boiardi, e che contiene un lungo brano a colori nel quale, in un'atmosfera tragicamente carnevalesca, E. mette in scena un'indimenticabile rappresentazione dei crimini del potere) fu condannata da una risoluzione del Comitato centrale del partito e proiettata per la prima volta solo nel 1958. Colpito da un primo infarto nel febbraio del 1946, E. pose mano, appena ristabilito, a una rielaborazione del film e alla preparazione di una terza parte. Ma la morte lo colse l'11 febbraio 1948, mentre scriveva una lettera sui problemi del colore a Lev Kulešov. ▭ Tav.

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