BOLOGNA, Sebastiano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 11 (1969)

BOLOGNA, Sebastiano

Lucetta Franzoni Gamberini

Nacque a Schio (Vicenza) l'8 dicem. 1752 da Simone e da Anna Vivaro. Educato in Verona presso i gesuiti e compiuto il corso di studi filosofici, ritornò in patria, ove si associò al padre nella direzione di uno stabilimento di pannilana.

Simone Bologna era stato tra i primi a realizzare in Schio, verso la metà del secolo, una fabbrica di pannilana privilegiati, dietro l'esempio fornito dal patrizio veneto Niccolò Tron che, applicando nuovi metodi di cardatura e tessitura appresi in Inghilterra, aveva impiantato nel 1738 un opificio che aveva presto raggiunto una notevole espansione. L'attività della Casa Bologna si veniva inserendo pertanto nel rapido rifiorire dell'industria laniera di Schio che, libera dagli impacci corporativi delle più antiche manifatture della regione e favorita da Venezia con esenzioni daziarie, oltre ad espandersi in tutto il Veneto, esportava i propri prodotti in Lombardia, in Germania, e penetrava il mercato turco, in concorrenza con le merci inglesi ed olandesi. Nel 1755 la ditta Bologna spiccava su molte altre con un capitale di 24.000 ducati e con un volume di esportazione annuale di 300 pezze.

Nel 1776 il B. si recò ad Augusta, in Baviera, dove si collegò alla Casa Huntersteiner. Qui rimase fino al 1786, epoca in cui si trasferì a Bologna dove, in Dogana, aprì un deposito di manifatture della propria casa.

L'attività commerciale del B. a Bologna dovette svolgersi con particolare successo se, il 5 luglio del 1796, solamente pochi giorni dopo l'ingresso delle truppe francesi nella città, per la "nota sua morigeratezza e la savia sua condotta per cui erasi acquistata l'universale stima, massimamente rapporto alla professione di negoziante da lui mai sempre con particolare credito e con somma onoratezza esercitata" (Catalogo…, p. 555), con "inconsueta dimostrazione di stima" fu proclamato dal Senato cittadino bolognese. La cittadinanza gli veniva attribuita in occasione di un particolare incarico, affidatogli dal Senato provvisorio: in qualità di segretario, il B. fu infatti scelto a far parte della delegazione formata da A. Aldini, L. Savioli e G. Conti, che doveva recarsi a Parigi, munita di lettere di raccomandazione dello stesso Bonaparte, a trattare con il Direttorio circa le future sorti della città. L'episodio segna l'inizio della rapida quanto fortunata carriera pubblica del B., esempio tipico di quella politica che Napoleone cercò di attuare nelle province occupate, tendente a formare quadri amministrativi autonomi, ma purtanto a lui fedeli, tratti dai ceti nobiliari e borghesi. Di ritorno da Parigi, ai primi di febbraio del '97 il B. fu inviato dal Senato, come commissario, ad Imola, insieme con lo stesso Aldini e G. A. Barbazzi, a vigilare, secondo le disposizioni del Bonaparte, affinché l'annessione della città alla Cispadana avvenisse senza disordini.

Dopo la costituzione della Cisalpina, nominato commissario del potere esecutivo per il dipartimento del Reno dal settembre 1798 all'aprile del 1799, membro della Commissione delegata per la leva, e tra i cinque reggitori dell'Ospedale degli Esposti, il B. fece parte del Corpo legislativo, di cui fu due volte presidente. Nel gennaio 1802, convocata a Lione una Consulta straordinaria per redigere un nuovo statuto e provvedere a un governo regolare per la Cisalpina, egli vi partecipò in veste di rappresentante della Camera di commercio di Bologna. Nei comizi di Lione, che portarono alla creazione della Repubblica italiana, fu eletto membro dei collegi elettorali e presidente del Collegio dei commercianti. Giunto il Bonaparte a Lione, il B. venne incaricato, insieme con Zanella e Massari, di dargli personali informazioni sulla situazione in cui si trovavano, a pace conclusa, la produzione e gli scambi del proprio dipartimento.

Dal 1802 il B. ricoprì numerosi incarichi pubblici affidatigli dal prefetto del dipartimento del Reno, molti dei quali in relazione alla sua competenza in materia commerciale: membro di una commissione di inchiesta sulle condizioni della agricoltura, industria e commercio, giudice nel 1804 del tribunale di revisione presso la Sezione commerciale di appello, membro della Commissione dipartimentale di sanità, fu nel 1808 chiamato a far parte della Commissione delle fabbriche dell'università di Bologna.

Pur dedicandosi prevalentemente alla vita pubblica, il B. non cessò di interessarsi all'attività industriale di Schio.

L'occupazione napoleonica del 1797, mentre aveva determinato la rovina industriale e commerciale della Venezia, aveva avvantaggiato l'industria scledense, che si trovava non solo a dover provvedere a un più vasto mercato interno, ma anche all'equipaggiamento delle truppe francesi. Tali condizioni perdurarono fino al 1805 quando, con il definitivo assoggettamento di quelle terre alla Francia, l'attività laniera, incapace di reggere la concorrenza francese, subì un arresto. Danni fortissimi furono inferti all'industria nel 1809.

Nel luglio di quell'anno, infatti, in seguito all'imposizione francese della tassa sul macinato, scoppiò un moto di rivolta contadina che, iniziata a Valdagno, si estese rapidamente a tutta la fascia prealpina fino ad Asiago. L'8 luglio circa 1.200 contadini scesero a Schio, sede delle autorità; imprigionato il presidio francese e occupata la città, inalberarono lo stendardo di S. Marco. L'esasperazione contadina si diresse contro quella classe borghese che, grazie all'industria laniera, godeva di livelli di vita privilegiati e di particolari favori da parte del governo francese. Molte delle attrezzature di Schio furono danneggiate: in particolare l'opificio e le abitazioni del B. e della sua famiglia, sia perché da una finestra di Angela Bologna, sua sorella, si era sparato sulla folla e sette contadini erano rimasti uccisi, sia in odio alla preminente posizione politica del B. all'interno del regime francese. La sommossa, che, nonostante la sua estensione (il 12 luglio i contadini raggiunsero le porte di Vicenza), non vide episodi di sangue da parte dei contadini (che consegnavano quanto requisivano nelle mani dei parroci), fu soffocata dalle truppe francesi (sull'episodio, in particolare L. Tornieri, Narrazione di una sommossa popolare che infuriò per pochigiorni nel Vicentino superiore l'anno1809, Vicenza 1879, e Lettera di P.Negri al Sig. Co.Gran Giudice Ministrodella Giustizia,da Schio 16 luglio 1809, Vicenza 1809).

Fra le prime a riprendere l'attività fu tuttavia la tessitura del B., che, giunto personalmente a Schio, spronò i fabbricanti a ricominciare, approfittando delle condizioni favorevoli alla industria italiana, determinate dal blocco continentale. L'attività industriale della piccola città laniera si era parzialmente ripresa quando, nel 1811, scoppiò uno scandalo per la contraffazione dei panni. Anche in questa occasione il B. intervenne personalmente e condusse una inchiesta da cui dedusse una Nota sulle fabbrichedi Schio (Schio 1811) che presentò l'8 febbr. 1811 al viceré Eugenio, nella quale proponeva una serie di misure atte a controllare e proteggere l'industria scledense. Il ricorso portò alla costituzione di una Camera commerciale, che nel 1812 propose al ministro dell'Interno i provvedimenti del Bologna.

Dedicatosi ormai quasi esclusivamente alla vita pubblica, il B., che il 6 ott. 1806 era stato creato cavaliere della Corona di Ferro, il 19 febbr. 1809 senatore del Regno italico, il 10 ott. 1810 conte, ricevette il 3 dicem. 1811 dal ministro dell'Interno la nomina a membro del Consiglio generale permanente di commercio, arti e manifatture, e in tale veste svolse una felice missione a Parigi per sostenere gli interessi del commercio italiano.

Al momento dei tumulti scoppiati a Milano nell'aprile 1814, il B. poté, per la stima generale da cui era circondato, abbandonare fra gli ultimi, indisturbato, le aule del Senato; ritornò a Bologna. Da G. Murat fu nominato il 3 apr. 1815 membro della Commissione per la raccolta d'armi e volontari e insignito dell'Ordine reale delle Due Sicilie.

Caduto il regime napoleonico, il B. si ritirò a vita privata, rimanendo nella città di adozione, dove per altro fu sospettato dal governo pontificio e dall'Austria di svolgere attività cospirativa quale appartenente alla massoneria bolognese. Morì a Bologna il 26 genn. 1843.

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